LONGHENA, Francesco
Nacque a Mompiano, presso Brescia, il 24 genn. 1796 da Marcantonio, di professione lavandaio, e da Orsola Serra, proveniente dalla Val di Rabbi, in Trentino; nello stesso anno venne alla luce il fratello Angelo che, dopo aver frequentato l'ateneo pavese, divenne ingegnere e architetto. Il L. invece seguì con profitto i corsi al seminario di Brescia, ma non completò quelli liceali, perché, nonostante il desiderio del padre di vederlo laureato in medicina, si appassionò agli studi letterari. Quasi inevitabile fu quindi il trasferimento, forse all'insaputa dei genitori, a Milano, dove divenne, tra il 1818 e il 1819, direttore del negozio del libraio P.E. Giusti. Questi, socio fondatore della Società de' classici italiani, ospitava in catalogo G. Gherardini, P. Litta, G. Schiepati e molti altri intellettuali con i quali il L. ebbe rapporti anche successivamente.
Abbandonato l'impiego da Giusti presumibilmente nel 1820, il L. ricoprì l'incarico di ripetitore presso il collegio privato di S. Orsola, dove risiedeva; quindi insegnò grammatica nello storico ginnasio convitto pubblico Calchi Taeggi. Fu verosimilmente in qualità di insegnante privato che entrò in contatto con alcuni facoltosi milanesi che nutrivano sentimenti antiaustriaci, da lui presto condivisi. A provocarne l'arresto nel maggio 1821 fu il ritrovamento, durante una perquisizione in casa di C. Ugoni, letterato e patriota bresciano, di una lettera dalla quale lasciava trasparire chiaramente il suo pensiero politico, nonché una compromettente conoscenza degli ambienti legati alla cospirazione. Accusato di alto tradimento, fu incarcerato per 15 giorni e, dopo essersi trincerato durante gli interrogatori dietro ai "non ricordo", fu rilasciato il 13 giugno. Tra l'ottobre 1823 e l'inizio del 1824, il L. fu di nuovo arrestato sempre per i medesimi fatti e di nuovo assolto nel giugno dello stesso anno per "difetto di prove legali". Nonostante non gli fosse stata attribuita alcuna colpa, fu immediatamente allontanato dall'insegnamento, misura che ebbe effetti rovinosi sulla sua vita.
Nella deposizione del 5 genn. 1824 il L. dichiarò infatti di non godere più dei lucrosi impieghi precedenti, ovvero di non attendere più alle occupazioni librarie, ai pacifici studi e all'educazione dei giovani, ragion per cui era costretto a vivere tra gli stenti. Ritornato a Brescia, fu sottoposto a stretta sorveglianza; in un primo tempo gli venne persino negata la possibilità di recarsi a trovare la famiglia, residente allora a Borgo Pile, una località sita a poca distanza e, solo dopo diversi mesi e numerose suppliche, gli fu accordato il permesso di tornare a Milano per ottemperare agli impegni che lo legavano alla tipografia dei fratelli Sonzogno. Nella presentazione del volume Istoria della vita e delle opere di Raffaello Sanzio da Urbino (1829), tradotto, corretto, illustrato e ampliato dal L., l'editore milanese, che di lì a poco sarebbe stato travolto dai debiti coinvolgendo indirettamente anche il L., si sentì in dovere di difendersi dalle numerose lagnanze che il protrarsi della pubblicazione del volume gli avevano procurato, affermando: "Affidai la cura fino dall'anno 1825 al Signor Francesco Longhena, il quale pose mano subitamente al lavoro. Progrediva egli sollecitamente nella intrapresa, quando imprevedutamente fu costretto a lasciare Milano, ed a recarsi Brescia […] dove restò per sei mesi […]".
Il calvario del L. alla disperata ricerca di incarichi professionali di ogni tipo era iniziato nel 1821; con il trascorrere degli anni, la mancanza di un'occupazione dignitosa divenne l'argomento principale delle sue lettere. In quel periodo diede ripetizioni private, scrisse articoli, si occupò prevalentemente di traduzioni, offrì collaborazioni e si fece promotore, all'inizio del 1830, di una piccola rappresentanza libraria che raccoglieva associazioni per la pubblicazione del Vocabolariouniversale italiano edito da Tramater; nel 1838 rese nota al pubblico la possibilità di reperire, presso la sua abitazione, carte geografiche provenienti da Bruxelles. In breve, dunque, il sogno di essere un intellettuale a tempo pieno si infranse e, come confidò a G.P. Vieusseux in una lettera da Milano del 12 marzo 1833, non seppe "più come procurar[s]i i mezzi da vivere [tanto era] la innazione in cui trovansi gli stabilimenti tipografici, e sì grande è il numero degli sventurati che [come lui] abbisognano di pane".
Nella stessa lettera, inoltre, sono contenute alcune affermazioni che hanno indotto Berengo ad avanzare l'ipotesi che il L. abbia subito un terzo periodo di detenzione intorno al 1832.
Nonostante le sventure che le sue opinioni politiche gli procurarono, in quell'anno il L. si assunse comunque l'onere di dividere la sua abitazione con la famiglia di P. Borsieri, incarcerato allo Spielberg, e di spartire con il figlio di Borsieri, Gaetano, i magri proventi di traduzioni. La sua situazione economica iniziò lentamente a migliorare solo nel 1841. Durante un soggiorno di quattro mesi a Vienna nel 1839, conobbe i soci della prestigiosa libreria Schaeffer e Tendler. Tornato in Italia, il L. si adoperò affinché i due, per poter esercitare il loro commercio anche a Milano, potessero aprire in Galleria De Cristoforis un negozio di cui egli fu presto nominato direttore per la parte italiana. Nel 1841 sposò Rodolfa, sorella di Agostino Bertani, più giovane di lui di oltre 15 anni; nel 1846 nacque il figlio Arnaldo che divenne medico e fu autore di alcune opere di medicina neonatale.
