GUICCIARDINI, Francesco
Nacque a Firenze il 5 ott. 1851 dal conte Luigi e da Paolina Serristori. Laureatosi in giurisprudenza all'Università di Pisa, si dedicò alla professione forense facendo pratica dal 1873 presso gli studi Mari e Puccioni di Firenze e nel 1876 iscrivendosi all'albo degli avvocati di Firenze e Roma. Nel frattempo iniziò la carriera pubblica divenendo consigliere comunale nel 1875 di Montopoli in Valdarno, nel 1876 di Montale e nel 1878 di San Miniato. Nel 1877 a Montopoli assunse anche la carica di sindaco e in tale veste, oltre a dedicarsi in particolare al problema della diffusione dell'istruzione, provvide a risanare le finanze dissestate del Municipio.
Nel 1878 fu eletto nel Consiglio provinciale di Firenze per il mandamento di San Miniato, e conservò tale carica fino al 1895. Nel 1882 fece parte inoltre per breve tempo della Deputazione provinciale, da cui si dimise per presentarsi candidato alle elezioni politiche di quell'anno. Nell'ambito dell'amministrazione provinciale ricoprì diversi incarichi, fra cui quelli di revisore dei conti, presidente della commissione Finanze, membro della giunta di vigilanza dell'istituto tecnico e del Consiglio provinciale scolastico. In questo ruolo si adoperò per favorire il finanziamento della Scuola di scienze sociali C. Alfieri, del cui consiglio direttivo fu membro dal 1905 al 1915.
Al 1878 risale anche la sua collaborazione alla Rassegna settimanale, che fu all'origine di uno stretto vincolo di amicizia con Sidney Sonnino, destinato a durare, pur fra non pochi contrasti, per un tempo assai lungo e avere evidenti ripercussioni sulla sua collocazione politica. Nel 1880 il G. mobilitò in favore di Sonnino tutte le proprie risorse di grande proprietario terriero ed ebbe una parte di rilievo nel garantirne l'elezione a deputato nel collegio di San Casciano Val di Pesa. Nel 1882 a sua volta, presentatosi candidato nel quarto collegio di Firenze, il G. fu eletto deputato all'interno di una lista, che, pur con qualche accento critico, condivideva l'orientamento trasformista del ministero e comprendeva anche Sonnino e il fratello di questo, Giorgio. Sempre nel 1882, a ulteriore testimonianza di questa solida intesa, egli fu con Sonnino, L. Franchetti ed E. Cavalieri tra i fondatori della Rassegna, il quotidiano che raccolse l'eredità della Rassegna settimanale e cessò le pubblicazioni nel 1886. Il G. detenne una quota della proprietà del giornale fino al dicembre 1883.
Durante la sua prima esperienza parlamentare il G. si schierò in una posizione di centrosinistra e tenne una linea di costante sostegno ai governi Depretis. Fece parte di varie giunte e commissioni, fra le quali quella incaricata di redigere il disegno di legge sulla perequazione fondiaria, che lo vide inizialmente contrario, come quasi tutta la deputazione toscana, e infine a favore del progetto dopo che alcuni emendamenti lo avevano reso meno oneroso per i possidenti delle regioni centro-meridionali. Il 24 luglio 1884 A. Depretis premiò la sua fedeltà affidandogli l'incarico di segretario generale del ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, che egli tenne fino al luglio 1886, interessandosi in specie di problemi connessi allo sviluppo e al miglioramento della produzione agricola nazionale. Le uniche divergenze con la linea governativa manifestate dal G. in questo periodo furono su questioni di politica estera: egli non condivideva la scelta dell'espansione coloniale nel Mar Rosso (e quindi neppure l'occupazione di Massaua nel 1885) e preferiva invece una politica mediterranea.
Gli elettori del collegio di Empoli (Firenze IV), che già nelle suppletive del 31 luglio 1884 gli avevano confermato la fiducia con una votazione plebiscitaria (6229 voti su 6300 votanti), nel 1886 lo rielessero deputato con largo scarto. In tale occasione, essendo ormai Sonnino in aperto contrasto con il governo, il G. assunse la leadership della lista e presentò un programma in cui rivendicava la piena adesione al trasformismo. Esso, a suo avviso, aveva rappresentato una svolta nella storia politica del paese consentendo di superare le antiche divisioni fra Destra e Sinistra, facendo sorgere una vasta maggioranza parlamentare e creando i presupposti per dar vita a un autentico partito liberale di stampo europeo.
