SCHIAFFINO, Francesco Maria
– Nato a Genova il 17 luglio 1688 dai camogliesi Geronima Olivari e Baldassare Schiaffino, fu battezzato il giorno stesso nella chiesa genovese del Ss. Salvatore, come attestano i registri dei battesimi, matrimoni e defunti dell’archivio parrocchiale (Figari, 1988, p. 22).
Dopo un breve avvicinamento allo studio delle lettere, seguì le orme del fratello maggiore Bernardo, che, già avviato dal padre alla professione di scultore, diventò suo maestro (Ratti, 1769, p. 280). Francesco mostrò ben presto le sue capacità artistiche, modellando «l’opre più belle che qui s’abbiamo ed in specie l’egreggie fatture del Puget in Carignano, [...] con molto garbo ed avvedutezza» (Ratti, 1762, 1997, p. 199). Su suggerimento di Bernardo e grazie alla raccomandazione del pittore Paolo Gerolamo Piola, all’incirca nel 1720 partì per Roma per perfezionarsi nell’importante studio di scultura di Camillo Rusconi. Secondo il biografo Carlo Giuseppe Ratti, trascorse nella bottega romana quattro o cinque anni esercitandosi nella copia delle «insigni statue sì latine che greche, delle quali abbonda quella metropoli» e modellando le più note sculture moderne, tra cui «quella di Mosé, mirabil opera del Buonarroti, ed alcune del Bernino e dello stesso Rusconi, di cui parecchie se ne veggono esposte in S. Giovanni Laterano» (ibid.; Id., 1769, p. 280). In una lettera a Piola datata 7 novembre 1722, Rusconi ricordava l’impegno profuso dal genovese nello studio, mostrandosi tuttavia cauto a proposito delle sue qualità artistiche: «il sig. Francesco Schiaffino si porta veramente assai bene, ed assai meglio di ciò che al principio sperai; onde con l’applicazione allo studio, con la bontà del talento e de’ costumi, si rende sempre più meritevole di quell’amore, e di quella assistenza che a contemplazione di V.S. ho procurato e procurerò sempre di prestargli, sperando che sarà per corrispondere alla comune aspettazione» (Bottari, 1768, p. 288; Martinelli, 1953, p. 237).
Benché Francesco volesse stabilirsi definitivamente a Roma, dove aveva già trovato «un sito presso S. Francesco a Ripa ed ivi pensava di ergersi uno studio», nel 1724 venne richiamato a Genova dal fratello, che necessitava del suo aiuto in bottega (Ratti, 1762, 1997, p. 200). La collaborazione tra i due venne tuttavia interrotta l’anno successivo con la morte di Bernardo, che lasciava al fratello il suo avviato studio in strada Giulia e alcuni lavori rimasti incompiuti; tra questi, le perdute statue in stucco raffiguranti la Fede e la Speranza e la decorazione in marmo della cappella di S. Erasmo nella chiesa rapallese dei Ss. Gervasio e Protasio, iniziate nel 1716 da Bernardo, ma concluse nel 1737 da Francesco (Remondini, 1888, pp. 26 s.).
Secondo l’indicazione di Ratti, dopo il rientro a Genova, Francesco avrebbe realizzato il gruppo marmoreo di Plutone che rapisce Proserpina per la galleria di palazzo Durazzo, l’attuale Palazzo Reale. La raffigurazione del ratto, eseguita su «un egregio modello del Rusconi» con un linguaggio decorativo e virtuosistico, è ancora oggi punto focale dello spazio della galleria, composto da affreschi, stucchi dorati e da una doppia sequenza di sculture allegoriche (Ratti, 1769, p. 281; Leoncini, 2012, pp. 44 s., 248-250). Per lo stesso palazzo Schiaffino avrebbe scolpito anche il busto di Eugenio Durazzo, «con tutta affezione e con una parucca la più capricciosa del mondo» (Ratti, 1762, 1997, p. 200), originariamente collocato nella piccola galleria (Id., 1766, pp. 180 s.; Bruno, 2011, p. 170). Oggi è conservato nel genovese palazzo Durazzo alla Meridiana ed è l’unico tra i «busti di ritratti» segnalati da Ratti ancora rintracciabile: sono infatti dispersi i busti realizzati per il palazzo De Mari in Campetto e i dodici raffiguranti la famiglia reale spagnola, per cui Schiaffino scolpì «collane e monili e catenelle lavorate con tutta la più fina dilicatezza» (Ratti, 1762, 1997, p. 200; Id., 1769, p. 281).
