CICOGNARA, Francesco Leopoldo
Nato il 26 nov. 1767 a Ferrara dal conte Filippo e da Luigia Gaddi di Forlì, studiò inizialmente a Modena - fra il 1776 e il 1785 - presso il Collegio dei nobili, dove presto rivelò ingegno versatile e inquieto applicandosi con discontinuità alla pittura, alle lettere e alla poesia, alla fisica. Nella esperienza culturale e umana del C. fu senza dubbio fondamentale la "fuga" da Ferrara (dove era ritornato compiuti i diciott'anni) a Roma alla fine di febbraio 1788, episodio quanto mai letterario e canonico nel suo curriculum, già intriso di accenti e sensibilità preromantici. A seguito dei viaggio romano si collocano gite a Napoli e in Abruzzo e, infine, tra l'autunno del 1789 e la primavera del 1790, ancora a Napoli e in Sicilia.
A Roma tra le prime conoscenze vi fu quella di A. Buonafede e, soprattutto, di F. Cancellieri - in fase di netta ascesa all'ombra del card. L. Antonelli - che gli farà da tramite per entrare in rapporto con L. Seroux d'Agincourt. Frequentò successivamente l'Accademia del Campidoglio e quella di S. Luca, ma dette vita subito, assieme ad altri coetanei (tra i quali Camuccini, Sabatelli e Benvenuti), a una privata scuola di nudo. Ammesso in Arcadia, sempre per interessamento del Cancellieri, nell'88, vi conobbe V. Monti; le amicizie familiari gli giovarono anche per entrare in contatto con vari ambienti aristocratici e culturali romani; conobbe e frequentò i Borghese, A. della Genga (futuro Leone XII), i Bernini, i Colonna e altri. Visitò e studiò i resti antichi, ma non trascurò le opere dei moderni: Mengs gli apparve degno di considerazione fra gli altri; si accostò alle teorie del Milizia, cui venne anche presentato. È di questo momento la pubblicazione del poemetto in sciolti Le belle arti e di un altro, Il mattino, il mezzogiorno, la sera e la notte (noto anche come Le ore del giorno), dedicato alla palermitana principessa di Valguarnera.
Il poemetto Le belle arti, dedicato a Maria Carolina regina di Napoli, è lavoro erudito pesante nella forma, in versi definiti dallo stesso C. "didattici e filosofici". Vi svolgeva il tema dell'imitazione della natura e del conseguimento del"Bello ideale", dimostrando chiare attitudini sensiste; e vi legava nascita ed evoluzione delle forme d'arte alle caratteristiche climatiche e ambientali delle varie, nazioni.
Le ore del giorno si presenta esteriormente come pariniano ma, assieme a ricordi arcadici, vi trovano spazio echi delle poetiche preromantiche, specie filtrate attraverso Pindemonte.
Tornato nel '90 a Ferrara, l'inverno successivo si trovò a Bologna al centro d'uno scandalo pubblico per la scoperta dì una sua relazione con una donna sposata. Tra l'estate del 1791 e il maggio del 1792 fu a Venezia presso l'amico Bentivoglio, dove parve interessarsi alle notizie sulle vicende politiche francesi portate dai fuorusciti della Rivoluzione. Al suo successivo arrivo a Roma, vi trovò diffusi e radicati sentimenti antifrancesi mentre rimaneva colpito dall'uccisione di H. Bassville. Alla notizia della decapitazione di Luigi XVI pare ne tessesse una sorta di orazione funebre, mai pubblicata (Malamani, 1888, I, p. 70). Collaborò alla compilazione cartografica della, costa laziale ordinata, a fini difensivi, dal governo pontificio, contraendo tuttavia nell'occasione una febbre malarica.
Conosciuta nell'estate del 1794 ad Abano la ventitreenne Musimiliana Cislago, uscita allora da un matrimonio annullato con il veronese conte Rotari, la sposò il 16 ottobre successivo; da lei avrà l'unico figlio, Francesco, nato il 16 dic. 1795. Il matrimonio lo mise in rapporto con M. Cesarotti, amico e confidente della Cislago. Dopo alcuni mesi trascorsi a Ferrara, la coppia si trasferì a Modena a seguito della cattiva accoglienza riservata alla non nobile Cislago dall'aristocrazia locale: del che si trova traccia letteraria nell'apologo satirico dei C., Il cigno e le rane, pubblicato nel '95. Proseguiva in questo periodo in una disordinata attività di studio e produzione artistica: alcuni ritrattini, qualche componimento poetico e occasionali scritti eruditi.
