JACOVACCI, Francesco
Figlio di Giovanni e Caterina Jacovacci, nacque a Roma il 30 genn. 1838. Rimasto orfano a cinque anni (De Gubernatis), compì gli studi al Collegio Romano e, successivamente, si dedicò alla pittura sotto la guida di A. Marini e di A. Capalti.
Il primo dipinto eseguito dallo J. fu Il pittore nel suo studio, poi acquistato dall'artista tedesco W. Wider (ibid.).
Entrò in rapporto con C. Fracassini (C. Serafini Fracassini) con il quale avrebbe collaborato nel 1868 agli affreschi della basilica di S. Lorenzo fuori le Mura (Thieme - Becker). Una breve biografia pubblicata nell'Illustrazione italiana nel 1880, in occasione del premio ricevuto all'Esposizione di Torino, riporta che in gioventù lo J. sbarcava il lunario vendendo copie di antichi maestri, pagate al metro, e "graticolando i disegni di Fracassini".
Al 1871 appartiene il dipinto a olio su masonite Paesaggio romano (Museo di Roma) proveniente dalla collezione di G. De Sanctis, eseguito con larghe macchie di colore. Nello stesso anno lo J. partecipò alla mostra dell'Associazione artistica internazionale nelle sale della Casina del Pincio (Sacchi Lodispoto, p. 232).
Attraverso M. Fortuny lo J. entrò in contatto con il mercante A. Goupil - probabilmente durante il viaggio che quest'ultimo fece a Roma nel 1872 - per il quale cominciò a lavorare. In questa fase lo J. sembra essere attratto dalla pittura briosa e cromatica di Fortuny. Il quadro Il ritorno dal battesimo, presentato all'Esposizione di Brera del 1876, segnò la prima occasione sul piano nazionale per imporsi come pittore di genere, in linea con il filone fortuniano.
Forse si trattava dello stesso quadro esposto nel 1875 all'Associazione artistica internazionale con il titolo Presentazione del neonato (ibid., p. 235). In una recensione del 1877 Chirtani rilevava l'attenzione riscossa dal dipinto per il fasto dei costumi, la ricchezza degli arredi e degli ornamenti della scena cinquecentesca che offrivano "un'aria di quadro storico" a "una pagina di genere". Secondo il critico, con questa tela lo J. iscrisse il suo nome "tra quelli che han ricondotta l'arte alle buone tradizioni e che la fanno di nuovo rispettare all'estero, dove egli, e tanti pittori italiani dei più cospicui, trovano l'incoraggiamento dello smercio".
All'Esposizione nazionale di Napoli del 1877, lo J. partecipò con il quadro Bernini nel suo studio (Napoli, Museo nazionale di Capodimonte), un'opera affine a quella precedente, dove l'atteggiamento della figura e l'ambientazione secentesca si offrono per un'immagine ricca di particolari aneddotici, dalla resa immediata.
Durante il III congresso artistico, tenuto in concomitanza con la mostra, lo J. ed E. Ferrari si fecero portavoce del gruppo romano che intendeva stabilire nella capitale la sede permanente delle esposizioni nazionali, allora itineranti.
Da questo momento lo J. divenne il protagonista della politica romanocentrica - volta a imporre "la sua primogenitura in una rivendicazione di un'arte nazionale capace di nobilitare e imporsi agli spunti regionali" (Lamberti, 1870-1915…, p. 32) - che giunse all'apice con l'apertura del palazzo delle Esposizioni nel 1883, progetto che vide il pittore fra i più convinti sostenitori.
Nel 1874 lo J. partecipò alla decorazione del salone espositivo dell'Associazione artistica internazionale in via de' Condotti a Roma (Pesci, p. 448), insieme con D. Bruschi, C. Barilli, P. Joris, C. Biseo con scene dedicate alle feste di Cervara organizzate dall'Associazione.
È da attribuirsi al legame con Goupil la partecipazione dello J. all'Esposizione universale di Parigi del 1878, dove espose di nuovo Il ritorno dal battesimo e La gondola, segnalata da Giacosa per il carattere prettamente italiano.
