INGOLI, Francesco
Nacque a Ravenna il 21 nov. 1578 nella parrocchia di S. Agnese da una famiglia benestante. Pratico fin da adolescente di varie lingue, tra le quali l'arabo, ottenne all'Università di Padova il dottorato utriusque iuris il 17 maggio 1601 e studiò anche astronomia e cosmografia. Dopo essere stato aggregato al Collegio dei dottori di Ravenna (24 ott. 1601) e avere insegnato diritto, presi gli ordini, fu nominato uditore presso il cardinale Bonifacio Caetani, legato di Romagna dal 1606. L'I. si trasferì a Roma al servizio di Caetani e restò con il cardinale fino alla morte di questo (24 giugno 1617), quando passò al servizio del cardinale Orazio Lancellotti. In quei primi anni romani l'I., forte delle sue conoscenze astronomiche (nel 1604 e nel 1607 aveva composto due trattatelli, il De stella anni 1604 e il De cometa 1607), entrò in contatto con l'ambiente scientifico, nel quale il dibattito su Galileo era accesissimo, soprattutto presso Federico Cesi, e coinvolgeva anche Caetani, membro della congregazione dell'Indice e appassionato di astronomia e di astrologia.
Nel 1616 l'I. scrisse la Disputatio de situ et quiete Terrae, diretta contro Copernico ma anche contro Galileo. All'indomani del decreto dell'Indice contro Copernico (5 marzo 1616), l'I., designato il 10 maggio consultore di tale congregazione, fu incaricato della revisione ufficiale del De revolutionibus orbium coelestium, lavoro che egli consegnò il 2 apr. 1618 (De emendatione sex librorum Nicolai Copernici De revolutionibus). La Disputatio stimolò intanto una Responsio da parte di Keplero (maggio 1618) cui l'I. contrappose le Replicationes Francisci Ingoli Ravennatis De situ et motu Terrae contra Copernicum ad Ioannis Kepleri Caesari mathemathici Impugnationes contra disputationem de eadem re ad d. Galilaeum de Galilaeis Gymnasii Pisani mathematicum celeberrimum scriptam (13 ott. 1618). Nel 1619 l'I. trasse da questo testo il suo rapporto per l'Indice, che condannò l'opera di Keplero.
L'I., le cui conoscenze scientifiche non erano reputate all'altezza dei suoi interlocutori, riteneva che sostenere Copernico significasse schierarsi contro l'autorità della Chiesa e che la confutazione delle teorie "oltramontane" fosse doverosa in prospettiva antiprotestante. Nel 1624 Galileo riprese la Disputatio rispondendo con una Lettera, mai consegnata all'I., che nel frattempo aveva scritto un De cometa anni 1618 Tractatus.
Morto nel 1620 Lancellotti, l'I. passò come segretario nella famiglia del cardinale Alessandro Ludovisi e frequentò le riunioni dell'Accademia dei Virtuosi. Quando il Ludovisi fu eletto al pontificato con il nome di Gregorio XV, la carriera curiale dell'I. ebbe uno slancio. Nominato cameriere d'onore, fu incaricato di accompagnare il nipote Ludovico designato arcivescovo di Bologna.
In quell'occasione l'I. compose un trattato sulle parrocchie (De parochis et eorum officio Libri quatuor, Bononiae 1622). Richiamato a Roma fu impegnato dal papa nella riforma del conclave, che prevedeva lo scrutinio segreto e la maggioranza dei due terzi (bolle del 15 dic. 1621 e del 12 marzo 1622). Si deve all'I. il Caeremoniale continens ritus electionis Romani pontificis, Gregorii papae XV iussu editum, Romae 1622, e un Compendio delle cose più principali contenute nel cerimoniale di Gregorio XV de electione Romani pontificis, ibid. 1623. In seguito a questa esperienza Gregorio XV gli affidò la segreteria della congregazione del Cerimoniale, nella quale l'I. si impegnò in particolare nella decisione (10 giugno 1630) di adottare il titolo di "eminenza" o "eminentissimo" per i cardinali.