La prima campagna napoleonica d'Italia e l'arrivo dei Francesi a Ferrara provocarono il ritorno del C. nella città natale, dove anche partecipò attivamente ai festeggiamenti per l'innalzamento dell'albero della libertà. Nell'ottobre del 1796 venne eletto a far parte della delegazione ferrarese a Modena che incontrò Bonaparte, e fu da lui nominato presidente della giunta di Difesa generale, carica cui assolse dal 19 ottobre per tredici mesi. È possibile risalisse a quest'occasione la conoscenza con Foscolo, che si manterrà viva anche in seguito (testimoniata nelle lettere). Fu ad Imola nel febbraio del '97, mandato da Napoleone per organizzarvi un governo democratico, indi a Ravenna. Il 21 nov. 1797 venne nominato membro del Corpo legislativo della Repubblica cisalpina, a Milano, e nel gennaio successivo ministro plenipotenziario della Repubblica presso i Savoia, a Torino. Qui entrò in amicizia con il plenipotenziario francese P. L. Ginguené, letterato e ottimo conoscitore della cultura italiana. Oltre che in altri maneggi politici e diplomatici, il C. ebbe parte primaria, assieme al generale Joubert, nella vicenda dell'abdicazione di Carlo Emanuele IV di Savoia. Sempre a Torino ospitò in casa nascostamente il Fouché, colpito d'ordine di cattura dal Direttorio, ma protetto da Barras.
Terminata la missione torinese, il C. intraprese un primo viaggio europeo, essendogli tuttavia vietata la presenza a Parigi per ordine del Direttorio. Si recò in Belgio e in Olanda, e rientrò a Milano a fine aprile del 1799, di dove riparò a Genova rimanendovi fin nell'agosto. Da Genova, assediata, uscì clandestinamente e giunse a Parigi nel settembre. Qui incontrò di nuovo Napoleone e pare trattasse con lui misure favorevoli ai fuorusciti italiani in Francia. Ritornando a Milano, durante il viaggio ebbe modo di conoscere a Losanna il Necker e madame de Staël; giungeva successivamente a Ferrara dove, nel 1801, era eletto con C. Bentivoglio e F. Raspi deputato ai Comizi di Lione. Si oppose alla elezione di Napoleone alla presidenza della Cisalpina, ma venne ugualmente nominato membro del Consiglio di Stato. Coinvolto nella primavera del 1803 - forse controvoglia - a Milano nella pubblicazione di un componimento ritenuto antifrancese del capitano G. G. Ceroni, celato sotto lo pseudonimo di "Timone Cimbro", e sospettato d'appartenere agli unitari italiani, il C. fu arrestato nel Castello, e successivamente esiliato in Toscana, dove strinse amicizia col Capponi e molti altri. Perdonato da Napoleone e reintegrato nel titolo e nelle funzioni, rientrò a Milano nel maggio del 1804 e venne nominato consigliere di Stato del Regno d'Italia nel giugno dell'anno successivo. Nel novembre era incaricato dall'organizzazione della guardia nazionale nei dipartimenti del. Rubicone e del Basso Po.
Il 6 genn. 1807 a Pisa gli moriva la moglie. Il C. si recò a Roma, dove riprese a dipingere e ritornò alla stesura di un trattatello d'estetica, Del Bello, che vedrà la luce nel 1808; rinsaldò la sua amicizia con Canova, arricchì le sue raccolte di libri e oggetti d'arte, compì numerosi viaggi a Napoli e altrove. Fu in questa contingenza che chiese di lasciare la vita politica per dedicarsi interamente allo studio. Accolte le dimissioni da Napoleone, si trasferì a Venezia dove venne nominato presidente dell'Accademia di belle arti alla morte di Almorò Pisani, nell'aprile del 1808. Contemporaneamente sposava Lucia Fantinati, veneziana, vedova di N. Foscarini.
