GONZAGA, Francesco
Nacque il 31 luglio 1546 a Gazzuolo (presso Mantova), e fu battezzato con i nomi di Annibale Fantino. Dal padre Carlo, marchese di Gazzuolo, e dalla madre Emilia Cauzzi-Gonzaga Boschetti nacquero dieci figli, sette maschi e tre femmine. Tra essi Scipione, intrapresa la carriera ecclesiastica, divenne patriarca di Gerusalemme e cardinale; una delle sorelle, Laura, fu monaca benedettina nel convento di S. Giovanni delle Carrette col nome di suor Emilia. Poiché il padre combatteva per Carlo V - sotto il cugino Ferrante Gonzaga - all'educazione dei figli provvide la madre, che affidò il piccolo Annibale a un ecclesiastico. Dal 1555, morto il padre, i figli ebbero per tutori suo zio, il cardinale Ercole Gonzaga, e don Ferrante suo fratello. Quando il G. raggiunse i nove anni Ercole lo condusse a Mantova per farlo educare a corte; il ragazzo vi ebbe contatti con Paola Gonzaga, sorella dei suoi tutori e clarissa. Fu poi inviato in Fiandra alla corte di Filippo II insieme con Alessandro Farnese, di due anni maggiore di lui. Fu a Bruxelles dal febbraio del 1558 e nel 1559, col Farnese, seguì Filippo II in Spagna; dopo un biennio a Toledo, dove ascoltò il celebre predicatore francescano Alonso Lobo de Medina Sidonia e frequentò il convento di S. Juan de los Reyes, nel maggio 1561 si trasferì con la corte a Madrid. Nell'ottobre, aggravatesi le condizioni di salute del figlio di Filippo II, don Carlos, il G. e il Farnese lo accompagnarono ad Alcalá de Henares, dove egli frequentò i francescani del convento locale, in particolare Cristóbal de Ávila, chiedendo infine di essere ammesso nell'Ordine.
Superate le perplessità della corte e forti resistenze della famiglia, ottenuto il permesso del card. Ercole il 17 maggio 1562 ricevette il saio francescano da Bernardo de Fresneda, vescovo di Cuenca e confessore di Filippo II, assumendo il nome di Francesco. Al termine dell'anno di noviziato, il 29 maggio 1563, emise la professione religiosa. Dopo un breve periodo nel convento di S. Antonio de Cabrera, studiò per tre anni arti e retorica in quelli di Pastrana e Mondéjar, quindi logica e filosofia nel convento di Torrelaguna sotto Diego de Zúñiga, infine teologia ad Alcalá de Henares. Nel settembre 1570, compiuti ventiquattro anni, fu ordinato sacerdote a Toledo; immediatamente il capitolo provinciale di Castiglia gli concesse le facoltà di predicatore, lettore e confessore. Su richiesta dei parenti, nel 1572 il generale Christophe de Cheffontaine lo inviò in Italia. Partito da Alcalá il 17 genn. 1573, si imbarcò a Barcellona con Antonio Colonna, nominato viceré di Sicilia, che andava a prendere possesso della carica. Da Genova, alla fine di marzo, raggiunse Milano, Cremona e Mantova, stabilendosi provvisoriamente nel convento di S. Maria delle Grazie, fuori Mantova, dove iniziò a predicare. Nel 1574 visitò i santuari di Padova, Loreto, Assisi, La Verna, e a Firenze apprese che il generale l'aveva assegnato alla provincia di S. Antonio di Venezia. La vigilia di Natale era a Roma per l'apertura della porta santa. Nella quaresima del 1575 era di nuovo in S. Maria delle Grazie e poco dopo, come discreto del convento, intervenne al capitolo provinciale, che lo elesse primo definitore della provincia e lo nominò lettore di teologia nel convento di S. Francesco di Mantova. Oltre a insegnare e predicare fu commissario dell'Ordine per il Mantovano, perché il provinciale non poteva recarvisi per timori di contagio. Nel 1576, su sua proposta, i religiosi locali accettarono l'istituzione d'un convento a San Martino, possedimento dei suoi fratelli, che si impegnarono a erigerlo a proprie spese. Nel 1577, deceduto il provinciale, il G. fu eletto a succedergli.
