GUGLIANETTI, Francesco
Nacque ad Augusta (Augsburg), in Baviera, il 31 marzo 1818 da Giovanni Battista e da Maddalena Guglianetti. La famiglia paterna, originaria di Sizzano (vicino Novara), si era trasferita in Baviera per esercitarvi il commercio della seta, attività che già le aveva procurato l'agiatezza economica e un cospicuo patrimonio terriero nell'alto Novarese. Riportato ancora adolescente in Italia dalla prematura scomparsa del padre, il G., dopo aver compiuto gli studi inferiori a Novara nelle scuole rette dai gesuiti, si iscrisse alla torinese facoltà di giurisprudenza e vi conseguì la laurea, intraprendendo subito dopo la professione forense. È presumibile che risalisse a questi anni il suo interesse per la politica delle riforme inaugurata intorno al 1839 dal re Carlo Alberto; è certo comunque che, una volta concesso lo statuto, il G. sin dalle prime consultazioni fu eletto al Parlamento subalpino in rappresentanza del II collegio di Novara (il cosiddetto collegio extra muros): tra gli atti che in precedenza avevano dato un'impronta radical-democratica alla sua collocazione politica, la proposta - da lui avanzata senza successo in sede locale - di sostituire nell'insegnamento i gesuiti espulsi dalla città.
Venendo a ingrossare quel "partito degli avvocati" che con i magistrati e i giuristi avrebbe costituito il gruppo professionale largamente maggioritario della Camera dei Deputati subalpina, il G. si mostrò particolarmente attento - nella fase in cui si elaboravano per lo Stato sardo le norme che avrebbero dovuto dare applicazione ai principî liberali - a che il testo delle leggi da approvare non limitasse la libertà dei cittadini né sacrificasse nulla dei diritti loro riconosciuti dallo statuto.
Quando, tra il 1848 e il 1849 e poi nei mesi seguiti alla sconfitta di Novara, le istituzioni piemontesi parvero vacillare, il G. fu, con R. Sineo, F. Mellana, G. Robecchi, uno degli esponenti della Sinistra che, prendendo la parola anche come relatore in materia di pubblica sicurezza, di tutela dell'emigrazione lombarda, di diritto di associazione, di prestito forzoso, contrastarono più efficacemente le interpretazioni talvolta restrittive sostenute dai vari governi in funzione dell'eventualità, dalla Sinistra sempre temuta, di un ritorno all'assolutismo: "Lasciate in balia dei ministri presenti o futuri di regolare l'esercizio delle franchigie costituzionali - ammonì il 3 dic. 1848 - e vedrete in breve tempo a che si riducano quelle tanto celebrate libertà che ci vennero riconosciute!".
Col volgere degli anni la sua posizione si fece meno sospettosa ma non meno radicale: costretto a cambiare collegio, tra la IV e la VII legislatura ottenne la deputazione a Cicagna (Riviera di Levante), poi, in contemporanea, a Varallo e Borgosesia, optando per quest'ultima, infine a Borgomanero. Le difficoltà che talvolta gli capitò di incontrare per la conferma del mandato (non di rado dovette ricorrere alle suppletive) derivarono probabilmente dall'atteggiamento affatto conciliante che ebbe verso i provvedimenti portati alla Camera dal governo Cavour. Venuta meno l'ansia per la sopravvivenza del regime liberale, si trattò allora per il G. di tentare di dare un contenuto più incisivo al riformismo cavouriano, chiedendo ad esempio, come fece il 7 maggio 1852 intervenendo nella discussione di un progetto di legge sull'imposta personale e mobiliare, che i consumi di lusso fossero tassati più pesantemente di quanto avesse inteso fare l'esecutivo; e quando il 1° apr. 1854 C. Cavour sottolineò la singolarità di una convergenza delle due estreme per ostacolare la sua opera di governo, il G. gli replicò di aver combattuto soltanto "quelle imposte, le quali non credeva fossero basate sul principio dell'eguaglianza portato dallo Statuto".
