OTTIERI, Francesco Maria
OTTIERI, Francesco Maria. – Nacque a Firenze l’8 luglio 1665, figlio di Lotario, conte di Montorio e Sopano, e di Miner-va Bourbon del Monte, appartenente al ramo dei marchesi di Piancastagnaio.
Dopo la morte del padre avvenuta nel 1669, fu posto sotto la tutela della madre che – con l’aiuto di Giovan Battista della Ciaia, marito della figlia maggiore Isabella – lo inserì in qualità di paggio nella corte del granduca di Toscana, Cosimo III de’ Medici. Qui Ottieri venne a contatto con insigni studiosi e uomini di scienza, che lasciarono un segno sulla sua personalità e la sua visione del mondo.
Tra loro vi furono l’erudito Antonio Magliabechi, poi direttore della Biblioteca Medicea Palatina, il matematico e fisico Vincenzo Viviani, seguace di Galileo e ingegnere militare preposto alle fortificazioni del Granducato, lo scienziato Francesco Redi, che era medico, conoscitore di parecchie lingue, classiche e moderne, personaggio di grande spicco nella cultura di fine Seicento sia per gli studi di biologia ed entomologia, sia per gli interessi letterari ed ebbe particolare influenza sul giovane Ottieri.
All’età di 11 anni Ottieri perse anche la madre e fu affidato alla tutela del cognato. Agli studi filosofia e diritto che affermò di aver compiuto a Siena (Istoria ..., 1753, p. 7), scienze e poesia si aggiunse il diritto civile; l’applicazione a quelle arti come il ballo, la musica, la cavallerizza, l’esercizio e l’allenamento nei giochi della palla al maglio e della pallacorda, completarono la sua formazione di giovane aristocratico. Visse ancora sei anni presso la corte di Toscana, godendo della considerazione del granduca, poi, nonostante i tentativi effettuati da Cosimo III per trattenerlo, a 17 anni lasciò Firenze «per vivere libero a sé e a’ suoi affari, ma molto più per intraprendere, come fece, un lungo e giovevol viaggio nelle più culte metropoli d’Europa» (L. Ottieri, 1757, p. 4).
Forte di un congruo patrimonio accumulato dall’oculata gestione dei suoi tutori, visitò dapprima alcune città italiane, poi proseguì il suo viaggio nelle corti europee. Innanzitutto andò in Francia, dove lo colpì la modernità di Parigi – città nella quale trascorse alcuni mesi perfezionando la lingua e osservando la vivacità della nazione – e fu al cospetto di Luigi XIV. Risiedette poi a Londra tra il 1686 e 1687, durante il brevissimo e contrastato regno di Giacomo II Stuart, al quale fu presentato. Poi andò in Olanda, nelle Fiandre asburgiche e infine a Vienna, dove passò molto tempo alla corte di Leopoldo I rinnovando «la sua ereditaria dependenza» (ibid., p. 5) dalla casa d’Austria.
Intenzionato a partecipare alla campagna militare contro i turchi, non poté prendervi parte essendo richiamato in Italia per attendere agli interessi di famiglia. In occasione del matrimonio tra la sorella Caterina con Andrea del Rosso, si fermò qualche tempo a Roma, presumibilmente tra il 1693 e il 1696. Dopo un breve nuovo soggiorno a Firenze tornò a Roma dove sposò Olimpia Maidalchini (m. 1780), figlia del marchese Andrea e imparentata con i cardinali Francesco Maidalchini, Orazio Filippo Spada e Gaspare di Carpegna.
La coppia ebbe quattro figlie: due divennero monache benedettine, due si sposarono, la prima con un conte degli Atti, l’altra, Domenica Minerva, nel 1724 con Giancorrado Orsini marchese di Penne. Dei maschi sopravvisse al padre solo Lotario, che sposò Dorotea de Vecchi e morì senza prole nel 1789. Il patrimonio di famiglia, in particolare i feudi di Montorio e Sopano, passarono per fidecommesso ai discendenti di Giancorrado Orsini e Domenica Minerva Ottieri.
L’alleanza matrimoniale consentì a Ottieri entrature importanti nella corte pontificia e, protetto soprattutto dal cardinale Gaspare di Carpegna, ottenne gli incarichi di conservatore e maestro delle strade, cavallerizzo e cameriere d’onore del papa; tuttavia, a causa, sembra, di pressioni sul pontefice motivate dal suo schieramento filoimperiale, non gli furono conferiti più prestigiosi uffici.
