MARESCA, Francesco.
– Nacque a Napoli il 22 febbr. 1757 da Caterina Petrone e da Giuseppe, di mestiere «mercatante» (Sasso, p. 27). Indirizzato dal padre verso gli studi classici, il M. svolse il proprio apprendistato presso lo studio dell’architetto C. Vanvitelli, con il quale collaborò per molti anni e grazie al quale fu introdotto nell’ambiente aristocratico campano e presso le principali case religiose del Regno (ibid., p. 29).
Il primo incarico ufficiale finora noto risale tuttavia al 1792, quando Ferdinando IV di Borbone decise di realizzare nella capitale del Regno, nei pressi dell’Albergo dei poveri, un «Real Giardino delle piante», ossia un orto botanico pubblico. Del progetto fu incaricato il M. insieme con il cavaliere A. Planelli da Bitonto, gerosolimitano e maestro di Zecca. Successivamente, con reale provvedimento del 13 febbr. 1796, il M. fu nominato ingegnere della Deputazione di fortificazione, organo del tribunale di S. Lorenzo dedito al controllo e alla gestione delle attività edilizie della capitale, che Ferdinando IV mantenne in vita anche dopo la breve parentesi repubblicana (1799).
Gli anni della prima Restaurazione borbonica (1800-05) coincisero con il periodo di maggiore affermazione professionale del M., il quale ricevette dal governo importanti incarichi per opere di carattere pubblico che esaltavano la sua singolare attitudine per l’architettura di carattere effimero. Dal 1801, infatti, il M. fu impegnato a Napoli, pressoché contemporaneamente, nella progettazione dell’ampliamento del Real Museo Borbonico (già palazzo dei Regi Studi e oggi Museo archeologico nazionale), nella realizzazione, ancora in collaborazione con Planelli, del Real Museo mineralogico e nell’allestimento scenografico dell’antico largo di Palazzo (odierna piazza del Plebiscito) in onore del principe ereditario Francesco duca di Calabria, cui seguì un secondo progetto di allestimento per festeggiare il ritorno a Napoli della corte borbonica dopo gli eventi del 1799, grazie al quale il M. ottenne, con decreto reale del 7 luglio 1802, la carica di regio ingegnere camerale.
Per l’ampliamento del Museo Borbonico – nel quale, secondo i piani del governo, si sarebbero dovute concentrare le raccolte di Ercolano e Pompei, la collezione Farnese, una Biblioteca pubblica e tutte le scuole dell’Accademia di belle arti – il M., coadiuvato dall’architetto C. Bonucci, riprese lo schema elaborato fin dal 1777 da P. Schiantarelli e progettò, sul fronte postico della fabbrica preesistente, un ampio complesso edilizio caratterizzato da una scenografica scalinata che consentiva l’accesso ai nuovi ambienti culminando su un’alta piattaforma, sulla quale doveva essere collocata la statua dell’Ercole Farnese. I lavori subirono numerose interruzioni e il M. riuscì a portare a termine solo il rifacimento della facciata e il lato orientale del complesso (1818-21). Per il Museo mineralogico, invece, il M. ristrutturò l’antica biblioteca del collegio Massimo dei gesuiti, riunendo la ricca collezione di minerali vesuviani raccolti da M. Tondi e C.A. Lippi in un gabinetto ligneo a forma di tempio tuscanico su pianta rettangolare e copertura a botte con lacunari, ricostruito dopo il 1803 in pietra vesuviana («tempietto vulcanico») nella piccola cappella annessa alla stessa biblioteca. Il ricorso agli stilemi della Grecia classica è evidente anche nel primo allestimento che il M. realizzò nel 1801 a Napoli, nel cuore della città storica: dal molo, dove ripropose il paesaggio scenografico dei propilei d’Atene, con una grande porta urbica preceduta da due piccoli tempietti dorici, al largo di Palazzo, dove innalzò un maestoso tempio tetrastilo in legno e cartapesta. Analogo repertorio stilistico fu adottato dal M. nel 1802, sia in occasione della venuta di Ferdinando IV, quando nel largo di Palazzo allestì un enorme anfiteatro con una piramide centrale attrezzata per gli artifici pirotecnici, sia in occasione del ballo per i sovrani allestito il 30 agosto dello stesso anno nel cortile del Real Museo. In quella sede, dove peraltro erano in corso i lavori di ampliamento progettati dal M., l’architetto concepì un salone ellittico delimitato da un sistema di pilastri di stile ionico e una serie di ambienti minori ornati con statue antiche originali e con bassorilievi e pitture di gusto neoclassico.