Era stato questo tipo di opposizione, puntuale quanto puntigliosa, a fargli guadagnare già nel 1850 appunto dal Cavour l'epiteto di "vipera" (Epistolario, VII, p. 21), sulla base di un giudizio condiviso anche da qualche elemento della Sinistra (il democratico G. Asproni gli attribuiva nel 1856 una "natura maligna e serpentina") ma che, nella versione di un estimatore come C. Correnti, diventava invece apprezzamento di un intuito politico "parso tante volte portentoso e diabolico" (Salsotto, p. 685).
E tuttavia, a partire dalla metà degli anni Cinquanta, il G., che uno stato di salute precario costringeva a frequenti richieste di congedo dai lavori della Camera, attenuò molto la propria vis polemica spostandosi decisamente verso il centro, a ciò sospinto forse anche dalla bocciatura riservatagli dall'elettorato di Borgosesia nel 1857. All'inizio del 1858 l'appoggio del Cavour gli assicurò la rielezione a Borgomanero; il G. ricambiò il favore facendo da relatore del progetto di legge per un prestito di 40 milioni di lire che avrebbe dovuto dare ulteriore impulso alla politica finanziaria espansiva del primo ministro. Si stabilì così tra i due un rapporto di grande fiducia e collaborazione che si concretizzò nelle due importanti relazioni che il Cavour commissionò e il G. scrisse nel settembre 1858, rispettivamente sulla condizione delle Casse di risparmio in Piemonte e sul problema degli esposti.
In merito al primo argomento il G. evidenziava la situazione di assoluta arretratezza della Cassa torinese, tanto più vistosa se paragonata al dinamismo dell'omologa istituzione milanese: la causa era da attribuire ai molti ostacoli che, per favorire gli investimenti nel debito pubblico, la politica finanziaria fin lì seguita dal Piemonte aveva posto alla libera circolazione del grande capitale incoraggiando solo depositi di piccola entità. Quanto a quella che chiamava la "piaga sociale" dell'infanzia abbandonata, la soluzione che il G. indicava stava non nell'aumento del sussidio pubblico agli istituti di ricovero ma in una migliore conoscenza delle cause (l'urbanizzazione determinata dallo sviluppo industriale, il calo dei matrimoni) che a suo dire erano all'origine del fenomeno e a combattere le quali i rimedi proposti (educazione morale delle classi inferiori, soccorsi a quanti abbandonavano i figli per miseria, controlli sulle levatrici per avere i nominativi delle partorienti, aiuti alle madri nubili, eliminazione della ruota, incoraggiamento delle adozioni) non dovevano comunque comportare un'ingerenza eccessiva dello Stato nella vita dei cittadini: criterio, questo, cui era ispirata la bozza di progetto di legge che il G. accludeva alla sua relazione fissando il principio della durata dell'intervento statale a favore degli esposti fino al 1862.
Il 25 apr. 1859 Cavour lo nominò segretario generale del ministero dell'Interno: in tale veste il G. ebbe un ruolo di primo piano nella gestione della politica di unificazione e fu coinvolto in tutti gli atti che ne concretizzarono gli inizi, dalla nomina del primo governatore della Lombardia (il piemontese P.O. Vigliani) all'elaborazione del testo di legge sulla nuova guardia nazionale; ormai in piena sintonia col Cavour, quando dopo l'armistizio il primo ministro si dimise il G. si affrettò a seguirne l'esempio (13 luglio 1859), per poi riottenere lo stesso incarico di segretario agli Interni (21 genn. 1860) in coincidenza con il ritorno del conte al potere, cosa che tra l'altro lo obbligò a seguire con attenzione - e con la stessa ambiguità del Cavour - tutte le fasi della preparazione e della conclusione della spedizione garibaldina nel Mezzogiorno. Della sua esperienza nel campo legislativo si volle far tesoro chiamandolo al Consiglio di Stato e designandolo membro della commissione straordinaria per la formazione dei progetti di legge (18 nov. 1860): uomini come G. Lanza, L.C. Farini e soprattutto M. Minghetti ricorsero spesso a lui per definire le norme che dovevano regolare aspetti fondamentali della vita del nuovo Regno.