Allontanatosi da S. Sonnino, in questa fase il G. si spostò a sinistra e si avvicinò alle posizioni di G. Zanardelli. Nell'ottobre 1889, ormai divenuto esponente fra i più autorevoli del liberalismo progressista toscano, capeggiò la lista democratica che vinse le elezioni amministrative nel Comune di Firenze e che lo elesse alla carica di sindaco. Dimessosi da deputato, si dedicò al nuovo compito attuando una politica di risanamento delle finanze che non gravasse sulle già precarie condizioni di vita dei ceti meno agiati. Anzi, nei loro confronti promosse non poche iniziative, quali, per esempio, un piano edilizio per la concessione di abitazioni alle famiglie indigenti, l'istruzione e la refezione scolastica gratuite per gli alunni più poveri, provvedimenti in favore delle cooperative e l'introduzione della giornata lavorativa di otto ore nelle ditte che si aggiudicavano gli appalti comunali. Tuttavia, col tempo si aprirono in seno alla giunta profonde divergenze fra la componente liberale e quella democratica, che chiedeva l'adozione di misure ancor più radicali. Esse costrinsero il G. a rassegnare le dimissioni (9 nov. 1890) e nella successiva tornata elettorale del gennaio 1891 la Sinistra subì una grave sconfitta e i gruppi moderati e conservatori ripresero il controllo dell'amministrazione.
Nel 1892, dopo il ripristino del sistema uninominale, il G. fu rieletto nel collegio di San Miniato, che gli rinnovò poi il mandato senza interruzione fino alla sua morte. Ormai etichettato come zanardelliano e in rapporti di amicizia anche con G. Giolitti, alla Camera fu tenace avversario della politica coloniale di F. Crispi, la cui caduta, nel 1896, coincise con il suo ritorno a un incarico governativo, questa volta con la titolarità del ministero di Agricoltura, Industria e Commercio nella compagine guidata da A. Starrabba di Rudinì. Resse il dicastero dal 10 marzo 1896 al 14 dic. 1897 e legò il suo nome, fra l'altro, all'iter gestatorio della legge che istituì la Cassa di previdenza per l'invalidità e la vecchiaia e di quella per la tutela degli infortuni sul lavoro.
Fra il 1898 e il 1900 compì lunghi viaggi in Dalmazia, in Tripolitania e in Albania; fu poi in Macedonia nel 1903, in Turchia nel 1908 e di nuovo in Tripolitania, al seguito del corpo di occupazione italiano, nell'ottobre 1911: furono tutte esperienze che gli tornarono utili quando fu chiamato a reggere le sorti, sia pure per breve tempo, della politica estera italiana.
Dal punto di vista politico il G. conobbe in questi anni una nuova evoluzione. Dopo aver organizzato fra il 1897 e il 1900 i liberali di sinistra e i rudiniani in Toscana contro Sonnino, in occasione delle elezioni del 1900 guidò l'opposizione costituzionale della regione e tale attività gli valse l'accusa di filosocialismo e di filoradicalismo da parte del giornale La Nazione, portavoce degli ambienti più conservatori. Eletto vicepresidente della Camera nel 1900 (il G. ricoprì tale carica anche nel 1909) e, dopo la scomparsa di Zanardelli (1903), si riavvicinò a Sonnino, del quale condivise il progetto di dar vita a un compatto gruppo parlamentare di centro che svolgesse un'opposizione liberal-conservatrice a Giolitti. Divenne in breve il deputato più autorevole che il Centro contasse in Toscana; e Sonnino, quando formò i suoi due brevi governi (8 febbraio - 17 maggio 1906 e 10 dic. 1909 - 21 marzo 1910), lo chiamò alla guida del ministero degli Affari esteri.
Troppo brevi furono tuttavia queste esperienze perché egli potesse lasciare una traccia significativa nella politica estera del paese, sulla quale peraltro ebbe alcune idee piuttosto precise. In primo luogo, la convinzione che si dovesse puntare a una occupazione della Libia, nella quale egli vedeva uno sbocco per l'emigrazione meridionale ma anche un fondamentale elemento di sicurezza nazionale in chiave antifrancese. Quindi, l'idea che l'Italia dovesse adoperarsi per la nascita di un piccolo Stato indipendente in Albania, il che avrebbe reso più agevole la difesa della costa orientale e il controllo sull'Adriatico. Infine egli, pur convinto triplicista, non esitò a dichiararsi fautore dell'italianità di Trento e Trieste e fu membro del consiglio centrale della Società Dante Alighieri. Non a caso fra i suoi ultimi atti politici vi furono il voto per la neutralità nel luglio 1914 e quello a favore dell'intervento nel maggio 1915.
