LABOUREUR, Francesco (Francesco Massimiliano)
Figlio di Massimiliano, scultore originario di Bruxelles, e di Paola Salomoni, il L. nacque a Roma l'11 nov. 1767.
Fu battezzato nella parrocchia di S. Lorenzo in Lucina con i nomi di Francesco, Filippo e Simone (Roma, Arch. stor. del Vicariato, S. Lorenzo in Lucina, Liber baptizatorum, 32, c. 127v); il fatto che il L. fosse più noto come Francesco Massimiliano, o "Cavalier Massimiliano" dopo il conferimento del cavalierato dell'Ordine pontificio dello Sperone d'oro, ha ingenerato confusione in merito alle notizie riguardanti la biografia e le opere riferibili a lui, al padre e al figlio Alessandro Massimiliano.
Il L. si dedicò presto alla scultura, apprendendone i rudimenti in famiglia; frequentò i corsi dell'Accademia di S. Luca, ottenendo il secondo posto al premio Clementino del 1783. La sua fortuna nell'ambiente romano fu legata alla figura del francese F. Cacault, ministro plenipotenziario a Roma nonché grande mecenate, il quale già in una lettera del 1801 segnalava al ministro degli Esteri, Ch.-M. de Talleyrand, l'ottima fattura di un Busto in marmo di Napoleone che aveva commissionato allo scultore, parte di un più vasto nucleo di opere da lui collezionate, ora al Musée des beaux-arts di Nantes.
Si ha notizia circa la lavorazione di un secondo busto di Bonaparte in un'altra lettera di Cacault, che annunciava come avesse in mente di far realizzare al L. anche una statua colossale di Napoleone, all'epoca primo console. In effetti la Statua di Napoleone I (Ajaccio, fontana dei Quattro leoni) venne scolpita in dimensioni ragguardevoli (quasi 4 m d'altezza incluso il basamento) per i buoni uffici di Cacault e del cardinale J. Fesch, suo successore dal 1803. Si hanno informazioni sullo stato dei lavori della statua fino al 1806 attraverso le pagine del Journal de Paris, dalle quali risulta anche che, non appena Napoleone divenne imperatore, l'iconografia fu cambiata: il L. optò per una figura togata, forse ispirata al Tito in Vaticano o alle statue consolari, per sottolineare la dignità e la maestosità del rappresentato, anche attraverso una certa naturalezza ottenuta con l'accurata resa delle pieghe dell'indumento e una velata eleganza nella posa, di gusto francese. Un elogio di G.A. Guattani scioglie il significato del ritratto marmoreo: coronato d'alloro, Napoleone tiene in una mano un rotolo su cui è scritto "Concordato", mentre con l'altra sostiene un timone su un globo a indicare il governo sui popoli. Innovativa è la soluzione dell'egida, che reca non più la testa di Medusa ma un Sole raggiante, allusivo alla verità e alla sapienza. Il colossale ritratto fu poi acquistato da Fesch e legato alla propria città. Il modello in gesso, con qualche variante, è conservato nel peristilio di villa Paolina Bonaparte a Roma.
Con l'eccezione di questa importante committenza, il L. si era distinto inizialmente per piccole copie, in marmo e terracotta, databili anteriormente al 1803 e realizzate perlopiù da opere antiche. Degli esemplari nella collezione di Nantes si segnala la Pudicizia in terracotta, da originale in Vaticano.
Grazie all'importante protezione di Cacault, il 3 ott. 1802 il L. fu eletto accademico di S. Luca. Dieci anni dopo fu nominato professore di scultura, insieme con B. Thorvaldsen e poi con A. Canova.
Tra le attività accademiche del L. figura, dall'anno della sua istituzione da parte del governo francese (1810), la partecipazione alla Commission des monuments et bâtiments civils e la direzione dell'Accademia del nudo in Campidoglio dall'agosto del 1813 al marzo del 1828, in maniera non continuativa, secondo quanto previsto dallo statuto. Fu presidente dell'Accademia di S. Luca per il 1821 e per il 1822.
Agli esordi della sua attività va collocato il Monumento funebre del cardinal F.-J. de Pierre de Bernis (1803-05) - illustre ecclesiastico, accademico di Francia e ambasciatore a Roma fino al 1791 - posto in S. Luigi dei Francesi.
Utilizzando marmi di qualità diverse (bianco e venato), il L. realizzò un monumento in cui due basamenti laterali lisci sono separati dalla stele centrale da un fregio a dentelli allungati; su di essa, che contiene i precordi del cardinale, figurano a bassorilievo il Genio dell'Armonia dotato di arpa e la Religione (velata) che porta la croce. L'opera rivela chiaramente una forte componente stilistica neoclassica di tipo romano, di cui il L. fu considerato uno dei massimi esponenti.
