VITO, Francesco Maria Gerardo
– Nacque a Pignataro Maggiore (Caserta) il 21 ottobre 1902, da Federico e da Rosa de Vita.
In pochi anni conseguì tre lauree presso l’Università di Napoli: nel 1925 in giurisprudenza, nel 1926 in scienze politiche e sociali e nel 1928 in filosofia. Nel 1927, consigliato dalla dirigenza dell’Azione cattolica napoletana a seguito dell’attentato alla sede di Pignataro, di cui era presidente, si iscrisse al Partito nazionale fascista (Parisi, 2012). Monsignor Pietro Del Prete, animatore del movimento cattolico campano, lo segnalò a padre Agostino Gemelli e nel 1929 Vito ottenne la borsa di studio Lorenzo Ellero per il perfezionamento degli studi economici presso l’Istituto di scienze economiche dell’Università cattolica di Milano, allora diretto da Angelo Mauri. Nello stesso periodo, grazie anche a una borsa della Humbold Stiftung, trascorse periodi di studio a Berlino e a Monaco. Nel 1932 si recò, con un finanziamento della Rockefeller foundation, presso la London School of economics, dove ebbe l’opportunità di frequentare, tra gli altri, Friedrich von Hayek e Lionel Robbins. Nel 1933, sempre con un finanziamento della Rockefeller foundation, si trasferì negli Stati Uniti, dove trascorse periodi di studio presso prestigiose università (Columbia, Yale, Princeton, Harvard) incontrando, tra gli altri, noti studiosi come Wesley C. Mitchell e Irving Fisher. Negli stessi anni della formazione iniziò una rapida carriera accademica: nel periodo 1931-33 fu assistente volontario nell’Istituto di scienze economiche della Cattolica, nel 1932 ottenne la libera docenza in economia politica, nel 1935 vinse il concorso alla cattedra per la stessa disciplina e venne chiamato all’Università cattolica di Milano, dove rimase fino alla morte.
Negli anni del fascismo sviluppò tre correlate linee di ricerca avviate nei lunghi e fruttuosi soggiorni all’estero.
La prima riguardava il tema dei rapporti tra etica ed economia e, più in generale, la natura epistemologica della scienza economica. Per Vito, l’economia rimaneva la scienza dei mezzi che idealmente poteva assumere come oggetto di indagine qualsiasi sistema di fini: da quello individualistico di una società liberale a quello collettivistico di una società comunista. In questo senso, l’economia era, a un tempo, autonoma dall’etica (nello studio dei mezzi) e subordinata all’etica (nell’adozione dei fini). Vito adottò esplicitamente l’antropologia della dottrina sociale della Chiesa che considerava il bene di ogni individuo in relazione a quello degli altri – dalla famiglia alla società internazionale – e interpretò l’economia corporativa come un modello, teorico e fattuale, di economia orientata al bene comune che assumeva, quali fini sociali, la tutela della comunità nazionale, il primato del lavoro sul capitale e l’equa distribuzione della ricchezza.
La seconda linea di ricerca riguardò la natura e il destino dell’economia di mercato, intorno a cui si svolse la riflessione dei grandi economisti del tempo. Per Vito, i mercati erano diventati irreversibilmente imperfetti e instabili e la politica economica tradizionale (fondata su antitrust e moneta neutrale) non era più adeguata per governare la nuova economia. Nel 1930 pubblicò la sua prima monografia I sindacati industriali: consorzii e gruppi, seguita da una serie di articoli, alcuni dei quali apparsi anche su riviste internazionali.
Distinse tra «consorzi» (o cartelli) e «gruppi», ovvero tra intese che, limitando la produzione o mantenendo artificialmente elevati i prezzi, danneggiavano i consumatori, e intese che, migliorando l’organizzazione produttiva, favorivano una riduzione dei costi a vantaggio dei consumatori. La legislazione antitrust avrebbe dovuto vietare gli abusi ma non l’esistenza delle coalizioni d’impresa. Il dibattito sull’instabilità del capitalismo vedeva allora contrapposti van Hayek e John Maynard Keynes. Vito elaborò una teoria del ciclo da sovrainvestimento, in linea con quella di Hayek, ma ritenne, come Keynes, che la politica monetaria non fosse sufficiente per assicurare l’equilibrio macroeconomico. Si confrontò direttamente con Wilhelm Röpke, esponente dell’ordoliberalismo tedesco, ed espose la sua teoria in numerosi saggi.
