NOBILI VITELLESCHI, Francesco
NOBILI VITELLESCHI, Francesco. – Nacque a Roma il 22 giugno 1829, unico figlio del marchese Pietro, di antica nobiltà originaria di Rieti, e di Maddalena Ricci.
Negli anni giovanili non partecipò alle vicende del 1848-49, mentre durante la restaurazione di Pio IX aderì timidamente al Comitato nazionale romano. Una riprova del suo nicomedismo politico è la lettera a Carlo Passaglia del 29 aprile 1861 con cui, per ragioni di opportunità, ricusò di sottoscrivere l’Indirizzo del Comitato nazionale capitolino a favore dell’annessione di Roma al Regno d’Italia (Cavour,2008, pp. 995-997), il che non gli impedì successivamente di allacciare rapporti con la classe politica liberale e di collaborare alla Nazione di Firenze, a cui nel 1869-70 inviò, sotto lo pseudonimo di ‘Pomponio Leto’, alcune corrispondenze sul concilio Vaticano, poi pubblicate in volume (Otto mesi a Roma durante il concilio Vaticano, impressioni di un contemporaneo, Firenze 1873). In quello stesso periodo, scrisse per la Nuova Antologia (1869, n. 11, pp. 700-725) il saggio L’arte moderna in Roma, inteso a far conoscere al pubblico italiano le maggiori opere conservate nei musei romani.
All’indomani di porta Pia, i suoi interessi culturali e i pregressi contatti con la classe dirigente nazionale favorirono la sua nomina a membro della commissione per la tutela dei monumenti in Roma, che si pronunciò per l’incameramento della Biblioteca e dei Musei vaticani da parte dello Stato italiano. Il parere non fu preso in considerazione dal presidente del Consiglio Giovanni Lanza, per non esasperare ulteriormente i rapporti tra l’Italia e la S. Sede. Risulta tuttavia singolare, a meno che non si trovasse in minoranza all’interno della commissione, che Nobili Vitelleschi si pronunciasse in tal senso, in particolare alla luce della sua successiva condotta in Senato, dove fu nominato il 15 novembre 1871, e nel Consiglio comunale di Roma, in cui sedette a lungo grazie all’appoggio dell’Unione romana, l’organizzazione elettorale costituitasi con l’avallo papale, che univa sia gli intransigenti sia i conservatori nazionali, ai quali egli apparteneva.
Due furono i capisaldi della sua attività politica: opposizione all’opera di secolarizzazione e agli indirizzi fiscali del governo nazionale e della giunta comunale capitolina. In Senato si oppose alla politica finanziaria di tutti i governi, in particolare di quelli della Sinistra storica, mentre in Campidoglio, dove più volte ricoprì la carica di assessore, contrastò ogni tentativo di imporre tassazioni straordinarie. Nel maggio 1882 una sua mozione di sfiducia al piano di incentivazione dell’edilizia popolare provocò le dimissioni del sindaco progressista Luigi Pianciani. Allo stesso modo, si espresse sistematicamente contro qualsiasi misura di modernizzazione della capitale che postulasse inasprimenti fiscali, come la convenzione sui tram del febbraio 1892. Difese altresì l’obbligatorietà dell’istruzione religiosa nelle scuole elementari, battendosi strenuamente contro il movimento socialista e quello anarchico, accusati di avere aggravato la questione sociale con i loro assiomi irrazionali, antistorici e antireligiosi.
Membro della Società geografica italiana dal 1870, dopo avere seduto nel Consiglio direttivo, ricoprì la carica di vicepresidente dal 1883 al 1885 e di presidente dal 1887 al 1891.
