MEDICI, Francesco Maria
de’. – Nacque a Firenze il 12 nov. 1660 dal granduca Ferdinando II e da Vittoria Della Rovere, diciotto anni dopo il fratello maggiore Cosimo, destinato a succedere al padre. I festeggiamenti per la nascita del secondo erede maschio si protrassero fino al 15 novembre, quando il M. fu battezzato nella cappella privata di palazzo Pitti dal vescovo di Fiesole, Roberto Strozzi; padrino fu il cardinale Carlo, zio del granduca e decano del Sacro Collegio.
Quasi coetaneo dei nipoti, figli del fratello Cosimo, i principi Ferdinando, Anna Maria Luisa e Gian Gastone, il M. condivise con loro le balie, i governanti e i maestri della prima infanzia, come mostra fra l’altro il ritratto del M. bambino insieme con la governante Elena Gaetani Borromei, eseguito tra il 1663 e il 1664 dal pittore di corte J. Sustermans. Come era tradizione alla corte medicea, anche per il M. fu scelto come precettore un senese, Filippo Pannocchieschi conte d’Elci.
Destinato in quanto principe cadetto alla carriera ecclesiastica, già dal 1666 cominciò a cumulare pensioni e benefici ecclesiastici, tra cui la prepositura di Prato e quella di S. Maria in Castello (in quella diocesi), concessagli da Alessandro VII, il priorato dell’Ordine di S. Giovanni Gerosolimitano di Pisa, attribuitogli nel 1667 da Clemente IX, l’investitura di Castel Leone e della metà della Torre Mirabella insieme con l’abbazia nullius di S. Lorenzo in Campo nel Ducato di Urbino, un tempo appartenuta alla madre Vittoria Della Rovere, concessagli da Clemente X nel 1670 e confermatagli da Alessandro VIII. Tra le più cospicue rendite ecclesiastiche è da ricordare anche la pensione sopra l’arcivescovato di Monreale (22.000 scudi), ottenuta nel 1673, cui si aggiunse nel 1675 l’abbazia di S. Galgano, nei pressi di Siena, rinunziata dal cardinale Leopoldo de’ Medici il 18 dic. 1670 (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 5868). Con dispensa concessa da Clemente X, prese la prima tonsura il 23 nov. 1671 (Ibid., Miscellanea Medicea, 214, ins. 8).
Nel frattempo il M. ricevette un’educazione poliedrica, che incluse le scienze matematiche e fisiche, la storia, la geografia e le lettere, come aveva consigliato il matematico e futuro cardinale Michelangelo Ricci, scrivendo da Roma il 29 ag. 1676 a Vincenzio Viviani (Firenze, Biblioteca nazionale, Mss. Galileiani, 256, c. 97).
Giuseppe Del Papa, professore di logica nello Studio pisano, incaricato da Viviani di seguire il M. in occasione dei soggiorni della corte a Pisa, tra il 1676 e il 1678 descrisse con efficacia i progressi del giovane principe negli studi, ragguagliando quasi settimanalmente Viviani sulle lezioni di geometria euclidea che gli venivano impartite insieme con la spiegazione delle tre lettere di Galileo sulle macchie solari e sulle comete (ibid., cc. 82r-84r, 88, 89r, 108r, 113r, 116r, 136-137, 187r, 219r).
Gi ambasciatori lucchesi riferivano con ammirazione sulla vivacità, i costumi e i «tratti gentili» del M. e già nel 1684 Giovan Claudio Buonvisi ne preannunciava la promozione alla porpora cardinalizia. Dopo la morte dello zio, il cardinale Leopoldo, avvenuta nel 1675, il M. fu in effetti al centro di molte aspettative riguardo sia la carriera ecclesiastica sia la politica culturale, tradizione di casa Medici. Nello stesso tempo si diffondeva la sua fama di gaudente, amante della campagna, della caccia, dei divertimenti, che condivise con il nipote gran principe Ferdinando.
Risale al 1675 la protezione elargita dal M. all’Accademia degli Affinati, ospitata nel casino di S. Marco, pervenutogli in seguito alla morte dello zio Leopoldo. In questo sodalizio, finalizzato alla rappresentazione di drammi per musica, il M. ebbe una funzione non solo di patrocinio finanziario, ma anche artistico, provvedendo ad assicurare attori e cantanti adatti alle parti richieste dai componimenti.
Nel 1677 insieme con la madre e con Pannocchieschi d’Elci compì un viaggio a Siena in forma privata. Il governatorato di Siena, affidato dal 1629 ai cadetti della famiglia, vacava dal 1667, dopo la morte del principe Mattias, zio del M., fino a che il 10 marzo 1683 Cosimo III lo nominò governatore della città. In una lettera il granduca accenna alla perplessità che il M. avrebbe manifestato nell’accettare «tal governo con facultà di conoscere le cause criminali particolarmente quelle nelle quali può entrare la pena della vita o mutilazione dei membri» (Arch. di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, 218, ins. 3, c. 383).