Nel 1579, convocato il capitolo generale a Parigi, vi partecipò come ministro provinciale. Nel febbraio di quell'anno il generale Cheffontaine era stato autorizzato dal re di Francia a riunire l'assemblea che doveva eleggere il suo successore. Con breve del 2 maggio Gregorio XIII vi aveva nominato suo rappresentante il nunzio a Parigi A. Dandino, col compito di prevenire irregolarità, ma lo Cheffontaine, appoggiato dal guardasigilli Ph. Hurault de Cheverney, cercò di impedirne la presenza per poter pilotare l'elezione. Il Dandino resistette alle pressioni degli ufficiali del re e presenziò alle votazioni, pur rinunciando a presiedere l'assise. I capitolari italiani e spagnoli erano orientati ad eleggere A. Ginestreto, allora commissario generale, ma un ordine del papa lo proibiva; così i fratelli si orientarono sul G., che il 6 giugno 1579 fu eletto ministro generale all'unanimità. Essendo egli gradito a Roma, la Curia difese l'operato del nunzio di fronte alle proteste del re e dalla corte.
Tornato in Italia, il G. visitò dapprima la sua provincia religiosa e la famiglia, quindi si diresse a Roma. Il 27 nov. 1579 inviò a tutto l'Ordine una circolare col proprio programma di governo: osservanza della vita riformata e delle consuetudini conventuali; cura del silenzio e dello studio; preparazione dei confessori; rispetto per gli ecclesiastici e i superiori regolari; dismissione della cura di monasteri femminili; eliminazione degli abusi circa la povertà.
Nel 1580 iniziò la visita alle province, dando principio a una serie di viaggi che, a partire dalla Toscana e Bologna, lo condusse attraverso i conventi d'Italia, Francia, Spagna, Fiandra e buona parte della Germania. Nel 1581 affrontò il problema della riforma del grande convento di Parigi, che godeva d'uno statuto speciale. Dopo che i frati, forti dell'appoggio del Parlamento di Parigi, ebbero respinto il suo inviato Jean Porthaesius, il G., ricevuto dal re, gli espose il suo punto di vista. Nella visita rifiutò di essere accompagnato da un vescovo, ritenendo ciò lesivo della sua autorità di delegato apostolico. Il 3 ag. 1581 annullò tutti gli incarichi e nominò superiore Pierre Bourguignon, dottore dell'Università di Parigi. In seguito, con lettera da Parma del 5 nov. 1581, su richiesta di Filippo II ascrisse la provincia osservante di Sardegna alla famiglia ultramontana. Il 12 febbr. 1582 emanò statuti particolari per il convento di Innsbruck, che nel 1580 era stato aggregato alla nuova provincia del Tirolo. Il 18 marzo 1582 emanò statuti per la riforma iniziata nella provincia di Principato, nell'Italia meridionale, promossa da Bernardino da Montecorvino e il giorno successivo scrisse una circolare ai frati d'Italia invitandoli a osservare gli statuti imposti alle province in occasione delle visite da lui effettuate. Si recò poi a Bergamo, dove presiedette il capitolo riunito nel convento di S. Maria delle Grazie. Quando, con una lettera, Carlo Borromeo lo invitò ad introdurre i riformati nei conventi di S. Bernardino di Salò e di S. Francesco sul lago di Garda, egli non accolse l'invito perché quei conventi non seguivano lo stile di vita solitaria dell'Ordine. Prima di Pasqua il G. era a Roma, per rendere conto al papa del suo operato. Il 27 apr. 1582 promulgò da Firenze statuti per le clarisse e terziarie d'Italia, contenenti in buona parte le ordinazioni emanate dai suoi predecessori e le norme stabilite dai capitoli generali. Si recò poi a Milano, dove probabilmente presiedette il capitolo provinciale e incontrò il Borromeo. Continuò il viaggio fino a Parigi, dove completò l'opera di riforma del convento con l'emanazione di nuovi statuti