GABBURRI, Francesco Maria Niccolò
Nacque a Firenze il 17 dic. 1675 da Edoardo e da Virginia del Beccuto. Membro di un'agiata e illustre famiglia della piccola nobiltà fiorentina, ricevette un'educazione raffinata, comprendente lo studio delle lingue straniere, della musica, della poesia e, presso il pittore Onorio Marinari, della pittura.
Entrato ragazzo alla corte medicea come paggio, il G. vi fece carriera, svolgendo per conto del granduca Cosimo III numerosi incarichi e missioni di carattere diplomatico: in particolare ebbe la responsabilità di trattare con gli ambasciatori accreditati a Firenze. In ricompensa dei suoi servigi ottenne la commenda di S. Stefano, già attribuita anche ad altri membri della sua famiglia, ma sempre con ranghi inferiori al suo. L'incarico più adatto e gratificante per lui, comunque, fu la nomina a luogotenente del granduca presso la fiorentina Accademia del disegno, ruolo che ricoprì con impegno tra il 1730 e il 1740, durante il granducato di Gian Gastone e la reggenza. Nel contempo venne aggregato all'Accademia Clementina di Bologna, come accademico d'onore. La sua vera passione, infatti, furono le arti: la musica (amò cantare, rivelando buona voce e tecnica non dilettantesca) e le arti figurative, la pittura in particolare, cui dedicò tutto il tempo e le risorse disponibili e che esercitò come disegnatore dilettante. Si distinse però soprattutto come collezionista di grafica (disegni, ma anche stampe), pittura e scultura.
Il Campori, sulla scorta del Mariette e stando all'inventario della raccolta redatto dallo stesso G. nel 1722, nonché basandosi sulle difficoltà incontrate dal mercante W. Kent nell'esitarla in Inghilterra, giudica la collezione eccellente per quantità più che per qualità: la presenza preponderante di autori fiorentini e toscani di tutte le epoche, ma soprattutto moderni e contemporanei, ne attesterebbe un orientamento ristretto e sostanzialmente provinciale, determinato anche dalle modeste risorse a disposizione. In realtà, questo giudizio limitativo va almeno parzialmente corretto: c'è nel G. un genuino interesse per l'arte contemporanea, non solo di Firenze, ma anche di Roma (dove si recava sovente) e di Bologna (più occasionali e accidentali sembrano le sporadiche presenze franco-tedesche, di livello non elevato, o quelle napoletane e venete, a dispetto dei suoi vivaci rapporti epistolari con A.M. Zanetti, M. Ricci e A. Balestra). Almeno in parte, dunque, egli seguiva gli orientamenti di gusto del gran principe Ferdinando, al punto di possedere anche qualche rarissimo disegno di G. M. Crespi, tra cui il suo Autoritratto ora a Brera: esso era parte della celebre raccolta gabburriana degli autoritratti realizzati in varie tecniche, esempio di un genere collezionistico molto in voga a Firenze, certo per emulazione della celebre collezione granducale. Se da un lato le presenze artistiche contemporanee della sua raccolta confermano nelle grandi linee quei molteplici, vivaci contatti con pittori e anche scultori, soprattutto fiorentini, ricordati in compiaciuto dettaglio da G. Lami nella commossa aggiunta al denso elogio latino tempestivamente composto alla morte del G. da G. Veraci e confermati pure dall'ampia scelta dell'epistolario gabburriano pubblicata da G. Bottari nel II volume della sua Raccolta di lettere pittoriche, d'altro canto la presenza, quantitativamente e qualitativamente cospicua, di pezzi della scuola bolognese del Seicento attesta un interesse specifico che potrebbe avere anche un'origine particolarmente interessante: potrebbe trattarsi, infatti, di una parte dell'ultimo studio di disegni di C.C. Malvasia, venduto in ossequio alla volontà testamentaria dagli eredi, che erano in buoni rapporti coi granduchi. Certamente il G. possedette e postillò doviziosamente la copia del Microcosmo della pittura di F. Scannelli già annotata polemicamente dall'Albani, passata quindi al Malvasia e, dopo la morte del G., a I. Hugford (cui andò anche una piccola parte della raccolta di