Quale presidente, il C. iniziò un'opera di ristrutturazione dell'istituto e un suo aggiornamento sui nuovi valori culturali dei primo Ottocento napoleonico. La sua funzione acquista in ciò una dimensione pubblica che va al di là della semplice presidenza di una istituzione didattica, per assumere competenze e valenze assai più ampie e significative fino a dar vita alla nuova figura dell'operatore sul "bene culturale" con mansioni di tutela, promozione, produzione. L'Accademia, nelle intenzioni del C., era anche un luogo d'impegno e magistero civili sia direttamente, per gli insegnamenti che vi si impartivano e per le modalità secondo le quali ciò avveniva, sia indirettamente, per l'utilità pubblica che tali insegnamenti assumevano nella stessa più generale attività dei funzionari delle amministrazioni (vedi la sua prima prolusione, del 1808: Sulla origine delle Accademie di belle arti). Ma allorché, nel nuovo clima della Restaurazione, il C. vedrà cadere tali ideali e si scontrerà anche - e duramente - con il più angusto e burocratico "ufficio "di una Accademia ripiegata verso obiettivi normalizzati, egli non esiterà a denunciare pubblicamente i limiti delle accademie (vedi l'articolo dell'Antologia, 1826, n. 61, scritto tra il 1818 e il '23: Della istituzione delle Accademie di belle arti in Europa). Fu comunque con quest'anno 1808che iniziò il periodo più intenso e produttivo della sua vita di storico e critico d'arte, di ordinatore e gestore delle raccolte pubbliche, di maestro ascoltato e di studioso acuto e originale. Da allora la sua produzione critica e storiografica, sia d'occasione (prolusioni, discorsi, articoli) sia di studio, si arricchì e articolò e, senza giungere a dar vita, per scelta e attitudine dello stesso C., a un sistema organico (salvo che nella Storia della scultura), venne a formare un complesso di scritti e di contributi versatile e di grande vitalità.
Pensato fin dal 1802, ma redatto nel 1807 e stampato nel 1805 a Pisa, il Del Bello costituì il primo tentativo compiuto dal C. per strutturare e far convivere nei suoi sette Ragionamenti suggestioni e convinzioni di differente matrice l'estetica kantiana, l'evoluzionismo illuministico, il pensiero sensista, l'indagine storica e analitica. Centrale la distinzione tra bello assoluto e bello relativo, dove il C. appare di continuo citare o parafrasare Kant anche in polemica con l'estetica hogarthiana. A tale distinzione erano, infine, ricondotte le due diverse forme d'arte greco-italiana e nordica; con il che egli, sulla scia di una tradizione che vanta nel sec. XVIII buon numero di autori, si riconduceva anche al pensiero di Winckelmann. Vicina o coincidente con questo e Quatremère de Quincy (come ha rilevato da ultimo Costamagna, 1973) era la posizione del C. circa il "Bello ideale" e l'imitazione, mentre se ne discostava, a proposito dei concetto di "Grazia" (ibid.; Bernabei, 1979); a questo proposito il C. ritagliava una connotazione estetica più vaga da un lato (e disponibile quindi alla "modernità") e di più ampie - per quanto non meno ambigue, forse - valenze filosofiche e ideali. Tanto che nell'altra categoria canonica, quella del "Sublime", egli appare rifuggire sia dai rigorismi alla Femow sia dalle aperture "romantiche" dell'eccesso di espressività: nel C. la linea di demarcazione, il paradigma e il parametro delle arti e dei bello (così come delle stesse teorie o ipotesi estetiche) appaiono, senza alcuna incrinatura, Canova e la sua produzione.
Nel '12 venne eletto presidente dei neoistituito Ateneo per il quale curò la redazione dello statuto e impostò un piano di lavoro. Poco prima era entrato a far parte di una ristretta commissione governativa per la salvaguardia delle opere d'arte nelle operazioni di soppressione e concentrazione dei conventi e delle congregazioni religiose. Nel giugno del '13 si recò a Parigi rimanendovi fino all'ottobre; qui venne nominato socio corrispondente dell'Istituto e lo raggiunse la notizia del gradimento del primo volume della Storia della scultura da parte di Napoleone, per altro impegnato nella campagna di Russia.
Anche come storico il C. mostrava una certa attitudine eclettica e certo pragmatismo da esperto più che da teorico, mentre la sua stessa debolezza di pensiero (che era per altro comune ad altri neoclassici, ma che più grave ancora sarà per molti romantici) era bilanciata dal contributo di conoscenze e dalle acquisizioni di metodo . storiografico che fanno restare la Storia della scultura tra i capisaldi del genere. L'opera (che muterà tre volte titolo tra la pubblicazione del primo tomo nel 1813, dei due successivi nel '16 e '18 e la nuova edizione a Prato nel '23: "... sino al secolo di Napoleone..."; "... sino al secolo XIX"; "... fino al secolo di Canova"), sollecitata e seguita assai da presso dal Giordani (vedine manoscritto all'Ariostea di Ferrara: Venturi, 1973) e impostata a completamento dei lavori di Winckelmann, e di Seroux d'Agincourt, è suddivisa in cinque grandi parti corrispondenti ad altrettante epoche e maniere artistiche incarnate nei maggiori esponenti dì ciascuna di esse: "Risorgimento" (Nicola Pisano); "Progresso" (Donatello); "Perfezione" (Michelangelo); "Corruzione" (Bernini), "Stato attuale" (Canova). La Storia è di respiro ampio anche se con debolezze e approssimazioni frequenti; ciascun autore è inserito entro un contesto storico e culturale apprezzabilmente definito, tanto che lo Schlosser Magnino, per primo, avvertirà come ci si trovi davanti non già a una vasariana raccolta di "vite" quanto a un affresco di storia contimia dell'arte scultoria.
