FERRERO (Ferreri), Francesco Maria
Nacque forse a Torino nel 1655 da Giovanni conte di Lavriano, che ricoprì la carica di contadore generale, e da Anna Maria Re.
Nel 1702 l'abate F. pubblicò a Torino l'operetta Augustae regiaeque. Sabaudae domus. Arbor gentilitia regiae celsitudini Victori Amedeo II. Nominato economo regio per le quattro province di Alessandria, Lomellina, Valle di Sesia e Valenza, con patenti del 3 giugno 1707, il F. fu il primo a rivestire il nuovo ufficio, appena istituito da Vittorio Amedeo II per la tutela dei privilegi vacanti.
Pochi giorni dopo, l'8 giugno, il duca diede incarico al cardinale V. Grimani di proporre istanza a papa Clemente XI perché concedesse a favore del F. anche la provvisione apostolica. Il Grimani però tardò alcuni mesi e nel frattempo il F. si trovò già a esercitare le funzioni inerenti alla sua carica. Inevitabilmente questa situazione suscitò dissapori con l'ambiente ecclesiastico e in particolare fece nascere aperti contrasti con il vescovo di Novara.
Il papa da parte sua, ricevuta nell'ottobre l'istanza, rese noto che la concessione del breve avrebbe potuto avvenire soltanto in presenza della revoca da parte del F. di tutti gli atti compiuti fino a quel momento. La contesa era destinata a vivacizzarsi: tale condizione non poteva essere accettata dal duca sabaudo, che insisteva nella pretesa del riconoscimento di una funzione meramente laicale, completamente indipendente dal potere che avrebbe potuto provenire dall'attribuzione della provvisione apostolica. Si avviò in questo modo una vicenda destinata a protrarsi per diversi anni, attraverso il susseguirsi di richieste per la concessione del breve da parte del F., palesemente orientato a recedere il meno possibile dalle sue posizioni, e di corrispondenti rifiuti provenienti dalla corte di Roma, altrettanto irremovibile. In uno dei memoriali presentati al papa il F. giunse alla dichiarazione di revoca degli atti compiuti, ma tale revoca era espressamente limitata agli atti che, eventualmente e in tutta buona fede, avessero potuto eccedere le facoltà dell'economo regio. La supplica, nella sua nuova versione, venne così ripresentata a Roma il 12 genn. 1712, ma non riuscì a sortire gli effetti sperati. Il papa infatti si dichiarò ancora insoddisfatto per ragioni formali e perché pretendeva la restituzione dei frutti fino a quel momento assunti nell'esercizio della funzione. L'accordo comunque non era più molto lontano e, dietro la presentazione da parte del F. di un nuovo memoriale, il 12 settembre di quello stesso anno giunse il breve apostolico, finalmente concesso da Clemente XI, cui seguì nel novembre anche l'atto di assoluzione.
Dell'istituto dell'economato il F. compilò negli anni seguenti una storia, piuttosto particolareggiata, che lasciò manoscritta in due volumi, rispettivamente intitolati: Memorie concernenti l'Economato regio, ricavate dagli Archivi del Senato e dai registri della Cancelleria dell'Economato di Milano e Istoria dell'Economato regio o sia Relazione distinta di tutti i successi seguiti pendente l'amministrazione di quest'officio dal 1707 al 1718 inclusivamente, (ora in Biblioteca reale di Torino, Manoscritti, Misc. Storia patria,165, 166).
Nel frattempo il F. aveva portato a termine la Storia di Torino di E. Tesauro, redigendone e pubblicandone nel 1711 la seconda parte (Istoria dell'augusta città di Torino, Torino 1712), offerta al duca dai sindaci della città nell'anno successivo, dopo l'assedio di Torino col quale i Savoia si guadagnarono la corona reale, che giunse nel 1713 col trattato di Utrecht.
Il 16 giugno del 1717 il F. succedette all'abate E. A. Duchi nella prevostura di Moncenisio, divenendo commendatario di S. Maria; prese possesso della prevostura il 14 agosto successivo e vi rinunziò il 5 ott. 1727. Il 16 genn. 1728 fu nominato titolare dell'abbazia di S. Stefano. Nel 1718 era stato chiamato insieme con l'abate T. A. De Rossi a dirimere una contesa sorta tra la Comunità e il Consortile nobiliare del feudo di Passerano per il controllo dello svolgimento delle funzioni religiose.