disegni, sottratta al Kent) e quindi a G. Pelli; oggi è conservata alla Elmer Belt Library di Los Angeles, dove si trova anche un manoscritto di G. Pagani su Leonardo un tempo di proprietà del Gabburri. Altri manoscritti storico-artistici (in genere copie di trattati d'arte del Cinque-Seicento) un tempo di sua proprietà si trovano invece alla Biblioteca nazionale di Firenze (Pal. 262, 473, 697, 702, 748 e 833). Può darsi che l'acquisto di materiali malvasiani sia avvenuto anche tramite uno dei corrispondenti bolognesi del G. quali E. Manfredi o G.P. Zanotti, che ne aveva acquisito una parte: certamente ciò non impedì al G. di esprimere giudizi assai critici sul Malvasia, sia da un punto di vista stilistico sia di contenuto storico ed estetico (anzi, il G. accomunava Malvasia a P.A. Orlandi e allo Scannelli per la loro serrata e, a suo avviso, infondata polemica antivasariana, erigendo a proprio modello, se non campione, il Baldinucci, di cui aveva acquisito parte della collezione grafica). Tale condanna del Malvasia, fortemente intrisa di fiorentinismo, si trova espressa tanto nelle pagine manoscritte dei quattro volumi delle sue Vite de' pittori (stese su sollecitazione del Mariette per rifare, ampliando e migliorando, l'Abecedario pittorico dell'Orlandi), quanto nelle pagine, uscite postumamente a stampa, delle sue Lettere a G.B. Costa a Rimini.
A partire dal 1705, il G. partecipò costantemente, in qualità non solo di prestatore, ma anche di organizzatore, alle mostre allestite dagli Accademici del disegno nel chiostro della Ss. Annunziata di Firenze, condizionando con le proprie scelte estetiche filomarattesche la partecipazione dei pittori contemporanei fiorentini. Notevole in particolare l'esclusione di G.C. Sagrestani, che pure secondo il Lami era suo amico. Nel 1706 il G. si limitò a esporre due marine di G. van Wittel, mentre nel 1724 contribuì con opere dei veneti A. Balestra e M. Ricci, due paesaggi e due quadri di fiori di J.B. Feret, più svariati disegni del Borgognone, di Raffaello, ma anche di fiorentini viventi come T. Redi; nelle due esposizione successive, del 1729 e del 1737, egli fu invece il maggior prestatore, soprattutto di disegni, cercando una varietà qualitativa, in senso cronologico non meno che geografico o stilistico, che spaziasse dal Francia al Lorenese, dal Reni al Vanvitelli e agli anonimi fiamminghi, per non parlare dei Carracci, del Piazzetta o di Pietro da Cortona. Eppure, nonostante l'amicizia con J. Richardson sr., che gli aveva regalato il suo Essay on the theory of painting, non si considerava né ambiva a essere considerato un conoscitore.
A suo giudizio il dilettante doveva avere una capacità di discernimento critico, di giudizio qualitativo, ma l'attribuzione restava nel dominio professionale del pittore: era questa la posizione, arretrata, di un Baldinucci e di un Zanotti. Anche per quel che riguarda la qualità, però il G. rivela scarsa capacità di discriminazione, infarcendo le proprie Vite di pittori minimi cui vaticinava, quasi sempre sbagliando, un glorioso avvenire.
Del resto i criteri di compilazione e di giudizio delle Vite rispondevano a principî non propriamente scientifici, né estetici - pur includendo occasionalmente brevi excursus di ordine teorico (specie estetico) e metodologico - basati come sono principalmente sulla qualità del proprio rapporto personale con i singoli artisti o con i loro protettori. Le voci biografiche racchiudono divagazioni aneddotiche, pettegolezzi e maldicenze d'atelier. Per gli artisti già esaminati dall'Orlandi, il G. ne segue in genere la trattazione apportandovi solo poche aggiunte; nel caso di diversità di giudizio si attarda in inani, acide, puntigliose precisazioni.
Tra gli eruditi e dilettanti in corrispondenza col G. oltre ai nomi citati sin qui andranno ricordati almeno il padre S. Resta e P.A. Orlandi, nonché G.G. Bottari, che, sotto i suoi auspici, scrisse la prefazione all'edizione del 1730 del Riposo di R. Borghini dedicata al G. dal canonico A. Biscioni.