datati 4 ott. 1582. Dalla Francia proseguì il viaggio verso la penisola iberica. Nel 1583 a Madrid incontrò Luigi Gonzaga, figlio del marchese Ferrante di Castiglione e suo parente in quarto grado. In Portogallo visitò la custodia dei francescani conventuali e col permesso del re li incorporò alle province osservanti. Inviò venti religiosi nelle Filippine, tredici in Cina e, con lettera del 13 marzo 1584, sei in Brasile, dove eresse una nuova custodia presieduta da Melchiorre di S. Caterina, della provincia di Portogallo. Insieme istituì la custodia di Malacca, con a capo Diego della Concezione. In Spagna presiedette una congregazione generale a Toledo, nella quale emanò statuti di riforma per i frati e le monache di Spagna e delle Indie. Tornò in Italia sulle navi di Giannandrea Doria, arrivando a Genova nel luglio. Nel 1587, prima di concludere il mandato, stampò con D. Basa, tipografo pontificio, un'opera in quattro volumi dedicata a Sisto V, dal titolo De origine Seraphicae Religionis Franciscanae eiusque progressibus, de regularis observantiae institutione, forma administrationis, legibus, eiusque ordinis propagatione. Dal 16 maggio 1587, vigilia di Pentecoste, deposta la carica di ministro generale si ritirò nel convento di S. Martino presso Mantova.
Il 26 ott. 1587, su proposta del re Cattolico, fu nominato vescovo di Cefalù; fu consacrato il 15 nov. nella chiesa mantovana di S. Francesco dal vescovo A. Andreasi, e dopo una sosta a Roma giunse a Cefalù il 9 febbr. 1588. Prima di Pasqua riunì il clero per essere informato sulla situazione della diocesi; ristrutturò la cattedrale e il palazzo episcopale, edificò un seminario di modello tridentino per i chierici poveri (primo del genere in Sicilia), introdusse il canto romano, visitò la diocesi ogni anno, aiutò economicamente le comunità religiose e fondò il convento di S. Nicolò per i francescani osservanti.
Il 29 genn. 1593, per la morte di A. Sauli, Clemente VIII lo nominò vescovo di Pavia, mentre l'ambasciatore spagnolo aveva avuto ordine di proporlo per la sede di Vigevano. Recatosi a Roma, il G. ricevette la visita di C. Lonato, inviato di Pavia, e gli affidò una lettera per la città; insieme procurò che al vescovo pavese fosse restituito l'uso del pallio. Il papa gli conferì anche l'abbazia di Lucedio nel Monferrato su istanza del duca di Mantova, Vincenzo Gonzaga; questi poi, morto il vescovo di Mantova A. Andreasi, chiese alla Santa Sede di nominarlo come successore. Clemente VIII incaricò T. Carretti, residente del duca a Roma, di proporre al G. di scegliere tra Pavia e Mantova, ma l'interessato si rimise alla decisione del papa. Il 30 apr. 1593 fu nominato alla sede di Mantova, mentre lo stesso giorno Pavia fu affidata a G. Bastoni.
Il 30 maggio 1593 prese possesso della diocesi mantovana, dove attuò il programma tridentino, a cominciare dalla residenza del vescovo. L'8 e 9 febbr. 1594 riunì il sinodo diocesano, promulgando disposizioni riguardanti il clero e i fedeli. Ai chierici ricordò l'obbligo della residenza, il dovere di portare la tonsura e l'abito ecclesiastico, recitare il breviario, munirsi dei libri prescritti e tenere i registri dello stato dei fedeli, predicare ogni domenica e istruire il popolo, evitare la pratica dell'usura e il concubinato. Stabilì che i monasteri femminili ammettessero solo oriunde del Mantovano e fissò il numero massimo delle appartenenti a ciascuna comunità. Ordinò che il tribunale ecclesiastico non percepisse diritti superiori a quelli fissati, parallelamente a quanto stabilito dai duchi per i tribunali laici. Il quadro normativo fu completato nei sinodi degli anni 1595, 1598, 1600, 1610 e 1612.
