GUITTI, Francesco
Nacque a Ferrara intorno all'inizio del XVII secolo.
Nella lettera dedicatoria degli Intramezzi di Ferrara (1626) viene definito "giovane studente d'età d'anni venti" (Enc. dello spettacolo, col. 68). Questo dato è tradizionalmente servito a collocare la sua data di nascita al 1605 ma, poiché nel 1627 operava come scenografo e ingegnere principale per una delle imprese collettive più importanti del Seicento, il completamento del teatro Farnese di Parma, inaugurato l'anno successivo, sembra più ragionevole arretrare di qualche anno la sua data di nascita.
La sua formazione si svolse nell'ambito della scuola di G.B. Aleotti, specialista in architettura teatrale e ingegneria civile e militare. Nel 1624 progettò la chiesa di S. Maria della Rosa, non più esistente, unico edificio non legato agli spettacoli che di lui si ricordi (Frizzi). Per gli Intramezzi pubblicati nel 1626, ma ideati l'anno prima da G.B. Tassone, insieme con una tragedia, in occasione della venuta di Taddeo Barberini a Ferrara (Adami, p. 164 n. 64), il G. fu incaricato del restauro del teatro degli Intrepidi presso S. Lorenzo e della realizzazione di un numero rilevante di scene di diverso tipo (boscareccia, marittima, infernale ecc.), da aggiungersi all'unica fino ad allora esistente, quella "tragica" ideata da Aleotti. A lui si devono le "molte macchine" (e i dispositivi tecnici per la manovra delle stesse) per i diversi momenti dell'intrattenimento.
Le feste parmensi del 1628, che si svolsero in occasione delle nozze, poi rimandate, di Odoardo Farnese con Margherita de' Medici e culminarono con l'inaugurazione solenne del teatro Farnese nel palazzo della Pilotta, videro l'artista impegnato negli apparati e nelle macchine destinati sia agli spettacoli all'aperto (Torneo e giostra del saracino in piazza Grande), sia a quelli nello stesso teatro Farnese (Torneo di Mercurio e Marte, invenzione e libretto di C. Achillini, musica di C. Monteverdi).
A giudicare dai resoconti contemporanei il Torneo di Mercurio fu di una "grandiosità inaudita" (Molinari, p. 81), caratterizzato da un'eccezionale animazione derivata dal movimento incessante degli sfondi e delle macchine che, attraverso percorsi molteplici, trasportavano i personaggi, fingendo uno spazio illusivo molto vasto (ibid., pp. 81-89).
Alcune lettere inviate da Parma a Ferrara al marchese Enzo Bentivoglio, colto impresario e sovrintendente ai festeggiamenti, oltreché organizzatore del torneo di piazza, offrono dettagli sul soggiorno parmense del G. e servono a comprendere i rapporti che egli intrattenne con i pittori e gli scenografi ferraresi e bolognesi che collaborarono alla realizzazione delle scene: oltre al Chenda (Alfonso Rivarola), Carlo Bonone, il Dentone (Girolamo Curti), Angelo Michele Colonna (Lavin, pp. 119-129).
È stato ipotizzato che Bentivoglio avesse conosciuto il G. proprio nella città estense, mentre vi lavorava in qualità di ingegnere, al fianco di Aleotti, nelle opere di bonifica e di controllo delle acque del Po e del Reno. Forse fu proprio in sostituzione di Aleotti, impegnato a Ferrara, che il marchese introdusse il G. alla corte dei Farnese a Parma. Nel palazzo della Pilotta costruì anche un teatro provvisorio nel cortile di S. Pietro Martire, in cui apportò due innovazioni: la pianta poligonale e un sistema di accesso alle balconate costituito da corridoi e scale situati posteriormente. Se la prima non ebbe seguito, il secondo è divenuto un tratto costante di tutti i teatri successivi (Lavin, p. 110). Più avanti, di nuovo a Ferrara, perfezionò queste innovazioni.
