MOROSINI, Francesco
Doge. È certamente il più illustre o almeno il più noto e il più popolare della stirpe, perché le sue gesta hanno qualche cosa di eroico. Figlio del procuratore Pietro, visse la sua carriera sopra il mare, iniziandola come nobile di galera a Candia nel 1636. Nel 1639 combatteva sopra la prima galera alla Vallona, nel 1640 sopracomito a Messina e nel 1645 partecipava all'impresa di Milo; nel 1647 governatore delle galeazze a Candia, nel 1648 si trovava ai Dardanelli, nel 1649 capitano del Golfo, nel 1651 capitano delle galeazze a Triò e Nixia; nel 1653 provveditore dell'armata e come tale nel 1654 partecipava all'impresa dei Dardanelli e nel 1655 occupava le fortezze di Volo a Megara. Finalmente nel 1656 era provveditore generale in Candia e nel 1657 capitano generale da mar, comandando la prima gloriosa campagna contro il Turco, gagliardamente condotta negli anni seguenti.
L'aureola dei trionfi non lo risparmiò dalle gelosie e al ritorno dal generalato, nel 1661, fu oggetto di accuse relative al governo della squadra e alla condotta della guerra. Assolto dalle accuse gliene rimase un seguito di amarezze, che lo distolsero per un certo tempo dalla vita marinara. Nel 1663 andava provveditore in Friuli; ma poco dopo riprendeva l'attività marittima come provveditore dell'armata e nel 1666 era di nuovo capitano generale da mar alla strenua difesa di Candia investita dal Turco. Dopo tre anni di guerra, piegava alla pace invocata e conclusa nel 1669 come una liberazione e a coronamento della sua azione politica e militare era insignito della dignità di procuratore di S. Marco. Nuovamente si riaccese la campagna di denigrazione e di accuse, che lo trascinò a un secondo giudizio, dal quale uscì illeso, ma fu costretto a rinunciare temporaneamente alla sua vita prediletta. Fu eletto savio del consiglio, poi, nel 1678, revisore delle fortificazioni in terraferma, nel 1683 provveditore generale in Friuli. Nel 1684 col grado di capitano generale riprendeva la campagna contro il Turco alla riconquista della Morea, che realizzava in un quadriennio, guadagnando il soprannome di Peloponnesiaco, per il quale andò famoso nella storia. Mentre era ancora sopra il campo di battaglia, il 3 aprile 1688, veniva eletto doge, ma prima di tornare per ottenere l'investitura della dignità ducale, tentava l'infausto assedio di Negroponte, non coronato di successo come le altre imprese. Anche elevato alla suprema dignità provò la nostalgia del mare e di fronte alla tracotanza turca sentì irresistibilmente il dovere e il fascino di fronteggiarla personalmente: il 25 maggio 1693 riassumeva il generalato da mar e, sebbene vecchio, prendeva nuovamente imbarco, ma per poco, perché moriva non molti mesi dopo, nel 1694, nell'età di 78 anni.
Bibl.: A. Arrighi, De vita et rebus gestis Fr. M. Peloponnesiaci, Venezia s. a.; B. Cecchetti, Testamento, funerali, sepoltura di Fr. M., in Archivio veneto, XXIX, p. 65; Barozzi, La galera del doge Fr. M., in Archivio veneto, XXIX, p. 81; Z. Morosini, Fr. M. Peloponnesiaco, Venezia 1845; L. Damerini, Fr. M., Milano 1932; G. Ferrari, La battaglia dei Dardanelli degli anni 1656-57, in Memorie storiche militari, III (1913).