Nello stesso 1878, lo J. partecipò alla Promotrice torinese con il quadro I ricordi di un passato del quale Calderini registrava una certa freddezza e una straordinaria facilità d'esecuzione che forse "non dà tempo alla ricerca del meglio".
Di nuovo partecipò nel 1879 alla XXXVIII Promotrice torinese con La preghiera e all'Esposizione internazionale di belle arti di Monaco con il piccolo quadro La convalescente, del quale Fontana, in Roma artistica, rilevava: "Il Jacovacci ha bisogno di tele più vaste, di argomenti più grandiosi. Il quadretto di genere non fa per lui".
Queste notazioni ebbero effetto sullo J. che iniziò ad allontanarsi dalla pittura troppo legata agli elementi descrittivi, per concentrarsi di più sugli affetti dei protagonisti. Alla mostra romana della Società degli amatori e cultori dello stesso 1879, presentò il piccolo quadro, poi acquistato dal re, Properzia de' Rossi, l'infelice pittrice malata seduta nel suo studio, di cui Amira in Roma artistica, notava: "v'è molto sentimento in tutta la persona della Properzia […]: solo avrei bramato che l'ambiente mi desse un'idea più completa dello studio di un'artista […], ma forse fu a bella posta che lo Iacovacci spogliò la stanza di tanti accessori, volendo meglio restringere l'attenzione sulla Properzia".
Un ulteriore riflesso della maturazione in atto nella pittura dello J. emerge dall'articolo pubblicato dal pittore, sempre nel 1879, in Roma artistica (pp. 190 s.), sul valore innovativo che la pittura di B. Celentano aveva esercitato nell'ambito delle ricerche ottocentesche.
Nonostante le sue intenzioni, l'articolo innescò una tardiva polemica sull'arte accademica e sul ruolo degli antichi maestri. Partendo dall'idea che dall'inizio del XIX secolo la pittura aveva registrato un progressivo impoverimento, lo J. ne rilevava la convenzionalità, la falsità del carattere e il manierismo. Secondo lui le accademie avevano avuto un ruolo negativo, in quanto "legittime eredi di quella falsa scuola esercitarono una tirannia verso ogni tentativo di progresso" (p. 190).
L'artista proseguiva sottolineando l'influenza di Celentano sulla pittura di Fracassini che, liberatosi dal condizionamento accademico, volse verso un'arte più veritiera. L'invettiva contro le accademie diede luogo ad accese risposte nei numeri seguenti di Roma artistica, dove lo J. fu accusato di rifiutare l'esempio degli antichi maestri e quindi della tradizione italiana, motivi ai quali l'artista, ancora in Roma artistica (pp. 211, 252 s.) rispose: "progredire significa rifarsi ai principii per quindi riattaccare il buon cammino; e per rifarsi ai principii bisogna assolutamente cominciare dal rifiutare le ultime conseguenze. Bisogna seguire i principii dei grandi maestri, ma non farsi loro imitatori […]. Fin dal 1859 fu detto e con ragione "Sorge l'alba di un novello periodo artistico predominato dal principio di verità". Bandito ogni esclusivismo il suo riposo finale starà nel felice connubio della tradizione e del vero" (p. 253).
Nel 1880 la partecipazione all'Esposizione nazionale di Torino, dove lo J. presentò Michelangelo davanti alla salma di Vittoria Colonna (Napoli, Museo nazionale di Capodimonte), consacrò le aspettative dell'artista che, nel tema e nel formato, dimostrò il desiderio di cimentarsi come pittore storico.
