FERRI, Francesco Maria
Nacque a Padova il 9 giugno 1781, dal conte Giovanni Giuseppe e dalla contessa Leopoldina di Starhemberg.
La famiglia, di origine vicentina, si era arricchita col commercio di metalli preziosi e nel XVIII secolo era stimata tra le più ricche di Padova; non era, peraltro, almeno da parte di padre, di antica nobiltà: solo nel 1690, dietro il pagamento di 5.000 ducati, essa aveva ottenuto l'accesso al nobile Consiglio di Padova e da qui alla nobiltà (F. Schröder, I, p. 321); successivamente, con diploma del 4 maggio 1709 dato dal re di Danimarca Federico IV, Pellegrino Ferri aveva conseguito il titolo di conte per sé e tutti i legittimi discendenti (Arch. di Stato di Milano, Araldica, p. m., b. 113). Comunque, a conferma dell'indiscutibile peso sociale della famiglia, nel 1804 il F. fu ammesso cavaliere nell'Ordine di Malta.Il F. compì studi letterari e coltivò amicizie in ambiente letterario, tra cui quella di N. Tommaseo, che in occasione della sua morte scrisse un'ode.
Egli si mise in luce quando, a seguito della vittoria napoleonica di Austerlitz e poi della pace di Presburgo, si decise l'annessione dei territori ex veneti al Regno d'Italia: nel 1805, infatti, il F. entrò a far parte dell'appena costituito governo provvisorio del dipartimento del Brenta.
Il F. fu impegnato sino dai primi momenti a favore del sistema napoleonico, sebbene da più parti venga ricordato come imbevuto di principi legittimisti. In particolare il Coraccini (pseudonimo di G. Valeriani), descrivendo la sua carriera amministrativa, non esitò a dichiarare che "questo funzionario mostrò a chiare prove come si riesca nell'amministrazione quando i propri principi cozzano colle massime del governo, cui si deve servire". D'altra parte, prima di accogliere questo drastico giudizio, non va sottovalutato come il padre del F. si fosse segnalato, negli anni Novanta del '700, per l'attenzione con la quale guardava alle novità politiche, cosicché si può pensare che in casa non si respirasse un'aria preconcettualmente avversa a tutto ciò che sapesse di francese.
Indipendentemente dalle propensioni politiche, va in ogni caso segnalato l'impegno col quale, appena fu attivato nei territori ex veneti il sistema amministrativo italico, il F. tentasse di ottenere qualche carica. In quella circostanza la propensione con la quale il viceré Eugenio di Beauharnais guardava alle famiglie nobili dei nuovi territori per trovare funzionari di prestigio da immettere agli alti livelli dell'apparato e le difficoltà che incontrava a ottenere da costoro l'assenso a intraprendere una tale carriera fecero sì che la disponibilità del F. trovasse pronto ascolto a Milano. La giovane età gli precluse però un accesso diretto a una prefettura, per cui dovette accontentarsi della carica di vice-prefetto a Este, nello stesso dipartimento padovano del Brenta, cui fu nominato con decreto del 24 apr. 1807.
Il F. appartenne all'ultima generazione di funzionari dello Stato italico, troppo giovani per essere stati coinvolti personalmente nelle turbinose vicende del 1796-97, e dunque portati a cercare la strategia vincente per la propria carriera al di fuori di qualsiasi trascorsa afferenza politica. Egli usò in particolare la tecnica di mettersi in luce come "funzionario modello", pieno d'attività e di grande efficienza. Numerose furono le iniziative che intraprese al di là dei compiti statutari: negli anni 1807-1808, immedesimandosi negli obblighi previsti per i prefetti, compì l'annuale visita di controllo nel suo distretto di viceprefettura (richiesta in tal senso dell'agosto 1808 al prefetto del Brenta, in Arch. di Stato di Padova, Prefettura del dipartimento del Brenta, 4); poi, avendo preparato nel 1810 una guida pratica per il disbrigo degli oggetti di pubblica amministrazione a uso delle Municipalità del distretto di Este, pensò bene di farla stampare e di distribuirla, su richiesta, a tutte le prefetture del Regno (cfr. la proposta di invio del 20 giugno 1810 al prefetto del Musone, in Arch. di Stato di Macerata, Prefettura del Musone, 128). Naturalmente il tutto era finalizzato alla prospettiva di una promozione: fin dal 1808 egli garantiva al viceré Eugenio di essere riuscito a portare il proprio distretto allo stesso livello organizzativo di quelli che già avevano fatto parte della Repubblica italiana, dunque da molto più tempo adattati al sistema amministrativo francese; pertanto, avendo la sensazione di non avere più nulla da fare, chiedeva di essere trasferito in un luogo ove potesse operare con maggiore assiduità (lettera del 4 agosto, in Arch. di Stato di Milano, Uffici regi, p.m., 524). In modo più esplicito, a partire dal 1809, prese a inoltrare al ministero dell'Interno richieste di promozione alla carica di prefetto, accompagnandole con raccomandazioni fornitegli da personalità di prestigio, quali il consigliere di Stato G. Scopoli o il prefetto, già suo diretto superiore a Padova, B. Zecchini.