L'11 febbr. 1594 il G. consacrò la cattedrale; negli anni seguenti l'arricchì di suppellettili preziose e fece decorare transetti, cupola e abside con un vasto ciclo di dipinti didattici, affidati, tra gli altri, a T. Ghisi, I. Andreasi e, probabilmente, D. Fetti. Dedicò un altare alla Madonna d'Itria, venerata in Sicilia, a ricordo della permanenza nell'isola, mentre sulla volta fece raffigurare Diego di Alcalá, il francescano che l'aveva avvicinato alla vita religiosa, e Luigi Gonzaga, da poco beatificato. Nel 1594 in un'ala del palazzo episcopale fondò il seminario, dotato di adeguate rendite provenienti dalla mensa vescovile e di altri benefici, che poteva ospitare cinquanta chierici. I candidati dovevano avere dodici anni, essere di legittimi natali e sapere leggere e scrivere. La formazione, impartita sotto la direzione d'un rettore e il controllo di due canonici e due parroci, prevedeva lo studio delle lettere latine e greche, della musica e della teologia. Nel 1594 il G. istituì la Congregazione dei poveri, un'associazione di gentiluomini, mercanti e artigiani volta a sollevare i meno abbienti dal punto di vista materiale e morale, che diede vita a due istituti femminili di redenzione: il Pio Luogo delle derelitte (per le donne che, spinte dalla necessità, correvano il pericolo di darsi alla prostituzione) e l'Istituto del soccorso (per le spose che, per colpa propria o del marito, non si sentivano più sicure presso di lui). Il vescovo provvide poi ad ampliare il convento di S. Maria Maddalena, troppo angusto per le convertite residenti, e per la formazione cristiana del popolo istituì l'oratorio della Dottrina cristiana; fondò infine nella chiesa di S. Francesco la Compagnia dell'Immacolata Concezione ed ebbe parte attiva nella fondazione della Compagnia dell'Angelo Custode, che ebbe sede prima nella restaurata chiesa di S. Paolo e poi in cattedrale.
Nel 1596 Clemente VIII inviò il G. in Francia come nunzio, assieme con il card. legato Alessandro de' Medici, che ricevette la croce legatizia il 10 maggio 1596 e partì da Roma il giorno seguente; il G. si unì a lui quando giunse al Po. Arrivati a Parigi il 16 luglio, il 1° agosto furono ricevuti ufficialmente da Enrico IV, cui il Medici propose d'inviare il G. a Bruxelles per prendere contatto con la parte spagnola. La proposta non fu accolta, essendo il G. ritenuto filospagnolo, e al suo posto fu inviato il generale dei frati minori Bonaventura Secusi da Caltagirone; le trattative si conclusero con la pace di Vervins il 2 maggio 1598. Il G. sarebbe dovuto rimanere in Francia come nunzio, ma, resosi conto di non essere gradito, chiese a più riprese a Roma di rientrare nella propria diocesi; ottenne di tornare in Italia assieme al legato, alla fine di ottobre 1598.
Nel 1599 stampò a Mantova, presso Francesco Osanna, le Considerationes spirituales ad sacerdotes et parochos dioecesis Mantuanae, distribuite al clero. Nel 1600 presiedette il capitolo dei carmelitani della Congregazione di Mantova, tenuto a Galeazza presso Mirandola, e nel settembre si recò a Roma per l'anno santo. Nel 1604 riunì un sinodo diocesano per promuovere la beatificazione di Luigi Gonzaga e, dopo che questi fu beatificato da Paolo V nel 1605, organizzò solenni celebrazioni e lo proclamò patrono della città. Quando Alessandro de' Medici ascese al soglio pontificio col nome di Leone XI, il duca di Mantova inviò il G. a rendere omaggio al nuovo papa; a Bologna, però, egli apprese della morte del pontefice, tornando così in