Intanto Gregorio XV gli aveva affidato l'incarico di segretario della congregazione di Propaganda Fide, appena fondata (6 genn. 1622). In tale impegno l'I. consacrò tutta la sua vita e fu riconosciuto già dai contemporanei come la figura decisiva per il consolidamento della nuova istituzione missionaria. La multiforme attività che l'I. svolgeva dalle sue stanze al palazzo della Cancelleria si ritrova nelle iniziative di Propaganda Fide nel mondo missionario. In generale l'I., auspicando una maggiore indipendenza delle missioni dalla politica delle potenze coloniali, si adoperò per imporre la giurisdizione di Propaganda Fide attraverso la limitazione dei privilegi del patronato spagnolo e portoghese, malgrado l'indispensabile apporto politico ed economico alle missioni da parte delle Corone iberiche e di quella francese. Inoltre cercò di limitare l'autonomia degli ordini religiosi missionari e dei loro privilegi.
A questo scopo Urbano VIII costituì dal 1633 al 1637 una congregazione "super facultates missionariorum", composta da membri del S. Uffizio e di Propaganda Fide. Tuttavia, persistendo l'incertezza su facoltà e competenze, l'I. ottenne che si formasse una commissione teologica mista de dubiis. Nei riguardi degli ordini religiosi l'I. ebbe un atteggiamento differenziato: in buoni rapporti con cappuccini, scolopi e soprattutto teatini, polemizzò spesso con i gesuiti. Le sue rigide posizioni emersero nella condanna dell'Istituto di suore inglesi di Mary Ward, che non accettavano il precetto tridentino della clausura. Per questo episodio, biasimato da L. von Pastor, alcuni storici gesuiti (Raymond Corrigan, Antonio de Egaña e Josef Grisar), hanno visto nell'I. un curiale accentratore, senza esperienza missionaria né sensibilità religiosa.
Sulla base di un'intensa attività di raccolta di informazioni, l'I. cercò di combinare le prerogative giurisdizionali della congregazione con direttive di metodo missionario che superavano i programmi dei singoli ordini. Su questo tema egli ha lasciato molti scritti. Nell'ampia Relazione delle quattro parti del mondo (a cura di F. Tosi, Roma 1999) redatta in forma di cinque lettere inviate al cappuccino Valeriano Magni, l'I. offre un quadro della situazione missionaria in Europa, Asia, Africa e America e spiega il funzionamento di Propaganda Fide, i suoi metodi e gli obiettivi di apostolato. In altri scritti insiste sulla formazione del clero e dell'episcopato indigeno, in mancanza del quale le cristianità di nuova conversione sarebbero rimaste allo stadio di "chiese-bambine".
Le attenzioni dell'I. si rivolsero anche all'Europa protestante, all'unione con la Chiesa ortodossa e alle comunità cristiane nei territori dell'Islam. Pur restando un sostenitore di una evangelizzazione basata sulla convenzione e la persuasione, su questi aspetti, centrali nell'attività di Propaganda Fide, l'I. ebbe una posizione molto decisa, vicina a uno spirito da crociata. Sostenne pure il collegio Urbano, seminario fondato nel 1627 da Juan Bautista Vives e unito a Propaganda Fide nel palazzo di piazza di Spagna, dove si istruivano giovani di varie parti del mondo destinati a tornare nei loro paesi come missionari.
Fautore della diffusione di libri nelle lingue delle popolazioni da evangelizzare, l'I. si occupò della fondazione e dello sviluppo della prestigiosa Tipografia poliglotta, anch'essa nel palazzo di Propaganda Fide. A partire dal 1636 l'I. fu anche per dieci anni segretario di una congregazione super Correctione euchologii Graecorum, la collezione di testi per il rito greco.
In corrispondenza con molti personaggi di primo piano della Curia (come Giovanni Battista Agucchi o Fabio Chigi), alla morte di Urbano VIII egli scrisse per il futuro papa una memoria sull'amministrazione e sui rapporti in Curia, in cui si trovano anche misure riformatrici come l'abolizione della venalità delle cariche (edita da Grisar, pp. 316-324).
L'I. morì a Roma il 24 apr. 1649. Le sue spoglie furono deposte nella sepoltura comune dei padri teatini nella chiesa di S. Andrea della Valle. Secondo il testamento dell'11 dic. 1647, lasciò le sue due vigne a Propaganda Fide e beneficiò anche i parenti ravennati, a dimostrazione di una continua attenzione verso la città natale che aveva portato alla fondazione di un collegio maronita in Ravenna, la cui attività fu però di breve durata.
