MORANDINI, Francesco
MORANDINI, Francesco (detto il Poppi). – Nacque intorno al 1544 a Poppi, nel Casentino. La data di nascita si deduce da Raffaello Borghini che nel Riposo, scritto nei mesi precedenti il 1584, definisce l’artista di anni trentanove. Figlio di Stefano, notaio, e non di Francesco come afferma ancora Borghini, venne avviato alla carriera paterna attraverso lo studio della grammatica.
La naturale predisposizione per il disegno e l’interessamento di Piero Vasari ammiratore dei suoi primi fogli furono alla base della sua formazione pittorica. Trasferitosi a Firenze forse nei primi anni Sessanta, venne accolto tra gli allievi di Giorgio Vasari e alloggiato, per interessamento dello stesso, presso Vincenzo Borghini, priore dell’ospedale degli Innocenti, punto di riferimento dell’artista fino alla morte.
Citato per la prima volta nelle carte dell’Accademia del disegno il 9 maggio 1564 in occasione dei festeggiamenti per S. Trinita, fu escluso dalla partecipazione all’apparato decorativo delle esequie di Michelangelo nel luglio di quello stesso anno. In occasione dell’ingresso di Giovanna d’Austria a Firenze (16 dicembre 1565) partecipò, con Sebastiano Viti e Marco da Faenza, alla decorazione del cortile di palazzo Vecchio realizzando due dipinti, difficilmente identificabili con quelli che Giovannetti (1995, p. 20), sulla scorta di Domenico Mellini (1565), gli attribuisce. Negli stessi anni dipinse, per l’ospedale degli Innocenti, la tavola con la Madonna in trono con Bambino e angeli venerata dalle innocenti, oggi nella stanza del priore, in cui si adeguò in maniera incerta ai modelli vasariani, scelta che fece anche nell’Adorazione dei pastori voluta da Vincenzo Borghini per l’altar maggiore dell’abbazia di S. Salvatore a Spugna, presso Colle Val d’Elsa, realizzata tra marzo del 1567 e gennaio del 1568. Per Francesco I de’ Medici, dipinse, sulla base di un disegno di Vasari del 25 settembre 1567 ispirato da un’invenzione di Vincenzo Borghini, l’Età dell’Oro (Edimburgo, National Gallery of Scotland) caratterizzata da eleganti figure allungate entro un paesaggio onirico dalla prospettiva fortemente verticalizzata. Tra il 1567 e il 1569 partecipò alla pala commissionata a Vasari da Pio V, per la chiesa di S. Croce a Boscomarengo. Citato dallo stesso maestro come responsabile unico dell’intera predella, a Morandini vengono ricondotte, su base stilistica, le scene raffiguranti la Pasqua ebraica, l’Ultima Cena, e il Sacrificio di Abele che si differenziano dalle altre, attribuibili a Jacopo Zucchi e a Giovan Battista Naldini, «per una fattura più generica e per gli atteggiamenti delle figure più convenzionali» (Giovannetti, 1995, p. 24).
Stilisticamente assimilabili ai dipinti piemontesi sono le quattro lunette (Pasqua ebraica, Mosè fa scaturire l’acqua dalla roccia, L’angelo offre il cibo a Elia nel deserto, Raccolta della manna) del ciborio vasariano in S. Croce a Firenze, e l’Adorazione dei pastori (Altopascio, propositura di S. Jacopo Maggiore Apostolo), realizzata tra 1569 e 1570 per Ugolino Grifoni, gran maestro dei cavalieri ospedalieri. Negli stessi anni Morandini è documentato nel chiostro dello Scalzo, a Firenze, dove, forse sotto la guida di Naldini, si dedicò allo studio delle opere di Andrea del Sarto attestato dai disegni conservati agli Uffizi e dal Ritratto di Vincenzo Borghini (Karlsruhe, Staatliche Kunsthalle).
Escluso dal rinnovamento di S. Croce e di S. Maria Novella promosso da Cosimo I sotto la direzione di Vasari, Morandini ebbe un ruolo fondamentale nello studiolo di Francesco I, realizzato tra settembre e novembre del 1570. Unico responsabile della decorazione della volta secondo Raffaello Borghini e Vasari, fu affiancato nell’impresa da Zucchi la cui mano è riconoscibile nei pannelli caratterizzati da maggiore durezza nei contorni, da gesti enfatici e da colori più opachi.
