GRADENIGO, Francesco
Nacque il 14 dic. 1576 a Monselice, presso Padova, terzogenito di Vincenzo di Bartolomeo, del ramo di S. Lorenzo, e di Contarina di Polo Contarini dagli Scrigni. Dall'unione nacquero, inoltre, Bartolomeo (1573-1636), Pietro (1574-1613), Polo (1579), morto in tenera età, Cecilia e Pellegrina.
Nel 1588 il G. e il fratello Bartolomeo seguirono il padre, designato ambasciatore ordinario presso l'imperatore, e agli inizi del 1595, ancora in compagnia del fratello, era al fianco del genitore inviato ambasciatore straordinario presso il re di Francia Enrico IV. Partito il padre per Venezia nel febbraio del 1595, il G. si trattenne presso l'ambasciatore residente Pietro Duodo per continuare il suo tirocinio politico. Rimase in Francia più di un anno e prima di rientrare a Venezia, tra ottobre e novembre del 1596, si recò in Inghilterra, per conoscere un paese che suscitava simpatia in una parte del patriziato veneziano e che era diventato tappa frequente nei viaggi d'istruzione dei rampolli delle famiglie del ceto dirigente. Al ritorno il G. stese una Instruttione che l'ambasciatore Duodo inserì in un dispaccio del 2 nov. 1596, accompagnandola con un elogio al G. e con l'auspicio di un brillante futuro per il suo autore.
La relazione, redatta secondo lo stile della diplomazia veneziana ma con la spontaneità dell'esordiente, non nasconde la simpatia per il paese visitato, del quale tratteggia a grandi linee il paesaggio ameno, lo stile di vita e il carattere degli abitanti, l'armonia tra le classi, la diffidenza verso gli stranieri, pregi e difetti del sistema difensivo, mettendone in rilievo la buona organizzazione statale e l'assenza - contrariamente a quanto avveniva in Francia e nei Paesi Bassi - di "guerre civili", l'opulenza e la bellezza, in particolare di Londra, con il Tamigi traboccante di "vaselli", punto di arrivo del bottino della guerra di corsa ordinata dalla forte e "rissoluta" regina Elisabetta: "Di età di 64 anni in circa, di statura mediocre, di complessione sanguinea e molto robusta, che dà iudicio che habbi da vivere per molto tempo", che conta solo su se stessa parendo che "poco pensi di elleggersi un successore che è grandemente desiderato dalli suoi sudditi, seben non ardiscono di parlarle". Il G. la segue nelle cerimonie pubbliche, come quella del tocco degli scrofolosi, offrendocene, in occasione dell'udienza concessagli, un ritratto meno formale, di conversatrice affabile, non protocollare, che in buon italiano scherza sulla propria bruttezza, con un'autoironia che ribatte all'ossequiosa galanteria del G., e che diventa ironia quando la sovrana ricorda al giovane che i Veneziani la stimavano di più quando era una principessa rispetto ad adesso che è una regina, perché hanno "paura di quel vecchio, volendo alludere a Sua Santità".
Nel 1599 il G. fu ancora al seguito del padre, destinato al bailaggio di Costantinopoli, in un viaggio accidentato, segnato dalla malattia e dal decesso di molti membri del seguito. Quella sorte toccò anche al padre, morto il 22 febbr. 1600 dopo quattro mesi di malattia, amorevolmente assistito dal G., che svolse a nome del genitore mansioni di rappresentanza presso le autorità ottomane e una mediazione tra gli ambasciatori inglese e francese a fianco del bailo uscente, Girolamo Cappello.
