MACHIAVELLI, Francesco
Nacque a Firenze forse nel 1371 (nella portata catastale del 1427 dichiarava di avere 56 anni: Arch. di Stato di Firenze, Catasto, 65, c. 160r) da Lorenzo di Filippo.
Il M. si dedicò presto agli studi giuridici, conseguendo il dottorato, forse a Bologna, in diritto canonico. Per la sua fama come giurisperito fu chiamato a prendere parte a dibattiti di grande rilevanza politica e a esprimere pareri in diverse commissioni, non trascurando, tuttavia, l'impegno politico. Il 26 sett. 1402 fu incaricato come docente di diritto canonico presso lo Studio fiorentino, con un salario di 25 fiorini.
Il M. contrasse matrimonio dapprima nel 1409 con una certa Agnola e quindi con Cecca di Piero Tornaquinci.
Ebbe numerosi figli: Buoninsegna, nato il 30 sett. 1414, divenuto pievano di S. Maria in Fagna e nel 1450 canonico della metropolitana fiorentina, morto nel 1467; Nanna che si unì a Ubertino Strozzi; Vaggia maritata a Filippo Guidetti; Piero, nato il 6 sett. 1415, che fu priore nel 1459 e si sposò prima con Vanna di Baldassarre da Prato e poi con Francesca di Iacopo degli Agli; Filippo, nato l'11 dic. 1416, che si sposò con Alessandra di Donato Adimari; Francesco Lorenzo, nato il 23 febbr. 1418, che fu pievano di S. Piero in Mercato; Filippa, moglie di Stefano di Segna; Luigi, nato il 19 ag. 1422, che conseguì il priorato nel 1465 e sposò Caterina di Bastiano Bonavolti, e infine Lorenzo, nato il 23 febbr. 1427.
Il M. conseguì l'abilitazione a ricoprire cariche pubbliche nello squittinio nel 1391 e quindi nel 1393. Nell'aprile 1411 vinse ancora lo squittinio per i tre maggiori uffici; nel maggio-giugno seguenti fu in carica come priore. Il 17 giugno 1413 venne estratto nel collegio dei Dodici buonuomini, entrati in ufficio il 15 precedente, al posto di Antonio Biliotti che era in divieto e il 1( ottobre risultò eletto tra i sapienti del Comune. Nello stesso anno fu di nuovo incaricato dell'insegnamento di diritto canonico presso lo Studio fiorentino.
In una "pratica" indetta il 27 e 28 maggio 1414 il M. intervenne sulla questione se Firenze potesse concludere un trattato di pace unilaterale con il re di Napoli Ladislao d'Angiò Durazzo senza il consenso del pontefice Giovanni XXIII con il quale esisteva un accordo precedente. Il M. sostenne che non poteva pronunciarsi sulla legalità di un'eventuale pace separata con il re, dal momento che non aveva potuto esaminare i termini dell'intesa stipulata con il papa e intervenne sullo stesso argomento anche il 14 e 15 giugno. La pace fu conclusa ad Assisi il 22 giugno. Tuttavia, in una pratica riunita il 26 giugno si continuò a discutere se procedere alla ratifica del relativo trattato: vi intervennero anche cinque giuristi, fra cui il M., che insieme con Giovanni Serristori e Lorenzo Ridolfi si espresse in maniera favorevole.
Il 16 luglio 1415 il M. entrò a far parte degli Otto di custodia e, nuovamente, dal 21 ott. 1416 ricoprì l'incarico di sapiente del Comune. Ancora fu maestro del Sale dal 1( luglio 1417 e camerario alle Porte dal 1( ott. 1418; nel marzo-aprile 1419 conseguì il priorato e, dal 1( ottobre seguente, fu ufficiale dei Pupilli. Nel 1420 il M. partecipò a una commissione costituita da sei giurisperiti, deputati a esaminare le procedure seguite nello svolgimento dello scrutinio del 1417, ritenute irregolari a causa dell'epidemia di peste: tutti espressero il parere di non bruciare le borse del 1417, ma di effettuare un "rimbotto", cioè di accorpare i risultati delle elezioni del 1417 con quelli del 1420. Questa procedura favoriva le famiglie più in vista del reggimento, aumentando le possibilità di estrazione senza inoltre tenere conto dei limiti di età.
Il 29 marzo 1421 il M. venne inviato come ambasciatore presso Corrado Trinci, signore di Foligno, per condolersi, a nome della Signoria, della tragica morte dei fratelli Bartolomeo e Niccolò, vittime di una congiura. Oltre a rinsaldare i rapporti tra la signoria folignate e Firenze, la missione doveva assicurare che sarebbe stato presto risolto il contenzioso esistente fra Trinci e il fiorentino Andrea di Giovanni di Neri di Lippo.
