CAMPIONI, Francesco Maria
Nato a Genova il 17 ott; 1651, fece i primi studi nella città natale. Non ancora ventenne volle dedicarsi alla vita religiosa e nel 1671 vestì l'abito della Congregazione dei chierici regolari della Madre di Dio nel convento di S. Maria in Campitelli di Roma. Qui portò a termine il biennio di noviziato, emettendo il 27 febbr. 1673 la professione solenne. In questo periodo si applicò a profondi studi di teologia dogmatica e morale e di diritto canonico, e ben presto venne incaricato di insegnare tali materie ai giovani della sua Congregazione, ottenendo nel 1682 il lettorato di teologia. Il suo insegnamento fu rigidamente improntato a un'adesione senza riserve al più schietto tomismo, evitando però ogni riferimento ai commenti scolastici e tentando un'interpretazione della Summa theologica che accordasse il pensiero di s. Tommaso con la dottrina di s. Agostino: in questo senso il C. rientrava in quel gruppo di teologi che, fondandosi sui testi più prestigiosi dei Padri della Chiesa, intendeva opporsi con energia a quella corrente innovatrice (allora identificata in gran parte con la Compagnia di Gesù) che stava piegando la tradizionale dottrina teologica e morale del cattolicesimo verso una rivalutazione eccessiva della volontà umana di fronte alla assoluta potenza della grazia divina (molinismo) e verso un più indulgente giudizio morale delle azioni umane (benignismo e, all'estremo, lassismo). Nell'inserirsi in questo dibattito il C. sembra pienamente convinto che i problemi teologici lasciati aperti dai deliberati del concilio di Trento debbano essere risolti con spirito di mediazione, evitando sì di accostarsi alle posizioni ritenute troppo vicine a quelle sostenute dalla Riforma protestante (ad esempio dai giansenisti), ma anche di allontanarsi troppo dalla dottrina tradizionale con il pericolo di offrire nuovo spazio alla predicazione luterana e calvinista. Questa preoccupazione, tipica del periodo della Controriforma, per la possibile avanzata protestante e la speranza per una riconquista cattolica sono già presenti nella prima pubblicazione del C., un discorso per la nascita del figlio di Giacomo II d'Inghilterra e Maria Beatrice di Modena (Genesim serenissimi Walliae principis eminentissimis cardinalibus Alterio Hiberniae protectori, et de Nortforch anglo ore propositam in aula Collegii de Propaganda Fide universo exponit F. M. Campionus..., Romae 1688).
Frattanto, parallelamente al maggior prestigio di cui progressivamente veniva godendo in seno alla sua Congregazione, che lo eleggerà più volte assistente generale, il C. conquistò un'ampia stima in molti ambienti ecclesiastici: fu chiamato a commentare la Summa theologica agli studenti dell'oratorio di S. Filippo Neri; la Curia lo scelse come qualificatore delle congregazioni dell'Indice e del S. Uffizio; infine, nel 1697 ebbe l'ambito incarico di esaminatore dei teologi del collegio di S. Bonaventura presso il convento romano dei SS. Apostoli. L'anno dopo pubblicò un'operetta, la Dissertatio theologico scholastica denecessitatealiqualis, saltem imperfecti amorisDei propter se dilectiad impetrandam gratiam in Sacramentismortuorum (Romae 1698), che gli assicurò immediatamente molti e vasti consensi tra i rigoristi.
