MESSINEO, Francesco
– Nacque a Reggio Calabria da Antonino e da Maddalena Minoliti il 2 giugno 1886 in una famiglia appartenente alla borghesia agiata della città.
Nel 1905 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Catania dove si laureò con lode nel 1909 con una tesi in diritto civile con N. Coviello, sotto la guida del quale proseguì gli studi e intraprese la carriera universitaria. Nel 1910 divenne funzionario del ministero della Pubblica Istruzione e si trasferì a Roma. Nel 1915 sposò Teresa Balsamo.
Nonostante l’impegno del lavoro ministeriale il M. riuscì a condurre intensi studi giuridici. I suoi primi interessi si indirizzarono verso la filosofia del diritto: nel 1913 tradusse e annotò l’opera di G.W.F. Hegel Grundlinien der Philosophie des Rechts und Naturrecht, e la pubblicò con il titolo Lineamenti di filosofia del diritto, ossia Diritto naturale e scienza dello Stato in compendio (Bari 1913); il volume ebbe un considerevole successo e assicurò notorietà al M., particolarmente negli ambienti del liberalismo laico, orientamento politico-culturale cui egli si ispirò costantemente. Abbandonata, quindi, la filosofia giuridica il M. si dedicò definitivamente al diritto positivo e, in particolare, alle materie privatistiche. Nel 1915 diede alle stampe la sua prima monografia civilistica sulla Teoria dell’errore ostativo. Saggio di diritto privato e di dottrina generale del diritto (Roma 1915).
Con l’ingresso dell’Italia nella prima guerra mondiale il M. fu richiamato alle armi; nel corso del conflitto raggiunse il grado di capitano e fu decorato con la croce al merito di guerra. Tornato a Roma riprese gli studi giuridici, mantenendo tuttavia il lavoro presso il ministero della Pubblica Istruzione.
Nel 1920, grazie all’amicizia con A. Sraffa, cominciò a collaborare alla Rivista di diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni pubblicando una serie di note a sentenza in materia civilistica. In quegli anni il suo impegno scientifico fu particolarmente intenso: stampò la monografia su La natura giuridica della comunione coniugale dei beni (Roma 1920), che segnò la sua definitiva adesione al formalismo delle metodologie sistematiche della pandettistica, cui seguirono alcuni saggi su temi civilistici apparsi nella Rivista di diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni (1920 e 1921) e nell’Archivio giuridico (1923).
Il 10 maggio 1923 conseguì la libera docenza in diritto civile presso l’Università di Roma svolgendo una lezione sulla «Ipoteca giudiziale».
La commissione, pur formulando un giudizio positivo, rilevò tuttavia nelle opere del M. «eccessiva astrazione», criticando l’impostazione metodologica, giudicata troppo influenzata dal pensiero idealistico (Roma, Archivio centrale dello Stato, Min. della Pubbl. Istruzione, Dir. gen. Istruz. sup., Commissioni libere docenze).
Nel dicembre 1923 il M. cominciò l’insegnamento universitario come incaricato di diritto civile presso l’Università di Messina; tra il 1924 e il 1925 partecipò al concorso per la cattedra di diritto civile, dove fu inserito nella terna dei vincitori al secondo posto, e per quella di diritto commerciale, che vinse, venendo chiamato presso la libera Università di Ferrara e trasferendosi, quindi, alla facoltà di giurisprudenza di Macerata il 1° febbr. 1925.
Sino ad allora il M., la cui cultura e l’orientamento politico erano ispirati al liberalismo laico, aveva manifestato nei confronti del fascismo un dissenso moderato ma, dopo l’assassinio di G. Matteotti, si schierò con gli avversari del regime aderendo, nel 1925, al Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da B. Croce. Con tale adesione egli si trovò più esposto alle ritorsioni del regime e alla intolleranza dei militanti fascisti, culminate, dopo una serie di minacce e di incidenti, in un’aggressione di cui fu vittima nella piazza principale di Macerata, il 2 luglio 1926.
Da quanto si apprende da una nota della prefettura di Macerata al ministero dell’Interno, in cui si auspicava l’immediato trasferimento del M. ad altra sede (Archivio centrale dello Stato, Min. della Pubbl. Istruzione, Fascicoli professori ordinari), oltre all’orientamento antifascista, ad alimentare l’avversione contro il M. avevano contribuito il suo rigore nell’insegnamento universitario e i contrasti manifestatisi nell’ambiente cittadino in occasione degli esami per l’avvocatura e dei concorsi per il notariato.
Il 1° nov. 1926 il M. si trasferì a Milano, chiamato all’Università cattolica del Sacro Cuore, presso l’appena costituita facoltà di giurisprudenza – dove insegnò diritto commerciale fino al 1936, quindi istituzioni di diritto privato – rappresentandovi, insieme con M. Rotondi, la componente laica «nel senso accentuato e forte della parola» (Bognetti, p. 88).