Sempre al 1805 va datato il Monumento funebre di Gastone Artaud per la chiesa fiorentina di Ognissanti, dedicato al fanciullo morto dopo appena otto giorni di vita.
Lo scultore riutilizzò la struttura architettonica impiegata in precedenza, con leggere varianti: i basamenti laterali sono decorati sul fronte da roselline e la centina mostra una corona lemniscata, mentre sulla stele è raffigurata l'Innocenza che offre il piccolo Gastone alla Gloria celeste. Guattani ne lodò la "semplicità", la "chiarezza d'invenzione" e l'"esecuzione felice per espressione e disegno" (pp. 33 s.). In questo torno di tempo è segnalata la messa in opera di altri due monumenti funebri: quello richiesto da una sconosciuta gentildonna russa per commemorare il figlio morto prematuramente, che Guattani (p. 104) vide prima della pubblicazione delle sue Memorie nello studio del L., e il mediocre Monumento funebre di Pio VI Braschi (Valence, cattedrale), datato 1808-11.
Al 1812 risale il fregio in stucco raffigurante Lorenzo il Magnifico che scaccia i Vizi e introduce le Virtù in Toscana, che adorna il primo salone dell'appartamento napoleonico, destinato a divenire lo studio di Bonaparte, al Quirinale. Nel 1816 gli fu allogata l'esecuzione del Busto del cardinale Bartolomeo Pacca (Roma, Accademia nazionale di S. Luca, inv. 121), all'epoca tra le personalità di maggior spicco nella gestione del patrimonio artistico romano.
La realizzazione fu decisa dal collegio accademico di S. Luca nel dicembre dell'anno precedente, ma il L. vi pose termine nel 1822. Problemi di natura economica, legati al rimborso delle spese sostenute dallo scultore per i materiali impiegati, fecero rimanere l'opera a lungo nello studio dell'artista che, soltanto poco tempo prima della morte, nel 1831, fu contattato perché la consegnasse. La vicenda non si dovette risolvere, se il figlio, deceduto il L. e divenuto erede e custode dell'opera in questione, richiese una perizia attestante l'effettivo valore di quanto era stato prodotto. I giudizi espressi sulla qualità del busto, però, furono assai negativi e rilevarono sia l'assenza di somiglianza sia la modestia dell'esecuzione.
Tra il 1816 e il 1819 il L. scolpì la serie di sette erme marmoree conservata nella sala della Protomoteca Capitolina.
Sono rappresentate alcune glorie della pittura italiana del Quattro e Cinquecento (Domenico Ghirlandaio, Giovanni da Udine, Polidoro da Caravaggio, il Garofalo, Sebastiano del Piombo, Marcantonio Raimondi e Andrea Orcagna). Il gruppo, che, pesantemente condizionato da regole classicistiche, non ebbe grande fortuna critica, fu commissionato e finanziato da Canova in qualità di presidente perpetuo della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon, sede d'iniziale collocazione delle erme prima del trasporto in quella attuale (1820).
Tra il 1817 e il 1822 il L. fu coinvolto nella decorazione del braccio nuovo del Museo Chiaramonti, per il quale produsse 32 scomparti in stucco a bassorilievo rappresentanti Trionfi imperiali, Scene sacrificali e Scene bacchiche.
L'autore, in un libello scritto in occasione dell'inaugurazione (Notizia su i bassorilievi che adornano il fregio del nuovo… braccio aggiunto… al Museo Pio-Clementino, Roma 1822), giustificava il proprio operato e ancora una volta si richiamava al mondo del passato, "sempre mirando agli esemplari Greci, acciò nel nobile Cimeliarco nulla fosse se non antico o dall'antico non discordante" (p. 4). L'ispirazione fu tratta dai rilievi delle colonne Traiana e Antonina, così che gli stucchi "s'inseriscono mirabilmente lungo le pareti con perfetta eleganza di linee" (Lavagnino, p. 57).
Nel 1820 il principe ungherese Nicolaus Esterházy acquistò per la propria collezione l'opera scolpita dal L. in quell'anno dal titolo Metabo re dei Volsci che insegna a Camilla a tirare con l'arco (Budapest, Museo di belle arti), unico pezzo documentabile tra quelli da lui raccolti nel palazzo viennese della Mariahilferstrasse. Due anni dopo il L. allestì il Monumento funebre della marchesa Settimia Marini Maffei e del figlio Pietro in S. Maria d'Aracoeli, completato dal figlio Alessandro Massimiliano con la tomba del committente Luigi Marini.