Giustamente è stata anche notata la considerazione mostrata nella Storia per i primitivi e una comprensione del romanico ritenuta "piuttosto eccezionale" (Previtali, 1964), oltre a una non meno singolare attenzione alle espressioni e tecniche dette "minori": incisione, niello, intaglio, ecc., che fanno dell'opera un prodotto originale oltre che un fondamentale contributo alla storiografia artistica di tipo moderno.
Tornato a Venezia dopo la caduta di Napoleone, il nuovo governo confermò il C. nelle due presidenze dell'Accademia e dell'Ateneo, mentre l'Accademia, di Vienna lo creava socio onorario e Metternich gli affidava incarichi di fiducia. Redasse e pubblicò nel 1815 uno studio storico sulla quadriga marciana in occasione del ricollocamento sulla fronte della basilica (Dei quattro cavalli riposti sul pronao della Basilica di S. Marco).
Contemporaneamente alla pubblicazione della Storia, il C. promosse un'opera di grande impegno editoriale per la cui realizzazione si associò A. Diedo, segretario dell'Accademia di belle arti, e G. A. Selva, architetto e professore accademico: Le Fabbriche più cospicue di Venezia, che uscirà per le edizioni di Alvisopoli in due grandi volumi nel 1815 e '20.
Vi si proponeva una storia dell'architettura veneziana divisa per epoche e illustrata dai maggiori lavori di ciascun periodo. Ogni soggetto comprende tavole di accurati rilievi (eseguiti dagli allievi dell'Accademia) e schede storico-critiche di uno dei tre autori. Le Fabbriche è certo uno dei capolavori dell'editoria veneta ottocentesca e costituisce un punto di riferimento storico e critico ancor oggi esemplare. Nel 1817, per 19 quarte nozze dell'imperatore Francesco I d'Austria (con Carolina Augusta di Baviera), il C. ottenne che l'"omaggio" di 10.000 zecchini dovuto agli sposi dalle province venete fosse convertito in opere d'arte; pezzo centrale di tale coni plesso sarà la celebre musa Polimnia che Canova stava terminando di scolpire per C. Bianchetti. In occasione della consegna dell'"omaggio" il C., nel luglio del 1818, si recò a Vienna e, di là, a Praga, Dresda, Berlino, Weimar (dove frequentò Goethe), Parigi (dove apprese dell'arresto in casa sua a Venezia del cugino Gerolamo, sospetto affiliato carbonaro); da Parigi, nella primavera del '19, passò a Londra dove giunse il 20 aprile per fermarsi alcuni mesi e rientrare a Venezia nell'ottobre, toccando Aquisgrana Stoccarda, Ulma e Monaco. Alla fine dell'anno era a Roma con Canova, dove rimase fino all'aprile del '21.
Nel '22 fu Canova a recarsi prima a Possagno e poi a Venezia, dove il 13 ottobre moriva tra le braccia del C.; subito questi si faceva promotore di una sottoscrizione internazionale per erigerne il monumento nella chiesa dei Frari, mentre nel '23 pubblicava la appassionata Biografia di A. Canova. Nel '24 la biblioteca d'arte del C., rifiutata dal governo per le biblioteche di Venezia o di Padova, era acquistata dalla Vaticana per interessamento del Cancellieri e del Mai e giungeva a Roma.
Il Catalogo ragionato della stessa, pubblicato a Pisa nel '21, è il contributo, di grande rilevanza, del C. quale bibliofilo e bibliografo d'arte; steso allorché con la vendita dei libri tentava di restaurare le sue finanze dissestate proprio dalla pubblicazione della Storia della scultura e delle Fabbriche di Venezia, esso è "la non caduca pietra miliare della bibliografia di belle arti" (Ferrari, 1976). Comprende circa cinquemila titoli puntualmente catalogati, descritti e acutamente giudicati sia nel testo sia nella qualità editoriale.
