MANNO, Francesco
Nacque a Palermo da Girolamo e da Petronilla Salsella (o Sabella) il 20 nov. 1752. Avviato dai genitori all'arte orafa, preferì dedicarsi alla pittura, come i fratelli Vincenzo e Antonio. Non si hanno notizie precise sulla sua prima attività artistica; sembra che la prima opera di rilievo sia stata un ritratto di Re Ferdinando di Borbone, di cui non si conoscono la datazione e l'attuale collocazione, ma che fino al 1934 si trovava presso la Galleria nazionale di Palermo (Sica, p. 60 n. 3). E ancora alla sua prima attività siciliana risale il bozzetto con il Trionfo di s. Giuseppe (Palermo, Galleria regionale della Sicilia), forse su modello di C. Giaquinto (Siracusano, 1986).
Intorno al 1786 si trasferì a Roma, dove frequentò lo studio di P. Batoni, al quale era stato presentato dal cardinale Paolo Maffei (Rangoni, p. 262); nel 1787, alla morte del maestro, passò alla scuola di F. Preziado, probabilmente grazie al fratello Antonio, divenuto nel frattempo accademico di S. Luca. Nello stesso anno vinse il primo premio del concorso Balestra con Clelia passa il Tevere (Roma, Accademia di S. Luca). Le prime opere romane sono tuttavia per lo più di carattere religioso, come il S. Giuliano (1786) della chiesa di S. Teodoro (Sica, p. 58), I beati Nicolò Fattor e Tommaso de Cori del 1786 e I beati Sebastiano Apparizio e Giuseppe della Croce del 1787 (Papaldo; Siracusano, 1986).
Quest'attività iniziale mostra appieno l'influenza del classicismo di Batoni, per esempio nella grande tela con Il b. Nicola da Longobardi riceve la croce dal Redentore (1786) in S. Francesco di Paola, noto attraverso una stampa (Coccia). Il M. mantenne comunque rapporti con la sua città d'origine, come testimonia la tela, firmata e datata 1787, raffigurante la Madonna col Bambino e i santi domenicani, inviata alla chiesa del monastero palermitano della Pietà, di cui è noto un disegno preparatorio firmato (Sgadari di Lo Monaco; Sica, p. 58).
Al 1788 risale il dipinto firmato e datato Carlo Marchionni umilia alla santità di papa Pio VI il progetto per la sagrestia di S. Pietro, già conservato nella collezione Braschi, ora a Roma, con il bozzetto, nella collezione Lemme (Rangoni).
L'opera piacque così tanto al papa Pio VI Braschi che il M. gliela donò nell'ottobre 1789, ricevendo in cambio la nomina di cavaliere dello Speron d'oro e la protezione pontificia (ibid.). La pittura rappresenta l'architetto Marchionni inginocchiato in atto di presentare al papa il progetto della sacrestia vaticana, mentre attorno al trono pontificio siedono varie figure allegoriche (l'Intelletto, il Buon Governo, la Liberalità, la Devozione, il Consiglio, il Tempo) e dalla finestra irrompe la Fama suonando la tromba. Sullo sfondo compaiono il cardinal nipote Romualdo Braschi, il cardinale Enrico Benedetto Stuart, duca di York, arciprete della basilica Vaticana, e il prelato economo della Reverenda Fabbrica di S. Pietro. La composizione, arricchita sulla destra da due figure, una delle quali è considerata l'autoritratto del M. (Lemme), trova un precedente iconografico e formale nelle opere di Batoni e di Placido Costanzi (Rangoni, p. 185).
In seguito il M. fu coinvolto nei lavori di decorazione a palazzo Altieri (1791-93); in particolare L'Ersilia porge a Romolo un ramoscello d'ulivo del gabinetto nobile è uno dei pochi temi storici a cui si dedicò, aprendosi cautamente alle influenze formali neoclassiche.
Pur mantenendo stretti contatti con la Sicilia, la sua presenza a Roma è testimoniata con continuità nel 1792 nella parrocchia di S. Andrea delle Fratte (M. Cattaneo, Eresia e libertinismo nella Roma di fine Settecento. Il caso Chinard-Rater, in Roma moderna e contemporanea, IX [2001], 1-3, p. 176 n. 4) e dal 1798 in piazza Poli n. 91 (Sica, p. 60 n. 12).
Nel 1794 divenne membro della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon. Dell'anno successivo è il quadro perduto con il Beato Bernardo da Offida, cappuccino in colloquio con cinque vescovi ricordato da F. Piranesi (R. Caira Lumetti, La cultura dei lumi tra Italia e Svezia. Il ruolo di Francesco Piranesi, Roma 1990, p. 362) e noto attraverso un'incisione di A. Mochetti del 1796. Nel frattempo il M. aveva allargato la cerchia dei suoi committenti, come testimonia il ritratto di Ascanio de Giannetti (1798: Spoleto, Pinacoteca comunale), dove c'è già un segno di quel precoce gusto purista, ben evidenziato da Pansecchi (1983). Nel 1800 Pio VII lo nominò pittore dei Sacri Palazzi.