L'I. rappresenta una figura controversa di ecclesiastico, intriso di una spiritualità austera e, nella sua attività curiale, profondamente permeato di un ideale di servizio che metteva al primo posto l'autorità spirituale pontificia, in particolare nella dimensione mondiale delle missioni. In questo senso è possibile interpretare quelle rigidità giuridiche e teologiche (contro la scienza galileiana, i gesuiti, il patronato) insieme a scelte audaci, come la nomina di vescovi autoctoni o l'indipendenza dalle potenze coloniali, recuperate solo nel XX secolo.
Fonti e Bibl.: Altri testi dell'I. sono editi in H. Chappoulie, Aux origines d'une Église. Rome et les missions d'Indochine au XVIIe siècle, Paris 1943-48, pp. 383-390; N. Kowalsky, Il testamento di mons. I., primo segretario della sacra congregazione de Propaganda Fide, in Neue Zeitschrift für Missionswissenschaft, XIX (1963), pp. 272-283; J. Grisar, F. I. über die Aufgaben des kommenden Papstes nach dem Tode Urbans VIII. (1644), in Archivum historiae pontificiae, V (1967), pp. 289-324; J. Metzler, Mezzi e modi per l'evangelizzazione dei popoli secondo F. I., in Pontificia Universitas Urbaniana. Annales, CCCXLI (1967-68), pp. 38-50; Sacrae Congregationis de Propaganda Fide memoria rerum, III, a cura di J. Metzler, Rom-Freiburg-Wien 1976, pp. 655-696; M. Bucciantini, Contro Galileo. Alle origini dell'affaire, Firenze 1995, ad ind.; P.-N. Mayaud, La condamnation des livres coperniciens et sa révocation à la lumière des documents inédits des congrégations de l'Index et de l'Inquisition, Roma 1997, ad indicem; G. Fabri, Effemeride sagra et historica di Ravenna antica, Ravenna 1675, pp. 106-113; S. Pasolino, Lustri ravennati, Forlì 1684, parte V, passim; Id., Huomini illustri di Ravenna antica, Bologna 1703, pp. 39 s.; P.P. Ginanni, Memorie storico-critiche degli scrittori ravennati, I, Faenza 1769, pp. 437-442; Sacrae Congregationis de Propaganda Fide memoria rerum, I/I-II, a cura di J. Metzler, Rom-Freiburg-Wien 1971 (i vari saggi recuperano l'intera storiografia missionaria precedente sull'I. e contengono la più ampia bibliografia su di lui: J. Metzler, F. I., des erste Sekretär der Kongregation, I, t. 1, pp. 197-243, trad. it. in appendice a Relazione delle quattro parti del mondo, cit., pp. 293-332); Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini ab anno 1601 ad annum 1605, a cura di F. Zen Benetti, Padova 1987, pp. 38 s.; L. Codignola, Guide des documents relatifs à l'Amérique du Nord française et anglaise dans les archives de la sacrée congrégation de la Propagande, à Rome, 1622-1799, Ottawa 1990, ad ind.; A. Diotallevi, L'abate Vittorio Scialac e il collegio maronita di Ravenna, Bologna 1991, passim; K. Jaitner, Die Hauptinstruktionen Gregors XV. für die Nuntien und Legaten an den europäischen Fürstenhöfen, 1621-1623, Tübingen 1997, ad ind.; M. Bucciantini, Teologia e nuova filosofia: Galileo, Federico Cesi, Giovambattista Agucchi e la discussione sulla fluidità e corruttibilità del cielo, in Sciences et religions de Copernic à Galilée (1540-1610), a cura di C. Brice - A. Romano, Rome 1999, pp. 411-442 passim; G. Pizzorusso, Agli antipodi di Babele: Propaganda Fide tra immagine cosmopolita e orizzonti romani (XVII-XIX secolo), in Roma, la città del papa. Vita civile e religiosa dal giubileo di Bonifacio VIII al giubileo di papa Wojtyla, a cura di L. Fiorani - A. Prosperi, Torino 2000, pp. 477-518, passim; Enc. cattolica, VI, s.v.; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXV, sub voce.