SPINELLI, Francesco Maria
– Nacque a Morano Calabro, presso Cosenza, il 30 gennaio 1686, da Antonio e da Anna Beatrice Carafa dei principi di Belvedere.
Quasi tutte le notizie sulla vita vengono dalla sua Autobiografia, scritta, come lui stesso affermò, su sollecitazione di Giambattista Vico: «Ecco che io stesso, il quale vinti anni sono non volli far ciò a molte istanze, che me ne fece il celebre Gio. Battista di Vico, al quale sempre rispondea, che lo stesso era pretender da me la mia Vita letteraria, come la militare, quantunque io non avessi giammai a miei dì veduto non che fazione alcuna, ma nè meno esercito in battaglia» (Vita..., in Raccolta d’Opuscoli..., a cura di A. Calogerà, 1753, p. 465).
Nel 1698, Francesco Maria, principe della Scalea, si trasferì con la famiglia a Napoli, dove conobbe Gregorio Caloprese (1654-1715), il «gran filosofo renatista», come fu definito da Vico, o «gran Filosofo Cartesiano», come lo chiamò il principe. Le prime lezioni toccarono l’algebra, la geometria e qualche autore latino. Il primo periodo di scuola durò quasi un anno e s’interruppe quando Spinelli si spostò a Roma, da uno zio di parte materna, il futuro cardinale Pier Luigi Carafa (1677-1755). Poi, in compagnia dello zio medesimo, fece un breve giro per l’Italia, quindi tornò a Napoli e da qui in Calabria. Dopo sei mesi di ozi, tornò da Caloprese per ultimare gli studi intrapresi nella capitale del Regno. Alla scuola di Caloprese rimase quattro anni ed è di grande rilevanza ciò che testimonia circa il metodo usato dal maestro. Prima di cominciare le lezioni, infatti, Caloprese, vedendo l’allievo gracile e malfermo, volle farlo irrobustire con esercizi e pratica sportiva, poiché andava ripetendo: «In un corpo così debole, la mente ancora debole avrebbe pensato» (pp. 471 s.). La giornata di studi era divisa in quattro parti: due al mattino e due al pomeriggio; la sera, dopo il pranzo, era riservata al riepilogo del lavoro svolto durante la giornata. Il primo periodo della mattinata veniva impiegato nella lettura di un passo delle Sacre Scritture, mentre il secondo era dedicato alla matematica. Nel pomeriggio, invece, il primo periodo era destinato alla filosofia e il secondo all’eloquenza. Tutti i giorni, prima del tramonto, Caloprese lasciava a disposizione dell’allievo un po’ di tempo per una passeggiata. Alla scuola del filosofo di Scalea, Spinelli apprese i principali autori latini, come «Plauto, Terenzio, Orazio, Catullo, Tibullo e Properzio, le orazioni di Cicerone [...] Sallustio, Tito Livio [...] qualche bello squarcio di Dante, dell’Ariosto, e del Tasso, e quasi tutto il Canzoniere del Petrarca» (p. 478).
La morte del padre lo costrinse ad abbandonare gli studi e a tornare a Napoli per sposare Ippolita Pignatelli, erede del Ducato di Termoli, che dopo non molto tempo, nel 1709, morì di tisi. Spinelli sposò poi Rosa Pignatelli, figlia del duca di Monteleone, con la quale si trasferì a Napoli, dove gli pervenne la triste notizia della morte del suo caro maestro (1715). A Napoli, il principe della Scalea ritrovò i vecchi amici cartesiani coinvolti nelle polemiche che stavano conducendo con Paolo Mattia Doria, un vecchio compagno di studi dello stesso principe alla scuola di Caloprese, che ora era passato all’altra sponda.
Spinelli morì a Napoli il 4 aprile 1752.
Il pensiero di Spinelli si caratterizza principalmente per la polemica che lo oppose a Doria a proposito dello spinozismo e in quella che condusse a distanza con Pierre Bayle e con Francesco Antonio Piro, autore dell’opera Della origine del male contra Baile. Nel 1724 Doria pubblicò i Discorsi critici filosofici, in cui sostenne che lo spinozismo altro non era che la conseguenza logica del cartesianismo; a ciò Spinelli rispose, nel 1733, con le Riflessioni sulle principali materie della prima filosofia, opera recensita nei Nova acta eruditorum lipsiensium (1735), in cui «ritorceva sul Doria un’accusa che questi aveva fatto alla fisica cartesiana, di recare all’identificazione fra Dio e natura» (Ricuperati, 1970, p. 390); nello stesso anno Doria scrisse le Risposte, nelle quali tentò di ribaltare le accuse. Nella sua Autobiografia, il principe della Scalea smorzò di molto i toni della polemica, affermando che nelle Riflessioni non «ebbe per iscopo lo impugnar quel libro del Sig. Don Paolo, e molto meno il difender Renato dagli errori imputatigli in quel libro, come lo stesso Principe se ne dichiara nel principio della sua opera. Anzi sul principio nè meno era sua intenzione di formare, e publicare col libro alcune delle dette sue Riflessioni, ma le andava formando a misura, che le dette occasioni ce lo costringevano» (Vita..., cit., 1753, p. 504) e concludeva che «un buono e vero cartesiano non solamente non dee biasimar Platone; ma per entrare negli intimi penetrali della profonda filosofia, dee seguitar necessariamente questo filosofo dal quale solo si può apprendere la perfetta unità della mente» (p. 509).
