LO SAVIO, Francesco
Nacque a Roma il 28 genn. 1935 da Vincenzo Festa e da Anita Vezzani, all'epoca legalmente coniugata con Paolo Lo Savio.
Personalità tra le più problematiche dell'avanguardia postinformale italiana, si diplomò nel 1956 presso il liceo artistico di via di Ripetta, e qui, sin dal 1954, sviluppò un particolare interesse per le teorie di P. Mondrian e W. Gropius, per le opere di C. Malevič, Le Corbusier (Ch.-É. Jeanneret) e P. Klee, suoi modelli formali, e soprattutto per gli esiti dell'architettura europea contemporanea.
Nel 1957 si iscrisse alla facoltà di architettura, dove, però, sostenne un solo esame. Fin dal 1958, infatti, intraprese la professione di designer alla quale affiancò da subito quella di pittore. Nel 1958 presentò al pubblico le sue prime opere, nel corso di due importanti rassegne, la Mostra di pittura "Premio Cinecittà", organizzata nel suo quartiere dal Partito comunista italiano, e la Rassegna di arti figurative di Roma e del Lazio a palazzo delle Esposizioni. Nella prima, alla quale presero parte S. Lombardo, M. Schifano, R. Mambor, C. Tacchi e Tano Festa fratello del L., espose il dipinto Un pretesto per non essere; a palazzo delle Esposizioni presentò le opere L'esigenza di una comunicazione e Io giungo all'Essere e a me stesso. Contestualmente, iniziò a maturare numerosi e significativi contatti con l'ambiente artistico e culturale romano. In particolare, l'amicizia, stretta nel 1959, con Toti Scialoja, che, appassionatosi alle sue ricerche, lo presentò nel 1960 a G.T. Liverani. E questi, seppur con alterne vicende, divenne il suo unico gallerista. Nel 1959 inoltre abbandonò le sue prime esperienze, vicine al lessico informale, per dedicarsi a una ricerca volta a far "coincidere, antillusionisticamente, lo spazio virtuale con lo spazio reale [(] rendendo "concreta" ed "oggettuale" la pittura" (in F. Lo Savio, Spazio - Luce: evoluzione di un'idea, I, Roma 1963, pp. n.n.).
Frutto di questa nuova sperimentazione è una serie di dipinti monocromi, in cui la variazione luministica del colore definisce la strutturazione della superficie e la pone in rapporto di continuità con lo spazio ambientale, gli Spazio - Luce. Due di essi furono presentati da E. Villa nel luglio del 1959 sulla rivista Appia antica ed esposti nel 1960, in occasione della prima personale del L. alla galleria Selecta di Roma, e, sempre nello stesso anno, in due collettive, con F. Angeli, Festa, Schifano e G. Uncini, prima alla romana galleria Appunto, poi alla galleria bolognese Il Cancello, a cura di E. Villa. Nel novembre dello stesso anno partecipò, insieme con i medesimi artisti, alla mostra organizzata alla galleria La Salita di Roma da P. Restany, "5 pittori. Roma 60". In questa occasione presentò i suoi primi Metalli, frutto di una maggiore adesione alla lezione costruttivista: lastre di metallo nero opaco flesse poste su supporto bidimensionale.
Sin dal 1959 inoltre, il L. aveva intrapreso una serie di "esperienze fisio-scientifiche con materiali nuovi" (ibid.), i Filtri, sovrapposizioni di strati di carta velina e cartone per creare l'andamento plastico del dipinto. Nel 1961 si aprì una intensa stagione di collaborazioni a livello internazionale. In gennaio espose alla mostra "Monochrome Malerei" presso lo Städtisches Museum di Leverkusen, curata da U. Kultermann; a marzo partecipò a "Konvergenzen" alla galleria Rottloff a Kalrsruhe e successivamente alla "Internationale Malerei" alla galleria Wolframs-Eshenbach di Schlöss. L'anno si chiuse con la partecipazione alla collettiva "0 + 0" [zero + zero] con H. Mack, Y. Klein, O. Piene e G. Ueker alla galleria La Salita dove furono esposti anche i Filtri; inoltre, il L. ricevette anche una segnalazione al premio Lissone e alla Mostra della critica a Milano.