Ribadì le sue propensioni politiche e sociali in una lettera inviata a Francesco Crispi il 20 settembre 1894 (Roma, Archivio centr. dello Stato, Carte Crispi-Deputazione di storia patria di Palermo, b. 196, f. Francesco Nobili Vitelleschi), qualche giorno dopo il discorso di Napoli suggellato dalla formula «con Dio e col re per la patria». La missiva non significò, tuttavia, l’inizio di un idillio con lo statista siciliano. In seguito allo scandalo della Banca romana, Nobili Vitelleschi fu tra i pochi a insistere in Senato per la pubblicazione del ‘plico Giolitti’, che avrebbe messo in grave imbarazzo Crispi, di cui auspicava la caduta. All’inizio del 1896, concentrò la sua opposizione sulla politica estera e coloniale crispina sempre in chiave antifiscale. Da un lato, paventava i possibili sviluppi bellici della questione orientale, che vedeva contrapporsi Austria e Italia alla Russia, dall’altro, in una lettera al senatore Costantino Perazzi del 10 dicembre 1895, scriveva a proposito delle prime schermaglie in Abissinia che in una guerra di lunga durata come quella vi potevano essere episodi in favore dell’una o dell’altra parte, ma l’unico pericolo che si correva era quello di assorbirvi tutte le risorse, a scapito degli impegni in Europa. Perciò avrebbe preferito che il governo si limitasse a provvedere alla salvaguardia dei presidi, procrastinando la rivincita a tempi migliori (Roma, Museo centrale del Risorgimento, Fondo Perazzi, b. 904, f. 14, ins. 6).
A seguito della sconfitta di Adua, il potere tornò con Antonio di Rudinì nelle mani della Destra, lo schieramento in cui Nobili Vitelleschi aveva militato da sempre. Tuttavia, egli non rinunciò agli atteggiamenti di fronda riservati ai precedenti ministeri della Sinistra. Riguardo alla politica estera, criticò la pubblicazione e la presentazione in Parlamento dei Libri verdi da parte del ministro degli Esteri Onorato Caetani, romano e aristocratico come lui, contenenti documenti diplomatici riservati del periodo crispino, che avrebbero potuto screditare ogni governo e inibire qualunque iniziativa futura.
Ostile al ‘trasformismo’ e all’allargamento del suffragio che riteneva l’avesse provocato, Nobili Vitelleschi non condivise l’apertura a sinistra dei governi di Rudinì. In particolare, fautore del bipartitismo inglese, espresse forti riserve sul quarto gabinetto di Rudinì del dicembre 1897, che assegnava il dicastero di Grazia e giustizia a un esponente di primo piano della Sinistra liberale democratica come Giuseppe Zanardelli. A cavaliere dei due secoli, da nemico dell’elefantiasi dell’amministrazione, continuò a manifestare, sia nell’attività pubblicistica sia in quella parlamentare, la sua idiosincrasia per ogni forma di politica fiscale progressiva e per l’espansione burocratica dello Stato in nome di un astratto liberismo che salvaguardasse innanzitutto gli interessi dei ceti agrari, ai quali apparteneva.
La questione agraria aveva costituito uno dei suoi principali interessi lungo tutta la sua carriera politica e intellettuale. Per questa ragione, dopo aver condotto personalmente le indagini sul campo relative al Lazio, fu scelto come relatore per la quinta circoscrizione (province di Roma, Grosseto, Perugia, Ascoli-Piceno, Ancona, Macerata e Pesaro) dell’inchiesta agraria promossa dal senatore Stefano Jacini. E in concomitanza con questo impegno estese il suo sguardo Oltreoceano, in particolare al popolamento delle nuove contrade agricole statunitensi.
Sposato con l’inglese Amy Cochrane-Baillie, dalla quale non ebbe figli, negli ultimi anni di sua vita accentuò l’interesse per la politica coloniale e la questione sociale. Assiduo frequentatore del circolo della regina Margherita, si dedicò, infine, agli studi storici con la stessa lena profusa nella vita pubblica. Il suo libro più significativo fu La Roma che se ne va (Roma 1899), espressione della sua personalità proiettata in un mondo che ormai stentava a comprendere.
Morì a Roma il 4 aprile 1906.