Le sue difficoltà con il governo lombardo-veneto e con la censura (specie per il primo volume della Storia della scultura alla sua seconda edizione) giunsero al conflitto per i ripetuti rifiuti di ammettere a corte la moglie del C. e, soprattutto, in occasione della vicenda del progetto per la nuova sede dell'università di Padova, nel '24, Schieratosi contro gli accademici veneziani a favore del progetto di G. Jappelli (a questo commissionato, tra l'altro, dal viceré Ranieri) e difesolo con grande impegno ma inutilmente nel '25, si dimise da presidente dell'Accademia avanzando motivi di salute. Dovrà attendere tuttavia l'estate del '26 per vedere accolte, non senza polemiche ulteriori, e solo dopo una visita medica fiscale che ne attestava una forma molto avanzata di gotta, le sue dimissioni.
Nel 1827 il C. riuscì a far inaugurare il monumento a Canova dopo rilevanti difficoltà per il reperimento dei fondi necessari. Oramai estraneo alla vita pubblica, era tuttavia presente sulla scena culturale: partecipò al dibattito su un monumento a Francesco I per la erezione di Venezia a porto franco, mantenne intensi rapporti epistolari, redasse articoli per l'Antologia, ricevette studiosi e letterati. Nel '31 pubblicò uno studio, sulla calcografia; chiamato a Parma da Maria Luigia, collaborò all'ordinamento della pinacoteca. Era a Firenze, dove assistette P. Colletta sul letto di morte, e poi ancora a Venezia. Nel '32, richiesto dalla contessa Velo-Scroffa, suggeriva di far realizzare il monumento a Palladio, voluto per testamento da E. Velo nel cimitero di Vicenza, da Jappelli e Thorvaldsen.
Gravemente malato fin dall'inverno del '33, il C. morì a Venezia il 5 marzo 1834. La salma venne trasportata a Ferrara, dove il 2 maggio si tennero i solenni funerali. Sulla tomba, nel cimitero della certosa, ottemperando ai desideri del marito, la vedova fece collocare il. ritratto del C. eseguito da Canova.
Accolta la sua produzione critica, lui vivente, forse anche per le sue appassionate battaglie politiche e vicende personali, in termini controversi, Ia morte del C. fu salutata (vista la, notorietà europea del personaggio) da un gran numero di celebrazioni encomiastiche. Salvo qualche estimatore, però, la sua immagine fu presto offuscata, specie in forza delle fortune del pensiero romantico, dal giudizio (attribuito al C. come al Canova) di accademismo e di freddezza; tanto che Tommaseo bollerà il C. di essere stato nient'altro che un "intenditore" e, quindi, "un demi-artiste, un demi-historien, un demi-auteur" (Bellezzae civiltà). Meno sbrigativi saranno i giudizi espressi successivamente, con un progressivo recupero a partire da Schlosser(1924) e confermato dagli studi più recenti (Croce, Samek Ludovici, L. Grassi, Ivanoff, Previtali, L. Venturi, G. Venturi, Haskell).
Opere: L'editore Lampato iniziò la pubblicazione delle Opere del conto commendatore Leopoldo Cicognara forrarese, I, Venezia 1834, arrestandosi al primo volume. Questo comprende, oltre al Del Bello, una serie di articoli di minore mole apparsi in diverse sedi. periodiche; vi è però pubblicata anche l'importante relazione Sullo stato delle belle arti in Germania, Francia ed Inghilterra, compilata per incarico del Metternich (pp. 353-99). Avvertendo che per la compilazione del catalogo è fondamentale il riferimento ad Antolini, 1879, e a Malamani, 1888, si indicano qui di seguito i lavori del C., sia quelli di maggior mole, come gli interventi brevi di qualche interesse. Il mattino, il mezzogiorno, la sera, la notte (Le ore del giorno), Palermo 1790; Le belle arti, Ferrara 1790; Il cigno e le rane, ibid. 1795; Vita disan Lazzaro, monaco e pittore, preceduta da alcune osservazioni sulla bibliomania, Brescia 1807; Lettera su alcune controversie intorno al Pantheon, Pisa 1807; Memoria intorno all'indole e agli scritti di Francesco Milizia, e progetto di pubblicare alcune sue preziose lettere inedite..., in Atti della Società italiana, ibid, 1808, pp. 127-133; Del Bello. Ragionamenti sette, Firenze-Pisa 1808 (2 ediz., Pavia 1825; 3 