A Morandini, il cui stile mostra di risentire dell’arte di Francesco Salviati, Bartolomeo Ammannati, Vincenzo Danti e Parmigianino, devono essere riportati il pannello centrale con la Natura che offre un pezzo di quarzo a Prometeo, gli elementi Aria, Acqua e Terra, le imprese di Francesco I Donnola e Ariete, sostenute da putti, Autunno e Inverno nella lunetta con il ritratto di Cosimo I e le grottesche che incorniciano i vari riquadri nel soffitto. Sulle pareti, entro il 1571, furono collocati l’ovato con Alessandro dona Campaspe ad Apelle e la Fonderia dei bronzi, in cui rese, con i bagliori della luce artificiale, le figure simili ai prodotti dell’officina medicea.
Dall’aprile del 1571 ai primi mesi dell’anno successivo Morandini risulta assente da Firenze. È difficile confermare se in questo periodo abbia compiuto un viaggio a Roma, ipotizzato sulla base dell’analisi del taccuino dei suoi disegni raccolti nel corso degli anni, considerando che il 12 aprile 1572, scrivendo a Vasari, Vincenzo Borghini lasciava intendere che il Poppi non era mai stato nella città papale; così come non è possibile affermare con certezza che questo viaggio sia avvenuto in seguito, quando Vasari, il 9 gennaio 1573, chiedeva al priore degli Innocenti di mandargli a Roma «Battista, o Francesco o Girolamo Crocefissaio» (Giovannetti, 1995, p. 34).
Tra il 1572 e il 1573 realizzò, per la Compagnia dell’Angelo Raffaele di Prato, la tavola con l’Arcangelo Raffaele e Tobiolo (Prato, Museo civico), le due Carità (Firenze, Galleria dell’Accademia; Douai, Musée de la chartreuse), lontane eco della Madonna del Libro di Pontormo (perduta), la Casa del Sole (Arezzo, Museo Vasari), S. Elena (Baltimora, Walters Art Gallery), S. Caterina d’Alessandria (due versioni: Notre Dame [Indiana], The Snite Museum of art, University of Notre Dame; Madrid, coll. Duca d’Alba), la Figura muliebre del Victoria and Albert Museum di Londra e la Maddalena in collezione privata a Firenze. Il 29 novembre 1572 acquistò una casa in via Campaccio a Firenze, attuale via S. Reparata, dallo scultore Vincenzo Danti e, a dicembre, ricevette un acconto per la pala con la Lamentazione sul Cristo morto, S. Pietro Martire e S. Jacopo Maggiore, per la cappella Grifoni in Ss. Jacopo e Lucia a San Miniato al Tedesco che terminò nel gennaio 1574. Accolto all’unanimità nell’aprile del 1572 all’Accademia del disegno, a maggio partecipò alle esequie di Cosimo I realizzando, per 204 scudi, sotto la direzione di Alessandro Allori, 88 drappelloni (perduti) con le armi e le effigi dei santi protettori dei Medici.
Nel novembre 1575 è documentato a Poppi. Al periodo precedente la partenza da Firenze, appartiene la Crocefissione con la Madonna, s. Giovanni Evangelista, s. Maria Maddalena, s. Brigida, s. Sebastiano, s. Antonio Abate per S. Michele a S. Salvi, la cui parte centrale fu riproposta da Morandini in due tele di piccolo formato (Parma, Galleria nazionale e Firenze, coll. priv.). Durante il soggiorno nel Casentino, che dalle fonti risulta prolungatosi inaspettatamente forse a causa della presenza di due sorelle, Giulia e Margherita, suore agostiniane nel locale monastero, Morandini raccontò a Vincenzo Borghini di varie opere, alcune delle quali identificate; tra queste il Martirio di S. Giovanni Evangelista nella badia di S. Fedele a Poppi, realizzato tra 1575 e 1581, e il Giudizio di Paride di ubicazione ignota. Agli anni compresi tra il 1575 e il 1578 risalgono la Discesa dello Spirito Santo (Poppi, propositura dei Ss. Marco e Lorenzo) per l’omonima Compagnia, identificabile con una delle due pale di 5 palmi che il pittore, il 12 novembre 1575, scriveva a Borghini di dover fare in tre anni, per 70 scudi ciascuna, e, per Castiglion Fiorentino, la pala con l’Assunzione della Vergine (palazzo comunale) e le tavole con S. Chiara e Stimmate di s. Francesco (chiesa di S. Chiara).