La terza linea di ricerca esplorò temi di politica economica. Vito elaborò un modello di economia regolata che definì corporativa, ma che divergeva sostanzialmente da quella ideata, e in parte realizzata, dal regime fascista.
Quella prospettata da Vito era un’economia orientata al fine della giustizia sociale che prevedeva una serie di azioni pubbliche compatibili con l’ordine del mercato: dal controllo delle coalizioni d’impresa (e non la statizzazione) alla cooperazione tra economie nazionali (e non l’autarchia).
Nel dopoguerra divenne il riconosciuto maestro di una scuola di economisti della Cattolica, che contribuì a formare le classi dirigenti dell’Italia repubblicana. Fu membro del comitato permanente dell’Istituto Toniolo, prorettore della Cattolica dal 1943 al 1945 e direttore della Rivista internazionale di scienze sociali dal 1945. Fu presidente dell’Associazione italiana di scienze politiche, consigliere della Società degli economisti dal 1951 al 1954, presidente del Comitato delle scienze sociali della commissione italiana dell’UNESCO, membro dell’Accademia nazionale dei Lincei e di altri organismi nazionali e internazionali. In ambito ecclesiale fu vicepresidente del comitato permanente delle Settimane sociali dei cattolici d’Italia, unico laico consultore della Pontificia commissione dei seminari e delle università degli studi per la preparazione del Concilio Vaticano II e tra gli uditores laici del Concilio stesso. La sua riflessione si svolse in continuità con il passato, senza abiure o conversioni, come documentano anche i volumi del manuale di economia politica pubblicati in prima edizione nel periodo fascista. Nel 1945 pubblicò la seconda edizione riveduta del testo che simboleggiava la sua riflessione: L’economia a servizio dell’uomo (Milano, ristampa della sesta edizione nel 1968). Negli anni di fondazione della Repubblica partecipò ai più importanti convegni di studi economici, in cui venne dibattuta la politica economica della ricostruzione, fu ascoltato dalla Commissione economica dell’Assemblea Costituente e, dal 1946 al 1966, fu tra i relatori principali delle Settimane sociali dei cattolici d’Italia. Aggiornò il suo schema di economia regolata cercando di andare oltre sia il neoliberalismo tedesco e austriaco sia il ‘nuovo liberalismo’ keynesiano e delineò un modello di economia orientata da istituzioni nazionali e sovranazionali verso il bene comune di persone e popoli. Il testo che forse meglio sintetizza il suo pensiero in tema di rapporti tra nazioni, Europa e ordine internazionale è la relazione presentata nel 1948 alla XXII Settimana sociale dei cattolici d’Italia, intitolata La comunità economica internazionale, poi confluita nel volume Economia e personalismo. A partire dal 1952 la riflessione di Vito si focalizzò sui due grandi e correlati problemi che affliggevano l’economia italiana: la disoccupazione e il divario Nord-Sud. Dal 1953 fu consigliere, l’anno successivo vicepresidente e, dal 1966, presidente del Credito italiano. Nel 1959 fu tra i primi componenti del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) in rappresentanza del Comitato del credito e del risparmio e fu presidente del comitato scientifico del Comitato nazionale della produttività presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Intervenne in importanti convegni della Confindustria, svolse la relazione generale in un importante convegno sulla disoccupazione organizzato dalle Associazioni cristiane lavoratori italiani (ACLI) nel 1952 e, dal 1954 al 1967, fu il relatore principale in sette convegni di economia e politica del lavoro promossi dalla Confederazione italiana sindacati lavoratori (CISL). Insomma, oltre a essere un accademico impegnato in attività universitarie, fu anche un interlocutore privilegiato delle istituzioni pubbliche e delle parti sociali.
Vito interpretò il duplice, correlato, problema dell’economia italiana alla luce dello squilibrio tra risorse e popolazione.
La scarsità di capitale rispetto all’abbondante forza lavoro spiegava sia l’alta disoccupazione, di natura strutturale e non keynesiana, sia il parziale sviluppo del Mezzogiorno. Delineò una organica politica economica finalizzata a rafforzare la capacità produttiva del Sud d’Italia con la realizzazione di investimenti, finanziati col concorso di istituzioni europee, resi compatibili con l’obiettivo della stabilità monetaria attraverso una politica dei redditi da concordare con le parti sociali.
Vito appartenne al sodalizio dei missionari della regalità di Cristo (Bocci, 2011, p. 341). Fu rettore della Cattolica, primo successore di padre Agostino Gemelli, dal 1959 al 1965, anni durante i quali riuscì a portare a termine l’istituzione della facoltà di medicina a Roma.