Il nome del G. affiora anche dietro ad altre imprese editoriali, quali l'edizione della Vita di Benvenuto Cellini condotta nel 1728 su un manoscritto di sua proprietà: l'edizione della Vitadi Michelangelo di A. Condivi uscita solo dopo la sua morte, nel 1746, a cura di A.F. Gori, P.J. Mariette e F. Buonarroti, e infine il progetto, realizzato poi dal Gori, di riproduzione grafica dei pezzi più importanti degli Uffizi (il Museum Florentinum, 1731-66). Il Veraci ricorda anche un progetto, non realizzato, di riproduzione a stampa degli antichi affreschi di Firenze, e due orazioni accademiche (scomparse) del G. in difesa di Michelangelo contro le critiche di R. De Piles.
Il palazzo Gabburri di via Ghibellina era presto diventato luogo di ritrovo non solo dei maggiori artisti e dilettanti locali, ma anche di viaggiatori stranieri, talora illustri: basti citare P. Crozat (1715), il Mariette (1719), E. Wright (1722), A. Ramsay e J.B. Pigalle (1736). Forse il risentimento del G. nei confronti di J. Richardson jr. si spiega anche col fatto che questi omette di menzionare la sua collezione dei Remarks.
Il G. fu anche membro dell'Accademia della Crusca, di cui fu principe nel 1717, all'epoca dello scandalo suscitato dalla pubblicazione del Dizionario Catariniano, anticruscante e antifiorentino, opera del senese e cruscante G. Gigli. L'incidente si concluse con l'espulsione dell'autore e con l'intervento del granduca a favore della Crusca, onde il libro fu bruciato pubblicamente. Il G. compose anche versi, ricordati dal Lami, ma di essi si è persa quasi completamente traccia.
Morì a Firenze l'8 maggio 1742. Dalla moglie Camilla Buonaccorsi sposata nel 1697 e deceduta nel 1702, il F. ebbe tre figli il primo dei quali Giuseppe, si dedicò al commercio in Francia e Spagna.
Opere: Descrizione dei disegni della Galleria Gabburri di Firenze (1722), pubblicato in G. Campori, Raccolta di cataloghi ed inventari inediti di quadri, statue, disegni, Modena 1870, pp. 523-596; Vite di pittori (ca. 1730-1741), in Firenze, Bibl. nazionale, Palatini E.B.9.5, voll. 4 (quarantaquattro vite di scultori sono pubblicate in K. Lankheit, Florentinische Barockplastik. Die Kunst am Hofe der letzten Medici, 1670-1743, München 1962, pp. 224-235); numerose biografie di pittori primosettecenteschi sono riportate in A. Tosi, Appendice I a La pittura a Pisa nelle "Vite" di F.M.N. G. e nella storiografia artistica del XVIII secolo, in Settecento pisano. Pittura e scultura a Pisa nel secolo XVIII, a cura di R.P Ciardi, Pisa 1990, pp. 341-384. La voce relativa a G. Muziano è stata pubblicata in U. Procacci, Una "vita" inedita del Muziano, in Arte veneta, VII (1954), pp. 249-252, mentre quella di G.M. Crespi è in J. Spike, The "vita" of G.M. Crespi by F.M.N. G.…, in Gli Uffizi - Studi e ricerche, n. 11, 1993, p. 25; Lettera terza← al signor Giovanni Battista Costa di Armino 27 nov. 1741, in [A. Calogerà], Raccolta di opuscoli scientifici e filologici, XLVII, Venezia 1752, pp. 137-140; Lettera al signor Pietro Mariette [4 ott. 1737], in G. Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura, Roma 1757, II, pp. 267-295 (quindi ristampata in G. Bottari - S. Ticozzi, Raccolta di lettere sulla pittura scultura ed architettura, Milano 1822, pp. 333-371).
