CAMPELLO, Francesco Maria
Nacque a Spoleto il 20 nov. 1665, figlio primogenito di Solone dei conti di Campello e di Nicola di Francesco Campelli. Nell'anno 1678 seguì il padre, giureconsulto ed erudito, a Macerata, dove questi si recava come segretario di mons. G. B. Rubini, pronipote del card. Pietro Ottoboni e governatore della Marca. Ivi frequentò per tre anni la scuola retta dai gesuiti. Nel 1681 il padre, grazie all'appoggio del card. Ottoboni, ottenne di passare al servizio del card. Filippo Spada a Urbino come uditore: nell'università di quella città il C. compì i suoi studi di diritto, sotto la guida di Tarquinio Urbani, e addottoratosi nel 1684 vi venne nominato lettore di istituzioni canoniche. Per due anni insegnò ad Urbino, non trascurando nel frattempo gli studi letterari; rientrato in Umbria, essendo stato nominato il padre uditore presso la Rota di Perugia, iniziò la sua corrispondenza con i principali letterati romani del tempo. Salito nel 1689 al soglio pontificio il card. Ottoboni col nome di Alessandro VIII, i Campello trassero ben presto beneficio per i servigi resi per il passato a lui e alla sua cerchia: il padre del C. venne nominato uditore del nuovo segretario di Stato, il card. Rubini, e assieme al suo secondogenito Giovan Battista lasciò Perugia per Roma. Mentre il resto della famiglia ritornava a Spoleto, il C. sceglieva di esercitare la professione forense anch'egli a Roma, giovandosi, oltre che dell'appoggio del card. Rubini, dell'amicizia e del consiglio dello spoletino Vincenzo Leonio, giureconsulto e letterato affermato, nell'ambiente romano. Proprio grazie all'amicizia del Leonio e all'aiuto fornitogli dallo zio paterno Paolo, ambedue arcadi, egli non solo entrò nell'Arcadia col nome di Logisto Nemeo, ma vi godette ben presto dell'amicizia di Giovan Mario Crescimbeni, così come della protezione del giovanissimo card. Pietro Ottoboni, pronipote del papa, mecenate ed arcade egli stesso. La morte di Alessandro VIII (1691) e l'oggettivo successo dei cardinali "zelanti" con l'elezione di Innocenzo XII Pignatelli, ostile alla pratica nepotista seguita durante il precedente pontificato, non incisero sulle fortune del Campello. Ormai noto negli ambienti forensi romani, egli partecipava al tempo stesso alle molteplici iniziative degli arcadi, collaborando fra gli altri col Menzini, con lo Zappi, col Crescimbeni e col Leonio. Divenuto uditore del card. Cornaro nel 1698, passò poi al servizio diretto del card. Ottoboni in qualità di aiutante di studio. Durante il conclave seguito alla morte di Innocenzo XII (settembre 1700), nella grave atmosfera determinata dallo scoppio della guerra di successione spagnola, assistette come primo conclavista il card. Ottoboni nelle difficili trattative che portarono all'elezione di Clemente XI, nella persona del card. Giovanni Francesco Albani di Urbino. Fu una vittoria dell'Ottoboni, tanto più gradita al C. in quanto l'Albani si era dimostrato amico della sua famiglia fin dal tempo in cui suo padre era stato uditore a Urbino. E proprio a quest'ultimo Clemente XI commissionò un'opera storico-giuridica sul ducato di Urbino, le Constitutiones Ducatus Urbini... (Romae 1709), alla cui stesura anche il C. collaborò attivamente. Ma nella Roma di Clemente XI egli, divenuto fra l'altro usufruttuario di una pensione sopra un canonicato di S. Lorenzo a Damaso, e ormai definitivamente affermatosi come giureconsulto, sì da diventare avvocato di Curia, non fu noto solo come ricercatore erudito, bensì soprattutto come felice improvvisatore di versi e come compositore di sonetti e cantate sulle sventure d'Italia alla maniera del Filicaia e sulle glorie della Chiesa e della cristianità in guerra col Turco (noto è soprattutto il sonetto "O Peregrin che muovi errante il passo / per questa arena", pubblicato nelle Rime degli Arcadi, III, Roma 1716). Si cimentò anche come drammaturgo e commediografo, ma nessuna sua opera teatrale venne pubblicata; riscosse inoltre buon successo nella regia teatrale. Sempre legato al Crescimbeni partecipò attivamente alla polemica letteraria che questi condusse contro il Gravina e che portò alla uscita di quest'ultimo dall'Arcadia (1711). Le condizioni economiche del C. dovettero essere buone, se poté permettersi nel 1723 di devolvere la sua eredità a favore del fratello minore Bernardino, in procinto di sposarsi, e se alla morte del card. Ottoboni, avvenuta nel 1749, non esitò a rifiutare di entrare a servizio di Benedetto XIV, benché sollecitatovi. Morì a Roma il 19 marzo 1759 e la sua salma venne tumulata nella chiesa di S. Maria in Via, mentre gli arcadi gli dedicarono una lapide nel Bosco Parrasio.
Degno di ricordo è il fratello minore del C., Giovan Battista (1673-1754), cavaliere e, dal 1721, commendatore dell'Ordine di S. Stefano. Egli, dopo aver trascorso vari anni a Roma alla corte di Innocenzo XII (1691-1700), si ritirò nella città natale, a Spoleto, dedicandosi alla stesura degli Annali della città dal 1707 al 1744 in sette volumi, dei quali soltanto il IV, il VI e il VII sono stati rinvenuti nell'archivio di famiglia: essi hanno scarso valore storiografico, raggiungendo però il merito di testimoniare minuziosamente alcuni caratteristici aspetti della vita e del costume dello Stato pontificio all'inizio del secolo XVIII. Della sua precedente attività di scrittore, attento ma acritico osservatore delle vicende del suo tempo, venne dato alle stampe alla fine dell'Ottocento il diario De pontificatu Innocentii XII…, a cura di Paolo Campello della Spina (Roma 1893).
Fonti e Bibl.: Biblioteca Apost. Vaticana, Vat. lat. 9263: G. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, ff. 451v-452r; Vat. lat. 9271, n. 36; G. M. Crescimbeni, L'Arcadia, Roma 1708, pp. 116, 193; Id., Vite degli arcadi ill. scritte da diversi autori, Roma 1708-1727, II, pp. 287 s.; IV, pp. 27 s.; Id., L'istoria della volgar poesia... pubbl. unitam. coi commentari intorno alla medesima, riord. ed accresciuta, Venezia 1730-31, I, 3, pp. 220 s.; I, 4, pp. 312, 314; III, 3, pp. 163 s.; Raccolta di opuscoli scientifici e filologici, a cura di A. Calogerà, Venezia 1734, pp. 44 s.; I. Carini, L'Arcadia dal 1690 al 1890, Roma 1891, p. 465; P. Campello della Spina, Storia documentata aneddottica di una famiglia umbra, Città di Castello s. d., I, pp. 409 s., 414 s., 484 s.; II, 1, pp. 3-6, 40-43, 73-79; Id., Append. alla "Storia docum. anedd. di una famiglia umbra", Città di Castello 1915, pp. 80-97; G. Mazzoni, L'Italia nelle poesie di Felicia Dorothea Hemans, in Giorn. stor. della letter. ital., IV (1932), p. 287.