A Torino la tela vinse uno dei quattro premi riservati alla pittura di storia, di 7000 lire, e fu acquistata dal re per 20.000 lire. Il dipinto, testimonianza della fortuna della figura di Vittoria Colonna nell'Ottocento, dal punto di vista compositivo rievocava gli esempi della statuaria quattrocentesca, in particolare della Ilaria Del Carretto di Jacopo della Quercia (Martorelli). L'opera fu anche accusata da N. Costa e G. Monteverde di aver plagiato un bozzetto di F. Faruffini. In difesa dello J. si schierò Primo (Primo Levi) che, dopo aver messo in dubbio l'attribuzione del bozzetto a Faruffini, ne sostenne la totale incompatibilità con il Michelangelo del pittore romano, ricordando che "Il soggetto svolto da Jacovacci è quello invece che esce direttamente dal testo del Condivi" (p. 293). Del dipinto esistono un bozzetto al Museo di Roma, proveniente dal lascito De Sanctis, e una versione ridotta presentata da Sotheby's a New York il 9 luglio 1999 (lotto 745).
Al IV congresso artistico, che accompagnò l'Esposizione, lo J. capeggiò l'abbandono dell'assemblea da parte del gruppo romano e di quello partenopeo, dopo che era stata messa in discussione la risoluzione su Roma sede espositiva, stabilita nel precedente congresso napoletano (Lamberti, L'Esposizione…, pp. 38 s.).
Nel 1881 lo J. fece parte della giuria del concorso per la sala gialla del Senato che assegnò a C. Maccari l'incarico della decorazione murale.
Sulla scena romana l'opera dello J. risultò presente nelle rassegne più importanti, tra cui le mostre degli Amatori e cultori, cui partecipò tra il 1880 e il 1888 esponendo nello stesso 1880 l'olio Meditazione del valore di 2000 lire; nel 1884 I ricordi di un passato, con ogni probabilità lo stesso olio presentato a Torino nel 1878 e ugualmente del valore di 2000 lire; e nel 1888 divenne consigliere della Società.
Per l'Associazione artistica internazionale partecipò alla Fiera del 1882 con Ambasciatore della Repubblica veneta.
Nel 1883 s'inaugurò l'Esposizione internazionale di Roma, nel nuovo palazzo delle Esposizioni, dove lo J. presentò la grande tela Alessandro VI tenta di accattivarsi la benevolenza dell'ambasciatore di Venezia, che proseguiva nel filone storico, vicino agli esempi di Celentano e D. Morelli. Il quadro fu acquistato dal ministero della Pubblica Istruzione per la nuova Galleria nazionale d'arte moderna, dov'è ancora oggi.
Nel 1884 lo J. presentò all'Esposizione di Torino Un episodio della caduta della Repubblica Veneta (Livorno, Accademia navale). Nel 1889 espose a Genova Colombo fa la propaganda del suo progetto (ibid.), e fu nominato presidente per quell'anno dell'Associazione artistica internazionale.
A questa data l'impegno istituzionale dello J. diventò più intenso; ebbe l'incarico di direttore della Galleria nazionale d'arte moderna che ricoprì fino alla morte. Nel 1896 ne riordinò l'allestimento per scuole e per ordine cronologico, tranne che nella sala Palizzi, che per lascito doveva restare integra, e cercò di colmare le lacune della collezione con l'uso di riproduzioni fotografiche (Willard, p. 418).
Nel 1891 entrò a far parte della commissione permanente di Belle Arti. Nello stesso anno fu istituito il Pensionato artistico nazionale, che concentrava in Roma le attività dei giovani più promettenti, del quale lo J. fu direttore dal 1895.
All'Esposizione nazionale di belle arti del 1893 ripropose il Colombo; e nello stesso anno fu eletto vicepresidente del Comitato per le feste pubbliche - creato nel 1891, con il compito di far rivivere il tradizionale carnevale romano - e divenne membro della Commissione per le arti plastiche e ornamentali del Comune di Roma e della Commissione cittadina per l'applicazione delle Imposte dirette. Nel 1894 entrò nella commissione direttiva delle scuole comunali di disegno e dal 1896 ebbe il titolo di professore onorario esercente nell'Accademia di belle arti di via Ripetta. Nel 1901 ottenne la presidenza del consiglio direttivo del Museo artistico industriale di Roma.
