RICCARDI, Francesco Maria
RICCARDI, Francesco Maria. – Nacque a Firenze il 10 aprile 1697, primogenito in linea maschile del marchese Cosimo e di Giulia Spada Veralli. Fu battezzato il seguente 29 alla presenza di Luca Casimiro degli Albizi e di Ottavia Gondi, in rappresentanza dei principi di Toscana Ferdinando e Violante Beatrice.
Deputato a godere di un’ingente ricchezza derivatagli dal prestigio del suo casato, fu educato nelle materie giuridiche dall’avvocato Nicolò Averani. Appena sedicenne, accompagnato dal suo fedele servitore Giovanni Claudio Cortè, intraprese un viaggio d’istruzione a Roma (1713). Qui fu affidato alle cure del canonico Pier Francesco Bussi che guidò la sua formazione culturale e lo introdusse nell’ambiente aristocratico romano. Trascorse il soggiorno dedicandosi allo studio, ai viaggi e al collezionismo di oggetti devozionali, in particolare le reliquie che destinò ai propri familiari. Nell’autunno del 1716 rientrò a Firenze dove proseguì la sua istruzione assistito da Filippo Modesto Landi, bibliotecario di casa Riccardi, al fine di soddisfare il desiderio paterno che lo voleva impiegato in un incarico politico o diplomatico presso la corte granducale, al pari dei maggiori esponenti della sua famiglia.
Nel corso della prima giovinezza rivolse il suo interesse all’acquisto di dipinti e si dedicò alla costituzione di una personale raccolta libraria, inoltre dimostrò una naturale inclinazione nel promuovere l’opera di alcuni artisti operanti al servizio della famiglia, quali gli scultori Giuseppe Broccetti, Giovacchino Fortini e il pittore Francesco Conti. A questi ultimi commissionò il ritratto del padre gesuita Giuseppe Maria Sotomayor, sacerdote portoghese che frequentò e a cui fu particolarmente affezionato per l’umile esempio della sua vita. All’interno della società fiorentina, Riccardi cominciò a rivestire un ruolo sempre più rilevante con l’iscrizione agli accademici della Crusca (1717), l’adesione al sodalizio della Centuria, alle congregazioni della Ss. Vergine e della Consolazione di S. Stefano.
Affascinato dalla città papale, vi fece ritorno nel febbraio del 1721 con l’intento di concludere i suoi studi. A Roma fissò la sua residenza in un appartamento presso palazzo Madama, riservatogli dal granduca, e subito riavviò gli incontri e le esperienze culturali con le famiglie fiorentine e la nobiltà romana. Nell’anno giubilare 1725, con l’arrivo a Roma della madre, del fratello Vincenzo e della sorella Vittoria Malaspina, si trasferì in un palazzo sulla piazza dell’Aracoeli, dimora che arredò con passione e raffinatezza secondo il suo personale gusto.
In questo periodo perseguì i suoi interessi di collezionista di oggetti di arte sacra e promosse opere caritatevoli in numerose chiese romane, condividendo queste attività con il conte piacentino Galvano Landi con cui strinse una solidale amicizia. Rinnovò numerosi edifici religiosi e si impegnò nel promuovere importanti opere architettoniche e arredi nelle chiese dei Ss. Quirico e Giulitta e S. Maria della Scala, oltre che nella chiesa del Gesù a Frascati, a cui destinò una generosa donazione per la decorazione della cappella Refugium peccatorum.
L’intenzione di concludere i suoi studi culminò nella decisione di assecondare la sua pia vocazione e vestire l’abito prelatizio, volontà che espresse nel febbraio del 1727. La notizia, che suscitò grande stupore, colpì profondamente il padre che tuttavia accettò la sua decisione assegnandogli una facoltosa rendita: «perché non avendo egli voluto accasarsi (come sarebbe stata mia intenzione), eseguita da Esso in tal forma con tale resolutione si possa da me procurare la successione della mia Casa, e lo stabilimento della medesima, per mezzo del secondogenito, ò d’altri de miei Figli, che in luogo di detto Sig. Abate Francesco doverà prender moglie; Perciò affinché possa Egli mantenersi in tale stato con ogni decoro, gli costituisco, e prometto per atto di donazione inter vivos un annuo assegnamento di piastre seimila» (Archivum Romanum Societatis Iesu, Fondo Gesuitico, 1433, c. n.n.).