Negli anni del governatorato di Siena il carteggio del M. si infittì e offre numerose testimonianze dei legami ufficiali e delle amicizie che qui coltivò fino alla morte. Al M. giungevano molte e svariate richieste di arbitrato da parte di cittadini senesi, che si sentivano vessati dai ministri locali in questioni patrimoniali, e denunce per casi di delitti più gravi commessi in zone difficili, come i presidi spagnoli di Orbetello e Talamone (Ibid., Mediceo del principato, 5766, cc. 45, 145-146; 5776, cc. 2, 90-98). A Siena il M. intervenne anche sui problemi endemici della Maremma, emettendo nell’ottobre 1694 il bando di un piano organico di bonifica e ripopolamento, per cui previde sgravi fiscali e la libera tratta dei grani (Ibid., Consulta, 12, 288). Anche se l’obiettivo non fu compiutamente realizzato a causa delle resistenze delle magistrature senesi e di difficoltà tecniche, si aprì una strada sulla via di riforme che saranno meglio prospettate dall’abate Sallustio Bandini nel 1737 con il suo Discorso sopra la Maremma senese (zio di Bandini era Francesco Piccolomini, amico e corrispondente assiduo del Medici). Altrettanto intensi furono i contatti del principe con le accademie e i collegi senesi, in particolare con il collegio Tolomei diretto dai gesuiti (Ibid., Mediceo del principato, 5834, c. 482r; 5776, cc. 1152r-1156r; 5778, cc. 184r-185r, 938r-940r).
Il 2 sett. 1686 Innocenzo XI creò il M. cardinale: la berretta gli fu consegnata a Firenze da monsignor Alessandro Sforza, cameriere del papa, e la cerimonia ufficiale fu celebrata il 24 settembre. Da questa data l’epistolario del M. assume proporzioni ancora più ampie, che lo rendono il carteggio più esteso dei principi cadetti della famiglia Medici.
Il viaggio a Roma fu accuratamente preparato: nel cerimoniale per la cavalcata della prima entrata, il M. volle uniformarsi a quello seguito dallo zio cardinale Leopoldo, che egli aveva assunto a modello della sua carriera, e per l’evento impartì fin dal dicembre 1686 minuziose istruzioni (ibid., 5820, cc. n.n.). Come era già avvenuto nella residenza medicea di Siena, altrettanto meticoloso e incisivo fu l’intervento del M. negli arredi e nei lavori di rifacimento di palazzo Madama a Roma. I lavori, seguiti da Angelo Doni e dal guardaroba Giacinto Maria Marmi, si protrassero più del previsto e ritardarono la cerimonia (ibid., 5766, cc. 469-472, lettera di Alessandro Capponi, 22 marzo 1687). Una delicata questione di cerimoniale si presentò subito al neoporporato circa l’opportunità o meno di fare visita alla regina Cristina di Svezia, per la quale il M. si rimise al parere del cardinale Flavio Chigi, che sconsigliò la visita (ibid., 5766, cc. 475-484).
In Curia il M. cumulò la carica di cardinale protettore delle Corone della casa d’Asburgo, sia di Madrid sia di Vienna, e la protezione degli Ordini dei serviti e dei vallombrosani. Dopo la morte del re di Spagna Carlo II (1700), divenne anche protettore della Corona francese. Ricoprì varie cariche: tra il 1688 e il 1708 fu nelle congregazioni del Concilio, di Propaganda Fide e in quella dei Riti; tra il 1694 e il 1708 in quella del S. Uffizio e dal 1701 al 1708 nella congregazione dell’Indice; tra il 1690 e il 1708 fu nella Segnatura di grazia e giustizia. Come era tradizione dei cardinali Medici, fu uno dei protagonisti nei conclavi che portarono alla elezione di Alessandro VIII (1689), Innocenzo XII (1691) e Clemente XI (1700), mentre incombevano le complesse vicende politiche internazionali causate dall’espansionismo francese e dalla guerra di successione spagnola. Il suo carteggio con il residente toscano in Spagna Coriolano Montemagni e con l’inviato imperiale Giovanni Ferdinando Francesco conte Auersperg fu intenso e incentrato sulla linea politica della S. Sede, desiderosa di conservare la quiete d’Italia e garantire la neutralità sabauda.
