HERMET, Francesco
Nacque a Vienna il 30 nov. 1811 da Paolo e Maria Zaccar-Hogenz di Smirne (italianizzata in Zaccarian). La famiglia, armeno-cattolica, discendente da ugonotti emigrati in Persia dopo la revoca dell'editto di Nantes, nel 1754 si era trasferita da Isfahān a Trieste, dove il nonno dell'H., Gregorio, aveva aperto un grande "stabilimento di bagni ad uso orientale". Da Vienna la famiglia tornò a Trieste nel 1819; ma dopo la scuola normale tedesca, l'H. fu costretto dalle ristrettezze economiche a interrompere gli studi presso l'Accademia di commercio e nautica e, a quindici anni, iniziò a lavorare con umili mansioni. Compiuto un tirocinio in diverse ditte commerciali, tra Trieste e Lubiana (1830-32), nel 1833 iniziò la carriera di assicuratore, come corrispondente per l'italiano, il tedesco e il francese presso le Assicurazioni austro-italiche (poi Assicurazioni generali). Nel 1836, morto di colera il fratello maggiore Gregorio, l'H. per sostenere la numerosa famiglia ne assunse le rappresentanze commerciali (che tenne sino al 1848).
Coltivava intanto le lettere, una passione iniziata nell'adolescenza, quando, piuttosto che ascoltare lezioni impartite in tedesco, preferiva declamare sui prati dell'acquedotto insieme con il futuro scrittore e patriota G. Revere la Gerusalemme liberata, l'Iliade tradotta da V. Monti, commedie e classici della letteratura italiana e straniera.
Nel 1829 fu tra i fondatori della Società filarmonico-drammatica, cui si dedicò dapprima come attore (a fianco, tra gli altri, di G. Modena e A. Ristori), quindi come istruttore. Nel 1839 divenne attuario del teatro Grande (oggi Verdi) e nel 1842 fondò con F. Wagner l'Istituto di mutuo soccorso tra commercianti; nel 1845 divenne regista e direttore del teatro Corti, da lui stesso fatto costruire e inaugurato in quell'anno. Fu questo il periodo dei "favillatori", letterati e patrioti uniti dal 1836 ne La Favilla, il periodico capace di dar voce così alle posizioni della borghesia triestina come a quelle del ceto intellettuale avendo nei suoi dieci anni di vita, e fino a quando non fu chiuso dalla polizia, collaboratori come P. Kandler, Attilio Hortis, N. Tommaseo e C. Cantù.
Rivelatasi nel 1831, attraverso il contatto con alcuni polacchi prigionieri nel castello di S. Giusto, la passione politica dell'H. si manifestò con la rivoluzione del 1848, della quale fu leader indiscusso sin dal primo intervento pubblico, che ebbe luogo il 30 maggio, al teatro Nazionale, di fronte a oltre un migliaio di persone.
Il successo della manifestazione spinse l'H. a fondare la Società dei Triestini, presieduta da P. Kandler, per contrastare la Giunta, espressione del ceto mercantile filoasburgico, guidata dal conte C.F. de Bruck. Il tentativo riuscì parzialmente: quando si trattò di eleggere due deputati alla Dieta di Francoforte - osteggiata dall'H. che contestava l'appartenenza di Trieste alla Confederazione germanica - vennero scelti il de Bruck e il futuro governatore, barone F.M. de Burger.
Nel 1857 l'H. lasciò il teatro Corti e ottenne dal governo la concessione del teatro Armonia, aperto l'anno successivo, che diresse fino al 1860, quando cessò anche il ruolo di istruttore della Filarmonico-drammatica (conservò invece, sino al 1879, quello di direttore) per dedicarsi alla professione di assicuratore. Già nel 1856, infatti, aveva assunto la rappresentanza della Turingia, compagnia marittima di riassicurazioni e, per un breve periodo, del Banco Occidentale. Nel settembre 1860, la Fenice, appena fondata, gli affidò l'agenzia generale per Trieste, Gorizia, l'Istria, Fiume e la Dalmazia.
L'H. fu tra i fondatori della Banca popolare triestina e direttore della prima sezione assicurativa del Lloyd austroungarico. Spesso designato nelle associazioni di categoria, nel 1863 entrò nella Commissione del listino. L'anno dopo fu eletto nel Comitato dell'Unione, a fianco di M. Levi per le Assicurazioni generali, G. Palese per l'Austria assicuratrice, G. Mondolfo del Nuovo stabilimento e G. Terni della Società Assicuratrice: sempre confermato, restò in carica sino agli ultimi giorni di vita.
Intanto si affermava anche come giornalista e, dopo aver collaborato nel 1848 al Costituzionale e aver fondato il foglio satirico La Frusta, nel settembre 1850 diede di nuovo vita a La Favilla col programma di ravvivare "il sentimento nazionale ottuso e imbastardito". Il giornale fu soppresso nel novembre 1852, ma l'H., definito dalla polizia "fanatico partigiano della sognata indipendenza italiana", fu assolto dal tribunale di Trieste dalle accuse di reato di stampa e continuò la sua attività di politico e giornalista. Il suo ruolo non fu quello del trascinatore, ma quello di chi serviva la causa con le associazioni e il giornalismo. Sciolta nel 1850 la Società dei Triestini, nel 1868 l'H. fondò la Società politica del progresso, vicina ideologicamente alle tesi del moderatismo cavouriano.
Nel 1861, l'H. fu eletto al Consiglio comunale sull'onda dell'affermazione del partito liberale che qualche mese prima aveva visto la vittoria dell'Unione elettorale triestina, cui aveva contribuito con l'ascendente popolare di cui godeva. Sempre rieletto sino al 1879 (salvo la parentesi 1863-65), fu dal 1869 al 1879 primo vicepresidente del Consiglio e si distinse per l'impegno con cui sostenne, a fianco di Arrigo Hortis, l'introduzione dell'italiano come lingua di studio e l'apertura di un'università italiana a Trieste.