La pestilenza del 1629 indusse il G. a tornare a Ferrara, dove solo nel 1631 si ricominciò a pensare a nuovi festeggiamenti cittadini. In quell'anno le nozze tra la ferrarese Beatrice Estense-Tassone e il fiorentino Giovan Francesco Sacchetti furono occasione di un torneo "a barriera" intitolato La contesa, organizzato dalla famiglia della sposa e tenuto in un teatro provvisorio in palazzo Bevilacqua, che il G. concepì in forma ovale, con quattro ampi gradoni (indicati come "palchi capacissimi" nei documenti) divisi in sette settori. Adami ha di recente illustrato i risultati di uno studio seguito al ritrovamento di un codice conservato nell'archivio familiare dell'ingegnere militare maceratese P.P. Floriani, contenente i disegni relativi all'apparato scenico della Contesa. Oltre a quella di Floriani, si distingue, tanto nei disegni quanto nella scrittura del codice, una seconda mano, che Adami identifica con quella del G., impegnato a fianco di Floriani proprio a partire dal 1631 - per conto delle autorità pontificie - nel completamento della cittadella ferrarese e nella realizzazione di opere difensive nel territorio di Comacchio e del delta del Po.
La profonda conoscenza della tecnologia militare è la base della fortuna del G. come architetto teatrale e scenotecnico. Se infatti, fin dal Cinquecento all'architetto di apparati effimeri veniva richiesta una competenza nell'ars fortificatoria, ciò è tanto più vero a partire dalla prima metà del Seicento, quando la scienza militare e le macchine da guerra conobbero un avanzamento tecnologico impressionante e quando, al contempo, sul versante degli spettacoli e delle rappresentazioni legate alle feste, si affermarono definitivamente gli "intermezzi", i drammi per musica, i tornei e le giostre, che richiedevano cambiamenti di scena rapidi, a vista, ovvero "scene multiple". La perfetta conoscenza dei dispositivi tecnici bellici era senza dubbio un requisito fondamentale per operare in modo adeguato alle nuove esigenze. Alla Contesa partecipò lo stesso Floriani in veste di "mantenitore" o sfidante.
Al successo del torneo si deve probabilmente la chiamata del G. a Roma da parte dei Barberini. Vi giunse alla fine del 1632 e lavorò, a stretto contatto con il cardinal Francesco, alle macchine e alle scene del "dramma spirituale" S. Alessio, su libretto di G. Rospigliosi, futuro Clemente IX, e, forse in collaborazione con A. Camassei, alle scenografie del dramma per musica Erminia sul Giordano, dello stesso Rospigliosi (Hammond, 1985). Entrambi i drammi furono rappresentati nel teatro privato dei Barberini nel palazzo alle Quattro Fontane. Ma l'impresa maggiore del G. a Roma è del 1634, quando il cardinale Antonio Barberini, "per essere già nota la sua esperienza in questa sorte di operationi" (Festa fatta in Roma, p. 134), gli affidò la realizzazione degli apparati per la Corsa del saracino, in piazza Navona, tenuta il 25 febbraio, durante il Carnevale. Il G., oltre che dell'allestimento complessivo, fu autore di due cantate, dei cartelli del mantenitore, il marchese C. Bentivoglio, e della "squadriglia dei re" (quella dei Barberini).
Il teatro vero e proprio occupava poco più della metà di piazza Navona, ed era costituito dal recinto della tribuna a due piani, con palchi coperti per le dame e per la giuria su uno dei due lati lunghi. All'interno si trovavano lo steccato, la lizza, il saracino e il padiglione del maestro di campo. L'ingresso avveniva attraverso due porte sui lati corti, una a nord per le squadriglie e una a sud per il mantenitore. Non c'era palcoscenico e le macchine erano limitate a quella per la barca dei musici e a quella - di notevole grandezza e ricchezza - per la nave di Bacco e del Riso, la cui memorabile comparsa segnava la fine della festa (Fagiolo dell'Arco - Carandini, pp. 368-384). Come per il torneo La contesa, il G. fu l'autore delle incisioni che accompagnavano il libretto.