sede. Ripartì per Roma all'elezione di Paolo V (vi giunse nel giugno e tornò a Mantova a metà settembre). Nel 1605 il G. fondò il Monte di pietà di Ostiano, località della quale uno dei fratelli, Giulio Cesare, gli aveva trasmesso il titolo di marchese, poi ceduto al nipote Scipione. Nel 1607 pubblicò il Rituale sacramentorum iuxta sanctae Romanae Ecclesiae ritum, basato sul rituale romano promulgato da Paolo V e completato con gli uffici propri per le feste dei santi della diocesi. Nel 1610, per i tipi di F. Osanna, fece stampare una raccolta di Constitutiones et decreta facta in diocesana synodo Mantuana, che includeva decreti sinodali (dell'8 e 9 febbr. 1594, 18 e 19 apr. 1595, 27 e 28 apr. 1598, 19 apr. 1600, 6 maggio 1610), oltre a diverse sue lettere pastorali (tra cui quelle scritte da Parigi il 6 luglio 1597 e il 26 ag. 1598), un Trattato delli tre voti di obbedienza, povertà e castità diretto alle monache mantovane, le Considerationi spirituali molto giovevoli e utili a chi ha cura d'anime, le Constitutioni della Compagnia de' poveri di Mantova, da lui scritte e confermate nel 1604, e una Sommaria relatione della chiesa et vescovato et diocesi di Mantova, recante una dettagliata descrizione del capitolo, collegiate, parrocchie, conventi e monasteri. Promosse la pubblicazione in due volumi, apparsi rispettivamente nel 1612 e nel 1616, di un'opera del suo segretario (e poi biografo), il francescano I. Donesmondi, dal titolo Dell'istoria ecclesiastica di Mantova, rivista sotto il profilo letterario dal certosino G. Osanna, della famiglia degli stampatori ducali.
La sera del 26 giugno 1617 fu colpito da apoplessia; pur migliorando rapidamente, riportò limitazioni alle capacità motorie. A causa dell'età avanzata e del precario stato di salute il 13 maggio 1619 gli fu dato come coadiutore, con diritto di successione, V. Suardi, che però non partecipò al governo della diocesi.
Il G. morì a Mantova l'11 marzo 1620, dopo una malattia di circa cinque mesi. Fu deposto nella cattedrale, nel sepolcro che si era fatto predisporre presso l'altare maggiore.
L'austerità di vita e il rigorismo attirarono sul G. fama di santità. Dopo la morte fu avviata sollecitamente una causa di beatificazione (7 ag. 1627), presto però arrestatasi; dopo una ripresa (13 luglio 1904) la definitiva approvazione degli atti si è avuta il 27 luglio 1956.
Fonti e Bibl.: Arch. segreto Vaticano: Acta concistorialia 1592-1605, cc. 39, 45; Arm. XLIV, 40, cc. 220v-228r; Secr. brevium, reg. 244, cc. 67r-68r; Fondo Borghese, serie II, vol. 73, cc. 206rv, 241r, 332r-362r (lettere del G. ai cardinali Cinzio e Pietro Aldobrandini, 30 giugno 1596 - 27 ott. 1598); Segr. di Stato, Vescovi e prelati, vol. 21, cc. 132r, 153r (lettere alla Segreteria di Stato del 2 e 30 giugno 1617); Congr. dei Riti, Processus, 4602 (Processo apostolico super virtutibus, 1906-10); Segr. di Stato, Nunz. diverse, 236, cc. 23v-24r, 25rv, 100v-102r, 161rv, 181rv (lettere della Segr. di Stato, Roma 13 dic. 1613 - 12 apr. 1614); Bibl. apostolica Vaticana, Barb. lat. 2815, cc. 434v-488v (Pauli Alaleonis Diarium ab anno 1589 usque ad diem 29 iulii 1599. Legazione del cardinale Alessandro de' Medici in Francia); Chigi B.II.17, cc. 506r-509r (Summarium in causa Mantuana servi Dei Francisci Gonzaghae episcopi Mantuani); F. Marini, Oratio in funere d. f. Francisci Gonzagae praesulis Mantuae, Mantova 1620; F. Marini, Scala decem graduum in funere f. Francisci Gonzagae praesulis Mantuae, Mantova 1620; V. Troni, Oratio habita in exequiis