Grazie all’indicazione di Angelo e Marcello Remondini è possibile datare al 1728 la Madonna della Misericordia della chiesa di S. Pancrazio a Genova, realizzata da Schiaffino «a spese di Carlo Pallavicini fu Gian Luca» (1865, p. 179 nota 1; Franchini Guelfi, 1990, p. 87 nota 42). Seguendo un modello iconografico proposto da Pietro Orsolino, l’artista avviò così la sua ricca produzione di sculture a tema mariano, in linea con la diffusione di un sentito culto locale per la Vergine, che nel 1637 era stata proclamata regina della città (Franchini Guelfi, 1989, p. 59). Proprio Schiaffino venne incaricato dalla Repubblica genovese di realizzare nel 1729 l’immagine marmorea della Madonna Regina di Genova per la cappella di palazzo ducale (Dagnino, 1999, p. 276 nota 1). Lo stesso anno è datato il pagamento di un Putto raffigurante l’Inverno che, su richiesta di Giovan Francesco Brignole, lo scultore realizzò per il «barchile» (fontana) di piazza «Chiappa la vecchia» a Genova (Pastorino, 1964, p. 24). L’allegoria marmorea, oggi nel Museo di S. Agostino di Genova, riproduce uno dei putti raffiguranti le stagioni scolpiti da Rusconi per il marchese Nicolò Maria Pallavicini (Ratti, 1766, p. 106). Era probabilmente ispirato alla stessa fortunata serie rusconiana il perduto Putto allegoria dell’Estate, che secondo l’indicazione di Ratti fu eseguito per casa Brignole (1762, 1997, p. 201).
È ancora il biografo ligure a segnalare la prestigiosa commissione affidata a Schiaffino da Giovanni V, re del Portogallo, confortata dalla documentazione della Biblioteca nacional di Lisbona: servendosi di un modello portoghese inviato nel 1731 e con la collaborazione dell’allievo Giovanni Domenico Olivieri, lo scultore realizzò «una gran gloria d’angioli alta trentatré palmi, con un Cristo in croce di undici e due altri angioli in adorazione, opera che riuscì belissima e lavorata con tutta pulitezza» (Ratti, 1762, 1997, p. 200; Vale, 2002, pp. 24-27, 127-132); il gruppo marmoreo fu collocato sopra l’altare maggiore della basilica di Mafra, dove ottenne «sommo credito; onde poi da Lisbona molte altre commissioni successivamente gli vennero» (Ratti, 1769, p. 281). Potrebbe derivare dal successo riscosso in Portogallo la commissione dell’Immacolata posta sulla facciata della chiesa lisbonese di São Antão do Tojal, che Fausta Franchini Guelfi (2003, p. 160; 2006, pp. 229 s.) ha avvicinato alla bottega di Schiaffino.
Come documentato dal contratto e dai pagamenti conservati nell’Archivio di Stato di Genova, tra il 1734 e il 1735 lo scultore progettò la macchina d’altare dell’Arte degli stoppieri nella chiesa genovese di S. Marco al Molo (Franchini Guelfi, 1988, pp. 294 s., n. 5). Oltre alla realizzazione dell’altare, da includere tra i numerosi lavori da «marmoraro» svolti con la sua bottega, si occupò dell’intero apparato scultoreo: l’artista scolpì le figure della Vergine con il Bambino e dei Ss. Nazario e Celso, ricordando le sculture della cappella Della Torre in Nostra Signora della Consolazione a Genova, realizzate dal fratello Bernardo (Franchini Guelfi, in La scultura..., 1988, pp. 244-246).