Eletto deputato nel 1904, nel 1909 e nel 1913, sempre con il sostegno dei cattolici, ebbe un ruolo politico di grande rilievo come stretto collaboratore di Sonnino ed elemento di raccordo delle varie correnti di centro che a lui si richiamavano. Nel 1910 fu tra i fondatori a Firenze dell'Unione liberale, associazione che rappresentò un momento di rottura con la tradizione del vecchio moderatismo toscano e cercò di riunire tutte le gradazioni del liberalismo laico e riformista. Dopo la caduta del secondo governo Sonnino non rivestì più cariche ministeriali né ebbe ruoli parlamentari importanti.
Il G. dedicò le ultime energie alla cura del vasto patrimonio terriero di famiglia, del quale si era occupato fin dal 1873 con intensità pari a quella dispiegata nel campo politico. Nel 1887 aveva ereditato dallo zio Piero Guicciardini anche la grande fattoria di Cusona, in Valdelsa, fra Poggibonsi e San Gimignano, che trasformò in autentico laboratorio di agronomia, sperimentandovi nuovi macchinari, nuovi concimi chimici e soprattutto la rotazione delle colture. Particolarmente appassionato ed esperto, studiò metodi innovativi per combattere la fillossera, la peronospora e altre malattie che flagellavano l'agricoltura. Cercò di incentivare la coltivazione del gelso, l'allevamento delle api (considerava il miele un buon rimedio contro la pellagra e un elemento essenziale per integrare l'alimentazione delle classi povere) e la silvicoltura, impegnandosi egli stesso nel rimboschimento delle terre che possedeva sul crinale appenninico.
Presidente del Comizio agrario di San Miniato dal 1878, membro di quello di Firenze dal 1880, il G. divenne nel 1887 socio ordinario dell'Accademia dei Georgofili, di cui assunse la presidenza il 19 dic. 1909 succedendo a L. Ridolfi. Nel 1895 promosse la costituzione della Società degli agricoltori italiani, della quale fu vicepresidente. Nell'ambito dell'aristocrazia fondiaria toscana rappresentò una delle figure più illuminate e progressiste. Lo rivelò nitidamente sia con la lunga attività di sperimentazione e di perfezionamento delle tecniche agricole, sia, e soprattutto, con alcune proposte di riforma del sistema mezzadrile (da lui pur ritenuto il migliore e il più conveniente), che incontrarono l'ostilità della maggior parte dei proprietari terrieri della Toscana. Nel 1907, in una famosa relazione ai Georgofili, in cui analizzò le cause delle agitazioni agrarie che avevano sconvolto la regione, sostenne la necessità di modificare alcuni patti accessori del contratto di mezzadria andando incontro alle legittime richieste dei coloni. Fin dal 1902 si era adoperato inoltre, insieme con Sonnino, per costituire un'Associazione mutua agraria per la provincia di Firenze con la partecipazione di proprietari e mezzadri; analoghe iniziative promosse nei comuni di San Gimignano e Poggibonsi. Di orientamento liberista, si batté a più riprese contro i dazi doganali, specie quelli sul grano. Detenne quote azionarie di banche e istituti di credito della Toscana e fu membro di accademie e associazioni di varia natura.
Il G. morì a Firenze il 1° sett. 1915.
Scritti. Oltre alle letture tenute all'Accademia dei Georgofili e ai numerosi articoli pubblicati nella Nuova Antologia, per i quali si rimanda ai rispettivi Indici, si ricordano I boschi cedui della fattoria Guicciardini in San Gimignano, Firenze 1887; Contro la fillossera in Toscana. Conferenza, San Miniato 1889; Agli elettori del collegio di San Miniato, Firenze 1900; Parole dette nella sala della Borsa di Firenze, ibid. 1903; Le recenti agitazioni agrarie in Toscana e i doveri della proprietà, ibid. 1907; Polemica agraria, ibid. 1907; Cento giorni alla Consulta. Diario e ricordi, a cura di P. Guicciardini, ibid. 1943.
