LANDI PIETRA, Francesco
Nacque a Piacenza il 9 luglio 1683 da Odoardo, in una delle più ragguardevoli famiglie patrizie piacentine, con ampie ramificazioni genealogiche e vasti possedimenti, che a partire dall'XI secolo faceva parte del ceto dirigente cittadino.
Il padre, rimasto orfano, era stato adottato dal conte Cesare Pietra, assumendone il cognome e il titolo di conte di Roncarolo. Giudice collegiato nel 1669 e presidente del Supremo Consiglio di giustizia, fu anche letterato. Dalla moglie, Elisabetta dei marchesi Lampugnani, ebbe nove figli: oltre al L., terzogenito, Previdenza, Maria Maddalena monaca in S. Bernardo, Giovanni Battista gesuita, Luigi, che sposò Maria dei marchesi Mandelli, Flerida, Gertrude, poi sposa al conte Angelo Gabriele Anguissola di Vigolzone, Antonio e Ottaviano, canonico della cattedrale. La madre del L. morì nel 1693, il padre nel 1726.
Destinato alla carriera ecclesiastica, fu indirizzato a studi convenienti a quel percorso. Fu avviato alle discipline umanistiche e teologiche nell'Accademia pontificia dei nobili ecclesiastici di Roma, dalla quale uscì nel 1703. Avendo rivelato una grande disposizione per gli studi, il cardinale G.R. Imperiali, che ne aveva stima, lo nominò suo aiutante di studio. Accuratamente istruito da un maestro di non comune levatura, iniziò a manifestare un'indole riflessiva e un vivo interesse per le arti. Entrò in relazione con Prospero Lambertini, il futuro Benedetto XIV, attivo nella Curia romana dall'inizio del secolo, che con il L. condivideva uno speciale interesse per la letteratura e la storia.
La posizione della famiglia nel tessuto di relazioni tra l'amministrazione del Ducato di Parma e Piacenza e l'aristocrazia lo favorì nell'avvio di una carriera diplomatica. Divenne il residente a Parigi di Francesco Farnese, duca di Parma e Piacenza, che ebbe il merito di formare un corpo diplomatico scelto presso le principali corti europee.
Mancano attestazioni sull'origine di questo incarico, ma è probabile che il L. giungesse alla corte di Versailles qualche tempo dopo la morte di Luigi XIV (forse alla fine del 1717), mentre il potere di governo era stato assunto dal reggente duca Filippo d'Orléans. A Parigi, ove rimase almeno fino al gennaio 1727 (Repertorium der diplomatischen Vertreter aller Länder…, II, Zürich 1950, p. 268), il L. fu fedele esecutore delle direttive del Farnese, orientate in senso nettamente antiasburgico, temendo il duca che l'Austria potesse mirare a schiacciare gli Stati minori italiani.
Tornato a Roma, divenne cameriere segreto di Clemente XII; in questa veste, nell'ottobre 1730, fu incaricato di portare la berretta cardinalizia ad A. Aldobrandini, nunzio pontificio in Spagna. Riprese gli studi alla Sapienza, ove, dopo avere seguito i corsi di diritto pubblico e canonico con profitto, si addottorò inutroque iure il 10 febbr. 1733. L'8 sett. 1741 fu ordinato sacerdote, e il 18 successivo Benedetto XIV lo elesse arcivescovo di Benevento; fu consacrato a Roma il 12 novembre, e il 3 dicembre divenne assistente al soglio pontificio. Nel concistoro del 9 sett. 1743 fu elevato alla porpora e, nell'occasione, la famiglia volle dare segno di gioia con una grande macchina di fuochi d'artificio allestita nella piazza S. Antonino di Piacenza. Ricevette il cappello cardinalizio e il titolo di S. Onofrio il 15 giugno 1744, ma il 13 sett. 1745 optò per il titolo di S. Giovanni a Porta Latina.
Sotto il pontificato di Benedetto XIV fu attivo sia in Curia sia in ambito pastorale. Gli incarichi religiosi si susseguirono per circa un ventennio. Fu prefetto della Segnatura di giustizia ed entrò a far parte della congregazione cardinalizia dei Vescovi e regolari. Nel corso dell'episcopato a Benevento il L. intervenne in numerose questioni riguardanti la disciplina ecclesiastica e la riforma dei costumi. Oltre ad assidue e frequenti visite della diocesi tenne ogni anno il sinodo. All'istruzione del fedele alla vita cristiana fa riferimento l'Epistola pastoralis ad clerum populumque Beneventanum (Romae 1741), composta in occasione della nomina ad arcivescovo della diocesi campana.
Dedicò molti sforzi anche al duomo di Benevento, con importanti interventi nella navata centrale e con la commissione di un prezioso organo. Ebbe rapporti con letterati, in particolare con il canonico G. De Vita, rettore del seminario urbano, archeologo, storico e letterato, autore del Thesaurus antiquitatum Beneventarum (Romae 1754).
