NOCCHIERI, Francesco Maria
NOCCHIERI, Francesco Maria (detto l’Anconitano). – Nacque ad Ancona il 3 agosto 1651, da Giovanni e da Chiara Masseri, e fu battezzato lo stesso giorno nella chiesa di S. Maria della Misericordia (Ancona, Archivio diocesano, Libro VII del Sacramento di S. Maria della Misericordia).
Sulla sua prima formazione in patria non si hanno notizie, ma assai presto dovette trasferirsi a Roma ove, già nel 1664, risulterebbe iscritto in un elenco di Nomi de giovani pittori e scultori e architetti attivi presso l’Accademia di S. Luca come facente parte della «scuola del signor Domenico» (Roma, Archiviostorico dell’Accademia nazionale di S. Luca, vol. 66, cit. in Cipriani - Valeriani, 1988, p. 189), da identificare chiaramente con loscultore Domenico Guidi che fu principe dell’Accademia nel 1670 e di nuovo nel 1675. Il discepolato presso lo studio di Guidi troverebbe conferma nella partecipazione al discusso concorso accademico di scultura del 1677 per il quale Nocchieri ricevette il terzo premio, preceduto dai francesi Simon Hustrelle e Jean-Baptiste Théodon, favoriti dalla fusione tra l’istituto romano e l’Académie Royale di Parigi da poco avvenuta.
La prima opera che si suole assegnargli è un Profilo marmoreo di Cristina di Svezia posto alla sommità della lapide (palazzo dei Conservatori, sala dei Magistrati) che commemorava la visita effettuata dalla sovrana in Campidoglio nel 1656.
È impossibile che l’effigie sia stata scolpita in quell’occasione, a causa della giovanissima età di Nocchieri, mentre il pagamento a un ottonaro (Pietrangeli, 1966) induce ragionevolmente a supporre che la lapide sia stata in un primo tempo decorata con un ritratto di ottone o di bronzo (Montanari, 1998). La sostituzione della scultura con la versione definitiva dovrebbe risalire a un periodo immediatamente precedente al 1673, anno in cui Giovanni Michele Silos nella Pinacotheca sive Romana pictura et sculptura la descrive come «marmore expressa » pur senza fare riferimento al nome del suo autore.
L’esecuzione potrebbe essere avvenuta su commissione della stessa Cristina di Svezia, di cui Nocchieri divenne lo scultore di riferimento anche grazie ai buoni uffici del conterraneo cardinale Decio Azzolino, confidente e stretto collaboratore della sovrana. Numerosi sono i pagamenti registrati nella contabilità della regina a suo favore a partire da quello del 14 maggio 1682 di 40 scudi «a conto di lavori», ma il suo ruolo si configura come quello di un vero e proprio artista di corte che godeva di un salario e di una dimora con atelier annesso. Da una testimonianza del medaglista Giuseppe Ortolani si apprende infatti che Cristina aveva concesso «al suddetto Francesco Maria scudi dieci in dodici al mese e lo studio e la casa dove faceva accademia» (Jesi, Biblioteca comunale, Archivio Azzolino 213, c. 489v, in Montanari, 1998, pp. 457 s.). Gli Stati delle anime della parrocchia di S. Dorotea a Trastevere confermano questa indicazione almeno per il biennio 1684-86, registrando l’abitazione di Nocchieri in vicolo de’ Riari proprio a fianco di palazzo Corsini alla Lungara, dove Cristina risiedeva (Perazzone, 1999). In quegli anni, Nocchieri realizzò la statua di Apollo (Aranjuez, parco dei Principi) destinata a completare il coro dei nove marmi antichi raffiguranti le Muse orchestrate nell’omonima sala del palazzo alla Lungara. Di questa celebrata scultura, che fu anche pubblicata a incisione da Domenico de’ Rossi e Paolo Alessandro Maffei nella Raccolta di statue antiche e moderne (Roma 1794, tav. CXI), si conserva il bel modello preparatorio all’Ashmolean Museum di Oxford (Penny, 1992), mentre il modello in grande in gesso, oggi perduto, è ricordato nella Minuta dell’Inventario della regina del 24 luglio 1689 (Montanari, 1998, p. 456) tra le opere di proprietà di Pietro Maria Balestra, succeduto a Nocchieri nella carica di scultore di corte. Per lo stesso nucleo di marmi Nocchieri eseguì con ogni probabilità anche la testa della musa Talia (Madrid, Museo nacional del Prado), in cui la critica ha voluto riconoscere il criptoritratto della stessa Cristina di Svezia (Barba, 1997; Montanari, 1998). A seguito della morte della sovrana (1689), questo gruppo di sculture, insieme a molte altre, fu acquistato da don Livio Odescalchi, nipote di papa Innocenzo XI, e sistemato nel palazzo di famiglia ai Ss. Apostoli; da qui, nel 1724, prese la via della Spagna a seguito della vendita effettuata da Baldassarre Erba Odescalchi a Filippo V.
Tra le opere che non videro mai una redazione definitiva, si annovera il Monumento funebre della regina destinato a essere eretto al Pantheon. La complessa macchina sepolcrale, dal «disegno superbissimo», era annunciata in fase di realizzazione in un Avviso di Roma del 4 agosto 1685 (Montanari, 1997, doc. 1). I lavori non ebbero seguito, forse a causa dell’enorme spesa prevista, ma Nocchieri doveva aver almeno approntato «un modello di cera rossa con diverse colonne in pezzi che rappresentano il deposito di Sua Maestà», come indicato nella citata Minuta dell’Inventario del 24 luglio 1689.