ediz., Milano 1834; 4ediz., Venezia 1834); Storia. della scultura..., Venezia 1813-1818; In morte dell'architetto ferrarese Antonio Foschini, Ferrara 1814; De' Propilei, e della inutilità e dànni dei perni metallici nella costruzione degli edifici, Venezia 1814; Le Fabbriche più cospicue di Venezia, misurate, illustrate ed intagliate dai membri della Veneta Reale Accademia di belle arti, ibid. 1815-20; Dei quattro cavalli riposti sul pronao della Basilica di S. Marco. Narrazione storica, ibid. 1815; Relazione di due quadri di Tiziano Vecellio, ibid. 1816; Estratto dell'opera intitolata: Il Giove Olimpico... del signor Quatremère de Quincy, ibid. 1817; Lettera sulla statua rappresentante la Musa Polinnia scolpita dal Marchese Canova, ibid. 1817; Omaggio delle Provincie venete alla Maestà di Carolina Augusta Imperatrice d'Austria, ibid. 1818; Prose in occasione di varie acclamatissime nozze seguite in Padova, ibid. 1818; Descrizione di tre tavole rappresentanti la Pala d'oro nella R. Basilica di S. Marco, ibid. 1820; Catalogo ragionato de' libri d'arte e di antichità, Pisa 1821; Sul vero ritratto di Madonna Laura..., Roma 1821; Orazione in morte del marchese Antonio Canova, letta il giorno delle sue esequie nella sala dell'Acc. di. belle arti, Venezia 1822; Sul monumento da erigersi in Venezia... lettera all'ab. Giambattista Canova, ibid. 1822; Biografia di Antonio Canova, aggiuntivi il catalogo completo delle opere..., ibid. 1823(tradotto in H. Moses, The works of A. Canova, London 1824); Sopra il dipinto del Canova nella chiesa di Possagno. Lettera..., in Memorie... dell'Ateneo di Treviso, III(1824), pp. 354-62; Il Moni. a Canova eretto in Venezia, Venezia 1827; In morte di Adelaide Trevisan, Padova 1829; Memorie spettanti alla storia della calcografia, Prato 1831.
Discorsi pronunciati all'Accademia di belle arti di Venezia e pubblicati nei volumi degli Atti relativi: Sull'origine delle Accademie (1808, pp. 3-30); Elogio di Tiziano Vecellio ... (1809, pp. 3-43); Elogio di Andrea Palladio ... (1810, pp. 3-51); Elogio di Giorgione... (1811, pp. 3-40); quindi le Prolusioni lette nel 1815, pp. 1-8; 1817, pp. 3-20; 1821, pp. 3-20; 1822, pp. 3-15; 1823, pp. 3-16; 1824, pp. 3-16. Negli Atti dell'Ateneo di Venezia figurano tre, Ragionamenti proposti dal C. rispettivamente il 21 nov. 1812, il 30 maggio 1813, il 12 giugno 1814 (prima, seconda e quarta. Sessione pubblica), e tre Prolusioni del 28 maggio e 27 nov. 1815 e 26 maggio 1817.
Nella fiorentina Antologia compaiono gli articoli: Gruppo di Marte e Venere scolpito da Canova, 1822. V, pp. 567 ss.; Sul codice del Cennini pubblicato dal Tambroni, 1822, VIII, pp. 27-46; Lettera all'abate Giambattista Canova sul monumento da erigersi al fratello, ibid., pp. 576-80; Lettere al sig. P. Giordani sopra un modello di monumento attribuito a Canova, 1823, IX., pp. 176-86; Saggio sulla natura, lo scopo e i mezzi dell'imitazione nelle belle arti..., 1824, XIII, nn. 37 pp. 3-23; 38 pp. 1-20; 39, pp. 16-38; Storia e descrizione della cattedrale di Colonia, e ricerche sull'architettura delle antiche cattedrali..., 1824, XVI, n. 47, pp. 43-67; Della pittura in porcellana, 1825, XVII, n. 50, pp. 62-64; Del distacco delle pitture a fresco, 1825, XVIII., n. 51 ppm 1-19; Lettera intorno ad alcune nuove scoperte e pratiche applicato all'arte dell'intaglio e dell'impressione, 1825, XIX, n. 57, pp. 34-50; Lettera intorno all'antichità di alcune miniature ne' codici della Biblioteca Laurenziana, 1826, XXI, n. 61, pp. 3-16; Della istituzione delle Accademie di Belle Arti in Europa, ibid., pp. 92-118; Monumenti dell'architettura antica, lettera al conte G. Franchi, 1829, VI-VII, pp. 477-90; 84-102; Storia della vita e delle opere di Raffaello Sanzio da Urbino..., 1830, XXXVII, n. 110, pp. 1-31; Della fusione in bronzo del Gruppo della Pietà modellato da A. Canova..., 1830, XXXVIII, n. 114, pp. 1-9; Notizie intorno ad Antonio Fabris, udinese, 1831, XLIV, n. 131, pp. 64-70; Di un busto colossale di Mecenate, escavato sulla via Flaminia, 1832, XLVI, n. 138, pp. 28-39.
