IMPERATO, Francesco
Figlio del naturalista e speziale Ferrante, nacque a Napoli intorno al 1570. Avviato dal padre, illustre esponente del ceto parlamentare borghese, alla carriera forense, l'I. si laureò in giurisprudenza nella sua città e, dal 1597 in poi, rappresentò in varie occasioni la piazza popolare.
Nel 1598 pubblicò la prima edizione (oggi perduta) della sua raccolta riedita nel 1624 col titolo Privilegi, capituli e gratie, concesse al fedelissimo populo napolitano et alla sua piazza. Con le sue annotationi di nuovo aggiunte et il Discorso intorno all'officio di decurioni; hoggi detti capitanii d'ottine, seu piazze populari, con nuove annotazioni, contenente copia dei desueti statuti concessi nel 1522 dal viceré Charles de Lannoy alla Piazza popolare di Napoli.
Con il ripresentare tale documento l'I. intendeva dimostrare il ruolo determinante degli organi rappresentativi popolari nel governo della città e, nel solco della trattatistica politica sviluppatasi intorno alla storiografia di Giovanni Antonio Summonte, porre le basi di un'alleanza riformista tra il ceto altoborghese napoletano e l'autorità regia in chiave antifeudale. Sviluppò queste idee nel Discorso politico intorno al regimento delle piazze della città di Napoli (Napoli 1604), un saggio imperniato sul nesso tra il rafforzamento della monarchia e l'ascesa del ceto proprietario - da parificare all'aristocrazia, in quanto distinto dalla plebe, "feccia della Repubblica" (p. 50), e dal popolo minuto "costretto più in procacciarsi il vitto, che nell'esercitio dei carichi populari" (p. 57) - e sulla critica del contemporaneo rapporto maggioranza-minoranza nel governo cittadino. L'I. cita indirettamente Machiavelli e resta uno dei primi autori italiani critici nei confronti dell'ordinamento politico veneziano.
Nel frattempo, parallelamente all'attività giuridica, l'I. coadiuvava il padre nella gestione del suo famoso museo di scienze naturali e, già nel 1599, aveva curato la pubblicazione del Dell'historia naturale composta da Ferrante. Al 29 ott. 1605 data una Lettera composta in verso sdrucciolo intorno alle procelle, et esalationi occorse in Napoli, nel dì 14 del mese d'ottobre, l'anno 1605 (Napoli 1606), in forma di componimento erudito indirizzato al fratello Andrea a Roma. Pubblicata in pochi esemplari per gli amici, descrive in tono epico gli eventi celesti e atmosferici verificatisi a Napoli il 14 ott. 1605, corredandoli di spiegazioni filosofiche e scientifiche, ma anche di digressioni mitologiche, astrologiche e astronomiche. Nel 1610 (anno in cui l'I. aveva già un figlio adulto, di nome Aniello) seguì un'opera in latino sui fossili: il De fossilibus opuscolum in quo miro ordine continentur naturalis disciplinae scitu dignissima, eiusque professoribus omnino necessaria, ab aliis minime excogitata (Napoli).
Pregevolmente illustrato, arricchito da una dettagliata tavola classificatoria e scritto pensando al pubblico di scienziati dell'Accademia di Federico Cesi, il libro venne quasi certamente redatto a quattro mani con il genitore, che si ritiene volesse cedere al figlio quel posto tra i Lincei che avrebbe ben meritato. Ma fu un posto che nessuno dei due ottenne, giacché l'opera, sebbene interessante e non priva di valide osservazioni, presentava errori di stampa e un argomento troppo ampio (trattava anche di minerali, pietre preziose, cristalli e del loro simbolismo). Il Cesi, in effetti, su invito di Giovanni Faber, propose l'ammissione dell'I. alla sua Accademia nel 1616, lodandone il volume sui fossili, ma la pratica non andò oltre. Nel 1628, dopo un'altra segnalazione da parte di Fabio Colonna, quando ricevette dall'I. i suoi Discorsi intorno a diverse cose naturali. Opera non meno curiosa che utile e necessaria ai professori della natural filosofia (stampati in quell'anno a Napoli, erano una descrizione di alcuni pregiati pezzi della collezione di famiglia, riordinata e ampliata dall'I.), il Cesi, ormai malato, non li lesse.
A distogliere, in questi anni, l'I. dalle opere politiche avevano contribuito l'arresto, per motivi rimasti oscuri, del fratello Andrea a Roma, nel 1611 (per la cui liberazione intervenne il Faber, botanico pontificio), e una serie di traversie personali, tra cui il fallimento, nel 1620, del tentativo di riforma, nel senso da lui auspicato, dell'ordinamento della città di Napoli da parte del viceré Pedro Téllez Girón duca d'Osuna. La morte del padre, probabilmente poco dopo il 1615, lo lasciò erede e curatore del museo. Svolse questo compito con grande dedizione, dal momento che la raccolta sopravvisse fin oltre la rivolta di Masaniello, venendo parzialmente dispersa solo durante la peste del 1656, dopodiché passò, nel Settecento, alla famiglia Cirillo.
Con la sua ultima opera l'I. tornò alle origini, compendiando in due Discorsi intorno all'origine, regimento e stato della Gran Casa della Santissima Annuntiata di Napoli (ibid. 1629) la storia, l'amministrazione e il patrimonio di questo storico ospizio, al quale si sentiva legato poiché era stato governato in tre occasioni da suo nonno e dal padre. Nel 1610, aveva vagheggiato di inserirsi nel consimile ospedale romano di S. Spirito.
Dopo il 1629 non si hanno più notizie dell'I., presumibilmente morto a Napoli pochi anni dopo.
Non è provata la sua identificazione con il contemporaneo Francesco Imparato marchese di Spineto dal 1619, anche se la parificazione all'aristocrazia, e quindi la nobilitazione, furono l'obiettivo principale di tutto il ceto sociale al quale apparteneva.
Fonti e Bibl.: L. Giustiniani, Memorie storiche degli scrittori legali del Regno di Napoli, II, Napoli 1787, pp. 158 s.; M. Schipa, Masaniello, Bari 1925, pp. 15, 24 s.; A. Neviani, Ferrante Imperato, speziale e naturalista napoletano, in Atti e memorie dell'Accademia di storia dell'arte sanitaria, s. 2, II (1936), pp. 58, 60 s., 137-141, 252-254 e passim; G. Gabrieli, Il "Liceo" di Napoli. Lincei e linceabili napoletani. Amici e corrispondenti della vecchia Accademia dei Lincei nel Mezzogiorno d'Italia, in Rendiconti della R. Accademia nazionale dei Lincei, cl. di scienze morali, storiche e filologiche, s. 6, XIV (1938), 5-6, pp. 26, 37, 40, 46-48; Id., Il carteggio linceo della vecchia Accademia di Federico Cesi (1603-1630), in Memorie della R. Accademia nazionale dei Lincei, cl. di scienze morali, storiche e filologiche, s. 6, VII (1938-42), ad ind.; A. Musi, Momenti del dibattito politico a Napoli nella prima metà del secolo XVII, in Arch. stor. per le provincie napoletane, s. 3, XI (1973), p. 350; R. Villari, La rivolta antispagnola a Napoli. Le origini (1585-1647), Roma-Bari 1994, ad ind.; E. Stendardo, Ferrante I.: collezionismo e studio della natura a Napoli tra Cinque e Seicento, Napoli 2001, p. 12 n. 2.