NARICI, Francesco
NARICI (Narice), Francesco. – Nacque a Sestri (Genova) nel 1719.
Il suo profilo biografico fu tracciato a metà Ottocento da Federico Alizeri (1864), il quale ipotizzò che la formazione fosse avvenuta a Napoli – città nella quale si era trasferito dall'originaria Liguria – nell'ambito della bottega di Francesco Solimena. L’alunnato presso il maestro napoletano è considerato plausibile anche da Franco Renzo Pesenti (1987, p. 390) che lo annovera tra gli artisti operanti in Liguria nel corso del secondo Settecento. A Nicola Spinosa (1973) si deve la rivalutazione della sua attività artistica, volta anche alla progressiva ricomposizione del suo catalogo. L’analisi proposta da Spinosa, seguita da quella di Daniele Sanguineti (2001), autore di una puntuale ricostruzione della genesi dei lavori liguri, rileva nella sua produzione la compresenza di molteplici influenze in linea con gli sviluppi manifestatisi verso la metà del secolo nel contesto artistico napoletano. L’integrazione tra Narici e la cultura pittorica partenopea di matrice solimeniana ha trovato conferma, all’interno della letteratura critica, nelle analogie formali rilevabili tra le sue opere e quelle eseguite da Francesco De Mura, napoletano, e Jacopo Cestaro, originario di Bagnoli Irpino. La stretta dipendenza da questi artisti, evidente nelle scelte stilistiche e iconografiche adottate da Narici, ha spesso generato una serie di questioni di carattere attributivo. A questo riguardo Spinosa ha ricondotto al catalogo di Narici diverse opere, in precedenza riferite ad altri esponenti della cerchia di Solimena. L’attività di ricomposizione del corpus delle opere liguri, perlopiù andate perdute o non rintracciate, si è servita del costante riferimento alle notizie contenute nelle guide dedicate alla città di Genova nell’ultimo quarto del Settecento da Carlo Giuseppe Ratti.
Pur priva di qualsiasi riscontro documentario, la critica moderna si è mostrata concorde nel sostenere che Narici si sia trasferito a Napoli intorno al 1735, compiendo l'apprendistato non nell'atelier diretto da Solimena, ma piuttosto nella cerchia dei suoi allievi. La prima opera documentata in ambito napoletano è il dipinto, autografo, raffigurante S. Francesco che mostra la Regola, realizzato nel 1751 per la chiesa napoletana di S. Anna a Capuana, in cui la vicinanza ai modi di Solimena si evidenzia sia nella costruzione spaziale sia nel cromatismo, cifra stilistica nella quale Spinosa (1973) osserva i primi segnali della conoscenza anche del linguaggio pittorico di Cestaro.
Tra il sesto e il settimo decennio del Settecento, i rapporti di Narici con la sua terra d’origine ripresero, come si evince da una serie di opere realizzate per committenti liguri ed eseguite, come ipotizza Spinosa (1973), a Napoli e poi inviate in Liguria. La prima di queste è il ritratto del doge Agostino Viale, commissionato a Narici dal doge stesso durante gli anni del suo mandato tra il 1750 e il 1752 (Sanguineti, 2001): seppur vicino, a livello compositivo, ai canoni della ritrattistica genovese, rivela nella pennellata la dipendenza dalle opere di De Mura. Alla metà del secolo risalgono le tele raffiguranti Cristo e l’adultera (Genova, Museo di Palazzo reale) e la Samaritana al pozzo (Pittsburgh, Museum of art) delle quali si ignora l’originaria destinazione, ma che vanno comunque ricondotte alla committenza ligure. Databile a un periodo compreso tra il 1762, anno in cui Clemente XIII confermò il culto del beato, e il 1766, quando l’opera risulta invece citata da Ratti (1766, p. 95), è la tela dedicata all’Estasi del beato Giovanni Marinoni realizzata per la chiesa genovese di S. Giorgio; nel dipinto appare un forte legame con i modi di Cestaro, unito a un'eleganza formale mutuata da De Mura. Al periodo compreso tra il 1766 ed 1767 (Sanguineti, 2001) si datano il S. Gerolamo Emiliani in gloria (Genova, Galleria di Palazzo Bianco), opera ancora solimeniana nell’aspetto formale, e la Presentazione della Vergine al tempio, dipinto realizzato per la chiesa di S. Lorenzo a Porto Venere, nel quale traspare con evidenza la conoscenza costante e aggiornata della produzione figurativa di Cestaro, soprattutto nelle scelte cromatiche, mentre a livello compositivo rimane debitore delle soluzioni spaziali elaborate da Solimena. Poco prima del 1766 Sanguineti (2001, p. 163) colloca l’esecuzione del S. Giovanni da San Facondo, destinato alla chiesa di S. Maria della Consolazione di Genova e menzionato da Ratti (1766, p. 312) che ne ricorda la recente realizzazione; qui le suggestioni stilistiche partenopee appaiono rilette e semplificate attraverso un linguaggio più accademico (Sanguineti, 2001, p. 163). Tra il 1766 e il 1780, stando alle indicazioni contenute all’interno della seconda edizione della guida di Ratti (1780), Narici realizzò due opere dedicate alla vita di S. Giovanni di Dio per la chiesa di S. Carlo a Genova. Entrambe risultano perdute, tuttavia ne rimane testimonianza attraverso i bozzetti preparatori (Edimburgo, National Galleries of Scotland).