Entro la fine del 1576, tornò a Firenze dove, per Pandolfo Bardi di Vernio, dipinse una Crocefissione e una Lamentazione sul Cristo, identificabile quest’ultima secondo Giovannetti (1995) o con la versione di Berlino (Bode-Museum) o con quella di Poznań (Muzeum Narodowe). Il tema, più volte replicato dal pittore (agli anni Ottanta vengono datate le versioni della propositura di Poppi e quella già sul mercato antiquariale: Firenze, Pandolfini; Giovannetti), è caratterizzato da un intenso patetismo di derivazione romana, dovuto forse all’influenza di Naldini. Nel 1577, in occasione del battesimo del principe Filippo, unico figlio di Francesco I e di Giovanna d’Austria, Morandini, responsabile della decorazione pittorica esterna del battistero, dipinse S. Silvestro battezza Costantino e S. Felice battezza i Fiorentini mentre l’idolo di Marte è distrutto, opere ricordate nella villa di Pratolino sia da Raffaello Borghini sia da Filippo Baldinucci, ma oggi irrintracciabili. Datata nello stesso anno, l’Allegoria dell’Immacolata Concezione per la cappella Buontalenti in S. Michele Visdomini testimonia l’indulgere da parte dell’artista «ad ambivalenti concessioni al gusto laico e mondano» (Giovannetti, 1995 p. 45). Commissionato nel 1577 dagli operai della Misericordia e Dolce di Prato, il Ritratto di Pier Francesco de’Ricci (Prato, palazzo del Comune, salone del Consiglio), è stilisticamente prossimo allo Sposalizio della Vergine, nella chiesa di S. Niccolò Oltrarno dal 1579. Per la stessa chiesa Morandini realizzò l’Arcangelo Gabriele e Tobiolo e l’Arcangelo Michele e Lucifero, dipinti ricordati ai lati dell’altar maggiore nel 1580, e la pala con Gesù che resuscita il figlio della vedova di Naim ricordata in esecuzione nel 1584 (Borghini, Il riposo). Terminate prima del 1584 sono la Presentazione al tempio (Firenze, coll. Banca Toscana), per la chiesa di S. Pietro Scheraggio, riconosciuta in quella che Raffaello Borghini vide nella bottega del pittore, l’Adorazione dei pastori (Napoli, Basilica dell’Incoronata a Capodimonte), Cristo in pietà con due angeli e santi, e S. Girolamo in preghiera, entrambi già sul mercato antiquariale e il Ritratto di alto funzionario (Prato, Galleria di Palazzo degli Alberti), il cui cartone fu riproposto dal pittore nel Ritratto del cardinale Alessandro de’ Medici (Firenze, palazzo arcivescovile), dipinti in cui il pittore conferma la sua dipendenza da Naldini e mira a conciliare patetismo e decorativismo «cortese».
Tra le opere in fase di esecuzione nel 1584 citate da Raffaello Borghini da segnalare la Presentazione al tempio per la cappella Arrighi, in S. Francesco a Pistoia, dove Morandini ripropose lo schema della pala di S. Pietro Scheraggio, l’Ultima cena, oggi al Gesù di Castel Fiorentino, realizzata tra il 1582 e il 1586 per la Compagnia del Sacramento, il Battesimo di Cristo per Braccio de’ Ricasoli, già sul mercato antiquariale e Mosè mostra le leggi al popolo (Roma, coll. priv.). Dal 1585, anno in cui venne eletto conservatore, il pittore risulta intensamente attivo per l’Accademia del disegno. Console nel 1586, fu infermiere nel 1588 e nel 1596 e ancora conservatore nel 1588 e nel 1594. Tra il 1585 e il 1586 realizzò due dipinti per la chiesa del soppresso convento della Crocetta, oggi al Museo del cenacolo di S. Salvi, raffiguranti il Ritrovamento della vera Croce e la Crocefissione. «Macchinosità compositiva e turgida pienezza» (Giovannetti, p. 56) caratterizzano la pala Gesù sana il lebbroso (Firenze, chiesa di S. Marco), realizzata ante 1588. L’opera, di cui è nota una seconda versione in S. Bartolomeo a Monte Oliveto (Chiarini, 2003-06), riprende l’impostazione della pala di Naldini, posta nella stessa cappella, ampliandone lo sfondo con citazioni architettoniche romane. Allo stesso periodo risale lo Stemma mediceo granducale sorretto da due figure femminili (Colle Val d’Elsa, Museo civico), realizzato dall’artista sulla scia di modelli vasariani. Nel 1586, per la serie degli antenati commissionata da Francesco I, realizzò il Ritratto del cardinal Ippolito sulla scorta del ritratto tizianesco, e quello di Pierfrancesco di Lorenzo, opere caratterizzate dalla stessa vitalità di espressione presente nella scultorea figura di S. Antonino benedicente databile prima del 1589. Alla seconda metà degli anni Ottanta sono da riportare le due tavole con la Sacra Famiglia, una già in California e l’altra passata da Semenzato a Venezia che, con il Crocefisso dell’oratorio di S. Girolamo e S. Francesco Poverino di Firenze, ben si adattano al clima controriformato.