Era intanto proseguita anche la carriera politica del G., che al rinnovo del mandato parlamentare per la VII e VIII legislatura (in quest'ultimo caso nel collegio di Varallo) aveva aggiunto l'elezione a consigliere provinciale nel mandamento di Carpignano (18 febbr. 1860) e, dall'inizio del 1861, la designazione a membro del consiglio d'amministrazione delle ferrovie dell'Alta Italia.
Quello dei lavori pubblici e in particolare dello sviluppo della rete ferroviaria era stato un settore al quale da tempo il G. si era interessato molto attivamente: morto Cavour e mentre si diradava l'assiduità ai lavori parlamentari, dal G. seguiti con una disciplina di partito che comunque non arrivò mai a comprendere il governo di U. Rattazzi contro il quale votò il 17 marzo 1862, divenne il maggiore dei suoi impegni, al punto che il 6 ag. 1862, discutendosi il disegno di legge sulle concessioni ferroviarie nel Meridione e in Lombardia, fu sollecitato ad astenersi dall'intervenire per non provocare, come "amministratore delle strade ferrate lombarde", un conflitto di interessi.
La vera aspirazione del G. era ora la nomina a senatore cui credeva di aver diritto per l'opera prestata alla formazione del Regno. Non bastarono a placarlo né la commenda dell'Ordine mauriziano di cui era stato insignito il 21 nov. 1860 né il titolo di ufficiale della Corona d'Italia conferitogli il 14 sett. 1868, quando, dopo essere stato eletto per l'ultima volta nel 1865, aveva ormai rinunziato alla deputazione: viste frustrate le sue aspettative dall'infornata del 1870 - una delusione di cui invano cercò di consolarlo Q. Sella - il 7 ott. 1872 il G. si tolse la vita a Torino gettandosi nel vuoto.
Fonti e Bibl.: Dall'archivio privato della famiglia Guglianetti in Sizzano è stato tratto il materiale pubblicato da C. Salsotto, Lettere ined. di Camillo Cavour, Marco Minghetti, Cesare Correnti, Luigi Carlo Farini ed altri a F. G., in Il Risorgimento italiano, III (1910), pp. 643-693, integrato successivamente dalla corrispondenza del 1859-60 con Cavour e L.C. Farini, edita per la prima volta nei Carteggi di C. Cavour (per la consultazione si rinvia al volume di Indici…, ad nomen) e poi arricchita da M. Crenna, Come fare la patria degli Italiani? Dal carteggio (1848-1872) di F. G., in Bollett. stor. per la prov. di Novara, LXXXVIII (1997), pp. 501-582. Qualche documento inedito di carattere ufficiale recante la firma del G. (incluse tre comunicazioni del 1849 sottoscritte dal G. come primo ufficiale della r. segreteria di Stato per l'Interno) nell'Arch. del Museo centrale del Risorgimento di Roma (per la collocazione si consulti lo schedario cartaceo, ad nomen). Tra le altre fonti, oltre ai volumi delle Discussioni degli Atti del Parlamento subalpino (legislature I-VII) e, per le legislature VII-IX, degli Atti del Parlamento italiano (per la consultazione si vedano gli Indici nel volume conclusivo di ogni legislatura), si vedano G. Asproni, Diario politico 1855-76, I, 1855-57, a cura di B. Josto Anedda, Milano 1974, p. 382, e i voll. VII, XV e XVI dell'Epistolario di C. Benso di Cavour, Firenze 1982-2000, ad indices. Per dati e notizie sulla carriera del G. cfr. i saggi citati di C. Salsotto e di M. Crenna, nonché Storia dei collegi elettorali…, II, Le elezioni politiche al Parlamento subalpino e al Parlamento italiano, Roma 1898, pp. 89, 91, 198, 444, 691, M.G. Virgili, I deputati rappresentanti di Novara alla prima legislatura del Parlamento subalpino, in Boll. stor. per la prov. di Novara, XL (1949), pp. 71-78, e L. Polo Friz - G. Silengo, Novara crocevia del Risorgimento. La battaglia di Novara del 1849, Novara 1999, p. 168. C. Arrighi, I 450 deputati del presente e i deputati dell'avvenire, VII, Milano 1865, pp. 10 s.