Essa si inseriva nella polemica tra i fautori della necessità dell'amore perfetto verso Dio per riconquistare la grazia nel sacramento della penitenza (contrizionisti) e i sostenitori della tesi che a ciò fosse sufficiente l'amore servile, cioè il timore della pena eterna che: il peccato provoca (attrizionisti). Non risolta in modo definitivo dalle decisioni del concilio di Trento, la questione aveva provocato interventi sempre più aspri e intransigenti tra i due partiti, finché nel 1667 lo stesso pontefice Alessandro VII era stato costretto ad intervenire per placare la violenta controversia, invitando i contendenti a rispettare le opinioni avversarie in attesa di una decisione dogmatica della Chiesa; frattanto il papa riconosceva, comunque, che la maggioranza dei teologi si era schierata in favore della sentenza attrizionista. Nel suo breve saggio, pur non nascondendo la sua simpatia per la tesi opposta (tra i doni divini - egli dichiara - "velut inter ignes luna minores, praeest amor Dei"), il C. non può non tener conto e della dichiarazione papale e della realtà degli orientamenti contemporanei; perciò, sebbene non manchi di notare polemicamente come tutti i teologi positivi (quelli cioè che basano le loro teorie sulla lettura diretta dei testi ufficiali della dottrina della Chiesa, sia evangelici sia patristici sia papali) siano contrizionisti mentre i teologi scolastici (che si fondano prevalentemente su una elaborazione speculativa, che talvolta altera lo spirito della morale cristiana) propendano in gran parte verso l'attrizionismo, egli compie un notevole sforzo di mediazione tra i due gruppi. Basandosi sulla tradizione e sulla dottrina tomistica, il C. fissa due punti fondamentali: per la giustificazione nel sacramento penitenziale non è bastante il solo timore della pena o la sola speranza del perdono ma neppure è necessario l'amore perfetto di Dio. A questo punto la difficoltà consiste nel definire un "aliqualis amor Dei propter se dilecti, sed imperfictus" che divenga sufficiente se unito al sacramento della penitenza (Dissertatio, prefazione, pp.n.n.): lontano dalla rivalutazione intransigente del contrizionismo operata dagli agostiniani Christian Wolf e F. Farvaques, il C., evidentemente non ignaro dei tentativi operati dal Contenson e dal Bossuet (ma egli evita accuratamente ogni esplicito accenno ad autori implicati nella polemica), cerca di precisare il concetto di charitas initialis o di inchoata dilectio riducendolo correttamente a un "amore di benevolenza" distinto dall'amore di carità perché mancante del carattere di reciprocità da parte divina e identificandolo nel desiderio e amore della grazia divina, nel desiderio - perciò - di Dio amato come ultimo fine che sarebbe presente nella "vera" attrizione. La soluzione del C., benché tuttaltro, che esauriente nella sua formulazione, si colloca storicamente tra le più valide anticipazioni della teoria del Billuart intorno all'attrizione, che, pur dopo il trionfo delle tesi di s. Alfonso de' Liguori, è stata ripresa e sviluppata nel XX secolo dai domenicani J. Périnelle (L'attrition d'après le concile de Trente et d'après saint Thomas d'Aquin, Kain 1927) e H. Dondaine (L'attrition suffisante, Paris 1943). Allora l'opera del C. incontrò un ampio favore tra i rigoristi, tra i quali spiccano parecchi vescovi francesi, spagnoli e della Fiandra austriaca. Ancora alcuni decenni dopo Benedetto XIV la ricordava con sentimenti di adesione nel De Synodo dioecesana.
In quegli anni il C. fu coinvolto nel tentativo fatto da un gruppo di suoi confratelli di ottenere direttamente dalla S. Sede alcune modifiche alle costituzioni della Congregazione (cfr. Erra, pp. 69 s.): la pronta reazione del padre generale Lorenzo Parensi si concretò tra l'altro nella decisione di trasferire a Lucca il Campioni. Questi, però, non accettò la sanzione che veniva a pregiudicare il proseguimento della sua attività di studio e, il 4 luglio 1699, lasciò i chierici della Madre di Dio per entrare nell'Ordine della SS. Trinità del riscatto nel convento di S. Francesca Romana a Capolecase. Subito dopo ebbe la carica di esaminatore del clero romano e sarebbe stato scelto anche come confessore del conclave che elesse Clemente XI (1700), se il card. F. Paolucci non avesse insinuato l'inopportunità di affidare tale incarico ad un religioso che non aveva offerto un lodevole esempio di coerenza mutando istituto. Dopo l'elezione di un nuovo padre generale, nella persona di Giovanni Bernardini, il C. chiese la riammissione nella Congregazione della Madre di Dio, che gli fu concessa in deroga alle consuetudini il 1º febbr. 1704. Frattanto aveva composto due altri notevoli opere: l'Istruzione del clero per ogni esame da subire avanti dell'Ordinario (Roma 1702, dedicata a Clemente XI), che ebbe altre numerose edizioni e fu adoperata per quasi due secoli come uno dei più diffusi manuali del genere, e l'Instructio pro se praeparantibus ad audiendas confessiones divisa in duas partes... (Romae 1704).