La produzione scientifica del M. ebbe uno sviluppo considerevole e si indirizzò prevalentemente a temi di diritto commerciale, senza trascurare interventi nel diritto civile e nella teoria generale del diritto. È importante osservare che il suo interesse «unitario» per il diritto privato, ossia tanto per l’aspetto civilistico che per quello commerciale, non intendeva in alcun modo negare l’autonomia scientifica del diritto commerciale, autonomia che anzi rivendicò sempre. Nel dibattito intorno all’opportunità dell’unificazione della legislazione privatistica, che da tempo si svolgeva in Italia in vista della riforma dei codici, il M. prese decisamente le difese della autonomia della materia commerciale e della necessità della conservazione del codice di commercio.
Non inserito inizialmente nelle commissioni incaricate della riforma dei codici, data la sua posizione politica, soltanto nel 1940 il nuovo ministro della Giustizia D. Grandi, favorevole alla collaborazione di giuristi antifascisti, lo invitò a far parte del sottocomitato per il codice di commercio, presieduto da A. Asquini.
Il tema dell’unificazione del diritto privato in un solo testo normativo animava da decenni il dibattito in dottrina. Si era diffusa la tesi, dapprima sostenuta da C. Vivante, secondo la quale la progressiva «commercializzazione» del diritto civile rendeva superflua la suddivisione della materia privatistica in due diversi codici, civile e commerciale. Contro questo orientamento il M. sostenne la necessità di mantenere la distinzione tra i due codici in considerazione dell’autonomia della scienza del diritto commerciale e, soprattutto, del carattere «ideologico» della tendenza alla unificazione. Tale tendenza era ispirata, secondo il M., da ostilità nei confronti dell’attività commerciale, ritenuta «parassitaria» e non «produttiva», e quindi incompatibile con i principî dell’ordinamento corporativo dello Stato fascista. È evidente come la difesa del codice di commercio da parte del M. mirasse anche a impedire l’inserimento nel nuovo codice di principî e istituti cari al corporativismo fascista. A prevalere fu comunque la tesi dell’unificazione del diritto privato, sostenuta dal ministro Grandi e dal presidente del sottocomitato Asquini.
Gli studi del M. si concentrarono prevalentemente sul diritto civile e commerciale e furono condotti sulla base del metodo logico-formale; da ciò, coerentemente con la metodologia adottata, derivò il suo scarso interesse per il diritto romano e per la storia giuridica. La sua attenzione per la realtà economica lo indusse ad approfondire in particolare temi di diritto commerciale. Degli studi successivi alla sua libera docenza ricordiamo, limitandoci alle sole monografie, i volumi su Operazioni di borsa e banca (Roma 1926), Titoli di credito (Padova 1928), Contributo alla dottrina dell’esecuzione testamentaria (ibid. 1931), Le società di commercio «collegate», c.d. società «a catena» (ibid. 1932), Dottrina generale del contratto (Milano 1944) che ebbe anche una traduzione in spagnolo Doctrina general del contrato (Buenos Aires 1952), Studi di diritto delle società (Milano 1949), Le servitù (ibid. 1949), Contratto (ibid. 1961), Nuovi studi di diritto delle società (ibid. 1966), Il contratto in genere, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da A. Cicu - F. Messineo (ibid. 1968-72). Ma i contributi più rilevanti del M. furono la monografia Dottrina generale del contratto (ibid. 1944) che ebbe altre due edizioni (1946, 1948) e soprattutto le Istituzioni di diritto privato (Padova 1939) cui il M. avrebbe dedicato negli anni un continuo lavoro di aggiornamento e perfezionamento, ripubblicandole, accresciute, in nove edizioni; nella 7ª, in 3 voll., il titolo mutò in Manuale di diritto civile e commerciale (Milano 1946-47); nell’8ª i volumi diventarono 6, più uno di indici (ibid. 1950-55). Nel 1957 fu pubblicata la 9ª edizione; l’opera ebbe anche una traduzione in spagnolo, Manual de derecho civil y comercial (Buenos Aires 1954-56) in 7 tomi.
Si tratta di un’opera monumentale, una delle più ampie ricostruzioni dell’intero diritto privato italiano compiute da un solo autore, ed ebbe grandissima diffusione e notorietà. A testimonianza dell’importanza del testo possiamo ricordare il giudizio di A. Scialoja, il quale lo considerava come «il trattato del nostro diritto privato» e il «punto di partenza di ogni ricerca» (Studi in onore, p. VIII). Nella ricostruzione degli istituti il M. – come ha osservato Candian – dimostrava la sua «fedeltà al metodo scientifico tradizionale» e intendeva combinare i «fattori lessicale, logico-teleologico, sistematico, storico» con qualche apertura alla interpretazione evolutiva (p. 192).