Scritti e discorsi: oltre ai testi citati, si segnalano Dell’Istituto di beneficenza in Roma, in Nuova Antologia, 1871, n. 16, pp. 689-711; La crisi politica del 1884 e la costituzione inglese, ibid., 1884, vol. 74, pp. 98-124; Atti della Giunta per l’inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola, XI, Relazione del commissario marchese F. N.V., senatore del Regno, sulla quinta circoscrizione, Roma 1884; La produzione agraria agli Stati Uniti (da un recente viaggio d’un italiano), in Nuova Antologia, 1884, vol. 75, pp. 72-93; Sull’esercizio provvisorio dell’entrata e della spesa. Discorso pronunziato nella tornata del Senato del 19 agosto 1892, Milano 1892; Socialismo ed anarchia, in Nuova Antologia, 1895, vol. 55, pp. 255-282; Del parlamentarismo in Italia, ibid., vol. 56, pp. 625-644; La crisi e il nuovo ministero, ibid., 1898, vol. 73, pp. 158-169; Il socialismo di Stato, ibid., 1899, vol. 78, pp. 269-289; La questione del Transvaal. Lettera dall’Inghilterra, ibid., 1899, vol. 83, pp. 348-354; L’anarchia di Stato, ibid., 1899, vol. 84, pp. 499-521; Politica coloniale. Espansione coloniale ed emigrazione, ibid., 1902, vol. 99, pp. 106-109; Della storia civile e politica del papato, I-II, Bologna 1900-02; III, Roma-Torino 1906.
Fonti e Bibl.: Rieti, Arch. Nobili Vitelleschi, conservato presso la famiglia; Arch. di Stato di Roma, Archivio Castellani, f. 13; Archivio Pian-ciani, b. 47, f. V; Arch. segreto Vaticano, Arch. Borghese, b. 7418, f. 82; Roma, Museo centr. del Risorgimento, Fondo Farini, b. 331, f. 6; Fondo Ademollo, b. 713, f. 10; Fondo Perazzi, b. 904, f. 14; Fondo Mancini, b. 989, f. 63. Corrispondenze e documenti riguardanti Nobili Vitelleschi sono altresì conservati presso il Fondo storico e il Fondo amministrativo della Società geografica italiana (Roma). F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, I, Le premesse, Bari 1951, pp. 360, 365, D. Farini, Diario di fine secolo, a cura di E. Morelli, I-II, Roma 1961, ad ind.; R. De Cesare, Roma e lo Stato del papa. Dal ritorno di Pio IX al XX settembre 1850-1870, Milano 1970, pp. 676, 700 s.; F. Bartoccini, La «Roma dei romani», Roma 1971, pp. 86, 134, 183 s., 196, 436, 526 s.; Id., Roma nell’Ottocento, Bologna 1988, ad ind.; O. Confessore, «Cattolici col papa liberali con lo Statuto». Ricerche sui conservatori nazionali (1863-1915), Roma 1973, pp. 87, 171, 243; G. Pescosolido, Terra e nobiltà. I Borghese. Secoli XVIII e XIX, Roma 1979, pp. 40, 76 s., 87, 162, 227; F. Mazzonis, Per la Religione e per la Patria. Enrico Cenni e i conservatori nazionali a Napoli e a Roma, Palermo 1984, pp. 92, 158, 283; M. Casella, Roma fine Ottocento. Forze politiche e religiose, lotte elettorali, fermenti sociali (1889-1900), Napoli 1995, pp. 211, 226; A. Ciampani, Cattolici e liberali durante la trasformazione dei partiti. La «questione di Roma» tra politica nazionale e progetti vaticani (1876-183), Roma 2000, ad ind.; P.L. Ballini, La questione elettorale nella storia d’Italia. Da Depretis a Giolitti (1876-1892), Roma 2003, pp. 106, 108, 113, 153 s., 159; C.M. Fiorentino, La corte dei Savoia (1849-1900), Bologna 2008, pp. 126, 300; C. Cavour, Epistolario, XVIII, a cura di R. Roccia, Firenze 2008, pp. 964, 995-997; C. Pavone, Gli inizi di Roma capitale, Torino 2011, pp. 87, 160.