Anche in virtù del suo ruolo nelle strutture della censura ecclesiastica il M. ebbe modo di mantenere stretti contatti con il bibliotecario granducale Antonio Magliabechi. In una lista di libri che Magliabechi redasse nel 1695 per la biblioteca privata del M. nella villa medicea di Lappeggi, sua residenza prediletta, incluse anche testi proibiti, tra i quali Paracelso, P. Gassendi, R. Descartes, T. Hobbes, R. Boyle, N. Malebranche, F. Bacon e T. Campanella. Poco dopo, in una lunga e accorata lettera, Magliabechi impetrò il potente patrocinio del M. a nome di molti dotti ed eruditi, anche del mondo ecclesiastico, colpiti sfavorevolmente dalla proibizione che in Spagna era stata fatta degli Acta sanctorum editi dai padri bollandisti (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 5776, cc. 103-104).
La questione, insorta a causa della critica opposta dai padri bollandisti alle leggendarie origini dei carmelitani dal profeta Elia, fece molto scalpore e larga eco se ne trova nel carteggio del M., che subito si adoprò a difesa «d’una delle più belle fatiche che sia mai stata intrapresa de fasti sacri» (ibid., c. 106). L’episodio dimostra l’apertura intellettuale del M., interessato agli scambi di conoscenze, come provano anche i contatti presi con lo stampatore napoletano Antonio Bulifon, che dal 1692 al 1706 gli fornì numerosi libri per la sua biblioteca. Non trascurabile fu l’interesse del M. per la poesia: protesse Vincenzo Filicaia e scrittori satirici come Ludovico Adimari e Salvator Rosa. Ebbe relazioni epistolari con Lorenzo Magalotti, Ludovico Antonio Muratori, Giovan Mario Crescimbeni, Apostolo Zeno e numerosi altri eruditi.
Affari internazionali, affettuosità domestiche e interessi culturali occupano il carteggio del M. con i suoi nipoti Ferdinando e con sua moglie Violante di Baviera, con Gian Gastone e in particolare con Anna Maria Luisa, divenuta nel 1691 sposa dell’elettore palatino Guglielmo. Gli «strapazzi» e le golosità dello zio, divenuto con il tempo sempre più pingue, suscitavano in Anna Maria tenere raccomandazioni e anche severi richiami. Con la nipote il M. condivise la passione per il collezionismo, in particolare delle porcellane cinesi e giapponesi.
Costante fu la sua azione di mecenatismo artistico, riservato soprattutto alla residenza della villa di Lappeggi decorata di pitture, molte delle quali improntate al gusto orientaleggiante dell’epoca, e ristrutturata dal 1698 a opera dell’architetto Antonio Ferri. Alla morte della madre il M. acquisì diversi dipinti di Tiziano, Bartolomeo Ligozzi, Pietro Dandini e altri. Suo protetto fu il pittore Pandolfo Reschi, specializzato in paesaggi e battaglie, e arruolato anche come aiutante di camera. Tra gli ospiti abituali di Lappeggi era il poeta Giovanni Battista Fagiuoli, che cantò le lodi di questa lussuosa dimora. Oltre che a Firenze, il M. esercitò il suo patrocinio su vari sodalizi teatrali a Pescia, Pistoia, Livorno, Pisa, Siena. In qualità di committente dello scultore Antonio Francesco Andreozzi, nel 1703 partecipò ai lavori della basilica romana di S. Giovanni in Laterano promossi da Clemente XI.
Tra i pochi viaggi fuori del Granducato, nel 1699 fu a Modena per le nozze di Amalia Guglielmina di Brunswick-Lüneburg con il re dei Romani Giuseppe d’Asburgo e nel 1702 a Napoli per incontrare Filippo V di Borbone.
La crisi dinastica medicea, dovuta ai matrimoni sterili di Ferdinando e Gian Gastone, indusse Cosimo III a convincere il M. a lasciare la porpora per contrarre matrimonio. Ottenuta la dispensa papale nel giugno 1709, il M. ebbe pure il privilegio di conservare molte delle ricche pensioni che aveva in Toscana e nei domini spagnoli. La scelta matrimoniale cadde sulla principessa Eleonora, figlia del duca Vincenzo Gonzaga di Guastalla. Il matrimonio tra il M., di ventisei anni più anziano della sposa, obeso e malato, e la giovane e riluttante Gonzaga fu preceduto da assicurazioni e pareri medici circa le capacità riproduttive della Gonzaga, che apparve subito maldisposta ad affrontare questo matrimonio. Deposta la porpora il 20 giugno, le nozze furono celebrate il giorno 29 per procura, ma la Gonzaga ritardò la sua partenza adducendo il pretesto di un attacco febbrile, come scrisse da Guastalla Alessandro Capponi (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 5858, cc. 323-324). Il sospirato «cuginino», la cui nascita era tanto attesa dalla famiglia, e in particolare da Anna Maria Luisa, non ci fu. Le fonti riportano varie testimonianze sulla cattiva salute e lo scarso interesse che il M. aveva per la vita matrimoniale e sul sentimento di repulsione che Eleonora aveva per lui.