Fonti e Bibl.: Le carte del G. sono conservate a Firenze nell'Archivio Guicciardini. Su di lui, selezionando all'interno di una vastissima bibliografia, cfr.: P. Ferrari, Il conte F. G., estratto da L'Agricoltura toscana, VI (1915), 17; Il conte F. G. proprietario-agricoltore, in Nuova Antologia, novembre-dicembre 1915, pp. 371-379; P. Guicciardini, Cusona, Firenze 1939, passim; C. Pinzani, La crisi politica di fine secolo in Toscana, Firenze 1963, pp. 27-30 passim; H. Ullrich, Fra intransigenza laica e blocco dell'ordine. I liberali fiorentini dalle prime elezioni a suffragio universale alle elezioni amministrative dell'estate del 1914, in Nuova Riv. storica, LI (1967), 3-4, pp. 297-338 (articolo in larga parte basato sulle carte dell'Archivio Guicciardini); P.L. Ballini, Il movimento cattolico a Firenze (1900-1919), Roma 1969, pp. 9 s., 14, 18, 37, 172, 196-201, 208; E. Decleva, Da Adua a Sarajevo. La politica estera italiana e la Francia, Bari 1971, passim; H. Ullrich, La classe politica nella crisi di partecipazione dell'Italia giolittiana. Liberali e radicali alla Camera dei deputati, 1909-1913, I-III, Roma 1979, ad ind.; S. Gasparo, Innovazioni tecniche e problemi di gestione. F.G. e la fattoria di Cusona: 1887-1915, in Contadini e proprietari nella Toscana moderna, II, Dall'età moderna all'età contemporanea, Firenze 1981, pp. 311-336; S. Rogari, Ruralismo e anti-industrialismo di fine secolo. Neofisiocrazia e movimento cooperativo cattolico, Firenze 1984, pp. 248 ss., 254; P.L. Ballini, La destra mancata. Il gruppo rudiniano-luzzattiano fra ministerialismo e opposizione (1901-1908), Firenze 1984, passim; G. Spini - A. Casali, Firenze, Roma-Bari 1986, pp. 73, 77, 79, 81 s., 103; G. Mori, Dall'Unità alla guerra: aggregazione e disgregazione di un'area regionale, in La Toscana, a cura di G. Mori, Torino 1986, pp. 250 ss. passim; R. Melchionda, Firenze industriale nei suoi incerti albori. Le origini dell'associazionismo imprenditoriale cento anni fa, Firenze 1988, passim; M. Malatesta, I signori della terra. L'organizzazione degli interessi agrari padani (1860-1914), Milano 1989, pp. 46, 89, 94, 383; N. Capitini Maccabruni, Liberali, socialisti e Camera del lavoro a Firenze nell'età giolittiana (1900-1914), Firenze 1990, pp. 40, 76, 104, 154, 163, 346; M. Petricioli, Archeologia e Mare nostrum. Le missioni archeologiche nella politica mediterranea dell'Italia, 1898-1943, Roma 1990, pp. 102 s., 107-112, 269 s.; R. Vivarelli, Storia delle origini del fascismo. L'Italia dalla Grande Guerra alla marcia su Roma, II, Bologna 1991, pp. 725 ss.; S. Rogari, Proprietà fondiaria e modernizzazione. La Società degli agricoltori italiani, 1895-1920, Milano 1994, pp. 34, 42 s., 45, 48, 77, 160, 210; A. Nesti, Vita di palazzo. Vita quotidiana, riti e passioni nell'aristocrazia fiorentina tra Otto e Novecento, Firenze 1994, passim; B. Pisa, Nazione e politica nella Società Dante Alighieri, Roma 1995, pp. 95, 100, 131, 136; G.A. Haywood, Failure of a dream. Sidney Sonnino and the rise and fall of liberal Italy, 1847-1922, Firenze 1999, passim; P. Carusi, Superare il trasformismo. Il primo ministero di Rudinì e la questione dei partiti "nuovi", Roma 1999; M. Sagrestani, Lo scrutinio di lista in Toscana (1882-1891). Dalla competizione possibile alla competizione mancata, Firenze 1999, pp. 108-111, 234-238 e passim; La Confagricoltura nella storia d'Italia. Dalle origini dell'associazionismo agricolo nazionale ad oggi, a cura di S. Rogari, Bologna 1999, pp. 72, 81, 85 s.; C. Barberis, Le campagne italiane dall'Ottocento a oggi, Roma-Bari 1999, pp. 344 ss., 355 s., 382; P. Carlucci, Un progetto liberale: Sidney Sonnino, Pisa 2000, ad ind.; Sidney Sonnino e il suo tempo, a cura di P.L. Ballini, Firenze 2000, passim.