Morì il 6 aprile del 1968, nel corso di una riunione del consiglio di amministrazione dell’Università Cattolica.
Opere. I principali scritti di Vito sono stati raccolti nelle seguenti antologie: Gli aspetti etico-sociali dello sviluppo economico. Contributi alle Settimane sociali dei cattolici d’Italia, Milano 1988; G. Gualerni, Mercati imperfetti. Il contributo di F. V. al dibattito degli anni Trenta, Milano 1988. Altri significativi scritti sono stati tradotti in inglese e raccolti, a cura di S. Nerozzi e D. Parisi, in due Special issues della Rivista internazionale di scienze sociali, luglio-dicembre 2011 e luglio-dicembre 2013. Un’efficace sintesi del pensiero economico di Vito è contenuta nei suoi manuali di economia politica pubblicati dalla casa editrice Giuffrè di Milano: Introduzione alla economia politica (196116); Il prezzo e la distribuzione (196718); La moneta, il credito e i sistemi monetari attuali (196716). Si veda anche il volume Introduzione alle encicliche e ai messaggi sociali. Da Leone XIII a Giovanni XXIII, Milano 1962. Sulle diverse linee di ricerca sviluppate dal 1930 al 1968 si suggeriscono alcuni scritti particolarmente rappresentativi. Sulla natura epistemologica della scienza economica, cfr. Economia ed etica, in Rivista internazionale di scienze sociali, 1936, fasc. III, pp. 254-271. Sulla instabilità ciclica del capitalismo e l’imperfezione dei mercati, I sindacati industriali: consorzii e gruppi (Milano, I edizione 1930 e III edizione ‘rifatta’, 1939); Risparmio forzato, cicli economici ed economia regolata, estratto da Giornale degli economisti, 1936, dicembre, pp. 3-15; Le fluttuazioni economiche, Milano 1944 (V edizione 1954). Sul corporativismo, cfr. I sindacati industriali e lo Stato, in Economia, 1932, marzo, pp. 251-279; L’economia corporativa nazionale nell’ambito del mercato mondiale, in Problemi fondamentali dello Stato corporativo, Milano 1935, pp. 1-76. Sulla politica economica della ricostruzione in Italia e sul nuovo ordine internazionale, cfr. Problemi economici del dopoguerra, Milano 1945 (II edizione); Economia e personalismo, Milano 1949. Sulla disoccupazione strutturale e il divario Nord-Sud in Italia, cfr. Un alto e stabile livello di occupazione come obiettivo della politica economica nello Stato moderno, in Quaderni di azione sociale, Roma 1952, pp. 442-466; Lo stato presente della teoria dello sviluppo economico e della teoria delle aree arretrate e il caso dell’Italia, in I problemi dello sviluppo economico con particolare riguardo alle aree arretrate, Milano 1956, pp. 7-30. La Bibliografia di Francesco Vito, a cura di C. Beretta, è nel volume citato Francesco Vito. Attualità di un economista politico, pp. XXV-LXVI.
Fonti e Bibl.: Le carte personali di Vito sono custodite presso l’Archivio generale per la storia dell’Università Cattolica di Milano.
Oltre alle introduzioni dei curatori delle raccolte antologiche citate, si vedano: F. Duchini, Etica ed economia in F. V., in Etica ed economia. Pensatori cattolici del XX secolo, a cura di G. Gaburro, Roma 1993, pp. 43-57; G. Mazzocchi et al., in Rivista internazionale di scienze sociali, 1993, ottobre-dicembre, monografico; S. Riccio, Il pensiero economico e sociale di F. V., Napoli 1997; A. Caloia, F. V. L’economia politica di un cristiano economista, Milano 1998; F. V. Attualità di un economista politico, a cura di D. Parisi - C. Rotondi, Milano 2003; A. Magliulo, Liberalismo e cattolicesimo nel pensiero di F. V., in Studium, 2008, maggio-giugno, pp. 399-430; D. Parisi, F. V. at the Catholic University from 1929 to 1968. Forty years in the Biography of an Economist, in Rivista internazionale di scienze sociali, 2009, n. 2, pp. 177-197; M. Bocci, L’Università Cattolica per l’Italia, in Cristiani d’Italia. Chiesa, Stato e società 1861-2011, direzione scientifica di A. Melloni, II, Roma 2011, pp. 1327-1342; D. Parisi, Vito, Francesco Maria Gerardo, in Il contributo italiano alla storia del pensiero. Economia, Roma 2012, pp. 734-738.