Nel 1738 l’arciconfraternita della Morte e Orazione di Genova commissionò l’altare del suo oratorio a Schiaffino (Milano, 2001, pp. 69-73, 77-78), che lo stesso anno era già stato incaricato dai deputati dell’ospedale civile della città di realizzare per la chiesa dell’Annunziata di Portoria un monumento funebre dedicato alla genovese Caterina Fieschi Adorno, da poco canonizzata. Secondo il dettagliato accordo con l’artista, quattro sculture raffiguranti le virtù della santa, poste attorno all’urna con le sue spoglie, avrebbero dovuto sostenere un baldacchino marmoreo, sormontato da angeli, nuvole e raggi (Gavazza, 1965, pp. 179 s., 184-189 nota 1); l’opera, tarda testimonianza di una cultura figurativa avviata a Genova da Pierre Puget, impegnò Schiaffino almeno fino al 1750, anno dell’ultimo pagamento documentato (Genova, Archivio storico documentale antico ospedale Pammatone, ms. 34, Amministrazione Deposito S. Cattarina, 1749-1797, nn. 4, 143, 144); Ratti menzionò ancora un «belissimo modello» realizzato per il completamento della cappella del mausoleo attorno al 1762, ma mai messo in opera (1762, 1997, p. 200). Uniche tracce dell’incompiuto e complesso progetto iniziale sono le quattro Virtù, che mostrano l’assimilazione dei modelli studiati da Schiaffino durante il suo soggiorno formativo romano: in particolare, la Fortezza e il motivo delle volute che sorreggono le allegorie marmoree derivano dal Monumento funebre di Gregorio XIII scolpito da Camillo Rusconi per la basilica Vaticana negli anni in cui il genovese frequentava la sua bottega (Ratti, 1769, p. 281; Gavazza, 1962, p. 107).
In vista delle celebrazioni per la beatificazione di Alessandro Sauli vennero commissionati a Schiaffino i modelli per le statue di otto apostoli e quattro dottori della Chiesa per la basilica genovese di Nostra Signora Assunta di Carignano. Il riferimento figurativo per i bozzetti in cera, retribuiti da Domenico Maria Ignazio Sauli tra il 1739 e il 1740 e oggi dispersi, fu sicuramente la serie degli apostoli della basilica di S. Giovanni in Laterano; molto meno monumentale risultò tuttavia la traduzione in stucco delle dodici figure, modellate con notevole libertà espressiva dall’intelvese Diego Francesco Carlone (Gavazza, 1962).
Terminato l’incarico per la basilica, all’incirca nel 1740 scolpì per l’altare maggiore della chiesa di S. Ambrogio a Varazze la statua marmorea dell’Assunta, allineandosi alla tradizionale raffigurazione pugettiana della Vergine, con le braccia aperte e portata in cielo dagli angeli (Ratti, 1780, p. 57; Sculture di Francesco Maria Schiaffino, 1973). L’anno dopo si occupò di progettare gli scenografici altari del Crocifisso e del Rosario in S. Giovanni Battista a Chiavari, per cui aveva già realizzato l’altare maggiore nel 1728 (Puccio Canepa, 2001).
Tra il 1743 e il 1744 elaborò per la chiesa di S. Croce di Bosco Marengo i due altari dedicati a S. Domenico in Soriano e a Pio V (Bruzzone, 1907, pp. 302-304); scolpì inoltre le statue della Fede, di S. Benedetto e S. Mauro destinate all’imponente macchina dell’altare maggiore della chiesa benedettina di Saint-Benoît a Saint-Malo, ma oggi collocate nella cattedrale di Saint-Vincent (Franchini Guelfi, 2000).
Nel 1744 vennero commissionati allo scultore l’altare dell’oratorio di S. Giacomo a Genova San Desiderio e un bassorilievo raffigurante l’Annunciazione per la facciata della Ss. Annunziata di Portoria (Franchini Guelfi, 1986, pp. 35, 38 nota 17; Ead., in La scultura..., 1988, p. 284). Dovrebbe invece collocarsi tra il 1745 e il 1748 la realizzazione dell’altare del Rosario della basilica di S. Maria Assunta a Camogli: alcuni atti notarili, attualmente dispersi ma nominati in un manoscritto ottocentesco, restituiscono a Francesco l’intera paternità dell’opera camogliese, che secondo Ratti era stata in parte eseguita dal fratello maggiore. Nella composizione e nella gestualità delle maestose figure della Madonna del Rosario e dei Ss. Domenico e Caterina, collocate sull’altare, è comunque evidente il riferimento alle sculture elaborate per la cappella Della Torre (Ratti, 1780, p. 11; Franchini Guelfi, in La scultura..., 1988, p. 284).