Il M. morì a Firenze il 3 febbr. 1711. Le esequie furono celebrate nella basilica di S. Lorenzo, dove fu sepolto. Per testamento lasciò i suoi beni, inclusa la dimora di Lappeggi e il casino di Lilliano, al nipote Gian Gastone e alla Congregazione dei poveri di S. Giovanni Battista con usufrutto alla moglie Eleonora e al fratello Cosimo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 1974-1997, 3834, 3896, 4008-4010, 5576-5873; Miscellanea Medicea, 2, ins. 12; 9, inss. 16, 18, 24, 30, 78; 12, ins. 13; 14, ins. 46; 202, inss. 1-6; 208, ins. 5; 209, ins. 28; 214, inss. 1-15; 215, inss. 1-2; 217, ins. 3; 218, cc. 4-305; 225, ins. 1; 244, cc. 1-324; 259, ins. 23; 265, inss. 13-15; 282, ins. 27; 295, ins. 18; 313, inss. 12, 26, 30, 34 s.; 315, ins. 1; 321, inss. 8, 11 s.; 322, ins. 48; 325, inss. 4, 62 s.; 331, inss. 13, 19; 332, ins. 1; 334, inss. 3, 6, 9; 335, ins. 3; 339, inss. 2, 8; 340, inss. 12, 14; 341, ins. 6; 342, ins. 11; 344, ins. 2; 359, inss. 14, 16 s., 19; 360, ins. 16; 366, c. 134; 368, c. 782; 369, cc. 211-212, 214, 224, 369, 493, 495; 374, inss. 1-2; 375, ins. 9; 376, inss. 7, 26, 31; 380; 381, inss. 1-2; 382, inss. 1-4; 383, inss. 1-4; 386, ins. 9; 388, ins. 1; 411, cc. 413-434; 464, ins. 22; 475, ins. 17; 515, ins. 26; 587, inss. 4, 9; 594, ins. 19; 609, cc. 254-255; 613, cc. 57, 59, 61; 614, ins. 3; 615, cc. 1, 170; 619, inss. 22-23; 629, inss. 1, 3; Consulta, 12, 288; Congregazione di Carità di S. Giovanni Battista, Serie IV, 432, 435, 447, 653, 655; Firenze, Biblioteca Nazionale, Mss. Galileiani, 160, c. 138r; 165, c. 239; 166, c. 159; 233, c. 27r; 234, cc. 256r-259r; 237, cc. 102r, 255r; 309, cc. 427-428, 500-501, 520-521, 549-550; 256, cc. 82-84, 108r, 116r, 136-137, 187, 219; 314, cc. 72r (copialettere di Lorenzo Magalotti, lettere indirizzate al M. tra il 1684 e il 1690); Ibid., Biblioteca Marucelliana, Mss., C.27: Libro di ricordi (1700-22), cc. 23r-24r; Ibid., Biblioteca Riccardiana, Mss., 3457: G.B. Fagiuoli, Memorie e ricordi (1707-09), c. 13v; Carteggi vari, s.v. (6 lettere del M. a Francesco Pitti, Nicola Mattei, Ferdinando Ximenes, Francesco Ambrogi); Pistoia, Arch. Montemagni, filza del carteggio tra Coriolano Montemagni e il M.; G.F. Bartolucci, Vaticana purpura…, Florentiae 1687; M. Reitani Spatafora, Per la solennissima entrata in Roma del principe F.M. di Toscana cardinal de’ M. a ricevere il cappello cardinalizio, Roma 1687; Lettera famigliare scritta da Gio. Andrea Lorenzani romano al sig. Diacinto Maria Marmi… dove lo ragguaglia dell’apparato dell’eminentissimo signore principe cardinale F.M. de’ M., Roma 1687; Il giglio d’Etruria nel Lazio, poesia per musica a cinque voci da cantarsi alla presenza del ser.mo principe l’eminentissimo sig. cardinale F.M. M., Roma 1687; Giornale de’ letterati d’Italia, 1712, t. IX, pp. 466 s.; t. XII, pp. 434 s.; G. Bianchini, Dei granduchi di Toscana della Reale Casa de’ Medici protettori delle lettere e delle belle arti, Venezia 1741, p. 130; I.R. Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della casa Medici, IV, Firenze 1785, passim; D. Moreni, Pompe funebri celebrate nella basilica di S. Lorenzo, Firenze 1827, pp. 279-282; Vita del principe F.M., già cardinale di S. Chiesa, Firenze 1887, pp. 25-43; L. Grottanelli, Gli ultimi principi della casa de’ Medici e la fine del Granducato di Toscana, Pistoia 1897, passim; E. 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M.P. Paoli