VERACINI, Francesco Maria
Violinista e compositore, nato a Firenze il 1° febbraio 1690, morto vicino a Pisa (secondo altri a Londra) circa il 1750. Studiò sotto la guida di Antonio Veracini (v.) del quale era nipote, poi di G. G. Bernabei, di G. M. Casini e di Francesco Gasperini. Svolge un'intensa attività concertistica in Italia e fuori. Le prime notizie che se ne hanno ci mostrano un V. già tanto evoluto nell'arte violinistica da influire profondamente su quella di G. Tartini, allora già acclamato virtuoso: il V. aveva dato, verso il 1714, alcuni concetti a Venezia, e il Tartini, vivamente ammirato di quell'arte, si ritirò dall'agone concertistico, non rientrandovi che dopo avere rinnovato con nuovi studî tutta la sua tecnica. Il 23 gennaio del 1714 il V., che era intanto giunto a Londra, esordisce al King's Theatre sonando come solista tra un atto e l'altro delle opere. Secondo Ch. Burney, egli era già considerato come il più grande violinista d'Europa. Notevole è, fra gli altri, il grande concerto tenuto nell'aprile 1715, in cui il V. presenta musiche vocali e strumentali di sua composizione. A Londra egli rimane molto tempo, sempre favorito dai competenti e dal pubblico. Nel 1720 (secondo altri già nel 1717), il V. passa però a Dresda, chiamatovi dall'elettore di Sassonia quale violino solista. Quivi egli non doveva trovare un ambiente molto facile da conquistare: dopo alcuni anni, l'ostilità di cui era animatore J. G. Pisendel aveva raggiunto forme tali da costringere il V. ad abbandonare il posto e la stessa Germania. Così nel 1723 troviamo il maestro a Praga, violinista presso il conte Kinsky; dopo Praga, egli rientra in Italia. Nel 1735 ritorna a Londra, dove nuovamente si vede acclamato, tanto come violinista (nonostante le accoglienze, forse anche più entusiastiche, tributate nel tempo stesso a F. Geminiani) quanto come compositore. E non solo come compositore di musica strumentale, ma anche come operista, specialmente con l'Adriano in Siria (rappr. al King's Theatre "per ordine di S.M." il 25 novembre 1735 e poi numerose volte replicato). Altre opere furono La clemenza di Tito (rappr. al teatro di Haymarket nel 1737), L'errore di Salomone (1745). La fortuna dell'Adriano fu tale che se ne pubblicarono a parte diversi pezzi. Verso il 1746 ritornò in Italia, a Pisa.
Delle sue numerose composizioni, poco egli aveva pubblicato: due serie di sonate per violino (12 sonate per ogni serie): a Dresda e Amsterdam (1721) la prima, a Londra e Firenze (1744) la seconda, e una raccolta di sonate per violino e flauto, a Venezia nel 1716. In ms. lasciava le opere teatrali (Adriano, Roselinda, Salomone), buon numero di altre sonate, di concerti, sinfonie (per 2 violini, viola, violoncello con il basso continuo per il cembalo), cantate (Nice e Tirsi e Parla al ritratto dell'amante), un canone a 2 voci, di soprano (Ut relevet miserum), un'aria per soprano con accompagnamento di quartetto (M'assalgono affanno e fierezza). La biblioteca del R. Conservatorio L. Cherubini di Firenze possiede inoltre in ms. un Trattato di musica, in due parti.
Nuove edizioni di opere del V. sono state curate da diversi violinisti e studiosi moderni, tra i quali F. David, G. Wasielewski, L. Torchi, E. Pente, M. Corti, C. Barison, R. Tagliacozzo, O. Respighi, I. Pizzetti, ecc.
Nell'arte di F. M. V., come in quella di Antonio Veracini, è dato scorgere il modello stilistico corelliano. L'evoluzione della scrittura nella musica strumentale è però già a un punto diverso da quello occupato da Antonio: essa scrittura tende ormai a un'esplicita liberazione da ogni rigore di simmetrismo, e all'emersione dell'elemento melodico in tutto il suo rigoglio.
Il V. si giova, certo, degli stilemi ricevuti dalla scuola, ma li ricrea in quel suo spirito di freschezza, di slancio, di ardore appassionato, che annuncia la musicalità del secondo Settecento. (Per molti tratti, si potrebbe già parlare di stile galante). La linea del suo discorso rimane intanto solidissima e di grande purezza; l'elaborazione tematica è spesso molto profonda, e procede con sicurezza attraverso il fugato. Il quadro generale della sonata, ispirato - come s'è detto - al Corelli, ama non solo i quattro, ma anche i cinque tempi (cfr. op. 1) che il Corelli aveva talvolta adottato; nelle sonate più evolute, anche la composizione formale, come lo spirito animatore, volge al dialogismo sistematico dello stile del tardo Settecento.
Bibl.: Come su Antonio, così anche su F. M. V. manca uno studio particolare. V. però i cenni, spesso larghi, a lui dedicati nelle opere storiche, di carattere generale, tra le quali: Ch. Burney, History of Music ecc., Londra 1776-79; J. B. Mattheson, Ehrenpforte, ecc., Amburgo 1740; J. W. v. Wasielewski, Die Violine und ihre Meister, Lipsia 1869; 5ª ed., 1919; L. A. Villanis, La musique instrumentale italienne (XVIIe-XVIIIe siècles), in A. Lavignac, Encyclopédie de la musique, Parigi 1921.