In questi anni fu consigliere comunale. Nel 1900 fu eletto presidente dell'Associazione costituzionale romana Avanti Savoia. Nel 1905 fu assessore comunale per lo stato civile (cfr. Guida Monaci… Roma e provincia, per gli anni 1896, 1900 e 1905, ad indices).
Solo nel 1906 lo J. fu eletto accademico di S. Luca, mentre era già dei Virtuosi al Pantheon.
Lo J. morì a Roma il 26 giugno 1908.
Fonti e Bibl.: Necr., in L'Illustrazione italiana, 5 luglio 1908, p. 22; Roma, Arch. dell'Accademia nazionale di S. Luca, vol. 191, ff. 1-2, 13; R. Sacchetti, L'Esposizione di Brera, in L'Illustrazione italiana, 10 sett. 1876, p. 227; L. Chirtani, Belliazzi e J., ibid., 14 genn. 1877, p. 18; P. Lefort, Exposition universelle. Les écoles étrangères de peinture, in Gazette des beaux-arts, 1° sett. 1878, p. 406; M. Calderini, L'Esposizione annua di belle arti a Torino, in L'Illustrazione italiana, 14 luglio 1878, p. 19; G. Giacosa, Parigi e l'Esposizione, ibid., 1° dic. 1878, p. 347; Amira, Esposizioni a Roma. L'Esposizione di piazza del Popolo/I, in Roma artistica, V (1879), p. 59; F. Fontana, L'Esposizione di Monaco, ibid., p. 245; M. Calderini, L'Esposizione di Torino, in L'Illustrazione italiana, 25 maggio 1879, p. 326; Esposizione nazionale di Torino, ibid., 11 luglio 1880, pp. 23-26; L. Chirtani, La pittura romana, ibid., 15 ag. 1880, pp. 103, 106; F. J., ibid., 7 nov. 1880, p. 291; F. Filippi, Le belle arti a Torino. Lettere sulla IV Esposizione nazionale, Milano 1880, pp. 120 s.; Primo (P. Levi), L'arte a Torino. Lettere agli artisti italiani, Roma 1880-81, ad indicem; G. Arbib, in Roma. Giornale illustrato della Esposizione di belle arti MDCCCLXXXIII, Roma 1883, pp. 51, 186; L. Bellinzoni, Guida critica della Esposizione artistica internazionale di Roma, 1883, Roma 1883, pp. 3-5, 102, 104; A. De Gubernatis, Diz. degli artisti italiani viventi, Firenze 1889, pp. 246 s.; A.R. Willard, History of modern Italian art, London-New York 1898, pp. 415-419; B. Magni, Prose d'arte, Torino 1906, p. 251; U. Pesci, Primi anni di Roma capitale (1870-1878), Firenze 1907, pp. 421, 448; L. Callari, Storia dell'arte contemporanea italiana, Roma 1909, pp. 198 s.; Mostra delle opere lasciate da Guglielmo De Sanctis (catal.), Roma 1949, p. 10; M.M. Lamberti, 1870-1915: i mutamenti del mercato e le ricerche degli artisti, in Storia dell'arte italiana. Il Novecento, VII, Torino 1982, pp. 6, 32, 43, 45 s.; Id., L'Esposizione nazionale del 1880 a Torino, in Ricerche di storia dell'arte, XVIII (1982), pp. 38 s., 46; C. Bon Valsassina, in La pittura in Italia.L'Ottocento, Milano 1991, I, p. 446; A.V. Jervis, ibid., II, pp. 873 s.; L. Martorelli, Die Fortuna Vittoria Colonnas im 19. Jahrhundert, in Vittoria Colonna: Dichterin und Muse Michelangelos (catal.), a cura di S. Ferino Pagden, Vienna 1997, pp. 486 s.; T. Sacchi Lodispoto, L'associazionismo artistico romano (1870-78), tesi di specializzazione, Università di Roma "La Sapienza", a.a. 1997-98, pp. 232, 235; L'artista studente. I concorsi del Pensionato artistico nazionale di pittura 1891-1939 (catal.), a cura di A.M. Damigella, Roma 2002, pp. 8, 11, 15; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XVIII, p. 293.