Dopo undici anni trascorsi alla guida della diocesi, il 17 genn. 1752 il L. lasciò la città campana, succedendogli F. Pacca. A Roma lo aspettava la carica di prefetto della congregazione dell'Indice e la nomina (14 genn. 1754) a camerlengo del S. Collegio. Nel 1752, succedendo al cardinale P. Aldrovandi, divenne abate commendatario dell'abbazia di Chiaravalle della Colomba. La frequentazione dell'aristocrazia intellettuale romana gli diede una posizione di prestigio nella cultura del tempo, anche se il L. sviluppò la vocazione per le lettere con discrezione.
Coltivò rapporti di amicizia con il marchese A.G. Capponi e con L.A. Muratori. Arcade con il nome di Antistio Trochio, compose, peraltro senza grandi velleità, sonetti in cui si può ravvisare uno schema chiaramente derivato dai modelli arcadici: da ricordare quello Intorno alle statue equestri dei Farnese nella piazza Cavalli di Piacenza, stampato nelle Novelle letterarie di Firenze, di cui dà notizia C. Poggiali nel t. XI delle Memorie storiche (Piacenza 1763, p. 23) e quindici componimenti raccolti nel t. XII delle Rime degli Arcadi (Roma 1759).
Notevole fu il suo amore per l'arte. Ebbe rapporti di amicizia con Ignaz Stern, pittore bavarese attivo a Roma, che lavorò anche per chiese e palazzi del Ducato farnesiano, al quale il L. commissionò L'Apollo e Marsia, donato nel 1842 dalla contessa T. Landi Pietra all'Istituto Gazzola di Piacenza. A eseguire il ritratto del cardinale fu invece il figlio di I. Stern, Lodovico. Il dipinto fu ceduto nel 1913 dai Nasalli Rocca, eredi dei Landi Pietra, alla Galleria nazionale di arte antica di Roma, dopo che nel 1911 era stato esposto a Firenze nella celebre mostra del ritratto italiano. Si ha anche un suo ritratto di S. Ceccarini, ora conservato alla Pinacoteca di palazzo Farnese di Piacenza, ove il porporato appare in una fastosa biblioteca.
Il L. morì in Roma l'11 febbr. 1757. I funerali si svolsero due giorni dopo e fu sepolto nella chiesa di S. Maria in Campitelli. Con disposizione testamentaria lasciò buona parte dei beni allo spedale Grande di Piacenza.
Il fondo della famiglia Landi Pietra, confluito in quello dei Nasalli Rocca dell'Archivio di Stato di Piacenza, conserva il testamento olografo del L.; oltre che allo spedale Grande di Piacenza, destinò suoi effetti personali (ampolle d'argento e pianete laminate d'argento e d'oro) al capitolo, al duomo e alle chiese di S. Spirito, Madonna delle Grazie e S. Bartolomeo di Benevento. Un quadernetto (Entrata e uscita delle vendite dei mobili ereditati dal cardinale Francesco Landi Pietra) documenta che aveva posseduto una cospicua quadreria.
Fonti e Bibl.: Piacenza, Biblioteca comunale Passerini-Landi, Schede Rapetti, Personaggi, s.v.; M.G. Morei, Memorie istoriche dell'adunanza degli Arcadi, IV, Roma 1761, p. 113; C. Poggiali, Memorie storiche di Piacenza, XII, Piacenza 1766, p. 383; L. Cardella, Memorie storiche de' cardinali della S. Romana Chiesa, IX, Roma 1797, pp. 13 s.; A.D. Rossi, Ristretto di storia patria ad uso de' Piacentini, IV, Piacenza 1831, p. 378; L. Mensi, Diz. biogr. piacentino, Piacenza 1899, s.v.; S. Fermi, Postille inedite di Vincenzo Monti alle rime di alcuni arcadi piacentini, in Boll. stor. piacentino, V (1910), pp. 244 s.; G. Bertuzzi, La Commenda chiaravallese piacentina, Piacenza 1927, pp. 80, 83 s.; Id., Cardinali piacentini ed illustri presuli, Piacenza 1930, pp. 68-72; E. Ottolenghi, Storia di Piacenza, III, Piacenza 1947, p. 21; F. Arisi, Il Museo civico di Piacenza, Piacenza 1960, pp. 280 s.; F. Grassi, I pastori della cattedra beneventana, Benevento 1969, p. 150; Gli Arcadi dal 1690 al 1800. Onomasticon, a cura di A.M. Giorgetti Vichi, Roma 1977, p. 23; G. Fiori, Vicende biografiche ed artistiche di Gaspare Landi, in Boll. stor.piacentino, LXXII (1977), pp. 29 s.; Le antiche famiglie di Piacenza e i loro stemmi, a cura di G. Fiori et al., Piacenza 1979, pp. 259 s.; Hierarchia catholica, VI, pp. 13, 120 s.