Sono datati tra il 1745 e il 1749 i pagamenti per l’altare della parrocchiale di Albisola e per la «statua di san Nicolò di Bari in gloria su d’una nube con molti angioli»; nella stessa cittadina è segnalato da Ratti anche il bassorilievo con l’Immacolata Concezione, scolpito da Schiaffino per villa De Mari (Ratti, 1762, 1997, p. 201; Chilosi, 1988, p. 57). Coinvolto nella creazione di un nuovo apparato ornamentale per la seicentesca Madonna di Tomaso Orsolino nel santuario dell’Acquasanta di Genova Voltri, l’artista scolpì nel 1745 «un gruppo d’angioli in nuvola di marmo» ed eseguì nel 1754 l’altare in marmi policromi; i collaboratori Carlo Cacciatori e Carlo Bignetti portarono a termine la decorazione della cappella entro il 1777 (Franchini Guelfi, 1989, pp. 62-66, note 9-11; Ead., 2017, pp. 350-352, 355, note 1-4, 9). Grazie alla vicinanza con l’intervento decorativo di Voltri è stato possibile accostare alla bottega del genovese anche l’altare realizzato nel 1755 per la cappella dell’Assunta nella cattedrale nuova di Cadice (Franchini Guelfi, 2000, p. 9).
«Venuto a Genova l’anno 1747, il Duca di Richelieu volle essere dallo Schiaffino ritratto in marmo» (Ratti, 1769, p. 282). Oltre alla scultura «di cinque palmi», oggi conservata al Louvre (inventario L.P.455), nel 1748 l’artista realizzò per il Senato di Genova un altro ritratto del duca; l’opera, collocata nel salone del Maggior Consiglio di palazzo ducale, fu distrutta durante i disordini rivoluzionari del 1797 (Ratti, 1762, 1997, pp. 201 s.; Banchero, 1846, pp. 320, 354).
Nel dicembre del 1748 Giovan Francesco II Brignole Sale donò alla cattedrale di Genova una statua dell’Immacolata in argento sbalzato e cesellato; l’opera, oggi custodita presso il Museo del Tesoro, era stata realizzata da un anonimo argentiere che si servì di un modello perduto, attribuito a Schiaffino e caratterizzato da un panneggio mosso che avvolge morbidamente il corpo della Vergine. La statua mostra notevoli affinità con l’Immacolata marmorea scolpita da Francesco negli anni Quaranta del Settecento per la chiesa del Ss. Salvatore e attualmente collocata presso la chiesa del Ss. Redentore (Descrizione della città di Genova, 1818, 1969, p. 272; Franchini Guelfi, 1989, pp. 59, 64 s., note 2-5; Sanguineti, 1999, p. 267 cat. VIII.6). È ispirata allo stesso modello l’Immacolata attribuita a Schiaffino, esposta al Museo di S. Agostino a Genova e proveniente da un’edicola in via Canneto il Curto, all’angolo con vico Oliva: il tabernacolo ex voto in cui era posta è datato 10 dicembre 1746 (Franchini Guelfi, 1994, pp. 61 s., cat. 25).
Nell’aprile del 1750, «visto il dissegno del scultore Schiaffino», venne avviata la fabbricazione del nuovo altare della chiesa dell’Albergo dei Poveri, terminata l’anno successivo con i finanziamenti di Settimia Gentile Pallavicino (Parma Armani, 1988, pp. 91 s.). È invece datato 8 luglio 1753 il contratto per l’edificazione dell’altare marmoreo della cappella del Crocifisso nella chiesa di S. Siro a Genova Nervi. Schiaffino venne retribuito per l’opera fino al 1758, progettando la struttura architettonica dell’altare ed elaborando, con la collaborazione di un allievo, un apparato scultoreo composto da putti, teste di angeli, nubi e raggi e dalle figure dell’Addolorata e della Maddalena (Archivio di Stato di Genova, Notai Antichi, n. 12399, Lorenzo Maria Molfino, n. 137; Genova Nervi, Archivio parrocchiale chiesa plebana S. Siro, Libro di S. Siro di Nervi della Masseria della Chiesa, 1724-1812).