Nella De origine mali dissertatio (1750), Spinelli rigettava le idee di Bayle sui motivi per cui Dio creò l’uomo capace di peccare e sul perché le pene del «reprobo non hanno mai fine nell’altra vita» (Piromalli, 1996, p. 190); in quest’opera Spinelli criticava anche le tesi di Piro e indirettamente quelle di Gottfried Leibniz, «ritenendole non solo inadeguate a risolvere la controversia con Bayle ma addirittura pericolose per la dottrina cristiana» (Caligiuri, 2006, p. 221). Legata a questa opera è la De bono dissertatio (1751), in cui Spinelli sostenne che l’ottimo è prerogativa dell’Onnipotente e l’uomo, dopo Adamo, soggiace alla necessità. La polemica tra Spinelli e Piro fu censurata da Giovanni Lami che affermò: «La gran controversia, che ha dato tanto da disputare ne’ primi secoli della chiesa, e sopra di cui tanto scrissero, si è risvegliata, e fieramente accesa ora in Napoli, circa l’Origine del male, fra il padre Piro calabrese di nazione, e Minimo di religione, che diede fuori un libretto intitolato il Nuovo Antimanicheismo e il Sig. Principe della Scalea, il quale in una dissertazione latina De Origine mali, data fuori pochi mesi fa, ha fatto vedere ch’ei non approva il sistema del Minimo religioso [...]. Ma mentre scrivo ciò sono avvisato, che questa inutile disputa sarà finita, perché il Padre Piro per ordine del suo Generale parte di Napoli, e il Sig. Principe della Scalea ha avuta una forte riprensione da chi gliele potea fare, per la sua Dissertazione De Origine mali. Quando avrò lette le opere di costoro, dirò ancora io il mio parere» (Novelle letterarie..., 1751, col. 206).
Lami tornò, come promesso, sull’argomento e a proposito di Spinelli aggiunse: «Egli mi ha fatto assicurare che non è vero, che egli abbia avuta riprensione alcuna per un libro, il quale è impresso con tutte le debite approvazioni de’ Superiori in Napoli, che è il suo libro parimente intitolato De Origine mali, e che ha avuto la cautela di scrivere in latino, acciò non sia inteso dalla gente più volgare, e più capace a ingannarsi. In verità il Signor Principe della Scalea merita lode per questo, e per aver mostrato, che egli al contrario di molti del suo rango, sa la lingua latina, e si occupa se non altro in leggere libri e scrivere, e non istà tutto giorno colle carte da giocare in mano, o a perdersi continuamente accosto all’Andrienne di qualche bella» (coll. 360-361).
Fonti e Bibl.: Riflessioni di Francesco Maria Spinello Principe della Scalea Su le principali materie della prima Filosofia, fatte Ad occasione di esaminare la Prima Parte d’un libro intitolato “Discorsi Critici Filosofici intorno alla Filosofia degli Antichi, e de’ Moderni etc.” di Paolo Mattia Doria..., Napoli 1733; Risposte di Paolo Mattia Doria ad un libro stampato [...] L’anno 1733, col titolo riflessioni di F.M. S. ..., Napoli 1733; F.M. S., in Nova Acta eruditorum lipsiensium, Lipsiae 1735, pp. 71-80; Francisci Mariae Spinelli [...] De origine mali dissertatio, Napoli 1750; Francisci Mariae Spinelli de bono dissertatio, Neapoli 1751, vol. 12; Novelle letterarie pubblicate in Firenze, 1751, col. 206; Vita, e studj di F.M. S. Principe della Scalea. Scritta da lui medesimo in una Lettera, in Raccolta d’Opuscoli scientifici e filologici, a cura di A. Calogerà, XLIX, Venezia 1753, pp. 465-521.
N. Badaloni, Introduzione a G.B. Vico, Milano 1961; A. Quondam, Cultura e ideologia di Gianvincenzo Gravina, Milano 1968, pp. 43-54; G. Ricuperati, L’esperienza civile e religiosa di Pietro Giannone, Milano-Napoli 1970; P. Zambelli, Il rogo postumo di Paolo Mattia Doria, in Ricerche sulla cultura dell’Italia moderna, a cura di P. Zambelli, Bari 1973, pp. 149-198; V. Conti, Paolo Mattia Doria. Dalla Repubblica dei togati alla Repubblica dei notabili, Firenze 1978; P. Addante, Il movimento antibayliano nel mezzogiorno d’Italia dal Piro al Genovesi, Bari 1982, pp. 40-46; P. Addante, Francesco Antonio Piro. Contributo alla storia della Calabria e del pensiero filosofico del Settecento, II, Bari 1984; E. Nuzzo, Verso la vita civile, Napoli 1984; P.P. Berlingieri, Il problema del male in Pierre Bayle e F.M. S., Soveria Mannelli 1994; A. Piromalli, La letteratura calabrese, II, Cosenza 1996; G. Caloprese, Opere, a cura di F. Lomonaco - A. Mirto, Napoli 2004; R.A. Syska-Lamparska, Letteratura e scienza. Gregorio Caloprese teorico e critico della letteratura, Napoli 2005; W. Caligiuri, Francesco Antonio Piro e la filosofia di Leibniz. Principio di ragion sufficiente e problema del male, Cosenza 2006; F.M. Spinelli, Vita, e studj scritta da lui medesimo in una Lettera, introduzione e cura di F. Lomonaco, Genova 2007.