Patrocinatore dell'impresa fu il marchese Luigi, marito della defunta nobildonna d'origini veronesi. L'opera rivela la collaborazione tra il L. e il figlio Alessandro Massimiliano, autore delle statue a tutto tondo raffiguranti a destra un uomo assorto e a sinistra una donna che mestamente avanza verso il centro. L'insieme è di insolite dimensioni, e si struttura in due basamenti con epigrafi, sul primo dei quali insistono le figure, e in un sarcofago, il cui fronte reca al centro un medaglione con il profilo sinistro del dodicenne Pietro; alla sommità del timpano triangolare, piuttosto basso e decorato internamente con pennelli e nastri, svetta il busto della nobildonna. L'articolata concezione del monumento costituiva una novità rispetto alla tradizione cittadina e si spiega soltanto alla luce della prima opera romana di Canova, il Monumento funebre di Clemente XIV (Roma, Ss. Apostoli).
Del 1823 è il Monumento funebre alcardinale Jan van Goessen, posto all'interno della chiesa di S. Maria della Concezione dei padri cappuccini, in fondo alla navata centrale.
Il culto della memoria del porporato, deceduto nel 1696, fu patrocinato dai pronipoti, come recita la lapide. Al L. spetta la stele di coronamento, terminante ancora una volta con un timpano, riempito dallo stemma del religioso, e acroteri laterali non decorati. Al centro della lastra, riquadrata da una larga cornice, la Fede in bassorilievo ampiamente panneggiata, è affiancata da un puttino che reca i simboli della carica cardinalizia. È stato qui riproposto lo schema a due figure già usato per i monumenti del cardinale de Bernis e di Pio VI, ma in una formulazione nuova che lascia presupporre come lo scultore utilizzasse un repertorio piuttosto limitato, variabile di volta in volta, di discreto successo.
Tra le ultime commissioni affidategli va menzionata quella per la statua di S. Francesco Caracciolo, fondatore dell'Ordine dei chierici regolari minori, in occasione della canonizzazione avvenuta nel 1807.
Il L. cominciò il lavoro soltanto nel 1829, come risulta dalle quattro note di pagamento di quell'anno (per complessivi scudi 1400). La morte improvvisa dell'artista costrinse i religiosi a far ultimare la scultura a I. Fraccaroli sotto la direzione di B. Thorvaldsen e la statua fu collocata nella basilica vaticana soltanto nel 1834.
Della produzione dello scultore vanno inoltre ricordate due sculture nel Musée des beaux-arts di Angers (S. Giacinto e Busto colossale di Napoleone), un monumento funebre all'interno della cattedrale di Varsavia e un rilievo per la cattedrale di Lione.
Il L., "le plus connu et sans doute le meilleur sculpteur romain" del periodo napoleonico (Hubert, p. 161), morì a Roma il 6 marzo 1831.
Un ritratto del L., dipinto forse (Incisa della Rocchetta, p. 63) da G.B. Wicar, è conservato all'Accademia di S. Luca; sul petto del personaggio compare la decorazione dell'Ordine della Moretta, riservata esclusivamente ai presidenti dell'istituzione.
Fonti e Bibl.: G.A. Guattani, Memorie enciclopediche romane, Roma 1806, I, pp. 81-83; III, pp. 33 s., 104; S. Betti, F. Massimiliano L., in L'Album. Giornale letterario e di belle arti, XI (1843), pp. 340 s.; La Protomoteca Capitolina, a cura di V. Martinelli - C. Pietrangeli, Roma 1955, pp. 10, 16, 39, 49, 69 s.; A. Busiri Vici, Privilegi nobiliari e cavallereschi dei presidenti dell'Accademia di S. Luca, in Capitolium, 1960, n. 4, p. 10; E. Lavagnino, L'arte moderna dai neoclassici ai contemporanei, I, Torino 1961, pp. 55, 57, 191 s.; G. Hubert, La sculpture dans l'Italie napoléonienne, Paris 1964, pp. 161-169; L. Huetter, La statua vaticana di s. Francesco Caracciolo e Alberto Thorvaldsen, in Studi romani, XIV (1966), 1, pp. 48-59; L. Pirotta, I direttori dell'Accademia del nudo in Campidoglio, in Strenna dei romanisti, XXX (1969), pp. 332 s.; A. Busiri Vici, La statua togata di Napoleone del romano Massimiliano L., in Studi romani, XIX (1971), pp. 274-283; P. Marconi - A. Cipriani - E. Valeriani, I disegni di architettura dell'Arch. stor. dell'Accademia di S. Luca, I, Roma 1974, pp. 27 s., tavv. 857-861; G. Incisa della Rocchetta, La collezione dei ritratti dell'Accademia di S. Luca, Roma 1979, pp. 63 n. 236, 201 fig. 202, 102 n. 46, 278 fig. 387; M.S. Lilli, Aspetti dell'arte neoclassica. Sculture nelle chiese romane 1780-1845, Roma 1991, pp. 92-95; Maestà di Roma da Napoleone all'Unità d'Italia (catal., Roma), Milano 2003, pp. 161, 469, 472, 592; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, pp. 170 s.