Stando alle parole di Federico Alizeri, «non prima del 1754» lo scultore donò all’Accademia Ligustica alcuni bassorilievi attualmente dispersi: uno raffigurava S. Caterina Fieschi, mentre gli altri due erano bozzetti preparatori per i rilievi con Episodi della Passione di Cristo, commissionati a Schiaffino da un «certo frate Dionigi de’ minori osservanti di Gerusalemme [...] per ornarne lo Santo Sepolcro» (Ratti, 1769, p. 281; Alizeri, 1864, p. 88). L’anno successivo, con una patente rilasciata il 25 gennaio dal principe dell’Accademia Ranieri Grimaldi, lo scultore venne ufficialmente nominato accademico di merito, per aver fatto «risorgere nell’inclita nostra Liguria la scultura [...] – e – ammirare all’Europa tutta la rarità dei suoi talenti» (Staglieno, 1862, pp. 194 s.).
Entro il 1755 l’artista scolpì la marmorea S. Anna con Maria bambina per l’omonima chiesa genovese e le statue raffiguranti i Ss. Pietro e Paolo per la basilica di Camogli (Carattino, 1964, p. 30; Franchini Guelfi, in La scultura..., 1988, p. 285); con grande fantasia decorativa si occupò inoltre dell’ornamento in marmo della cappella di S. Francesco da Paola nell’omonimo santuario genovese (Pancrazi - Castelnovi, 1971, p. 22). Nominato direttore della Scuola di scultura in Accademia (Franchini Guelfi, in La scultura..., 1988, p. 286), nel 1756 realizzò la perduta statua del marchese Patrizio Giacomo de’ Franchi, in origine collocata accanto al portale della chiesa di S. Colombano (Banchero, 1846, p. 103).
Venne invece retribuito nel 1760 il monumentale S. Domenico commissionato da Giovanni Andrea IV Doria per la scalinata che conduceva al monastero domenicano dello Spirito Santo di Genova. La scultura, che nella postura e nella gestualità mostra le ancora vive suggestioni della statuaria romana, fu spostata presso S. Maria di Castello in seguito alle soppressioni degli ordini religiosi; oggi è situata nell’atrio del teatro Carlo Felice (Stagno, 2010, pp. 124-126, 133 note 182-187).
Entro il 1762 furono affidate a Schiaffino le ultime commissioni, come la Madonna di Loreto per l’altare maggiore della chiesa di S. Maria di Nazareth a Sestri Levante (Sestri Levante, Archivio parrocchiale S. Maria di Nazareth, Libro del Cassiere Signor Cabella, 1728-1766). Dovrebbe rientrare nella stessa cronologia l’Immacolata collocata nella cappella di palazzo Doria Lamba (già Lomellini) a Genova, che Alizeri assegnò a Schiaffino nel 1846 (p. 546; Franchini Guelfi, 1995, pp. 244 s., cat. 62); lontana dalle opere monumentali dell’artista, la Madonna genovese è caratterizzata da forme aggraziate che delineano anche la piccola Vergine col Bambino della parrocchiale di Ruta, raffinato esempio di scultura destinato ad una cappella privata (Franchini Guelfi, in La scultura..., 1988, pp. 239, 285; Ead., 2017, p. 353).
Venne infine avviato nel 1762 l’intervento decorativo nella chiesa delle Scuole Pie di Genova su commissione dei padri scolopi, che tra il 1748 e il 1750 avevano già affidato a Schiaffino la pulitura della Madonna di Francesco Fanelli sopra l’altare maggiore e la creazione del basamento di angeli e teste di cherubini per la statua. Accanto al rivestimento delle pareti della chiesa con marmi policromi, lo scultore s’impegnò a realizzare una serie di nove bassorilievi con Episodi della vita della Vergine. I primi tre, raffiguranti l’Adorazione dei pastori, la Presentazione di Gesù al Tempio e Gesù tra i dottori, vennero retribuiti tra luglio e dicembre 1762; Schiaffino li lavorò con disinvoltura, mostrando capacità compositiva e virtuosismo nei panneggi e nella resa drammatica delle espressioni (Franchini Guelfi, in La scultura..., 1988, p. 295; Priarone, 2009, pp. 35, 39 s., 45 note 88, 99).