f. Francisci Gonzagae Mantuani episcopi, Mantova 1620; C. Sacco, Vita et sante attioni dell'ill.mo et rev.mo. mons. F. G., vescovo di Mantova, Mantova 1624; I. Donesmondi, Vita dell'illustrissimo et reverendissimo monsignor fra F. G., vescovo di Mantova, marchese d'Ostiano et principe del Sacro Romano Imperio, Venezia 1625; D. De Gubernatis, Orbis Seraphicus, I, Roma 1682, pp. 235-240; Ciro da Pesaro, Causa mantovana ossia dell'Ordine dei minori per la beatificazione e canonizzazione del ven. servo di Dio F. G., Roma 1905; B. Mazzara, Vita del venerabile F. G., ministro generale di tutto l'Ordine dei frati minori, vescovo di Mantova, Roma 1906 (ristampa, a cura di F.M. Paolini, di un'opera già pubblicata nel 1676); G.G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad Scriptores trium ordinum S. Francisci a Waddingo aliisve descriptos, I, Romae 1908, p. 272; F.C. Carreri, Una lettera e una relazione autografe del ven. fr. F. G. ministro generale dei minori osservanti intorno alla riforma del gran convento di Parigi, 1582, in Archivum Franciscanum historicum, II (1909), pp. 669-672; H. Biaudet, Les nonciatures apostoliques permanentes jusqu'en 1648, Helsinki 1910, p. 164; M. Straganz, Erzherzog Maximilian der Deutschmeister und die Franziskaner in Innsbruck, in Forschungen und Mitteilungen zur Geschichte Tirols und Vorarlbergs, XV (1918), pp. 22-50 (con gli statuti promulgati dal G. per il convento di Innsbruck); P. Sevesi, Il ven. F. G., OFM, vescovo eletto di Pavia (documenti inediti), in Studi francescani, XX (1923), pp. 27-32; Id., San Carlo Borromeo e il ven. padre F. G. per la serafica riforma, ibid., XXII (1925), pp. 156-186; S. Melchiorri da Cerreto, Annales minorum seu trium Ordinum a S. Francisco institutorum, XXI (1575-84), Ad Claras Aquas 1934, pp. 179-194, 249 s., 313-317, 324-326, 352-358, 364-377, 379 s., 389-395, 447-449; XXII (1585-90), ibid. 1934, pp. 106, 186, 364; XXIII (1591-1600), ibid. 1934, pp. 249 s., 290 s., 336; XXV (1612-22), ibid. 1934, pp. 386-390; G. Guzzo, Il ven. F. G., Lonigo 1937; I. Beschin - G. Palazzolo, Martyrologium Franciscanum, Vicenza 1939, p. 92; M. Spiller Salvadori, Il ven. F. G., in Frate Francesco, XV (1942), pp. 183-187; L. von Pastor, Storia dei papi, IX, Roma 1955, pp. 84 s.; XI, ibid. 1958, pp. 107, 156, 349, 460 s.; C. Piana, Gli statuti per la riforma dello Studio di Parigi (a. 1502) e statuti posteriori, in Archivum Franciscanum historicum, LII (1959), pp. 311, 317, 328 s.; Sinodi diocesani italiani. Catalogo bibliografico degli atti a stampa 1534-1878, a cura di Silvino da Nadro, Città del Vaticano 1960, nn. 325, 340, 366, 378, 445; A.E. Imhof, Der Friede von Vervins 1598, Aarau 1966, p. 57; G. Coniglio, I Gonzaga, Milano 1967, pp. 359-362; Correspondance du nonce en France Anselmo Dandino (1578-1581), a cura di I. Cloulas, Rome-Paris 1970, pp. 114, 407 s., 416 s., 436, 844; Die Hauptinstruktionen Clemens' VIII. für die Nuntien und Legaten an den europäischen Fürstenhöfen 1592-1605, a cura di K. Jaitner, Tübingen 1984, pp. CCXXIII, 466; R. Brunelli, Diocesi di Mantova, Brescia 1986, ad ind.; G. van Gulik - C. Eubel, Hierarchia catholica, III, Monasterii 1923, pp. 163, 234, 269; P. Gauchat, Hierarchia catholica, IV, ibid. 1935, p. 230; Enc. cattolica, VI, col. 923; Bibliotheca sanctorum, VII, coll. 106-108; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXI, coll. 632-633; Lexikon für Theologie und Kirche, IV, coll. 835 s.; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Gonzaga, tav. XV.