Nel corso della sua lunga carriera il M. operò anche come architetto.
Il 4 nov. 1799 i membri dell'Arciconfraternita dei Siciliani a Roma affidarono a Melchiorre Passalacqua e al M. il compito di ripristinare la loro chiesa, S. Maria d'Itria o di Costantinopoli, distrutta dai Francesi. Il 6 novembre il M. chiedeva, ma invano, allo scultore Vincenzo Pacetti, il disegno della decorazione originaria, già da lui eseguita nel 1766 e andata perduta (Pampalone, p. 38). Le successive vicende politiche impedirono l'immediata ricostruzione della chiesa, avvenuta solo nel giugno 1814 sulla base del progetto del M., che fu preferito per motivi economici a quello di Passalacqua.
In relazione alla sua attività di architetto si ricordano anche gli interventi nella tribuna della chiesa di S. Bartolomeo all'Isola, dove nel 1806 firmò la tela con il martirio del santo nell'abside (Hiesinger, p. 82, n. 29-30, fig. 3) e quelli per alcuni apparati effimeri, tra cui quello in onore di D. Cimarosa in S. Carlo ai Catinari (1801).
Divenuto accademico di S. Luca il 19 genn. 1806, assolse all'interno dell'Accademia numerosi incarichi, distinguendosi per attenzione e solerzia.
Nel 1807 progettò la cappella della Pietà ai Ss. Apostoli, di patrocinio dei Muti Papazzurri, e un suo disegno risulta approvato dal camerlengo dell'Accademia di S. Luca, il cardinale G.M. Doria (Siracusano, 1975, pp. 47 s.).
I lavori, conclusi più tardi, compresero il dipinto dell'altare con la Deposizione della Croce, da lui firmata e datata 1815 (bozzetto e disegno, Roma, collezione Lemme, dove si trovano altri dipinti del M. di analogo soggetto: Il Seicento e Settecento romano…, p. 279). In quella data il M. chiedeva l'approvazione dei restauri (Arch. di Stato di Roma, Camerlengato, parte I, tit. IV, b. 39, f. 55), mentre nel 1819 offriva in vendita al governo il quadro con la Deposizione di G. Siciolante da Sermoneta, già nella cappella Muti Papazzurri.
Di quegli anni sono gli stendardi per la basilica di S. Pietro dei beati Francesco Caracciolo e Coleta Boilet; due medaglioni raffiguranti Miracoli di Francesco Caracciolo; Un miracolo di Benedetto da San Fradelo (Sica, p. 59); S. Giacinta Marescotti e il beato Ranieri dal Borgo adorano il Sacro Cuore, tela firmata e datata 1808 in S. Teodoro (Coccia). Proprio nel 1808 realizzò, infine, il ciclo di dipinti con Scene della vita di Francesco Caracciolo (proclamato santo nel 1807) per la chiesa di S. Lorenzo in Lucina.
Qui eseguì due tele, S. Francesco Caracciolo adora l'eucarestia e Il santo converte una cortigiana (dal 1909 trasportate nella chiesa di S. Angelo in Pescheria) e dieci tondi monocromi lungo la navata con Storie del santo, dove esprime un maggior rigore formale e una più matura capacità coloristica. Nella stessa chiesa gli sono state attribuite le sei figure di santi della cappella Alaleoni Ruspoli (Pansecchi, 1984).
Il 20 sett. 1808 ottenne il permesso di inviare a Pontecorvo due quadri con S. Anna e la Vergine e S. Carlo che fa la prima comunione a s. Luigi Gonzaga per la chiesa dei padri dottrinari, valutati 400 scudi (Arch. di Stato di Roma, Camerale II, Antichità e belle arti, b. 15, f. 306), illustrati doviziosamente nel Diario ordinario (1808, n. 77). Nel 1809 il M. dipinse un ritratto di Angelica Kauffmann, dalla copia di J. Reynolds e lo consegnò in Accademia nel 1809 (Roma, Accademia di S. Luca: Di Croce).
Dal 1812 realizzò nel palazzo del Quirinale alcune opere oggi perdute, destinate agli appartamenti allestiti per Napoleone: la sala di famiglia, il terzo salone dell'imperatore (Sica, p. 59). Degli affreschi realizzati nelle tre sale dell'udienza del palazzo del Quirinale tra il 1822 e il 1823, rimangono sulla volta della sala degli ambasciatori: il Giudizio di Salomone, affiancato da due tondi con l'Allegoria della Giustizia e della Scienza e i dipinti con S. Michele in atto di proteggere il Sommo Pastore della Chiesa e una Potestà pontificale (ibid.).