Il 18 marzo 1728 si addottorò in utroque iure nell’Università della Sapienza e il seguente 28 maggio ottenne l’incarico di protonotario apostolico e il possesso di ponente di Segnatura. Trasferì la sua residenza in palazzo Ruggeri, nei pressi della chiesa del Gesù, che provvide ad allestire assecondando l’ambizione paterna: «con gl’apparati che gli ho mandati, e con il resto della mobiliatura che farà lei spero che potrà bene accomodarla non inferiore forse a qualche cardinale, che non averà tanto» (ibid., c. 114v). Fu ordinato sacerdote il 15 febbraio 1733 e celebrò la sua prima messa il successivo 16 marzo alla presenza di monsignor Lodovico Valdina Cremona nell’oratorio del noviziato dei gesuiti a S. Andrea a Montecavallo.
Nell’Urbe si mantenne distante dal richiamo mondano sia per la sua innata modestia sia per la dichiarata sintonia nei confronti dell’Ordine gesuita divenendo un modello di comportamento. Rivolse ogni sua attività in favore dei più deboli e grazie alla sua naturale generosità si dedicò a opere benefiche e culturali.
Promosse la pubblicazione del Manuale sacro ovvero raccolta di varie divozioni proprie di una religiosa che aspira alla perfezione (1734), del padre Leonardo da Porto Maurizio, mentre nel 1736 gli furono dedicati le Favole greche di Esopo, dal fiorentino Angelo Maria Ricci professore di lettere greche, e il volume De Santi Angeli Custodi, di Giovanni Marangoni che celebrò la sua nomina a primicerio della Compagnia dell’Angelo custode. Apprezzò la pittura di giovani artisti e partecipò con un concreto aiuto all’attività di Giuseppe Rosi, Calimero Servoni, Girolamo Pesci, Antonio David, Gaspare Serenario e Andrea Piserni.
Frequentò assiduamente il salotto letterario del cardinale Lorenzo Corsini che, dopo la sua elezione al soglio pontificio, lo favorì affidandogli gli incarichi di ponente della congregazione del Buon governo, vicario del cardinale Lorenzo Altieri nella diaconia di S. Maria in Via Lata, protettore del Conservatorio delle mendicanti e prelato in S. Francesco di Sales. Incarichi di prestigio che andarono ad aggiungersi alle precedenti nomine di primicerio nelle chiese di S. Giovanni Battista ed Evangelista della Malva e dei Ss. Gesù e Maria.
Manifestò grande carità verso i più bisognevoli e a tal fine utilizzò il suo patrimonio rivolgendo continui benefici a istituzioni religiose e opere caritatevoli. Si prese cura e alloggiò a sue spese presso il Collegio dei neofiti un algerino convertito al cattolicesimo, battezzato dal cardinale Marcello Corradini il 29 settembre 1733 con il nome di Luigi Maria Francesco Saverio Riccardi. Tra le sue amicizie si distinsero suor Lilia Maria del Ss. Crocifisso da Viterbo e il padre generale dell’Ordine dei cappuccini Pier Maria da Lucca, il cui ritratto a stampa di Giuseppe Bottari gli venne dedicato.
L’11 settembre 1740 venne insignito dell’autorevole titolo di vicario della basilica di S. Giovanni in Laterano e il 15 giugno 1743 della carica di primicerio della Compagnia del Ss. Sacramento.
