LIANI (Aliani, Liano, Liagno, Llano), Francesco
Nacque a Borgo San Donnino, l'attuale Fidenza (Scarabelli Zunti, in Spinosa, 1975, p. 48 n. 3). Scarse sono le notizie sul L., la cui attività è documentata a Napoli nella seconda metà del Settecento.
Dallo spoglio del Registro dei nati dell'Archivio del duomo di Fidenza risulta che un primo Francesco Aliani, figlio di Antonio, fu battezzato nel 1712; un secondo, figlio di Leonardo, e un terzo, figlio di Rezio, nel 1714 (Cirillo - Godi). Nessuno di questi dati è però con certezza riferibile al L., anche se una data di nascita intorno alla metà del secondo decennio del secolo ben si coniuga con quanto è noto della sua prima produzione.
A Napoli il L. è con sicurezza attestato nel 1755, quando fu pagato 120 ducati per un ritratto di "Sua Maestà" (Izzo, p. 58, doc. 1). Non si conosce tuttavia la data del suo trasferimento, già collocata nel 1738, l'anno delle nozze di Carlo e Maria Amalia di Sassonia, in coincidenza con le quali F. Bologna ha posto la datazione dei ritratti equestri dei sovrani realizzati dal Liani. Più plausibilmente quel trasferimento avvenne al seguito del parmense Clemente Ruta, chiamato a Napoli, come pittore di corte, nel 1741.
Un precoce arrivo a Napoli ben si concilia con l'assenza, finora pressoché totale, di opere a lui attribuibili nel Parmense: il L. infatti non viene ricordato tra i pittori attivi in Emilia né da Lanzi (Storia pittorica della Italia) né dalla pur meticolosa Guida di Parma scritta proprio da Ruta (1739). D'altro canto, l'attività presso la bottega dello stesso Ruta sembrerebbe essere confermata dal fatto che al ritorno di questo a Parma nel 1759, in coincidenza con la partenza per la Spagna di Carlo di Borbone, cominciano a essere maggiormente documentate le committenze dirette al L., cui dovette passare il ruolo di pittore e ritrattista dei Borboni.
Nei primi anni di attività a Napoli il L. fu impegnato esclusivamente come ritrattista di corte: tra le prime opere sono i citati ritratti equestri di Carlo di Borbone e di Maria Amalia di Sassonia, ora al Museo di Capodimonte, e i contemporanei otto piccoli ritratti dei loro figli, oggi conservati nel Museo Campano di Capua.
Oltre alle versioni del Museo de bellas artes di Valencia, al L. si devono anche altri due dipinti a pendant conservati a Capodimonte che ritraggono in un ovale e a mezzo busto Carlo, con l'armatura e il bastone di comando, e Maria Amalia, seduta contro uno sfondo dove è raffigurata la chiesa del convento di S. Gabriele di Capua, cui la regina dedicò una speciale attenzione e dal quale provengono quasi tutti i ritratti reali nonché altri dipinti di soggetto religioso dello stesso Liani.
Agli anni Sessanta risale anche una consistente produzione del L. di dipinti a soggetto sacro: un ciclo, forse anche più ampio, di diciassette tele - alcune delle quali sono repliche con alcune varianti di quelle dipinte nel 1700 da Francesco Solimena per la chiesa di S. Maria Donnalbina di Napoli - con Storie di Cristo e Maria conservato ancora alla fine dell'Ottocento nella cappella reale di Capodimonte e oggi disperso in varie sedi (Spinosa, 1975, p. 42; Civiltà del '700 a Napoli, I, pp. 172, 302; Izzo, pp. 23-32); una serie con le Stazioni della Via Crucis per la real chiesa di S. Maria delle Dame a Capua, ora nella navata centrale della cattedrale di Capua, realizzata in collaborazione con Iacopo Cestaro, cui si deve l'esecuzione di due dei quattordici episodi; un terzo ciclo di otto tele sulla Passione di Cristo, trasferito dalla reggia di Napoli a Capodimonte e oggi nel palazzo reale di Caserta.
Ad accomunare le tre serie a soggetto religioso è il raffinato eclettismo con cui il L. recupera la lezione di pittori attivi a Roma - quali Pompeo Batoni, Marco Benefial, Corrado Giaquinto, facendo anche ipotizzare un soggiorno romano prima dell'arrivo a Napoli (Gregori, p. 106) - e di artisti napoletani, come Francesco De Mura, Domenico Mondo e gli stessi Solimena e Cestaro, giungendo a risultati di "raffinato preziosismo cromatico e di sottile eleganza compositiva" (Spinosa, 1975, p. 44). Emerge inoltre lo sforzo di restituire a immagini di repertorio assai "usurate" verità e concretezza, sulla scia delle ricerche neo-naturalistiche di Gaspare Traversi, le cui opere di poco posteriori al 1750, cariche di umanità pietosa, di contenuto dolore, di scene di genere, il L. aveva potuto vedere, oltre che a Napoli, nelle chiese del circondario di Parma e Piacenza o, se confermata l'ipotesi, a Roma.
Nel corso degli anni Sessanta e nei decenni successivi proseguì la produzione ritrattistica del L. al servizio della corte borbonica ma anche dell'aristocrazia napoletana. A lui si deve la maggior parte dei ritratti di Ferdinando IV, a mezzo busto o a figura intera, a partire dal 1763, quando realizzò la versione da spedire alla corte spagnola, documentata ma di cui non rimane più traccia (Urrea Fernández, pp. 334, 447).