In quegli stessi anni il F. raccolse molti documenti relativi alla casa di Savoia, da diplomi cesarei a concessioni pontificie, a matrimoni, a trattati e convenzioni, e ne formò alcune collezioni, che rimasero manoscritte così come avvenne per le descrizioni dei benefici ecclesiastici sempre da lui preparate (Biblioteca reale di Torino, Manoscritti, Misc. Storia patria,163, 164, 167, 315, 316).
Nel 1720 il F. venne chiamato a far parte dei riformatori dell'università. Nelle patenti di nomina, datate 15 nov. 1720, Vittorio Amedeo II esprimeva nei confronti del F. una marcata soddisfazione per l'abilità e la prudenza già dimostrata nella gestione degli affari, con particolare riferimento all'esercizio dell'economato.
In una nota veniva precisato come ai riformatori fosse affidato l'incarico di nominare, per la formazione di tre nuovi collegi, dodici teologi, dodici giuristi e altrettanti medici che avrebbero potuto essere scelti, in base a considerazioni di merito, tanto all'interno che all'estemo dei collegi già esistenti. Compito dei riformatori era anche quello di curare il ripartimento delle varie materie e di vedere quali fossero gli argomenti da evitare in campo teologico e dogmatico. Una lettera del F. indirizzata al segretario di Stato G. L. Raiberti, datata 21 luglio 1721 (... Università, fasc. n. 20), annunciava la prossima presentazione degli statuti dell'università, allegando anche un breve progetto del Conseglio della riforma de' studi concernente il controllo dei testi destinati alla stampa e la relativa loro approvazione.
Nel 1722 il F. pubblicò a Colonia Glielementi della lingua toscana. Nel dicembre del 1728, nel quadro di un completo rinnovo dell'amministrazione universitaria, fu esonerato dall'incarico di riformatore, al pari di altri suoi colleghi.
Morì a Torino tra il 20 e il 28 febbr. 1730.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Arch. di corte, Materie ecclesiastiche, Abbazie, S. Stefano di Ivrea, mazzo 14, 16 genn. e 27 sett. 1728; ibid., Montecenisio, S. Maria, mazzo 6, nn. 34-38; Ibid., Istruzione pubblica, Università, mazzo 2, nn. 20, 26; Ibid., Lettere particolari, M, mazzo 37; Ibid., Arch. camerale, Patenti controllo Finanze, registro 1695 in 1696, f. 216 v; registro 1706 in 1707, f. 199; registro 1720, II, f. 32; Ibid., InsinuazioniTorino, 1712, l. V, c. 2157; 1721, l. VIII, c. 177; 1722, l. III, c. 729; l. IV, c. 289; 1724, l. IV, c. 663; 1727, l. I, c. 595; 1728, l. III, c. 73; l. IV, c. 873; 1729, l. XI, c. 291; 1730, l. II, c. 297v; l. III, c. 184v; l. IV, c. 73; Torino, Bibl. reale, Misc. Storia patria, 370: P. Mellarede al re, 6 genn. 1714; Passerano Marmorito, Archivio del Castello di Passerano, vol. 68, mazzo 1; vol. 69, mazzo 1, n. 37; Torino, Bibl. naz., A. Manno, Il patriziato subalpino, X (datt.), p. 298; T. Vallauri, Storia delle università degli studi del Piemonte, Torino 1845, II, pp. 13, 54; L. Cibrario, Origine e progressi delle istituzioni della monarchia di Savoia, Firenze 1869, I, pp. 367 s.; II, p. 360; G. Claretta, Sui principali storici piemontesi e particolarmente sugli storiografi della R. Casa di Savoia,Torino 1878, pp. 213, 307; D. Carutti, Vittorio Amedeo II, Torino 1897, p. 237; F. Venturi, Saggi sull'Europa illuminista, I, Alberto Radicati di Passerano,Torino 1954, pp. 31 ss., 37, 44; G. Quazza, Le riforme in Piemonte nella prima metà del Settecento,Modena 1957, I, pp. 29, 138; II, pp. 363 s., 394, 402, 423; F. Cognasso, Storia di Torino, Firenze 1978, p. 311.