Dal 5 maggio 1421 tenne l'ufficio di governatore del Vino e il 2 ottobre prese parte a una consultazione politica per discutere sull'opportunità che Firenze ospitasse il nuovo concilio che il pontefice Martino V voleva indire: il M. espresse parere sfavorevole, ritenendo però che fosse necessario prolungare la discussione. In seguito alla conquista di Genova da parte di Filippo Maria Visconti nell'aprile del 1422 e all'invio di ambasciatori a Firenze per cercare di bloccare eventuali reazioni della Repubblica, il M. partecipò a una pratica urgente, convocata per riesaminare i termini del trattato di pace con il Visconti.
Il 6 ag. 1422 si tenne una pratica convocata dopo la pubblicazione dei ruoli di coloro ai quali sarebbe toccata la nuova gravezza ("novina"), molti dei quali erano esponenti in vista del reggimento. Rinaldo Albizzi criticò tale sistema di ripartizione ritenendolo iniquo, anche perché i tempi concessi agli ufficiali deputati dell'imposizione fiscale per l'esame delle sostanze dei contribuenti erano troppo brevi: il M. vi intervenne a sostegno della richiesta di abolizione dei ruoli. Il giorno seguente la discussione continuò sull'opportunità di sostituire il sistema contributivo vigente con una più sistematica ed equa certificazione fiscale; al riguardo il M. si dichiarò favorevole all'introduzione del Catasto e all'istituzione di un ufficio incaricato dell'accertamento patrimoniale dei cittadini, sostenendo che in tal modo non sarebbe stato più necessario ricorrere a gravezze saltuarie o straordinarie e che il gettito fiscale sarebbe stato ben più ampio. In questi termini si espresse pure il 24 settembre seguente, anche se la questione fu, per il momento, accantonata e ancora in una riunione indetta il 9 genn. 1423 il M. tornò a esprimere la propria opinione sul sistema migliore da adottare per il prelievo fiscale, facendo presente che la concordia e l'unità cittadine potevano fondarsi solo su una imposizione che fosse chiara e manifesta a tutti, calcolata sulla base di quanto posseduto effettivamente da ciascuno, seguendo in ciò l'esempio di Venezia. Dal 1( febbraio il M. fu degli Otto di custodia e ufficiale della Torre dal 1( ottobre. Dal 1( genn. 1424 fu in carica per quattro mesi come gonfaloniere di Compagnia e il 3 agosto intervenne in una consulta indetta dopo la disfatta fiorentina a Zagonara. In un dibattito del 19 febbr. 1425 tornò a chiedere l'introduzione del Catasto. L'11 maggio 1426 divenne ragioniere del Comune.
Nel febbraio 1427 iniziò un processo riguardante la richiesta di riconoscimento da parte del M. e di un altro membro della famiglia, Guido di Buoninsegna, dei diritti di patronato sulla pieve di S. Piero in Mercato e sulle chiese di S. Maria della Torre e di S. Michele a Mogliano.
Il fondamento giuridico di tale richiesta derivava dal lascito testamentario da parte di Ciango del fu Agnolo di Arrigo Castellani al padre del M. della metà del castello di Montespertoli e dei patronati delle chiese del luogo, così come pure di metà dei diritti di mercato a Montespertoli; tali beni rimasero indivisi tra i due rami della famiglia. L'esito della causa fu favorevole, anche se la sentenza dei capitani di parte guelfa in cui si disponeva di apporre sulle chiese le armi dei Machiavelli fu pronunciata solo dopo la morte del M., il 10 febbr. 1438.
Il 7 marzo 1427, in un consiglio ristretto, fu affrontata nuovamente la questione dell'introduzione del Catasto, giudicato ormai dalla maggioranza il sistema contributivo più equo; il M., che già da alcuni anni si era impegnato per la sua istituzione, dichiarò che in tal modo sarebbero venute meno tante ingiustizie e sperequazioni. Il 12 maggio vi fu un nuovo consiglio di "ristretti" in cui si discusse sull'opportunità di istituire ruoli provvisori di imposta per consentire l'applicazione immediata del Catasto. In proposito il M., a nome dei capitani di parte guelfa di cui allora faceva parte, si dichiarò favorevole alla proposta di Mariotto Baldovinetti, secondo cui tali ruoli dovevano essere formulati dagli ufficiali incaricati del Catasto, in quanto a conoscenza delle sostanze dei cittadini.