Dopo avere ottenuta una indiretta promozione col passaggio del distretto di Este, nel 1809, dalla seconda alla prima classe, finalmente il F. conseguì, il 14 dic. 1811, la sospirata promozione a prefetto. Benché la sede assegnatagli fosse una delle meno prestigiose, la prefettura del Piave a Belluno (ove assunse le relative funzioni solo il 26 genn. 1812, in quanto proprio nei giorni della nomina la moglie, Giulia Facchini, sposata il 12 ag. 1810, era prossima al parto), egli risultava comunque, a soli trenta anni, uno dei più giovani funzionari ad accedere all'ambita carica.
Il giudizio che i superiori diedero dell'attività amministrativa del F. fu nel complesso sempre positivo, per quanto si tendesse a contrapporre all'onestà e all'impegno dell'uomo una certa qual debolezza nell'affrontare le situazioni più difficili. In effetti, nelle situazioni di pericolo, quale quella del 1809 quando in particolare i dipartimenti ex veneti si trovarono esposti all'azione incrociata dell'esercito austriaco e delle bande di insorti (soprattutto tirolesi), il F. fu dei primi a lasciare il suo posto a Este, il 23 aprile, per raggiungere il quartier generale del viceré Eugenio a Verona; e se è vero che anche in quella circostanza seppe rendersi utile, in particolare nell'organizzare l'approvvigionamento della piazzaforte di Legnago, è altrettanto vero che la sua precipitosa ritirata fu nel complesso censurata. Anche più avanti, nelle convulse vicende del 1813 che prelusero alla caduta del Regno d'Italia, il F. fu tra i primi a lasciare la capitale del dipartimento, per riparare nella più sicura Feltre, ove erano di stanza reparti dell'armata italica: dovette intervenire il ministro dell'Interno per convincerlo a rientrare, l'11 ottobre, a Belluno (lettera del 16 ott. 1813, in Arch. di Stato di Milano, Ufficiregi, p.m., 524), da dove si ritirò però di lì a un mese, obbedendo, in questo caso, a disposizioni date da Milano.
Come accadde per tutti i funzionari che avevano abbandonato il posto all'approssimarsi dell'esercito austriaco, il F. non ebbe la conferma provvisoria in carica e, seguendo poi la sorte della maggioranza di costoro, non ottenne neppure di riprendere più avanti la carriera interrotta.
Con la Restaurazione si ritirò dunque a Padova, dedicandosi all'amministrazione delle proprietà e alla famiglia. Ricoprì peraltro ancora la carica - in realtà molto più di prestigio che di concreto impegno - di deputato nobile presso la Congregazione provinciale in Padova, ove lo ritroviamo ancora nel 1822. Dovette quindi abbandonare ogni attività perché colpito da malattia che lo portò a morte il 10 sett. 1823 a Padova.
Nel periodo napoleonico il F. era stato anche ascritto al Collegio elettorale dei possidenti. Oltre al volumetto sopra ricordato, pubblicato con il titolo Alcune norme per il retto disimpegnodegli affari dicompetenza municipale (Este 1810), diede alle stampe due componimenti poetici: Alla sensibile gioventù. Idillio, ibid. 1811, e Idillio per le nozzeFerri-Patella, ibid. 1811.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Uffici regi, p.m., 5 e 524; Araldica, p.m.,113; Per la morte di F. de' conti F.,Padova 1823;F. Coraccini [G. Valeriani], Storia dell'amministrazione del Regno d'Italia, Lugano 1823, p. LXXXV; G. Vedova, Biografia degli scrittori padovani, I,Padova 1832, p. 401; T.Casini, Di alcuni cooperatori italiani di Napoleone I, in Ritratti e studi moderni, Milano-Roma-Napoli 1914, p. 454; L. Antonielli, I prefetti dell'Italia napoleonica, Bologna 1993, ad Ind.; F. Schröder, Repertorio genealogico delle famiglie confermate nobili... nelle provincie venete, I,Venezia 1830, p. 321.