Il passaggio dal governo borbonico a quello francese non segnò alcuna soluzione di continuità nell’attività professionale del M., il quale oltre a essere cooptato per le sue specifiche competenze nell’ambito dei grandi apparati per le feste di Stato, fu impegnato in ruoli istituzionali di primo piano, entrando a far parte del Consiglio degli edili insieme con architetti e ingegneri come S. Gasse e G. de Fazio. In continuità con lo spirito neoclassico delle sue prime architetture effimere, progettò gli apparati per celebrare l’avvento al trono di Napoli sia di Giuseppe Bonaparte (1806) sia di Gioacchino Murat (1808); in entrambe le occasioni ebbe modo di sperimentare alcune soluzioni formali per il largo di Palazzo, che tradusse in una serie di significative proposte architettoniche a scala urbana quando, nel dicembre 1811, fu chiamato a far parte del comitato tecnico istituito dal governo per esprimere un parere definitivo sulla trasformazione di quell’antica piazza nel cosiddetto «foro Gioacchino» (F. Maresca - L. Malesci - G. Avellino, Rapporti relativi alla costruzione del foro S. Gioacchino presentati a S. E. il signor ministro dell’Interno…, Napoli 1812).
Rimasero invece sulla carta, o furono appena avviati e successivamente seguiti da altri tecnici, alcuni suoi progetti di rilevante importanza per lo sviluppo urbanistico di Napoli in chiave borghese, come il progetto per il nuovo orto botanico, che fu proseguito da G. de Fazio (1806-09) o quello per i nuovi mercati rionali (1807-08), che in gran parte furono progettati da Gasse, riducendosi talvolta il ruolo del M. a quello di mero controllo sull’esecuzione dei lavori o ad alcuni interventi di carattere temporaneo, come per il progetto che elaborò nel 1809 per allestire, nel costruendo mercato di Monteoliveto, la prima esposizione di prodotti dell’industria nazionale.
Viceversa, il progetto per il nuovo camposanto di Poggioreale, affidato al M. nel 1812 e approvato nel febbraio dell’anno successivo, fu avviato nel settembre 1813, ma solo dopo la fine del regno murattiano fu parzialmente portato a termine dallo stesso M., il quale ebbe modo di dirigere personalmente il completamento delle fondazioni del cortile orientale (1818) e la struttura basamentale della chiesa neodorica (1821). Ultimo significativo impegno svolto dal M. nel corso della seconda Restaurazione borbonica – durante la quale mantenne la carica di ingegnere civile al servizio del Consiglio degli edili fino al suo scioglimento (1817) e successivamente presso la Giunta di fortificazione (1817-21) – fu il progetto elaborato nel 1818, in collaborazione con Bonucci, per il recupero idrogeologico dell’antico macellum di Pozzuoli (a quel tempo denominato e ritenuto ancora «tempio di Serapide»), invaso dalle acque per effetto del bradisismo e destinato a essere trasformato in moderno stabilimento termale.
Il 31 ag. 1821, colpito da apoplessia, il M. fu costretto ad abbandonare tutti gli incarichi (tra i quali l’ampliamento del Museo Borbonico, proseguito da P. Bianchi) e a trascorrere gli ultimi anni della sua vita nella casa in via S. Caterina a Chiaia, dove morì l’8 luglio 1824.