Il 12 luglio 1427 il M. presentò la sua dichiarazione catastale dalla quale risulta che abitava in una casa posta nel "popolo" di S. Felicita confinante con il monastero di S. Felicita e con l'abitazione di Tribaldo de' Rossi; tra le altre proprietà figurano una casa in S. Andrea in Percussina nel Comune di San Casciano, un podere situato nella stessa località, confinante con i terreni dei fratelli Agnolo, Giovanni e Antonio e di un altro membro della consorteria familiare, Guido di Buoninsegna. Inoltre possedeva diversi boschi nella zona di S. Maria dell'Impruneta, una casetta nel popolo di S. Lari, fuori della porta di S. Piero a Gattolini, un podere nel popolo di S. Bartolomeo a Musignano in Val di Rubiana e terre in S. Maria a Fagna, nel Comune di Scarperia nel Mugello. Il M. risultava inoltre debitore verso il Comune di Firenze di 48 fiorini, che avrebbe dovuto pagare entro novembre dello stesso 1427. Nella stessa certificazione fiscale dichiarava di possedere diversi libri di diritto canonico per un valore di 80 fiorini.
Dal 1( febbr. 1428 ricoprì l'ufficio di capitano di Orsanmichele; il 19 febbraio Cosimo de' Medici comunicava che il M., il giorno precedente, aveva giurato insieme con altri tre cittadini di mantenere il segreto circa il contenuto delle borse elettorali predisposte in base ai risultati dello scrutinio per gli uffici estrinseci che si era appena svolto; nel maggio-giugno dello stesso anno il M. conseguì il priorato per l'ultima volta.
Nel corso delle trattative di pace tra Firenze, Venezia e il papa Martino V, nell'ottobre 1428 il M. fece parte di una commissione di giuristi insieme con Lorenzo Ridolfi, Nello da San Gimignano, Giovanni Buongirolami e Zenobi Guasconi, nella quale si stabilì che Firenze non poteva accettare che nell'accordo fossero riconosciuti come appartenenti allo Stato della Chiesa Bologna e i territori circostanti. Il 22 ottobre il M. ricoprì la carica di capitano della cittadella di Pisa per tre mesi.
Il M. morì a Firenze il 23 nov. 1429. Fu il figlio Buoninsegna, in quanto studente, a ereditare i suoi libri.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 79, cc. 6r, 13v, 22v, 31v; 171, cc. 44v, 45v, 46v, 47, 48r, 49, 51; 359, c. 6r; 360, c. 8r; 599, c. 81v; 600, cc. 5r, 103v; 601, c. 1v; 901, cc. 69v, 195r; Catasto, 17, cc. 603r-604r, 605v; 65, cc. 159r-160r; 336, cc. 118-121; Priorista di palazzo, cc. 170v, 199v, 204r; Consulte e pratiche, 42, cc. 138, 141v, 144r, 147r, 151v; 44, c. 10 (21 maggio), 129r; 45, cc. 5v (26 aprile), 43v, 45v, 55v, 71v, 189r; 46, c. 37r; 47, cc. 47r, 59r; 48, c. 32v; Signori, Legazioni e commissarie, 6, c. 116r; Carte strozziane, s. I, 118; Mediceo avanti il principato, II, 3; Ufficiali della Grascia, 188, c. 76r; Manoscritti, 357, c. 232r; Firenze, Biblioteca nazionale, Passerini, 171/1; Poligrafo Gargani, 1167-1168; E. Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane et umbre, Firenze 1671, II, p. 523; Delizie degli eruditi toscani, XIX (1785), pp. 42, 83; G. Prezziner, Storie del pubblico Studio e delle società scientifiche e letterarie di Firenze, I, Firenze 1810, p. 66; M.V. Prosperi Valenti, Corrado Trinci ultimo signore di Foligno, in Boll. della Deputazione di storia patria per l'Umbria, LV (1958), p. 48; P. Berti, Nuovi documenti intorno al Catasto fiorentino, in Giorn. stor. degli archivi toscani, IV (1860), pp. 45, 58; C. Guasti, Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per il Comune di Firenze, II, Firenze 1869, pp. 146 s., 323; A. Gherardi, Statuti della Università e Studio fiorentino, Firenze 1881, pp. 376, 389; L. Martines, Lawyers and statecraft in Renaissance Florence, Princeton 1968, pp. 91, 208, 296 s., 333 n., 339 s., 342 s., 484; D. Kent, The rise of the Medici. Faction in Florence, 1426-1434, Oxford 1978, pp. 177, 233; E. Conti, L'imposta diretta a Firenze nel Quattrocento (1427-1494), Roma 1984, pp. 108, 120, 125 s., 132, 136; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Macchiavelli di Firenze, tav. II.