Un gruppo di articoli compare tra maggio e ottobre del 1833 sul Giornale di Belle Arti: Della fallacia de' giudizi nelle opere di gusto, maggio, pp. 5-13; Intorno alla stampa dello Spasimo..., maggio, pp. 23-31; Delle allegorie nei monumenti, settembre, pp. 233-39; Del tempio eretto in Possagno da Antonio Canova..., ottobre, pp. 286-301; Della Strage degli innocenti di Raffaello, intagliata da Marc'Antonio Raimondi, ottobre, pp. 301-307.
Fonti e Bibl.: Fondamentale per la biografia del C. risulta la accurata compilazione di V. Malamani, Memorie del conte L. C. tratte dai documenti originali, Venezia 1888, che integra tutte le precedenti "vite" con il ricorso alla fonte diretta dei documenti postigli a disposizione dagli eredi, conti Bentivoglio. Informazioni generali sulla storia della famiglia Cicognara nei secoli precedenti si trova in P. Antolini, Notizie su L. C. e sua famiglia, Ferrara 1879, Lettere del C. a vari artisti e letterati italiani si trovano pubblicate in V. Monti, Epistolario, a cura di A. Bertoldi, Firenze 1928-1931, ad Ind.; ma, per converso, cfr. Lettore di L. C. a V. Monti, a cura di G. Monti, in Propugnatore, XI (1878), 2, pp. 65-87; come anche nell'Epistolario di U. Foscolo (in Edizione nazionale delle opere), ad Indicem; e Z. Benelli, Il Foscolo nelle lettere del C. e altri amici. Spigolature inedite, in Miscell. Mazzoni, II, Firenze 1907, pp. 341-60. Altrettanto rilevante la presenza dei C. nell'Epistolario di P. Giordani, a cura di A. Gussalli, Milano 1854-62, passim. Nelle varie raccolte epistolari canoviane il C. occupa un posto di prima grandezza; ma, per il tutto, si veda la voce Canova di M. Pavan nel Diz. biogr. degli Ital., XVIII, pp. 197-219, Assai rilevante la recente raccolta curata da G. Venturi: L. Cicognara, Lettere ad A. Canova, Urbino 1973, ricca di un acuto saggio introduttivo e di un aggiornato apparato critico, che riproduce lettere del C. nella Bibl. civica di Bassano del Grappa. Significativa dei rapporti dei C. con il mondo culturale del tempo, la stessa raccolta di vari alla moglie, pubbl. dal Malamani: Lettere inedite di M. Cesarotti, M.me de Staël, I. Pindemonte, U. Foscolo e C. Rosmini alla contessa Cislago-Cicognara, Venezia 1888. Lettere sparse del C., o a lui dirette sono presso i fondi di tutti i maggiori artisti e uomini dì cultura a lui contemporanei: dalle quattrocento lettere del Giordani al C. e alla Cislago della Laurenziana a Firenze (e sempre a Firenze, ma alla Nazionale, è il manoscritto del Catalogo, raccolta Gonnelli); alle più di cinquecento del C. a vari presso l'Estense di Ferrara (autografi Campori; sempre a Ferrara, il manoscritto postillato dal Giordani della Storia della scultura); dalle lettere conservate a Bologna presso la Bibl. dell'Archiginnasio (carteggio Rampone); a quelle veneziane della Bibl. Correr (fondi Correr e Cicogna; epistolario Moschini; fondi di provenienza diversa e, in specie, l'epistolario Diedo) solo in parte pubblicate in varie sedi e circostanze. Delle numerose cariche pubbliche coperte dal C. resta sovente traccia documentaria nei fondi archivistici prodotti dalle istituzioni che egli ebbe a presiedere; tra esse più o meno utili per la ricostruzione della biografia, le carte veneziane dell'Accademia di belle arti, dell'Ateneo veneto, della Commissione provinciale delle belle arti (all'Archivio di Stato). Una brevissima autobiografia del C. risalente al 1829 in Biografie autografe ed ined. di illustri italiani di questo secolo, a cura di D. Diamilla Müller, Torino 1853, pp. 105-08, ma già comparsa in apertura delle Opere, 1834, e ancor prima sul n. 11 del 15 maggio 1834de La Ricreazione. Sui vari aspetti della figura del C. si veda: