FRANCESCO III Gonzaga, duca di Mantova
Primogenito del duca Federico II e di Margherita Paleologo, nasce a Mantova il 10 marzo 1533. Felice il padre s'affretta a comunicarlo al papa e all'imperatore, mentre il popolo, incitato a festeggiare, lo fa sin eccessivamente ché fuochi non controllati provocano un incendio che distrugge carte e scritture custodite nel palazzo della Ragione. E, in segno di ringraziamento, i genitori offrono alla chiesa di S. Maria una statuetta d'argento riproducente, nella statura e nel peso, il sospirato erede, a celebrare la nascita del quale - sia pure allusivamente - pare destinato pure il ciclo di 12 pitture di Giulio Romano illustranti l'infanzia e la giovinezza di Giove nonché la sua famiglia. Spentosi il padre il 28 giugno 1540, F., il 5 luglio, viene acclamato solennemente duca nella piazza di S. Pietro. Tutori del fanciullo - di cui dal 1536 è stato pedagogo il letterato cremonese Benedetto Lampridio messosi in luce nel cantarlo neonato quale "formosus puer" senz'altro "sidere candidior" - la madre duchessa Margherita e gli zii paterni Ferrante ed Ercole. Assente, per lo più, dei due il primo, è il secondo, cardinale, ad assumere energicamente la reggenza docilmente assecondato dalla cognata, che - figura troppo scialba e remissiva per avanzare una qualche personale opinione - s'affida totalmente a lui. È il prelato, allora, ad impostare e a portare avanti una politica che - colla drastica riduzione del personale che passa da 800 addetti a 300 - pone freno all'eccessivo dispendio della corte, introduce un oculato riordino amministrativo, incentiva le manifatture, specie quella tessile, risolleva le finanze senza sacrificare del tutto lo splendore dell'epoca federiciana se non altro perché a Giulio Romano è data ancora possibilità d'imprimere il suo segno architettonico-urbanistico. Quanto a F., il card. Ercole - sensibile alle raccomandazioni di Ferrante di "ritrarlo da quella mala creanza" - che pare, a tutta prima, caratterizzarlo - provvede a che assimili le buone maniere e a che si istruisca sotto la guida di qualificati maestri, tra i quali si distingue il cultore di studi classici Candido Albino. Nel quadro coatto d'una politica estera che vede il Ducato nell'orbita imperiale, tanto fa saldare vieppiù le sue sorti in questa direzione. E utile, a tal fine, un vincolo matrimoniale asburgico-gonzaghesco. Donde l'avvio delle pratiche in tal senso e la loro felice conclusione formalizzata a Canneto - in occasione del passaggio di Carlo V - coll'annuncio, del 27 giugno 1543, del fidanzamento di F. con Caterina d'Asburgo, nipote dell'imperatore e quinta figlia di suo fratello Ferdinando allora re dei Romani. Solennizzato così un impegno - il cui contratto è stato ratificato dai tre tutori di F. ancora il 16 maggio, mentre per la ratifica da parte del futuro suocero occorre attendere il 13 giugno - cui segue, avvalorante per F., il 28 a Medole l'investitura imperiale di Mantova e del Monferrato. Col che F. è, a pieno titolo, duca di diritto in attesa di diventarlo di fatto.
E, uscito dalla fanciullezza e ormai adolescente, ecco che, se non altro, sottoscrive il trattato, del 15 marzo 1548, con Venezia, relativo alle acque del Tartaro motivo di controversia tra Mantovani e Veronesi e che, se non altro, impersona il Ducato nelle cerimonie e nelle occasioni pubbliche. È F. ad accogliere, il 9 giugno 1548, il futuro cognato Massimiliano di passaggio per Mantova nel suo portarsi in Spagna a sposarvi la cugina Maria. È sempre F. che, il 26 dicembre, parte per Milano ad omaggiarvi lo zio Ferrante in occasione delle nozze della figlia di questo Ippolita con Fabrizio Colonna. E qui è presentato a Filippo di Spagna, il quale di lì a poco si reca di persona a Mantova dove entra - splendidamente accolto da F. - il 12 genn. 1549 per rimanervi tre giorni, durante i quali F. è sempre premuroso al suo fianco. Contrassegnato all'inizio dalla festosa ospitalità offerta al reggente di Spagna, il 1549 è, per Mantova, soprattutto eccitato, quanto meno a partire da agosto, dall'organizzazione delle nozze di F., affidata alla competenza operativa di quella sorta di ministro della ducal casa che è il castellano Sabino Calandra. Va fatta la lista degli invitati, vanno predisposti gli spazi, vanno previsti spettacoli, vanno reperiti i mezzi finanziari. E si crea una febbrile atmosfera d'attesa: a corte non si pensa ad altro, non ci si preoccupa d'altro. Finalmente, attorno alla metà d'ottobre, la sedicenne Caterina d'Asburgo, accompagnata dal fratello arciduca Ferdinando, è a Trento. Qui si porta, con folto ed elegante seguito, F., il quale non ha ancora compiuto i 17 anni. Quindi, per Verona - dove s'uniscono al corteo gli zii paterni coi loro rispettivi seguiti - e per Porto, nella cui villa attende la duchessa madre, c'è, solenne e fragoroso tra scampanar a distesa, spari d'artiglieria, applausi di folla accalcata, il 22, l'ingresso a Mantova. Segue, il 23, nella chiesa di S. Andrea la celebrazione del matrimonio: unisce gli sposi il cardinale vescovo principe di Trento Cristoforo Madruzzo, mentre officia la messa il vescovo d'Alba Marco Girolamo Vida allora in fama di secondo Virgilio. Dopo di che inizia una settimana d'intensi festeggiamenti - e impressionante il banchettare continuo di ottomila persone che ingurgitano e tracannano a dismisura - che tenderebbero a protrarsi se la notizia della morte, del 10 novembre, di Paolo III non imponesse l'obbligo d'interromperli per assumere, se non altro a corte, il doveroso lutto.