Nel 1716 decise di scrivere la storia dei grandi avvenimenti europei legati al problema della successione in Spagna, forse allo scopo di far meglio conoscere la propria particolare visione della storia recente. Cercò l’appoggio dei prelati Giusto Fontanini, Giovanni Bortoni e Domenico Passionei per ottenere consigli che migliorassero l’opera e gli permettessero di passare la censura. Ma, nonostante la dedica a Benedetto XIII, il primo tomo dell’Istoria delle guerre avvenute in Europa e particolarmente in Italia per la successione alla monarchia delle Spagne dall’anno 1696 all’anno 1725 (Roma 1728), non ebbe l’imprimatur. Ottieri, momentaneamente sospeso dalla carica di cavallerizzo del papa, pare fosse convinto che l’ostilità nei confronti suoi e dell’Istoria derivasse dall’ostracismo di un non meglio identificato ministro del re di Francia. Allontanatosi da Roma, si ritirò nelle sue proprietà in Toscana mantenendo rapporti epistolari con amici e letterati tra cui Muratori e con cui voleva confrontarsi sui temi della sua opera. Reintegrato nell’ufficio di cavallerizzo, godette della protezione di Clemente XII (1730-1740) che conosceva dagli anni dell’adolescenza e che fece cancellare dall’Indice il primo tomo dell’Istoria. Nel frattempo tutto era mutato: la guerra per la Successione polacca, iniziata nel 1733 e conclusasi con il ridimensionamento della potenza asburgica in Italia, sciolse alcuni legami. Ottieri, che da tempo possedeva un feudo nel Regno di Napoli, pur rimanendo nel cuore filoimperiale, fu tra i primi a riconoscere Carlo III di Borbone come nuovo re. Quando nel 1740 morì Clemente XII egli, ormai anziano e malato, ottenne dal nuovo pontefice Benedetto XIV la giubilazione con «la riserva degli emolumenti e delle prerogative» (L. Ottieri, 1757, p. 10). Trascorse gli ultimi anni della vita intento a terminare la sua Istoria.
Morì nel 1742 e fu sepolto nella chiesa di Ss. Celso e Giuliano in Banchi, contigua alla sua abitazione.
Se l’Istoria non è rimasta manoscritta, lo si deve al sollecito interessamento di Benedetto XIV che spinse Lotario Ottieri a pubblicare i successivi tomi. L’opera costituisce una miniera di informazioni per gli studiosi della transizione tra Sei e Settecento: Ottieri riferisce minuziosamente dettagli sui fatti della politica europea e sul ruolo e i tratti più intimi della personalità di personaggi grandi e piccoli della scena delle corti d’Europa. Si tratta di particolari in molti casi confermati dalle fonti inedite che pertanto contribuiscono a fare dell’Istoria non solo un testo di storiografia, bensì una vera e propria fonte storica.
Un’edizione pubblicata postuma a Roma in 4 tomi tra 1753 e 1757 è contraddistinta dalla dedica di ogni volume a personaggi diversi: il primo tomo al papa Benedetto XIII; il secondo al cardinale Silvio Valenti, vescovo di Sabina e segretario di Stato; il terzo al cardinale Flavio Chigi; il IV al cardinale Alberico Archinto, vice cancelliere della Chiesa e segretario di Stato. In questa edizione trovano spazio, alla fine del IV volume, un indice generale, alfabetico, dell’opera e la vita di Ottieri, entrambi redatti dal figlio Lotario nel 1757. Nella vita è descritto come un uomo alto e di nobile aspetto, tenace negli studi e negli incarichi, ma anche gioviale, affettuoso in famiglia, attento ai bisogni altrui e incapace di serbare rancore. Facile nell’eloquio, conosceva il latino, parlava il francese e lo spagnolo, leggeva l’inglese. A queste doti non fece riscontro un’adeguata capacità di amministrare il patrimonio che fu trasmesso alla discendenza in uno stato meno solido di quello che aveva ereditato. Sembra sia stato autore anche di poesie, canzoni, sonetti, drammi pastorali e una tragicommedia in versi messi in scena in famiglia negli anni della maturità.
Fonti e Bibl.: Modena, Biblioteca Estense, Archivio Muratori, filza 72, 19 lettere; L. Ottieri, Vita di F.M. O. scritta da Lottario suo figlio. Con l’indice di tutte le materie trattate nella sua storia, in F.M. Ottieri, Istoria..., IV, Roma 1757, pp. 4-10; C. Denina, Delle rivoluzioni d’Italia, Venezia 1792, p. 337; P. Vergani, Della importanza e dei pregi del nuovo sistema di finanza dello Stato Pontificio, Roma 1794, in Riformatori delle antiche repubbliche, dei ducati, dello Stato Pontificio e delle isole, XLVI, 7, Milano Napoli 1965, p. 660; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana..., Firenze 1805; A. Lombardi, Storia della letteratura italiana nel secolo XVIII, III, Modena 1829, pp. 83-84; E. Repetti, Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana, Firenze, 1835, ora in www.archeogr.unisi.it/repetti; Illuministi italiani. Riformatori delle antiche repubbliche, dei ducati, dello Stato pontificio e delle isole, a cura di G. Giarrizzo - G. Torcellan - F. Venturi, Milano-Napoli 1965, 46, t. VII, p. 650; E. Fueter, Storia della storiografia moderna, Milano-Napoli I, 1943, p. 397.