A essa seguirono il ritratto del sovrano per il re di Danimarca del 1765 (Copenaghen, R. Museo delle belle arti), quello equestre conservato a La Granja di Segovia, quello in abiti da granatiere (Madrid, Palacio real) realizzato nel 1770 e tessuto da Pietro Duranti (Civiltà del '700 a Napoli…, II, p. 102 n. 336) e gli altri - successivi al 1768, data del matrimonio con Maria Carolina d'Austria - di entrambi i consorti conosciuti in varie repliche (Capua, Museo campano; Budapest, Museo di belle arti; Madrid, Palacio real; Varsavia, Museo nazionale). L'attività del L. come ritrattista di corte è ulteriormente attestata a partire dal 10 sett. 1768 da una serie di documenti riferiti però a dipinti non identificabili con esattezza (Spinosa, 1975, p. 48 n. 3).
È stato attribuito al L. anche il ritratto di Baldassarre Cito in collezione privata a Napoli (Pisani, 1994), che, eseguito intorno al 1763 probabilmente in coincidenza con la nomina del marchese a presidente del Sacro Regio Collegio e della Camera di S. Chiara, sommerebbe agli influssi romani richiami alla ritrattistica francese, probabilmente mediata da Batoni, e a quella di Anton Raphael Mengs, a Napoli dall'estate del 1759. Negli anni Settanta e Ottanta eseguì altri ritratti di esponenti dell'aristocrazia partenopea: Domenico de Sangro, nel Museo civico G. Filangeri a Napoli, Leonardo e Restaino di Tocco Cantelmo Stuart, Giovanni Mastrilli, VIII duca di Marigliano e sua moglie Maria Giustina Filomarino della Torre in collezione privata. I ritratti dei due Restaino di Tocco, che si sapeva eseguiti dal L. nel 1780 (Rizzo), ma a lungo dispersi, sono stati rintracciati in una collezione privata napoletana da Massimo Pisani (I ritratti…), che ne ha giustamente evidenziato, rispetto ai ritratti del passato, la maggiore pesantezza della pennellata, la compostezza formale e la ricerca di introspezione. Lo stesso Pisani (Cinque ritratti…), pubblicando i ritratti del duca di Marigliano e della moglie Maria Giustina Filomarino, peculiari nell'imperante classicismo del pittore oramai anziano, ha contribuito poi a estendere l'attività pittorica del L. al 1783, come dimostra la data posta sul retro del ritratto della donna.
Ancora a una committenza aristocratica si dovrebbero far risalire i ritratti di tre giovani donne, incarnanti le virtù della Fedeltà, Sapienza e Castità, e di due gentiluomini in armatura (tutti ora in collezione privata: Gregori), fortemente antibarocchi e intrisi delle novità dell'ambiente romano, degli intenti penetranti della ritrattistica settentrionale di Giacomo Ceruti, ma soprattutto di suggestioni tratte dall'opera di Mengs. Agli anni Sessanta o Settanta si possono datare anche i due ritratti inediti (Cirillo - Godi) del marchese e della marchesa di Campolattaro, nella collezione di Franco Maria Ricci.
Non si conosce la data di morte del L., avvenuta a Napoli dopo il 1783 (Pisani, Cinque ritratti…).
Fonti e Bibl.: F. Bologna, in Il ritratto storico napoletano (catal.), a cura di G. Doria - F. Bologna, Napoli 1954, pp. 47 s.; M. Gregori, L., ritrattista d'eccezione, in Paragone, XXVI (1975), 309, pp. 103-108; N. Spinosa, F. L., pittore emiliano al servizio della corte di Napoli, ibid., pp. 38-53; J. Urrea Fernández, La pintura italiana del siglo XVIII en España, Valladolid 1977, pp. 332-334, 447; G. Cirillo - G. Godi, Apporti al catalogo e alla storia della pittura parmense del '700, in Parma nell'arte, XI (1979), p. 19; V. Rizzo, Notizie su artisti e artefici dai giornali copiapolizze degli antichi banchi pubblici napoletani, in Le arti figurative a Napoli nel Settecento. Documenti e ricerche, a cura di N. Spinosa, Napoli 1979, p. 229 n. 14; Civiltà del '700 a Napoli 1734-1799 (catal.), I-II, Napoli 1979, ad ind.; É. Nyerges, Deux oeuvres inconnues de F. L. à Budapest, in Bulletin du Musée hongrois des beaux-arts, 1987, nn. 68-69, pp. 191-201; S. Blasio, in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, p. 766; N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal rococò al classicismo, Napoli 1993, ad ind.; M. Pisani, Il ritratto di Baldassarre Cito di F. L., in Storia dell'arte, 1994, n. 82, pp. 444-447; Id., I ritratti di Leonardo e Restaino di Tocco Cantelmo Stuart del L., in Paragone, XLVI (1995), 50, pp. 78-83; Id., Cinque ritratti inediti di F. L., in Storia dell'arte, 1995, n. 85, pp. 459-463; M. Izzo, F. L. nelle collezioni del Museo campano, Caserta 2003; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 182 (s.v. Liano, Francesco); The Dictionary of art, XIX, pp. 302 s.