Con fervido impegno sacerdotale, si prodigò a commissionare numerosi apparati liturgici destinati a edifici religiosi affidandosi alla perizia di alcuni fidati e rinomati artigiani quali il ricamatore Benedetto Salandri, gli argentieri Andrea Valadier, Giovanni Simone Pesaroni, Simone Millet, Angelo Spinazzi e i gioiellieri Gaetano e Pietro Paolo Gelpi. Si distinse inoltre per l’incarico di alcuni dipinti come la tela d’altare raffigurante i Santi Vincenzo Ferreri e Antonino vescovo di Firenze, attribuita ad Agostino Masucci, che nel 1741 destinò alla chiesa dei Ss. Quirico e Giulitta, o le due pale per la chiesa dei Ss. Quaranta Martiri e S. Pasquale Baylon in Trastevere raffiguranti una S. Francesco e l’altra S. Antonio da Padova e s. Diego che venerano l’immagine della ‘Nunziata Santissima di Firenze’, che saldò al pittore senese Giovanni Sorbi nei primi mesi del 1746.
A partire dagli anni Cinquanta la vita privata di Riccardi fu segnata da malattie e lutti che lo colpirono negli affetti familiari più cari con la perdita dei genitori e del fratello Vincenzo. Visse fino al 4 ottobre 1758, quando si spense nella sua dimora romana.
Nel fervore che profuse nel testimoniare con la sua esistenza l’esperienza della visione cristiana, dispose nelle sue ultime volontà di essere sepolto dinanzi l’altare di S. Ignazio Saverio nella chiesa romana del Ss. Nome di Gesù e alienò in favore di una istituzione religiosa gesuitica tutte le sue proprietà, che confluirono nell’edificazione del duomo di Senigallia. Le sue collezioni artistiche e librarie si dispersero con delle vendite all’asta come testimoniò il Diario ordinario del 30 giugno 1759 (n. 6549, p. 24).
Fonti e Bibl.: Archivum Romanum Societatis Iesu, Fondo Gesuitico, 1433; Chiesa del Gesù, b. I, pos. 189; Roma, Archivio storico del Vicariato, Liber ordinatio, 1732-1736, vol. 33, cc. 54, 58; Archivio di Stato di Roma, Università, Registra Doctorum, 254, 1712-1729, c. 170, pos. 14.
Raccolta d’opuscoli curiosi ed interessanti intorno gli affari presenti di Portogallo, III, Lugano 1760, p. 76; Confutazione del tomo XI delle apologie de’ PP. Gesuiti in cui pretesero convincere di falsita coloro, che dicono, che la dottrina del tirannicidio e dottrina di tutta la societa, Melampigopoli [ma Venezia] 1761, p. 226; P. Malanima, I Riccardi di Firenze. Una famiglia e un patrimonio nella Toscana dei Medici, Firenze 1977, p. 114; M.J. Minicucci, I Riccardi a Firenze e in villa. Tra fasto e cultura (catal.), Firenze 1983, pp. 68, 70 n. 33; B. Casini, I “Libri d’Oro” della nobiltà fiorentina e fiesolana, Firenze 1993, p. 114 n. 256; G. De Juliis, Traccia di una storia della collezione Riccardi di disegni e stampe, in I disegni della biblioteca Riccardiana di Firenze, a cura di M. Chiarini, Firenze 1999, p. 18; S. Sperindei, F.M. R. (1697-1758). Un Monsignore fiorentino nella Curia romana, Roma 2012; G. Lazzi, Gabriello Riccardi (Firenze 1706-1798), in La fortuna dei primitivi. Tesori d’arte dalle collezioni italiane fra Sette e Ottocento (catal.), Firenze 2014, p. 453; S. Sperindei, Novità dalle carte della famiglia Riccardi: parati, tessuti e ricami tra Firenze e Roma, in Vestire i palazzi. Stoffe, tessuti e parati negli arredi e nell’arte del Barocco, a cura di A. Rodolfo - C. Volpi, Città del Vaticano 2014, pp. 200-203.