Oltre all’importante legame professionale con Cristina di Svezia, Nocchieri ebbe modo di lavorare almeno per un altro committente, vale a dire monsignor Pietro Gabrielli per il quale aveva eseguito il modello e iniziato a tradurre in marmo il busto dello zio, il cardinale Giulio senior, defunto nel 1677. L’opera era destinata alla cappella della famiglia in S. Maria sopra Minerva ma, anche in questo caso, il lavoro rimase incompiuto.
È lo stesso monsignor Pietro a raccontare, in una lettera del 24 settembre 1694, che Francesco Maria aveva cominciato «il sasso del ritratto del Cardinale, […] ma non aveva terminato, e questo con il modello ancora di creta fatto dal medesimo» (Archivio Gabrielli Prossedi, in Frascarelli - Testa, 2002, p. 71). Il succitato modello in terracotta è andato perduto mentre il marmo fu portato a termine da Giuseppe Mazzuoli che aveva già scolpito il ritratto di Mario Gabrielli, padre del committente; i documenti non chiariscono tuttavia se Mazzuoli abbia utilizzato il prototipo di Nocchieri o ne abbia eseguito una nuova redazione.
Un probabile esercizio accademico è la replica, sempre in terracotta, della Beata Ludovica Albertoni dall’originale di Gian Lorenzo Bernini (Roma, S. Francesco a Ripa), conservata all’Hermitage di San Pietroburgo, e attribuita a Nocchieri da Kosareva e Androsov (1991) sulla base di un catalogo del Museo della Casa Eccellentissima Farsetti in Venezia del 1788.
La carriera dello scultore, così ben avviata grazie alla fiducia di una mecenate di rango come Cristina di Svezia, si interruppe ben presto a causa della prematura morte, occorsa nel 1686 ad Ancona.
L’8 agosto di quell’anno è registrato nella contabilità della regina un pagamento a «Francesco Maria […] per Giovanni Antonio Nocchieri, disse per un busto di suo ritratto»: la consegna del saldo a un congiunto induce a ritenere che lo scultore fosse malato o forse già defunto, e l’assenza del suo nome negli Stati delle anime della parrocchia di S. Dorotea per il 1687 confermerebbe tale ipotesi.
In effetti Nocchieri tornò ad Ancona, forse già malato, ove morì il 19 settembre 1686, all’età di «anni 35 e il suo corpo fu sepolto alle pupille [S. Maria della Misericordia]» (Ancona, Archivio diocesano, Libro dei morti G della parrocchia di S. Maria della Misericordia).
Fonti e Bibl.: A. Ricci, Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona, I, Macerata 1834, p. 222; C. Pietrangeli, Christina in Campidoglio, in Bollettino dei Musei comunali di Roma, XIII (1966), pp. 22-29; C. Nordenfalk, Realism and idealism in the Roman portraits of Queen Christina of Sweeden, in Studies in Renaissance & Baroque art presented to Anthony Blunt…, London 1967, pp. 122-129; A. Cipriani - E. Valeriani, I disegni di figura dell’Archivio storico dell’Accademia di S. Luca, I, Roma 1988, p. 189; S. Androsov, in Alle origini di Canova. Le terrecotte della collezione Farsetti (catal., Roma-Venezia), Venezia 1991, p. 72 n. 25; N. Penny, Catalogue of European sculpture in the Ashmolean Museum, 1540 to the present day, I, Italian, Oxford 1992, pp. 88 s.; S. Walker, The sculpture gallery of Prince Livio Odescalchi, in Journal of the history of collections, VI (1994), pp. 189-219 (in particolare p. 212); A. Bacchi, Scultura del ’600 a Roma, Milano 1996, p. 830; M.A. Elvira Barba, El palacio Riario y la colección de escultura, in Cristina de Suecia en el Museo del Prado (catal., 1997-98), Madrid 1997, pp. 39-61 (in particolare pp. 51-58); T. Montanari, La dispersione delle collezioni di Cristina di Svezia. Gli Azzolino, gli Ottoboni, gli Odescalchi, in Storia dell’arte, 1997, n. 90, pp. 250-300; Id., Bernini e Cristina di Svezia. Alle origini della storiografia berniniana, in A. Angelini, Gian Lorenzo Bernini e i Chigi tra Roma e Siena, Cinisello Balsamo 1998, pp. 330-477 (in particolare pp. 456-462); R. Perazzone, Pietro Maria Balestra, uno scultore senese alla corte di Cristina di Svezia, in Cristina di Svezia e Roma. Atti del Simposio dell’Istituto svedese di studi classici a Roma, …1995, a cura di B. Magnusson, Stockholm 1999, pp. 97-111; O. Ferrari - S. Papaldo, Le sculture del Seicento a Roma, Roma 1999, pp. XLI, XLIV, 86; D. Frascarelli - L. Testa, Una nuova attribuzione a Giuseppe Mazzuoli, in Bollettino dei Musei comunali di Roma, n.s., XVI (2002), pp. 67-77; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 496.