Senza portare a termine l’impresa, lo scultore morì il 3 gennaio 1763. La data del decesso, segnalata per la prima volta da Ratti nella versione manoscritta delle sue Vite, è confermata nel Libro degli accademici e studenti dell’Accademia Ligustica (Ratti, 1762, 1997, p. 202; Franchini Guelfi, in La scultura...,1988, p. 283); va dunque rifiutata l’indicazione pubblicata da Ratti nel 1769, secondo la quale l’artista morì il 3 gennaio 1765 (p. 282).
Il ciclo delle Scuole Pie fu concluso da due allievi di Schiaffino con un linguaggio affine a quello del maestro: Carlo Cacciatori e Niccolò Stefano Traverso realizzarono i restanti sei rilievi servendosi di «bozzetti in piccolo, formati in cera con pieghette di tela», modellati dallo stesso Schiaffino (Alizeri, 1865, p. 166; Priarone, 2009, pp. 36-39, 45 note 89-98). Era, infatti, consuetudine dello scultore, specialmente negli ultimi anni di attività, fornire precise direttive e predisporre modelli, poi riprodotti fedelmente dai suoi collaboratori. Il complesso marmoreo della cappella del conte de las Cinco Torres nella chiesa di S. Filippo Neri, a Cadice, potrebbe essere una delle ultime testimonianze del ruolo di progettista rivestito da Schiaffino nella sua bottega; l’affinità dell’opera con il suo linguaggio scultoreo fa presupporre, infatti, un intervento ideativo dell’artista, portato a compimento da alcuni allievi entro il 1775 (Franchini Guelfi, 2000, pp. 9 s., 12 s., note 24-29; Ead., 2017, pp. 352 s., 355, nota 14).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Notai antichi, n. 12399, Lorenzo Maria Molfino, n. 137; Genova Nervi, Archivio parrocchiale chiesa plebana S. Siro, Libro di S. Siro di Nervi della Masseria della Chiesa, 1724-1812, cc. 140, 142, 156, 159, 162, 165; Genova, Archivio storico documentale antico ospedale Pammatone, ms. 34, Amministrazione Deposito S. Cattarina, 1749-1797, nn. 4, 143, 144; Sestri Levante, Archivio parrocchiale S. Maria di Nazareth, Libro del Cassiere Signor Cabella, 1728-1766, cc. 107, 114.
C.G. Ratti, Storia de’ pittori, scultori et architetti liguri e de’ forestieri che in Genova operarono (1762), a cura di M. Migliorini, Genova 1997, pp. 199-203; Id., Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura, ed architettura, Genova 1766, p. 106; G.G. Bottari, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura, VI, Roma 1768, pp. 288 s.; C.G. Ratti, Delle vite de’ pittori, scultori, ed architetti genovesi..., Genova 1769, pp. 279-283; Id., Descrizione delle pitture, scolture, e architetture ecc. che trovansi in alcune città, borghi, e castelli delle due riviere dello Stato ligure..., Genova 1780, pp. 11, 57; F. Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, I, Genova 1846, p. 546; G. Banchero, Genova e le due riviere, Genova 1846, pp. 103, 320, 354; M. Staglieno, Memorie e documenti sulla Accademia Ligustica di Belle Arti, Genova 1862, pp. 194 s.; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalla fondazione dell’Accademia, I, Genova 1864, p. 88, II, 1865, p. 166; A. Remondini - M. Remondini, I santuari e le immagini di Maria Santissima nella città di Genova, Genova 1865, p. 179 nota 1; Iid., Parrocchie dell’archidiocesi di Genova: notizie storico-ecclesiastiche, IV, Golfo di Rapallo, Genova 1888, pp. 26 s.; B.L. Bruzzone, L’arte nel Monferrato, in Rivista di storia, arte e archeologia per la provincia di Alessandria, XVI (1907), pp. 301-323; V. Martinelli, Due modelli di Camillo Rusconi ritrovati, in Commentari, IV (1953), pp. 231-241; E. Gavazza, La collaborazione Carlone-Schiaffino nella Basilica di Carignano a Genova, in Arte Lombarda, VII (1962), 2, pp. 105-116; A. Carattino, La chiesa di S. Anna in Genova, in Liguria, XXXI (1964), 7-8, pp. 30 s.; T. Pastorino, I «barchili» e le fontane pubbliche di Genova, in Genova, XLIV (1964), 4, pp. 17-31; E. Gavazza, Per lo scultore F.M. S. 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