Come un'altra ventina di oppositori, nel 1866, allo scoppio della guerra per il Veneto, l'H. fu invitato a lasciare la città. Al rientro a Trieste fondò Il Cittadino, un foglio di chiara tendenza liberale e nazionale che ebbe un suo potere di indirizzo, per esempio inducendo la popolazione a festeggiare la notizia della presa di Roma con una luminaria che fu spenta dall'intervento della polizia: l'indomani il giornale, per averne riportato la cronaca, venne sequestrato. Nel 1871 l'H. promosse insieme con U. Sogliani l'uscita de Il Progresso.
Nel 1868, grazie alla sua inclinazione tribunizia ma avversa ai moti di piazza, era intervenuto come mediatore del contrasto, sfociato in aperte manifestazioni, tra il Consiglio comunale e le milizie territoriali slovene, che il governo e la polizia usavano in chiave antitaliana e con lo scopo di spianare la strada, nell'imminenza delle elezioni amministrative, al ritorno del partito conservatore. Quando, il 13 luglio 1868, le tensioni culminarono nella morte di due studenti, la luogotenenza e la polizia si rivolsero all'H. perché sedasse gli animi, cosa che egli fece convincendo le ventimila persone convenute a S. Giusto per il funerale di R. Parisi a tornarsene a casa.
Dopo questo episodio, il 29 ott. 1869 fu eletto deputato al Consiglio dell'Impero, a Vienna. In Parlamento l'H. si unì al gruppo federalista, sostenendone la linea contro il centralismo asburgico, in particolare nella questione delle elezioni dirette. Ma di fronte all'impossibilità di incidere realmente sulla politica imperiale, allo scioglimento del Parlamento, nel 1870 preferì non ricandidarsi. La sua linea politica, partita da posizioni liberali romanticamente contrapposte allo spirito mercantilistico della città, si era evoluta negli anni verso una concezione del municipalismo inteso come emblema del distacco politico di Trieste dall'Austria. L'H. apparve così l'iniziatore dell'irredentismo, soprattutto grazie agli assidui contatti con i corrispondenti e gli esuli nel Regno d'Italia, da L. Fortis a E. Solferini. Tali legami, oltre a quelli con G. Garibaldi e la massoneria, non bastarono a evitargli gli attacchi dell'ala più radicale dello schieramento liberale, come quando (1879), per evitare il commissariamento del Consiglio comunale, identificò invano in F. Dimmer, tedesco naturalizzato italiano e filogovernativo, un possibile podestà di mediazione. Gli screzi, acuiti da un carattere risoluto al limite del dispotismo, e l'età avanzata lo indussero nel 1879 a lasciare la vita pubblica e a dimettersi; l'anno successivo la Società politica del progresso fu sciolta per una dimostrazione poco gradita al governo, ma anche per la stanchezza del leader, e sostituita con l'Associazione progressista.
L'H. morì a Trieste il 16 febbr. 1883.
Sposato con Teresa Gerin (dalla quale ebbe i gemelli Carlo e Maria), alla morte di lei (nel 1859 secondo le Memorie autobiografiche, nel '60, invece, per l'Anagrafe) si risposò con Teresa Köchler, da cui ebbe quattro figli. La passione patriottica e soprattutto quella musicale non andarono disperse, ma attecchirono nell'ultimo dei suoi figli, Guido (1872-1946), dirigente della Cassa di risparmio di Trieste, animatore della vita musicale cittadina e marito della cantante Lydia Sinico, nonché nel pronipote Augusto (1889-1954), discendente di Edoardo, altro fratello dell'H., che fu giornalista, critico musicale e saggista.
Scritti: Relazione dell'adunanza pubblica tenuta dalla Società del Progresso nel teatro Mauroner, l'8 dic. 1869, Trieste 1870; Sulla parziale riforma dello statuto civico del 1850, in suppl. a Nuovo Tergesteo, apr. 1877, n. 86; Ai miei elettori! Lettera aperta, Trieste 1879; Memorie compilate per cura di un socio filodrammatico, ibid. 1884; Id., Memorie autobiografiche, a cura di M. de Szombathely, in La Porta orientale, III (1933), pp. 95-114.
Fonti e Bibl.: G. Caprin, Tempi andati. Pagine della vita triestina (1830-1848), Trieste 1891, pp. 92 s., 413-416; A. Tamaro, La Vénétie Julienne et la Dalmatie, Rome 1918, I, pp. 792 s.; Id., Storia di Trieste, Roma 1924, II, passim; G. Saraval, I deputati triestini al Parlamento di Vienna (1848-1873), in La Porta orientale, VI (1936), 6-8, pp. 294-296; G. Hermet, La vita musicale a Trieste 1801-1944 con speciale riguardo della musica vocale, in Archeografo triestino, s. 4, XII-XIII (1947), pp. 125-240; A. Gentile, F. H. (1811-1883) e un suo atto di civismo (13-15 luglio 1868), in La Porta orientale, XXXIII (1963), 3-4, pp. 113-117; G. Stefani, Cavour e la Venezia Giulia, Firenze 1955, passim; Id., L'opera di F. H. inizia l'irredentismo triestino, in La Porta orientale, XXXVI (1966), 5-7, pp. 134-137; M. Sinigo, Riflessi della questione romana nella stampa triestina del 1870, in Il giornalismo italiano dal 1861 al 1870. Atti del V Congresso… 1966, Torino 1966, pp. 125-128.