GUARNIERI, Francesco
Nacque da Giacomo in data imprecisata, da collocarsi entro il terzo decennio del sec. XV, probabilmente a Osimo, dove fiorì la famiglia notarile dei Guarnieri.
Fratello del cancelliere di Perugia Stefano, il G. fu scrittore apostolico e commendatario della badia di S. Niccolò di Osimo dalla metà del XV secolo. A partire dal 1464 ebbe la funzione di uditore del vescovo di Vicenza Marco Barbo, parente e favorito del pontefice Paolo II. Fu in rapporti d'amicizia con umanisti illustri della cerchia del cardinale Bessarione, come Niccolò Perotti, e intrattenne uno scambio epistolare con Francesco Filelfo: le lettere risalgono agli anni intorno al 1468-69, allorché Filelfo, in difficoltà dopo la morte del duca di Milano Francesco Sforza, cercava di ottenere favori da Paolo II. Attraverso il G. Filelfo cercava d'ingraziarsi l'ormai cardinale (1467) Marco Barbo, mecenate colto e creatore di una ricchissima biblioteca. Nel maggio 1469 egli si rivolse al G. e, con lettera simile, al Bessarione per ottenere in prestito dalla Biblioteca Vaticana, in vista di una traduzione da dedicare a Paolo II, Appiano, Diodoro Siculo, Dione. Niccolò Perotti, intorno al 1470, rivolse con toni di lusinghiera e calorosa amicizia al G. l'epistola polemica che prendeva di mira l'edizione della Naturalis historia di Plinio curata da Giovanni Andrea Bussi. In essa elogiava dapprima Marco Barbo, quindi spendeva parole più che lusinghiere per il G.: "Tu vero, mi Francisce, quem et ingenio excelsum et naturam altumque in litteris et optimarum artium studiis flagrantem omnes norunt et predicant" (Monfasani, pp. 26 s.), al quale dunque si rivolgeva il Perotti per sollecitare l'intervento di Marco Barbo e di Paolo II, in una questione filologica che gli stava molto a cuore.
Bussi, nella prefazione al suo Plinio, aveva esaltato la recente invenzione dell'arte tipografica, destando le perplessità del Perotti che, pur riconoscendo i grandi vantaggi della stampa, ne temeva l'influsso negativo sulla qualità filologica delle edizioni; proponeva perciò al papa, per il tramite del G., di far vigilare, magari dai componenti della cerchia del Bessarione, sulla bontà dei testi da pubblicare. Appare qui, per la prima volta e significativamente su sollecitazione di uomini di cultura a ridosso di una congiura repressa con processi e incarcerazioni, l'idea di una struttura ufficiale di controllo dei testi a stampa, quando ancora non si potevano sospettare gli effetti dirompenti che, a un altro livello della tradizione, essa avrebbe avuto sull'unità cristiana.
Del G. non conosciamo la data di morte, che Annibaldi ipotizza precedente al 1478 a partire da una bolla di Sisto IV, riportata dal Talleoni, con cui il G. viene sostituito nella commenda della badia di S. Niccolò dallo stesso Marco Barbo.
Come il fratello Stefano, il G. è noto principalmente per aver contribuito alla formazione della biblioteca che nel Settecento confluì in quella dei conti Baldeschi Balleani in Jesi, che Billanovich reputava la "più bella biblioteca di umanisti italiani che ancora restava nella casa dei discendenti" (p. 163). Al G. si può ricondurre con certezza il codice di Fortunaziano (Ars rhetorica) e Cicerone (Partitiones oratoriae) posseduto e postillato da Francesco Petrarca, attualmente conservato presso la Biblioteca Bodmer (ms. 146) di Genève-Cologny. Una comune origine con questo codice può essere ipotizzata per un altro codice appartenuto al Petrarca conservato presso la Biblioteca nazionale di Roma (Vitt. Em., 1632). Di questo codice delle Tusculanae di Cicerone, vergato in "gotica chiara e ariosa" su due colonne, si ignorava la provenienza fino a che Silvia Rizzo, subito dopo l'acquisto, non riconobbe nel Petrarca il postillatore.
Fonti e Bibl.: F. Filelfo, Epistolarum familiarum libri XXXVII, Venetiis 1502, cc. 186r, 188, 192r, 204v, 210r, 215r, 222r; M. Talleoni, Notizie intorno al sangue miracoloso scaturito nel sec. XIV da un crocefisso dipinto nel muro dell'antica chiesa di S. Niccolò d'Osimo, Osimo 1762, p. 33 n. 16; C. Annibaldi, L'Agricola e la Germania di Tacito nel ms. latino 8 della biblioteca del conte G. Balleani in Jesi, Città di Castello 1907, pp. 7-9; G. Mercati, Per la cronologia della vita e degli studi di Niccolò Perotti arcivescovo di Siponto, Roma 1925, pp. 74, 81, 90-93, 121; G. Billanovich, Petrarca e i retori latini minori, in Italia medioevale e umanistica, V (1962), pp. 130 s., 156, 163; S. Prete, La lettera di Niccolò Perotti a F. G., in Studi piceni, XLIII (1976), pp. 115-126; J. Monfasani, The first call for press censorship: Niccolò Perotti, Giovanni Andrea Bussi, Antonio Moreto, and the editing of Pliny's Natural history, in Renaissance Quarterly, XLI (1988), 1, pp. 1-31; S. Rizzo, Un nuovo codice delle Tusculanae dalla biblioteca del Petrarca, Atti del IX Colloquium Tullianum, Courmayeur… 1995, in Ciceroniana, n.s., IX (1996), pp. 75-104; A.M. Adorisio, Nota dei codici appartenuti a F. e Stefano Guarnieri di Osimo, in Rinascimento, XXXVI (1996), pp. 195-205.