Nel 1818 nella chiesa dei Ss. Vincenzo e Anastasio a Trevi dipinse sulla volta il Redentore che presenta a Dio Padre la mensa eucaristica con s. Francesco Caracciolo e i ss. Vincenzo e Anastasio, al centro della tribuna il Divino Agnello, sugli angoli del catino absidale i Quattro angeli con simboli delle Virtù cardinali. Nello stesso anno eseguì un'Annunciazione da inviare a Palermo (Palermo, Museo diocesano: ibid.).
Per la beatificazione di Angelo d'Acri, avvenuta il 18 dic. 1825, preparò lo stendardo con il Beato in gloria e realizzò un quadro e quattro medaglioni ovali raffiguranti Miracoli del beato e il Beato in gloria per la chiesa della Ss. Concezione in occasione dei festeggiamenti in onore del beato nel giugno 1826 (ibid.).
Altri due quadri furono dipinti quell'anno per la chiesa, oggi scomparsa, delle monache francescane della Purificazione presso S. Maria Maggiore: Purificazione della beatissima Maria e S. Francesco nel momento che delle sacre lane veste la sua concittadina (ibid.).
Al 1830 risale la decorazione ad affresco con Storie di Guglielmo II d'Altavilla nel palazzo arcivescovile di Monreale che denuncia, sotto il profilo artistico, una certa stanchezza e frammentarietà.
L'intensa attività pittorica permise al M. di accedere alle importanti cariche di reggente (1808, 1814, 1821) e di camerlengo (1826) della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon.
Il M. morì a Roma il 18 giugno 1831 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria d'Itria o di Costantinopoli, dove una lunga iscrizione lo ricorda.
Fonti e Bibl.: S. Betti, Notizie de' professori G.A. Guattani, cav. F.M. Laboureur, cav. G. Scaccia e cav. F. M.…, in Giornale arcadico, XLVIII (1831), pp. 100-103; G. Sgadari di Lo Monaco, Pittori e scultori siciliani dal Seicento al primo Ottocento, Palermo 1940, p. 78; G. Martinetti, S. Ignazio, Roma 1967, p. 57; A.M. Corbo, L'esportazione delle opere d'arte dallo Stato pontificio tra il 1814 e il 1823, in L'Arte, 1970, n. 10, p. 94; C. Siracusano, Profilo di F. M., in Quaderni dell'Istituto di storia dell'arte della Facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Messina, I (1975), 1, pp. 45-50; S. Papaldo, Notizie del primo periodo romano di F. M., in Storia dell'arte, 1977, nn. 30-31, pp. 187-190; I. Faldi, Disegni e bozzetti di F. M., in Antologia di belle arti, 1980, nn. 13-14, pp. 74-77; U. Hiesinger, Decorations for the Quirinal Palace and other works in Rome by F. M., ibid., pp. 78-93; La pittura del '700 a Roma, a cura di S. Rudolph, Milano 1983, p. 784; F. Pansecchi, in Arte in Valnerina e nello Spoletino (catal., Spoleto), Roma 1983, pp. 181 s.; Id., F. M. a S. Lorenzo in Lucina, in Prospettiva, 1984, nn. 33-36, pp. 327-334; D. Malignaggi, in XII Catalogo delle opere d'arte restaurate, Palermo 1984, pp. 213-217; C. Siracusano, La pittura del Settecento in Sicilia, Roma 1986, p. 299; A. Cera, La pittura neoclassica italiana, Milano 1987, ad vocem; F. Lemme, in Memoria storica e attualità tra Rivoluzione e Restaurazione. Bozzetti e modelli… (catal., Torgiano), a cura di C. Bon Valsassina, s.l. 1989, p. 24; G. Sica, in Il palazzo del Quirinale. Il mondo artistico a Roma nel periodo napoleonico, a cura di M. Natoli - M.A. Scarpati, II, Roma 1989, pp. 58-60; R. Carloni, F. M., V. Pacetti e un progetto di decorazione per l'altare maggiore della chiesa di S. Maria d'Itria…, in Alma Roma, XXX (1989), 3-4, pp. 55-70; M. Coccia, in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, p. 780; M. Guttilla, in L. Sarullo, Diz. degli artisti siciliani, Palermo 1993, II, Pittura, pp. 326-328; M.C. Cola, S. Maria d'Itria o di Costantinopoli, in Roma sacra, 1996, n. 5, pp. 26-29; S. Santolini, in M. Fagiolo, Corpus delle feste a Roma, II, Il Settecento e l'Ottocento, Roma 1997, p. 432; F. Rangoni, in Il Seicento e Settecento romano nella collezione Lemme (catal.), Roma 1998, pp. 182 s., 261 s., 279 nn. 75-79; La Collection Lemme (catal.), Paris 1998, nn. 80 s.; A. Pampalone, Vincenzo Pacetti: stralcio di un diario di lavoro, in Neoclassico, 2004, n. 25, p. 38; A. Di Croce, in Il Settecento a Roma (catal., Roma), a cura di A. Lo Bianco - A. Negro, Cinisello Balsamo 2005, p. 235; C. Napoleone, in Enc. della Sicilia, Parma 2006, ad vocem; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 25.