G. Baruffaldi, Continuaz. delle Memorie istoriche..., con un Ragionamento di L. C., Ferrara 1811; G. Petrucci, Vite e ritrattidi XXX illustri ferraresi, Bologna 1833, s.v.; In morte di L. C., Collez. di prose e poesie, Ferrara 1834;G. M. Bazoli, Biografia di L. C., Ferrara 1834; A. Diedo, Discorso funebre in onore di L. C., in Discorsi letti nella I. R. Accademia di belle arti..., Venezia 1834, pp. 23-29;G. Melchiorri, Elogio del conte L. C. socio corrisp. della Pontificia Accademia romana d'archeologia..., Roma 1834;F. Malvica, Elogio dei conte L. C., Palermo 1834; A. Zanetti, L. C. Cenni puramente biografici, in Giorn. di Belle Arti, II(1834), pp. 95-130;P. Zannini, Necrologia, Venezia 1834; D. Sacchi, Biografia di L. C., in Cosmorama pittorico (Milano), II (1836), n. 41; F. Becchi, Elogio del conte L. C., Firenze 1837; A. Zanetti, Le premier siècle de la calcographie oucatalogue raisonné des estampes du cabinet de m. L. C., Venise 1837; Lett. ined. di L. C. ad A. Canova, Padova 1839; F. Zanotto, L. C., in E. De Tipaldo, Biogr. d. Italiani ill., X, Venezia 1945, pp. 35-52; L. Marini, Elogio di L. C. letto nell'Accad. della Crusca la mattina del 9 sett. 1834, Venezia 1846; Lucia Contessa Cicognara, in Gazzetta veneta, 19 ag. 1550; G. Bi Contarini, Menzioni, onorificenze de' defonti, Venezia 1851, s.v.; Sei lettere ined. del comm. L. C. [ad A. Diedo], nozze Errera-Errera, Venezia 1852; Alcune lettere ined. di uomini illustri al Canova. Venezia 1853; Quattro lettere d'illustri Italiani... a A. Diedo, Venezia 1856; N. Tommaseo, C., oule connaisseur, in Bellezza e civiltà, Firenze 1857, pp. 328-335; Lettere d'illustri italiani dei secc. XVIII e XIX, a cura di F. Anigoni, Venezia 1860, pp. 19-20; A. Zanolini, A. Aldini e i suoi tempi, Firenze 1864-67, I, pp. 235 s., 258, 418; II, pp. 59-60; F. Melzi d'Eril, Memorie, a cura di G. Melzi, II, Milano 1865, pp. 210-211; A. Bartoli, Memorie ined. di L. C. ..., in Arch. veneto, I(1871), 2, pp. 227-246; Lett. al conte L. Trissino, nozze PersicoTommaseo Ponzetta, Vicenza 1875; F. P. Ruffini, Ricordo di L. C., Modena 1875; Lettere di P. Giordani, L. C., A. Canova, Verona 1876, pp. 13-16; Lettere di L. C. a F. Testa, Vicenza 1876; P. Antolini, Notizie su L. C. e sua famiglia, Ferrara 1879; Due lettere [del C.] a Francesco Testa, a cura di A. Cogo, nozze Valeri-Curti. Vicenza 1882; G. Rosini, Due lettere a L. C., Pisa 1885; V. Malamani, Un episodio letter. del 1827, in Archivio veneto, s. 2, XXIX (1885), 2, pp. 320-24; Lettere ad A. Papadopoli, Venezia 1886; V. Malamani, Un'amicizia di A. Canova. Lettere di lui al conte L. C., Città di Castello 1890; G. Bustico, Un'imitazione pariniana di L. C., Palermo 1916; F. Nani Mocenigo, Della letteratura veneziana nel secolo XIX, Venezia 1916, pp. 167-175; R. Bratti, Il riordino dell'Accademia veneziana..., in Nuovo Archivio veneto, XXXV (1918), pp. 222-229; G. Nicodemi, Il "rapporto" di C. sulle belle arti in Italia, in Arch. stor. lombardo, XLIX (1921), pp. 211-233; C. Frati, Diz. bio-bibliogr. dei bibliotecari e bibliofili italiani..., a cura di A. Sorbelli, Firenze 1934, pp. 165-167; Il centenario di L. C., in Rivista di Venezia, XIII (1934), 3, pp. 111 s.; E. Bassi, La R. 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Becker, Künstlerlexikon, VI, s. v. Per il C. dilettante di pittura si vedano: G. Boschini in G. Baruffaldi, Vite de' Pittori e scultori ferraresi, II, Ferrara 1846, pp. 576 ss.; F. Zanotto, Descrizione della città, in Venezia e le sue lagune, Venezia 1847, II, 2, p. 476; L. Coletti, L'arte..., cit., p. 132; G. M. Pilo, M. Grigoletti..., Pordenone 1971, n. 50; G. Pavanello, L. C. Paesaggio..., in Venezia nell'età di Canova, cit., n. 333.