I presunti soggiorni di Narici in Liguria troverebbero conferma anche nella realizzazione di alcuni ritratti, molti dei quali citati soltanto dalle fonti (Ratti, 1780). Reperibili sono quello del doge Marcello Durazzo (coll. privata; ripr. in Sanguineti, 2004, pp. 85-89, fig. 8), eseguito tra il 1767 e il 1769 , e altri due raffiguranti esponenti della famiglia genovese dei Monticelli, oggi conservati presso la Pinacoteca dell’Accademia Ligustica di Genova.
Nel 1778 il pittore appose la sua firma sulla tela raffigurante l’Assunzione della Vergine per la chiesa parrocchiale di Badalucco (Imperia), commissionata due anni prima da un certo Francesco Striglione (Sanguineti, 2001) e negli stessi anni gli fu commissionata una pala raffigurante S. Antonio abate in meditazione, per la chiesa di S. Giovanni a Sestri. Nel corso del decennio fu attivo all’interno di due importanti cantieri dell’area campana. Nel 1775 eseguì per la chiesa dell'Annunziata di Napoli una pala d’altare con la Natività e, circa nello stesso periodo, dipinse nella chiesa dell’Ave Gratia Plena di Marcianise nel Casertano sette tele raffiguranti la Vergine col Bambino, l’Estasi di s. Rosa da Lima, la Vergine che appare a Gregorio Magno, l’Adorazione dei pastori, l'Adorazione dei magi, i Ss. Lorenzo e Girolamo e la Madonna del Rosario, unica datata (1777) e firmata. Vicine alle opere di Marcianise per fattori cronologici e stilistici risultano le tele dipinte per la chiesa genovese di S. Zita, dedicate a otto episodi tratti dall’agiografia della santa titolare: come quelle di Marcianise, queste di S. Zita mostrano la fusione dei diversi linguaggi figurativi appresi in ambito napoletano, che appare rafforzata dall’acquisita capacità di costruire valide soluzioni scenografiche.
Nelle opere di questi ultimi anni si avverte il tentativo di ricercare una propria autonomia di linguaggio nella quale oltre ai consueti riferimenti all’opera di Cestaro e De Mura, Spinosa (1973) coglie affinità, di natura prevalentemente tecnica, con Domenico Mondo e, soprattutto nelle tele di Marcianise, con alcuni pittori attivi negli stessi anni a Roma, quali Pierre Subleyras e Marco Benefial conosciuti da Narici attraverso le opere di Cestaro.
La carriera dell’artista si concluse intorno al 1779. A questa data risale una tela di modeste dimensioni raffigurante la Vergine tra s. Nicola e s. Ignazio di Loyola, eseguita per la chiesa dell’Annunziata di Guardia Sanframondi, presso Benevento.
Si ignora il luogo di morte, che avvenne secondo Alizeri (1864) nel 1785.
Fonti e Bibl.: C.G. Ratti, Instruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura ed architettura, Genova 1766, pp. 95, 312; Id., Instruzione… nuovamente ampliata, ed accresciuta… dall’autore medesimo, Genova 1780, pp. 107, 202, 212, 337; F. Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, I, 1, Genova 1846, p. 181; Id., Notizie dei professori del disegno in Liguria dalla formazione all’Accademia, I, Genova 1864, pp. 165-167; N. Spinosa, Un pittore genovese nella Napoli del secondo Settecento: F. N., in Napoli nobilissima, s. 3, XII (1973), pp. 165-176; F. Sborgi, Pittura e cultura artistica nell’Accademia Ligustica a Genova 1751-1920, Genova 1974, p. 20; Civiltà del Settecento a Napoli 1734-1799 (catal., Napoli-Caserta), II, Firenze 1979, p. 441; N. Spinosa, Pittura napoletana del Settecento, II, Napoli 1987, pp. 40, 61, 129 s.; F.R. Pesenti, L’illuminismo e l’età neoclassica, in La pittura a Genova e in Liguria. Dal Seicento al primo Novecento, a cura di C. Bozzo Dufour, II, Genova 1987, pp. 349-375, 390 s.; L. Ghio, Narice (N.) F., in La pittura in Italia. Il Settecento, a cura di G. Briganti, II, Milano 1990, p. 804; D. Sanguineti, Pittura 'napoletana' del Settecento in Liguria: il caso di F. N., in Prospettiva, CIII-CIV (2001), pp. 159-168; Id., Ritratti Durazzo già in palazzo reale: problematiche e ipotesi, in Da Tintoretto a Rubens. Capolavori della collezione Durazzo (catal., Genova), a cura di L. Leoncini, Milano 2004, pp. 85-89; Museo di Palazzo reale, Genova. I dipinti del grande appartamento reale. Catalogo generale, a cura di L. Leoncini, I, Milano 2008, pp. 244 s.