Nell'agosto del 1961 conobbe la giovane marsigliese Marianne di Vettimo, che divenne sua moglie nell'estate del 1962. Durante il viaggio di nozze vide a Marsiglia le architetture di Le Corbusier, alle quali si ispirò per la Maison au soleil (Celant, 1979), un prototipo abitativo del 1962, costituito da un corpo volumetrico semisferico dal quale si dipartono due settori semicircolari che articolano la luce. Contemporaneamente, riprese le prime esperienze dei Metalli, chiudendoli ora in cubi di cemento bianco per isolare lo spazio interno da quello ambientale che ne soffocava l'intensità. Nacquero così le Articolazioni totali. Palesemente anticipatrici della minimal art, queste opere non furono ben accolte dall'ambiente artistico romano quando, nel novembre del 1962, furono esposte in una personale alla galleria La Salita: anche Festa disertò la mostra. Nonostante ciò il L. continuò a esporre sia all'estero (per esempio nel 1962 al Museo comunale di Amsterdam e alla mostra "Konstruktivisten" a Leverkusen), sia in Italia, dove fu tra i vincitori del premio Apollinaire alla Ca' Pesaro di Venezia. Nel 1963 partecipò alla rassegna "Alternative attuali" curata da E. Crispolti a L'Aquila e alla XIV Mostra nazionale "Premio del Fiorino" a Firenze, dove espose per l'ultima volta. L'ostracismo dell'ambiente artistico, i problemi economici e la depressione lo spinsero al suicidio. Dopo nove giorni di coma il L. morì il 21 sett. 1963 a Marsiglia.
Dopo la morte, il suo lavoro ebbe numerosi riconoscimenti. Sono da ricordare la prima retrospettiva, curata da F. Menna a palazzo delle Esposizioni nell'ambito della Rassegna di arti figurative del 1965; l'inclusione di alcune sue opere nel 1968 a "Documenta IV" a Kassel e nella mostra "Cento opere d'arte italiana dal futurismo a oggi" alla Galleria nazionale d'arte moderna e nella retrospettiva "Linee della ricerca contemporanea" alla XXXIV Biennale di Venezia; la retrospettiva "Progetti per metalli" alla galleria La Salita nel 1969; la presenza alla Esposizione universale di Osaka e alla mostra "Due decenni di eventi artistici in Italia" al Museo Pecci di Prato nel 1970. Parte della sua produzione venne esposta anche alla X Quadriennale di Roma e alla XXXVI Biennale di Venezia nel 1972. Nel 1979 una retrospettiva curata da G. Celant, inaugurò l'attività del Padiglione di arte contemporanea a Milano. L'ultima retrospettiva, curata da B. Corà, ha inaugurato nel 2004 la riapertura del Museo Pecci di Prato. Sue opere sono conservate in numerosi musei pubblici e collezioni private, quali la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma, la Galleria civica di arte moderna e contemporanea di Torino e la Fondazione Prada di Milano.
Fonti e Bibl.: F. L. (catal., galleria La Salita), Roma 1972; L. spazio e luce, a cura di G. Celant, Torino 1977; L. F. (catal.), a cura di G. Celant, Milano 1979; R. Lambarelli, F. L., in Figure, 1984, n. 7, pp. 59-64; U. Kultermann, The space - light concept of F. L., in Pantheon, XXXIII (1979), 4, pp. 400-407; I. Mussa, F. L., in Segno, IV (1979), 12; M. Fagiolo Dell'Arco, Fratelli (catal., XLV Biennale di Venezia), Venezia 1993, pp. 621-663; M. Carboni, Anima e esattezza: F. L., ibid., pp. 665-685; La pittura in Italia. Il Novecento/2, 1945-1990, II, Milano 1993, p. 754; R. Diez, Domenico Gnoli e F. L.: anime inquiete, in Arte, 2004, n. 368, pp. 112-117.