Fonti e Bibl.: P. Napoli-Signorelli, Vicende della coltura nelle Due Sicilie. Dalla venuta delle colonie straniere sino a’ nostri giorni, Napoli 1811, pp. 238 s.; C.N. Sasso, Storia de’ monumenti di Napoli e degli architetti che gli edificavano, II, Dal 1801 al 1851, Napoli 1858, pp. 25-37; M. Piccolo, Cenni sul cimitero nuovo di Napoli, con raccolta delle migliori iscrizioni, Napoli 1881, passim; G. Ceci, Il palazzo degli Studi, in Napoli nobilissima, XV (1906), pp. 154-157; A. Venditti, Architettura neoclassica a Napoli, Napoli 1961, pp. 78, 158 s.; F. Strazzullo, Apparati e feste per il ritorno a Napoli di Ferdinando IV nel 1802, in Napoli nobilissima, s. 3, II (1962), pp. 112-118; F. Mancini, Feste, apparati e spettacoli teatrali, in Storia di Napoli, IX, Napoli 1972, pp. 747-750; C. Zucco, Le ipotesi progettuali dell’edificio: da Cavallerizza a Museo, in Da palazzo degli Studi a Museo archeologico (catal.), a cura della Soprintendenza archeologica di Napoli, Napoli 1977, pp. 48-51; C. De Seta, Le città nella storia d’Italia. Napoli, Napoli 1981, pp. 212, 215; A. Buccaro, Pianta della città di Napoli, in Cartografia napoletana dal 1781 al 1889. Il Regno, Napoli, la Terra di Bari, a cura di G. Alisio - V. Valerio, Napoli 1983, p. 171; A. Buccaro, Istituzioni e trasformazioni nella Napoli dell’Ottocento, Napoli 1985, pp. 82, 114; S. Villari, La piazza e i mercati. Equipment urbano e spazio pubblico a Napoli nel decennio napoleonico, in La piazza, la chiesa, il parco, a cura di M. Tafuri, Milano 1991, pp. 213, 224, 228 s.; A. Buccaro, Opere pubbliche e tipologie urbane nel Mezzogiorno preunitario, Napoli 1992, pp. 81, 146-148, 199 e passim; A. Buccaro, Saggi del progresso industriale nella Napoli preunitaria: le sedi di esposizione, in Napoli, un destino industriale, a cura di A. Vitale, Napoli 1992, p. 344; S. De Caro, Nota storica, in Il Museo archeologico di Napoli, Napoli 1993, p. 16; C. Lenza, Monumento e tipo nell’architettura neoclassica. L’opera di Pietro Valente nella cultura napoletana dell’800, Napoli 1996, pp. 156-161, 185; A. Venditti, Napoli neoclassica: architetti e architetture, in Civiltà dell’Ottocento. Architettura e urbanistica (catal.), a cura di G. Alisio, Napoli 1997, pp. 25 s.; Antichità e belle arti. Le istituzioni (catal.), Napoli 1998, pp. 185-187; R. Picone, Adolfo Avena: proposte per il Museo nazionale di Napoli, in Napoli nobilissima, s. 3, XXXVII (1998), pp. 142, 155; L. Di Mauro, I musei scientifici e l’ex collegio dei gesuiti, in I musei scientifici dell’Università di Napoli Federico II, a cura di A. Fratta, Napoli 1999, pp. 42, 54; Scienziati-artisti. Formazione e ruolo degli ingegneri nelle fonti dell’Archivio di Stato e della facoltà di ingegneria di Napoli (catal.), a cura di A. Buccaro - F. De Mattia, Napoli 2003, p. 148 (scheda di G. Bono); R. Parisi, Luigi Giura 1795-1864. Ingegnere e architetto dell’Ottocento, Napoli 2003, p. 17; A. Milanese, Pietro Bianchi e il Real Museo Borbonico. Interventi architettonici e sistemazioni museografiche tra il 1821 e il 1845, in Napoli nobilissima, s. 4, IV (2003), p. 27; G.E. Rubino, Le fabbriche del Sud. Architettura e archeologia del lavoro, Napoli 2004, pp. 289, 300; Museo a cielo aperto. Guida al Monumentale di Poggioreale, a cura di F. Mangone, Napoli 2004, pp. 7, 12; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 86.