In quest'ultima viene compiuta, sulla scorta dei precetti di s. Carlo Borromeo, un notevole aggiornamento della teologia morale tomistica (che rimane l'essenziale punto di riferimento del C.) secondo gli orientamenti controriformistici. Nettamente contraria al lassismo, l'opera si sforza ugualmente di collocarsi lontana da altre posizioni estreme, non trascurando le critiche ai giansenisti. Ampio spazio è dedicato ad un commento delle costituzioni emanate dai papi Alessandro VII, Innocenzo XI e Alessandro VIII contro gli errori in materia di morale e specialmente contro il quietismo del Molinos (esso, ampliato, e aggiornato, fu ripubblicato a parte col titolo Propositiones Beguardorum et Beguinarum ac Illuminatorum damnatae et aliae a Summis Pontificibus expunctae cum notis et observationibus... Accedit Constitutio SS. D. N. ClementisPP. XI adversus Iansenianam haeresim. Item monita S. Thomae Aquinatis super conversatione personarum spiritualium, Brixiae 1708).
Il moderato rigorismo del C. gli conciliò la stima e l'amicizia di molti ecclesiastici illustri orientati in tal senso, tra cui i cardinali de Tournon, Rovero e Vincenzo Maria Orsini, il futuro Benedetto XIII, che ancora arcivescovo di Benevento fece stampare per la sua diocesi un manuale (Moralia pro exercitiis spiritualibus..., Beneventi 1708) tratto in gran parte dagli Esercizj spirituali per gli ordinandi, ed altri ecclesiastici che vogliono ritirarsi..., pubblicati dal C. a Roma nel 1705. Negli ultimi anni egli fu anche legato al dotto generale dei domenicani Antonin Cloche, noto per il suo orientamento antigesuitico.
Nel 1713, per le precarie condizioni di salute, il C. fu consigliato dai medici di rientrare nella città natale, ma appena giunto vi morì il 6 settembre.
Delle molte opere da lui lasciate inedite, rimangono nell'archivio di S. Maria in Campitelli, la cui biblioteca il C. aveva notevolmente arricchito di libri rari, soltanto due dissertazioni De iure canonico e De iudiciis. Per l'elenco delle altre si rimanda al Sarteschi (pp. 222 s.), i cui brevi commenti ad alcuni titoli ci permettono di arricchire il ritratto del C. con ulteriori elementi: egli appare acerrimo difensore dei privilegi papali sia nei riguardi dell'autorità civile (Dissertatio theologica de iure Regaliarum; De Auctoritate romani pontificis in temporalia principum Tractatus singularis)sia nei confronti della Chiesa universale (Dissertatio theologico-dogmatica de singularitate perpetua Episcopi Romani ad novam opinionem, quod S. Paulus vere, et proprie fuerit Romanus Episcopus; Dissertatio de auctoritate romani pontificis super Concilia...).
Fonti e Bibl.: Bibl. Apost. Vat., Vat. fat. 9263: G. M. Mazzuchelli, Gli Scritt. d'Italia (notizie in gran parte attinte al Sarteschi), ff. 466-468; Vat. lat. 9264: Id., f. 155; F. Sarteschi, De scriptoribus Congregationis clericorum regularium Matris Dei..., Romae 1753, pp. 219-225; Novelle letterarie, Firenze, XVI (1755), col. 357; XXII (1761), col. 691; C. A. Erra, Memorie de' religiosi per pietà, e dottrina insigni della Congregazione della Madre di Dio..., II, Roma 1760, pp. 98-100; A. C. Jemolo, Il giansenismo in Italia prima della Rivoluzione, Bari 1928, p. 164; F. Ferraironi, Tre secoli di storia dell'Ordine della Madre di Dio..., Roma 1939, pp. 61, 120, 190; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae cathoticae..., IV, coll. 962 ss.