Scrittore (Cortona 1635 - Assisi 1712). Minore conventuale (dal 1651), religiosissimo e osservantissimo della regola, ma faceto e mordace nelle sue composizioni, cadde per questo più volte in disgrazia dei suoi superiori: nel 1669, per una satira in effetti a lui indebitamente attribuita, Il Colascione, su alcuni dei personaggi partecipanti al conclave da cui uscì papa Clemente X, per la quale subì anche il carcere in Castel S. Angelo; nel 1672 circa, quando fu di nuovo imprigionato per una satira su un ignoto personaggio, probabilmente il vescovo di Cortona Filippo Galilei; e nel 1677, per il poema Cortona convertita (pubbl. solo nel 1759), impietosa satira contro i gesuiti, che ritrattò nel 1709 con la Cortona nuovamente convertita; godette invece del favore dei Medici, in particolare del cardinale Francesco Maria fratello di Cosimo III, proprio per le sue doti di pungente improvvisatore. Tra gli altri suoi scritti: Cortogna aliberèta dagli Aretigni, poema epico giocoso in dialetto cortonese (ed. crit. 1980); Contra Bigozzos seu zoccolantes ad similitudinem Officii (pubbl. 1909), parodia talvolta triviale del Breviario; Specchio ideale della prudenza tra le pazzie, ovvero riflessi morali sopra le ridicolose azzioni e semplicità di Bertoldino (1707). Si occupò di astrologia e dal 1681 alla morte pubblicò annualmente famosi almanacchi, Apocatastasi celesti, anche questi ricchi di spunti salaci e di motteggi contro i frati e, soprattutto, contro i gesuiti.