Risale al 1842 l'inizio della lunga collaborazione del L. con l'Archivio storico italiano. Vieusseux, che ne era l'editore, lo descrisse più volte come un uomo dall'ingegno non acutissimo, ma scrupoloso, paziente e affidabile, qualità che fecero di lui uno fra i collaboratori più preziosi e apprezzati. Il carattere mite e la sua difficile situazione economica gli impedivano di aspirare a lauti guadagni, e lo portavano inoltre a lavorare spesso nell'ombra, anche dopo la scoperta, per esempio, del carteggio di G. Morone. Se l'amore per le lettere non venne mai meno, neppure l'adesione agli ideali repubblicani di G. Mazzini scemò con il tempo: fu affiliato alla Giovine Italia, prese parte ai moti del 1831 e a quelli del 1848. Durante le Cinque giornate di Milano il L. raccolse i suoi pensieri negli opuscoli Alcuni scritti che ricordano l'insurrezione di Milano nel 1848 (dedicato al fratello Angelo) e Lezione politica e popolare sulla indipendenza italiana (entrambi Milano 1848). Inizialmente osteggiò l'unione con il Piemonte, ma in seguito la riconobbe come atto indispensabile alla formazione di una Italia unita. Nel 1848 partecipò attivamente alla rivoluzione bresciana e nel maggio dello stesso anno si unì ad A. Vergine in un'azione bellica a Darfo, che si concluse con la sottrazione di provviste al nemico. Il ritorno degli Austriaci lo costrinse a trovare rifugio per un breve periodo, da agosto a ottobre del 1848, a Lugano. Rientrato a Milano, riprese il quotidiano lavoro di ricerca. Nonostante i rapporti di stima che lo legarono a moltissimi uomini di cultura, nessuno accolse mai i suoi disperati appelli affinché lo si aiutasse a trovare un'occupazione stabile, grazie alla quale avrebbe potuto dedicarsi agli studi con animo più sereno. Obbligato quindi a essere un infaticabile lavoratore, il L. collaborò con le maggiori riviste del periodo quali Il Politecnico, la Biblioteca italiana, la Nuova Rivista storica, e altre ancora. Dal 1859 fece parte dell'Accademia degli Agiati di Rovereto.
Il L. morì a Mompiano il 2 nov. 1864.
A Carlo Cattaneo, che aveva partecipato ai funerali dell'amico, Bertani scrisse: "Mi duole del Longhena, lo conosceva bellissimo giovane nel '21, cominciò qui da allora ad essere perseguitato. Che vita!" (lettera del 7 nov. 1864).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Processi politici, bb. 29, 34, 82; Milano, Biblioteca Braidense, Autografi; Ibid., Museo del Risorgimento, Carte Cattaneo; Carte Bertani; Arch. di Stato di Brescia, Restaurazione, Delegazione provinciale, bb. 4190, 4193; Rovereto, Arch. stor. dell'Accademia degli Agiati, ff. 1311/10, 1313/11, 1321/6, 1332/9, 1344/1, 1348/12; Firenze, Biblioteca nazionale, Carte Tommaseo, 96/48/2-3; Carte Vieusseux, 58/171, 58/178, 59/4, 96/48; Carteggi di Carlo Cattaneo, II, Lettere dei corrispondenti, 1, 1820-1840, a cura di C. Agliati, Firenze 2001, p. 324. La bibliografia è ampiamente segnalata in A. Fappani, Enc. bresciana, Brescia 1987, VII, pp. 270 s.; per un elenco degli scritti e delle traduzioni cfr. A. Pagliaini, Catalogo generale della libreria italiana dall'anno 1847 a tutto il 1899, II, ad nomen. Inoltre: Biblioteca Oliveriana di Pesaro, in Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d'Italia, LII, Firenze 1933; Biblioteca civica di Bassano del Grappa, ibid., LV, ibid. 1934; Raccolta civica di Ca' d'Orsolino di Benedello, ibid., LXXII, ibid. 1940, ad indices; Elenchi di compromessi o sospettati politici (1820-1822), a cura di A. Alberti, Roma 1936, p. 33; C. Morandi, I collaboratori lombardi dell'"Archivio storico italiano", in Arch. stor. italiano, CI (1943), pp. 104-107; U. Baroncelli, Avvenimenti milanesi e bresciani della primavera del '48 nelle lettere inedite di F. L. a Luigi Cazzago, in Commentari dell'Ateneo di Brescia per gli anni 1948-1949, CXLVII-CXLVIII (1948-49), pp. 71-88; C. Esposito, Precursori del Risorgimento, in Giorn. di Brescia, 26 marzo 1960; Storia di Brescia, IV, Dalla Repubblica bresciana ai giorni nostri (1797-1963), Brescia 1964, pp. 158, 185; M. Petroboni Cancarini, Camillo Ugoni. Letterato e patriota bresciano, Milano 1976, I, pp. 128 s., 258 s.; V, pp. 63 s., 70 s., 120-123, 151-156; Processi politici del Senato lombardo-veneto, a cura di A. Grandi, Roma 1976, pp. 82, 84, 246; I. Porciani, L'"Archivio storico italiano", Firenze 1979, pp. 81, 86, 93, 101; M. Berengo, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione, Torino 1980, ad ind.; V. Botteri Cardoso, Angelo Pezzana nel carteggio lombardo, in Arch. stor. per le provincie parmensi, s. 4, LIV (2002), pp. 349-433.