Fonti e Bibl.: F.S. Baldinucci, Notizie di artisti (ca. 1720), in Zibaldone Baldinucciano, a cura di B. Santi, Firenze 1981, II, pp. 14, 115, 121, 146, 488, 494 s., 501; E. Wright, Some observations made in travelling through France, Italy etc. in the years 1720, 1721 and 1722, London 1730, p. 428; G.P. Zanotti, Storia dell'Accademia Clementina, Bologna 1739, II, pp. 63, 316, 330; G. Veraci - G. Lami, F.M. Gabburrius, in G. Lami, Memorabilia Italorum eruditione praestantium quibus vertens saeculum gloriatur, Firenze 1742, I, pp. 305-313; Dict. universel historique, critique et bibliographique, Paris 1810, VII, p. 239; P. Zani, Enc. metodica critico-ragionata della belle arti, Parma 1819, I, p. 41; F. Inghirami, Storia della Toscana, Fiesole 1844, XIII, pp. 101 s.; Ph. de Chennevières - A. de Montaiglon, Abcedario de P.J. Mariette et autres notes inedites…, de cet amateur sur les arts et les artistes, in Archives de l'art français, 1853, II, p. 275; G. Campori, Raccolta cit., pp. 521 s.; F. Lugt, Les marques de collections de dessins et d'estampes, La Haye 1921, II, p. 332, n. 1852 (ad vocem Mariette); Suppl., ibid. 1956, p. 424 n. 29926; G. Vertue, Ms Notebooks (1750), in The Walpole Society, 1933-34, pp. 154 s.; A. Smart, The life and art of Allan Ramsay, London 1952, pp. 30, 217: U. Procacci, Una vita, cit., pp. 242-264; Id., Di uno scritto di G. Bottari sulla conservazione e il restauro delle opere d'arte, in Rivista d'arte, XXX (1955), pp. 229-249 passim; F. Borroni, I due Anton Maria Zanetti, Firenze 1956, pp. 15 s., 29; J. Fleming, Mr. Kent, art dealer, and the Fra Bartolomeo drawings, in The Connoisseur, CXLIII (1958), p. 227; Mostra documentaria e iconografica dell'Accademia delle arti del disegno - Celebrazioni del IV centenario, Firenze 1963, n. 89; R. Bacou, Le cabinet d'un grand amateur. P.J. Mariette, Paris 1967, pp. 19 s., 25-27; A. Bettagno, Caricature di Anton Maria Zanetti, Vicenza 1969, pp. 13 s.; L. Ginori Lisci, I palazzi di Firenze nella storia e nell'arte, Firenze 1972, II, p. 646; F. Borroni Salvadori, F.M.N. G. e gli artisti contemporanei, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, IV (1974), pp. 1503-1564; F. Borroni Salvadori, Esposizioni d'arte a Firenze dal 1674 al 1767, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XVIII (1974), pp. 12, 20, 25 s., 30-44, 146 s.; K. Lankheit, Firenze sotto gli ultimi Medici, in Gli ultimi Medici. Il ritardo barocco a Firenze, 1670-1743, Firenze 1974, pp. 21 s.; S. Meloni Trkulija, I due primi cataloghi di mostre fiorentine, in Scritti di storia dell'arte in onore di U. Procacci, Milano 1975, II, pp. 579, 581; F. Borroni Salvadori, L'esposizione del 1705 a Firenze, in Mitteilungen des Kunshistorischen Institutes in Florenz, XIX (1975), pp. 393-395; F. Haskell, Patrons and painters. Art and society in Baroque Italy, New Haven-London, 1980, pp. 211, 241, 266; F. Borroni Salvadori, Ignazio Enrico Hugford, collezionista con la vocazione del mercante, in Annali della Scuola norm. sup. di Pisa, XIII (1983), pp. 1031, 1034; E. Goldberg, After Vasari - History, art and patronage in late Medici Florence, Princeton 1988, pp. 181 s., 191 s.; M. Chiarini, La pittura del Settecento in Toscana, in La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1989, I, pp. 315, 319, 328, 346; G. Perin, Gli scritti dei Carracci, Bologna 1990, pp. 71 s.; A. Tosi, La pittura a Pisa, cit., pp. 322-338; C. De Benedectis, Per la storia del collezionismo italiano. Fonti e documenti, Firenze 1991, pp. 113, 127, 282, 300; E. Grasman, La controversia fra il Vasari ed il Malvasia nella letteratura artistica del Settecento, in Il luogo ed il ruolo della città di Bologna tra Europa continentale e mediterranea, Bologna 1992, pp. 531 s.; Id., In de schaduw van Vasari. Vijf opstellen over kunstgeschiedschrijving in 18deeuws Italië (All'ombra di Vasari: cinque saggi di storia dell'arte nell'Italia del XVIII sec.), s'Gravenhage 1992, pp. 25 s., 30, 38, 63, 79, 120; J. Spike, The "vita", cit., pp. 22-26.