Ritornato a Venezia, il G. iniziò il cursus honorum con l'elezione, il 22 dic. 1601, alla carica di savio agli Ordini, riconfermatagli anche per il primo semestre del 1603. La sua carriera, non brillante, fu connotata da periodi di vacanza, come dimostra l'assenza del suo nome dagli elenchi delle candidature. Spesso è confuso, per omonimie o per mancanza del patronimico, con altri che negli stessi anni ricoprirono incarichi pubblici, in particolare con i figli di Pier Marin (1599-1631), di Francesco (1576-1614) e di Gian Giacomo (1584-1649). Il 10 marzo 1617 il G. fu nominato governatore di galera e il 29 agosto dello stesso anno castellano a Brescia, dove servì onorevolmente, tra il gennaio 1618 e il maggio 1619, ricordato dal rettore Antonio Mocenigo come un funzionario "diligente nel servizio, amato dalla soldatesca e tanto accurato nella sua carica". Rientrato a Venezia, nel giugno 1619, il G. andò in Pregadi e il 19 apr. 1622 fu nominato provveditore in Valcamonica. Poste senza esito diverse candidature, tra il 1622 e il 1625, il 31 ott. 1625 fu eletto savio di Terraferma e nel 1629 fu tra i 41 elettori del doge Nicolò Contarini. Candidatosi per la seconda volta, nel 1636, a provveditore in Valcamonica, fu nuovamente savio di Terraferma nel settembre 1640.
Il G. morì a Venezia il 22 luglio 1644 nella dimora di S. Severo, dopo due settimane di "febre e mal d'orina".
Nel 1624 aveva sposato Maria Zen di Francesco, vedova di Polo Bragadin di Andrea; rimasto vedovo, sposò nel 1628 Laura di Marino Pisani - lei era al terzo matrimonio, dopo quelli con Costantino Michiel di Francesco e Angelo Gradenigo di Daniele -, morta nel 1631. Nel testamento olografo del 24 giugno 1644, improntato a profonda e non convenzionale devozione, beneficò le principali istituzioni religiose e caritative cittadine e i domenicani di S. Maria delle Grazie di Este, destinò i proventi della proprietà di Solesin ai poveri, assegnò una mansionaria per la cura della chiesetta di Monte di Cero in ottemperanza a un voto fatto quando era gravemente malato, ricordò parenti, collaboratori e domestici, vincolò per tradizione familiare la casa di S. Severo al divieto di vendita o di cessione.
Il patrimonio del G. - immobili a Venezia e proprietà a Este e Monselice - fu lasciato all'unica figlia, Contarina, ancora minorenne, affidata al cugino Pietro Gradenigo, avvocato figlio naturale dello zio Francesco, scelto come esecutore testamentario. In caso di morte senza eredi della figlia, libera di sposarsi o di monacarsi, stabilì che il patrimonio sarebbe andato ai nipoti Giustinian di S. Pantalon, figli della sorella Pellegrina.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, St. veneta, 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patritii veneti, c. 100; Avogaria di Comun, Libri d'oro,Nascite, IV, cc. 128, 142v (schedario); V, c. 123; Libri d'oro, Matrimoni, G. Giomo, Matrimoni per nome di donna…; Senato, Dispacci ambasciatori, Francia, filza 15 (2 nov. 1596); Costantinopoli, filze 49-50; Notarile, Testamenti, 1138/104; 1229/331; 1138/104; 1267/9; Atti, 11922, c. 318; 11923, cc. 203-204; Segretario alle Voci, Elezioni in Pregadi, regg. 7, cc. 19-20; 9, c. 146; 10, cc. 150, 178; Elezioni in Maggior Consiglio, reg. 12, c. 163v; Ospedali e luoghi pii, b. 12; Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, P.D., C.2580, II, c. 60v; C.656, XXI; Ibid., Bibl. naz. Marciana, Mss. it., cl. VII, 836 (= 8915), Consegi, c. 60; VII, 838 (= 8917), c. 153; VII, 840 (= 8919), cc. 11, 76; VII, 841 (= 8920), c. 51v; R. Brown, L'Archivio di Venezia, con riguardo speciale alla storia di Venezia, Torino 1865, p. 204; Calendar of State papers… English affairs… in the archives… of Venice, XI, a cura di R. Brown, London 1897, ad nomen; Relazioni dei rettori veneti…, a cura di A. Tagliaferri, XI, Milano 1978, p. 243; F. Ambrosini, Storie di patrizi e di eresia nella Venezia del '500, Milano 1999, pp. 246 s.