Forse in seguito a una malattia, il 17 luglio 1588 Morandini fece testamento predisponendo lasciti, due rendite per le sorelle, e nominando erede universale Bastiano Morandini, a cui consigliava di far stimare, per poi venderlo, il ‘Libro de’disegni di sua mano’ «dove è tutto lo Scalzo di Andrea del Sarto, et altri sua studj, disegnato di lapis nero…» (Giovannetti, 1995). Nell’ultimo decennio fu attivo soprattutto in provincia.
Tra le opere di questo periodo si segnalano l’arcaizzante Crocefisso che parla a s. Tommaso d’Aquino (Prato, S. Domenico), realizzato entro il 1593 per i fratelli Montecuccoli, la Crocefissione per S. Francesco a Castiglion Fiorentino, tarda riproposizione di quella di S. Michele a S. Salvi e i raffinati Ritratto virile a figura intera (Firenze, collezione Martelli), S. Tommaso d’Aquino nello studio e S. Antonino che adora il crocefisso (Livorno, S. Caterina da Siena) in cui il pittore si mostra ormai pienamente partecipe del clima tardo cinquecentesco. Un anno prima della morte sono documentati i dipinti per la comunità camaldolese di Poppi. Alle opere, raffiguranti S. Agostino vescovo, S. Gregorio papa e l’Annunciazione (Poppi, chiesa del convento dell’Annunziata), va aggiunta la Madonna della Cintola e santi (Cortona, duomo), forse da identificare con il dipinto stimato 175 scudi dai pittori Domenico Passignano e Francesco Mati.
Morì a Firenze nel 1597, in un giorno compreso tra il 3 aprile, data del secondo testamento, e il 9 aprile, giorno della sepoltura nella cappella dei Pittori alla SS. Annunziata avvenuta al cospetto degli accademici del Disegno.
Fonti e Bibl.: D. Mellini, Descrizione dell’entrata della serenissima R. Giovanna d’Austria et dell’apparato fatto in Firenze nella venuta & per le felicissime nozze di s. altezza et… Francesco de’ Medici (1565), in G. Vasari, Le opere, a cura di G. Milanesi, VIII, Firenze 1882, p. 619; G. Vasari, I ragionamenti e le lettere…, ibid., p. 392; Id., Le vite… (1568), ibid., VII, 1881, pp. 610 s.; R. Borghini, Il riposo (1584), a cura di M. Rosci, Milano 1967, pp. 102, 117 s., 640-646; F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno…, a cura di F. Ranalli, III, Firenze 1974, p. 531; A. Giovannetti, F. M. detto il Poppi, Firenze 1995 (con bibl.); A. Baroni Vannucci, L’artista F. M., detto il Poppi, nella sua terra d’origine, in Il Seicento nel Casentino. Dalla Controriforma al tardo barocco (catal., Poppi), a cura di L. Fornasari, Firenze 2001, pp. 99-104, 212 s.; M. Chiarini, F. M., detto il Poppi (1544-1597). Storia di un capolavoro misconosciuto e di un equivoco, in Commentari d’arte, IX-XII (2003-06), 24-35, pp. 38-40.