Di nuovo a Ferrara nel 1635, lavorò al torneo La discordia superata, invenzione di A. Pio di Savoia, musica di A. Goretti, organizzato dal marchese R. Obizzi per il Carnevale. Il teatro venne ricavato nell'edificio per il gioco della racchetta. Al contrario del Saracino romano, ci fu qui una grande profusione di macchine dai meccanismi particolarmente ingegnosi. Per il Carnevale del 1638 e per onorare le nozze del marchese C. Bentivoglio con Costanza Sforza, venne organizzato un altro torneo a piedi, l'Andromeda, invenzione e libretto di A. Pio di Savoia e musica di M. Rossi, nel teatro della Sala (o teatro delle Commedie) in palazzo ducale, anche questo, come quello presso S. Lorenzo, di pertinenza dell'Accademia degli Intrepidi. Questa volta il G. concepì un teatro con cinque ordini di gradoni e per l'orchestra ripropose l'isolamento parziale nel vano creato all'interno di una scala, già sperimentato nel teatro del Cortile a Parma.
La versatilità del G. era ben nota ai contemporanei; ed egli, anche se professò sempre un orgoglioso attaccamento al fondamento matematico del suo mestiere, si dilettò anche in sonetti e componimenti poetici, spesso inclusi nelle edizioni delle opere da lui rappresentate. A Ferrara fu membro dell'Accademia degli Intrepidi, di quella degli Ingegnosi e di quella dei Tenebrosi.
Il G. morì a Ferrara il 16 maggio 1640 e fu sepolto in S. Paolo (Adami, p. 160 n. 5).
Fonti e Bibl.: Festa fatta in Roma alli 25 di febraio MDCXXXIV, Roma 1635; A. Frizzi, Guida del forestiere per la città di Ferrara, Ferrara 1787, p. 51; G. Campori, Lettere artistiche inedite, Modena 1866, pp. 106 s.; C. Molinari, Le nozze degli dei. Un saggio sul grande spettacolo italiano nel Seicento, Roma 1968, pp. 81-89, 108-110, 115-118; M. Fagiolo dell'Arco - S. Carandini, L'effimero barocco: strutture della festa nella Roma del '600, I, Roma 1977, pp. 87-92, 368-384; I. Lavin, Lettres de Parme (1618, 1627-28) et débuts du théâtre baroque, in Le lieu théâtral à la Renaissance. Colloque international, Royaumont, 1963, Paris 1964, pp. 105-158; Barocco romano e barocco italiano. Il teatro, l'effimero, l'allegoria, a cura di M. Fagiolo dell'Arco - M.L. Madonna, Roma 1985, pp. 159-191; F. Hammond, More on music in casa Barberini, in Studi musicali, XIV (1985), pp. 235-261; J. Southorn, Power and display in the seventeenth century: the arts and their patrons in Modena and Ferrara, Cambridge-New York-Melbourne 1988, pp. 84, 101, 117 s., 135-137, 144, 178 n. 131, 179 n. 26; La festa a Roma (catal.), a cura di M. Fagiolo dell'Arco, I, Roma 1997, pp. 185-189, 232; G. Adami, L'ingegnere-scenografo e l'ingegnere-venturiero: le macchine e le scene di F. G. ideate per il torneo de "La contesa", Ferrara, 1631, in Barocke Inszenierung. Akten des Internationalen Forschungscolloquiums an der Technischen Universität, Berlin… 1996, Zürich 1999, pp. 158-189; F. Hammond, La contesa and the Sacchetti/Estense-Tassoni wedding of 1631, ibid., pp. 146-157; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, p. 325; Enc. dello spettacolo, VI, coll. 68-72.