Purtroppo F., in una partita di caccia sul lago, per un brusco movimento cade nell'acqua gelida il 9 dicembre; e se scampa all'annegamento, non sfugge a un attacco violentissimo di febbre che l'inchioda a letto sino alla fine di gennaio del 1550. Momentaneamente ristabilitosi, insofferente dei limiti imposti dalla convalescenza, imprudente non li osserva scrupolosamente. Sicché veemente l'aggredisce inesorabile la febbre stroncandone le capacità di resistenza. Vano l'affannarsi dei medici al suo capezzale, impotente la scienza dei luminari della medicina fatti accorrere dalla vicina Padova. Fatto testamento, confessatosi, comunicatosi e ricevuta l'estrema unzione - assistito dalla madre e dallo zio Ferrante, ma non dall'altro zio, il card. Ercole, allora bloccato a Roma - spirò a Mantova il 21 febbr. 1550.
Una volta certi che la vedova - il cui dolore commosse Calandra, anche se non era "stata assidua all'agonia" di F. quanto la duchessa madre - non era incinta, il 24 aprile a F. (la cui salma venne tumulata nel convento di S. Paola tra la tomba del padre e quella della nonna Isabella d'Este) successe nel Ducato il fratello Guglielmo. E Caterina, la giovanissima vedova, il 13 giugno lasciò definitivamente Mantova. E, sposa in seconde nozze di Sigismondo II Augusto re di Polonia, morì, nemmeno quarantenne, nel 1572.
Fonti e Bibl.: L'entrata della… signora Caterina… sposa dell'eccellentissimo duca di Mantova…, Mantova 1549; I Libri commemoriali della Repubblica di Venezia, Regesti, a cura di R. Predelli, VI, Venezia 1903; VII, ibid. 1907, ad Indices; Relazioni degli amb. veneti…, a cura di A. Segarizzi, I, Bari 1912, ad Ind.; I. Donesmondi, Dell'ist. eccl. di Mantova, II, Mantova 1616, ad Ind.; A. Possevino jr, Gonzaga…, Mantova 1628, ad Ind.; F. Amadei, Cronaca… di Mantova, II, Mantova 1955, pp. 562, 595, 598-651 passim; L.C. Volta, Compendio… della storia di Mantova…, III, Mantova 1831, pp. 11, 26-55 passim; Il fioretto delle cronache di Mantova raccolto da S. Gionta… accresciuto…, a cura di A. Mainardi, Mantova 1844, p. 124; C. D'Arco, Studi intorno al municipio di Mantova…, IV, Mantova 1872, pp. 40 s.; G.B. Intra, Il palazzo del Tè…, in Atti e mem. dell'Acc. Virgiliana del 1885-87, p. 279; Id., Nozze e funerali… dei Gonzaga, ibid.… del 1895-96, pp. 173-199; L. Cisorio, Medaglioni umanistici…, Cremona 1919, p. 49; L'Archivio Gonzaga, I, a cura di P. Torelli, Ostiglia 1920; II, a cura di A. Luzio, Verona 1922, ad Ind.; S. Brinton, The Gonzaga…, London 1927, ad Ind.; G. Fochessati, I Gonzaga, Milano 1930, pp. 63 s., 319; R. Quazza, Mantova…, Mantova 1933, pp. 124-126; Mantova, La storia, II-III; Le lettere, II; Le arti, II-III, Mantova 1958-65, ad Indices; E. Castelli, I banchi feneratizi ebraici nel Mantovano…, Mantova 1959, pp. 55-59, 260; The Jews in the Duchy of Milan, a cura di S. Simonsohn, Jerusalem 1982, pp. 1139 s., 1146; G. Coniglio, I Gonzaga, Milano 1967, pp. 295-303 passim; La Sezione gonzaghesca del Palazzo ducale di Mantova. Monete…, a cura di A. Enghien - E. Ercolani Cocchi - R. Giovetti - R. Navarrini, Mantova 1987, p. 64; Giulio Romano, Milano 1989, pp. 164, 501, 522, 600 (sconsigliabile l'utilizzo dell'indice ove F. non solo non è distinto dagli omonimi, ma è, per di più, privo dei rinvii a lui effettivamente relativi); G. Malacarne, Araldica gonzaghesca…, Mantova 1993, pp. 136, 250; S. Guazzo, La civil conversazione, a cura di A. Quondam, Modena 1993, ad Ind.