Dopo la fine della guerra i rapporti con l’Università cattolica, e in particolare con il rettore A. Gemelli, divennero difficili tanto da indurre il M. a trasferirsi, il 1º dic. 1950, alla facoltà di giurisprudenza dell’Università statale di Milano, alla cattedra di diritto civile, dove insegnò fino al pensionamento il 1º nov. 1956.
Il M., insieme con altri docenti della facoltà di giurisprudenza, aveva richiesto, con un documento inviato il 23 giugno 1945 al presidente del Comitato di liberazione nazionale (CLN) della Lombardia E. Sereni e pubblicato nei giornali, l’estensione anche alla Cattolica delle procedure di epurazione previste per le università statali, il che fu interpretato come un attacco diretto a Gemelli. Inoltre, una volta conclusi i lavori della commissione per l’epurazione, che consentì il reintegro del rettore nel suo ruolo, il M. aveva rifiutato di sottoscrivere la lettera di congratulazioni indirizzata il 5 ott. 1945 a Gemelli dai docenti della Cattolica.
Nel dopoguerra il M. assunse posizioni politiche radicalmente laiche e, nell’intento di difendere la cultura del liberalismo negli anni della ricostruzione della democrazia italiana, si impegnò nelle file del Partito liberale italiano (PLI), per il quale fu eletto consigliere al Comune di Milano dal 1946 al 1955. Nel 1955 fece parte del gruppo di politici e intellettuali di cultura laica e liberale che facevano capo al settimanale Il Mondo di M. Pannunzio, tra i fondatori del Partito radicale (allora Partito radicale dei democratici e dei liberali italiani) e l’11 e 12 dic. 1955 intervenne a Roma al I congresso del nuovo partito del quale redasse anche lo statuto.
Abbandonata l’attività politica, proseguì gli studi giuridici fino a pochi mesi prima della scomparsa.
Il M. morì a Milano il 1º marzo 1974.
Fu importante promotore di iniziative editoriali e scientifiche: con A. Cicu ideò e diresse presso l’editore Giuffrè il Trattato di diritto civile e commerciale. Fondò e diresse con M. Fragali Il Foro della Lombardia (1913-39) e, con G. Molle, Banca, borsa e titoli di credito nel 1934. Dal 1951 fu socio nazionale dell’Accademia dei Lincei, dalla quale fu insignito nel 1972 della medaglia d’oro per le sue «alte benemerenze lincee», e membro effettivo dell’Istituto lombardo di scienze e lettere. Accanto all’insegnamento e alla ricerca svolse un’intensa attività forense.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direz. gen. istruz. sup., Fascicoli professori ordinari, III vers., b. 313; Concorsi a cattedra nelle università, bb. 1, 5; Divisione I, Commissioni libere docenze, s. 1, b. 216; A. Candian, Onoranze al prof. F. M., in Temi, XXXV (1959), 2, pp. 191-193; A. Scialoja, in Studi in onore di F. M. per il suo 35° anno d’insegnamento, Milano 1959, p. VIII; A. Dalmartello, F. M., in Giustizia civile, XXII (1974), pp. 125-128; R. Franceschelli, F. M., in Scritti civilistici e di teoria generale del diritto, Milano 1975, pp. 667-680; L. Mengoni, F. M., in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, XXIX (1975), pp. 812-814; G.C.M. Rivolta, F. M., in Rivista delle società, XXI (1976), pp. 163-169; C. Schwarzenberg, Diritto e giustizia nell’Italia fascista, Milano 1977, p. 199; E. Franceschini, Uomini e fatti dell’Università cattolica, Padova 1984, pp. 80, 135, 149; R. Teti, Codice civile e regime fascista: sull’unificazione del diritto privato, Milano 1990, p. 134; G. Bognetti, La cultura giuridica e le facoltà di giurisprudenza a Milano nel secolo ventesimo. Abbozzo di una storia, Milano 1991, pp. 87 s., 118; G. Alpa, La cultura delle regole. Storia del diritto civile italiano, Roma-Bari 2000, pp. 279, 328-330; A. Parola, Epurare l’Università cattolica? Il processo per filofascismo a carico di Agostino Gemelli, in Passato e presente, 2003, n. 60, pp. 84, 87; U. Carnevali, I civilisti, in Gli ottanta anni della facoltà di giurisprudenza, Milano 2006, pp. 67-69; M.G. Di Renzo Villata - G.P. Massetto, La «seconda» facoltà giuridica lombarda. Dall’avvio agli anni Settanta del Novecento, in Annali di storia delle università italiane, 2007, n. 11, p. 95; Panorama biografico degli italiani di oggi, a cura di G. Vaccaro, Roma 1956, II, s. v.; Novissimo Digesto italiano, X, Torino 1964, s.v.; Dizionario biografico dei meridionali, II, Napoli 1974, p. 285; Biografie e bibliografie degli accademici lincei, Roma 1976, pp. 1071-1073; Enc. Italiana, App. III, II, sub voce.
P. Alvazzi del Frate