ORSO, Francesco
ORSO, Francesco. – Nacque a Celano (L’Aquila) nel 1522.
Non si hanno notizie sulla famiglia, e quelle su di lui sono scarse e lacunose. Nel 1541 era nel monastero celestino di Celano, probabilmente novizio, in attesa dell’ordinazione monastica. L’8 settembre dello stesso anno, nell’abbazia di S. Spirito al Morrone (Sulmona), priore Bernardino da Sulmona, fece la professione di monaco entrando così nell’Ordine dei celestini. Il 6 ottobre «Frater Franciscus de Celano» era nella comunità del monastero di S. Angelo di Celano, secondo il Liber instrumentorum aliarumque memorabilium rerum, spectantium Monasterio Sancti Angeli de Celano (pp. 580 s.). La sua formazione musicale andrà fatta risalire a una data anteriore, forse durante il noviziato a Celano. Dal novembre 1545 fu a S. Spirito di Sulmona; da qui iniziò un percorso poco noto nei monasteri celestini del Regno di Napoli. Nel 1554, mentre era a Vieste nel monastero dei Ss. Marco e Pietro, fu catturato dai turchi in una delle tante incursioni a scopo di saccheggio e rapimento. Fuggito dalla prigionia durata circa dieci anni, arrivò a Napoli nel monastero di S. Pietro a Majella, probabilmente tra il 1563 e il 1564.
Due anni dopo, sette «canzon napolitane» videro la luce sotto il nome di «Francesco da Celano» nei due libri di Canzon napolitane a tre voci di L’Arpa, Cesaro Todino, Ioan Dominico da Nola curati da Nicolò Roiccerandet borgognone (Venezia, Scotto, 1566). Nel 1567 Claudio Merulo pubblicò a Venezia una silloge di 29 madrigali Il primo libro de’ madrigali di don Francesco Orso da Celano, con due madrigali cromatici nel fine (ed. moderna a cura di J.A. Owens, New York 1996).
Nelle scelte poetiche Orso seguì l’orientamento petrarchista imperante: intona una canzone (in otto parti), una sestina (in sette) e tre sonetti (in due) del Petrarca, e componimenti di petrarchisti come Girolamo Parabosco, Dragonetto Bonifacio e Fortunio Spira.
I madrigali sono dedicati a Pietro Gonzales de Mendoza y Alarcón (indicato come «Hernando d’Alarcon»), quarto marchese della Valle Siciliana (nell’Abruzzo teramano), «prencipe e vero professore della musica», che sa soavemente cantare e suonare «vari istrumenti» (cfr. Mammarella, 2006). Gonzáles de Mendoza era divenuto marchese alla morte prematura del fratello maggiore, assumendo il nome di Hernando IV secondo il maggiorascato istituito da don Hernando Ruiz d’Alarcón I ed ereditando, oltre ai vari privilegi acquisiti da Hernando I (generale d’armata, consigliere reale e intimo collaboratore del viceré Pedro di Toledo), anche il palazzo a Napoli, a Porta Donnorso, attiguo al monastero di S. Pietro a Majella, di cui Orso era priore.
I due madrigali cromatici collocati in coda alla raccolta (le due parti del sonetto petrarchesco Il cantar nov’ e ’l pianger degli augelli) bastano da soli a dimostrare la qualità del linguaggio musicale di Orso, il grado di complessità e raffinatezza raggiunto da quello ch’è stato definito «il movimento dell’espressionismo cromatico» rinascimentale (Lowinsky, 1962). Il compositore, attraverso un uso particolare dei segni di alterazione e delle lettere relative alle note, spiegato ed esemplificato nella Lettera a gli lettori che segue la dedicatoria, dimostra di conoscere le teorie di Nicola Vicentino (L’antica musica ridotta alla moderna prattica, Roma, Barré, 1555) e le risorse degli strumenti da tasto cromatici ed enarmonici.
Nel 1572 Orso, in qualità di priore e visitatore, fu all’Aquila da maggio a novembre, nel monastero di S. Maria di Collemaggio, per conto del quale firmò vari atti notarili relativi a concessioni di enfiteusi e locazioni. Tornato a Napoli, il 10 ottobre 1573 nella Vicaria fu testimone, con Stefano Gatto (alias Felis) e messer Tarquinio di Gallipoli, di un atto rogato da Giovanni Andrea Terracciano, maestro d’atti, in favore di fra Benedetto Serafico di Nardò dell’Ordine dei predicatori, che era stato costretto ad approntare un nuovo esemplare per la stampa del suo Primo libro delli madrigali, avendo Orazio Salviani romano, «libraro in Napoli», smarrita la copia da lui affidatagli per mandarla a stampare a Venezia.
Il 4 maggio 1577 era ancora a Napoli, priore di S. Pietro a Majella. Don Matteo (priore di S. Spirito di Sulmona) e i monaci del monastero sulmonese lo elessero procuratore per esigere dalla Real Curia i 50 ducati annui dovuti dalla Dogana della mena delle pecore di Puglia per l’uso degli erbaggi di proprietà della Trinità di Barletta, della Trinità di S. Severo, di S. Pietro di Manfredonia, di S. Benedetto di Monte Sant’Angelo, di S. Giovanni in Piano.
Prima della fine dell’estate 1577, Orso cadde in sospetto di eresia e di simpatie per l’Islam. Il 7 settembre, interrogati in S. Pietro a Majella da Vincenzo de Tocco, visitatore generale e commissario eletto del generale dei celestini, fra Floriano da Terranova e altri cinque frati dichiararono che fra Francesco, per tanti anni prigioniero dei turchi, riteneva costoro santi e seguaci di una fede migliore. Il 24 novembre iniziò il processo dell’Inquisizione contro di lui. Il cardinale Giacomo Savelli inviò ai giudici del S.Uffizio napoletano copia del processo informativo contro il frate, riconoscendo peraltro che c’era dubbio di persecuzione fratesca. Il 25 aprile 1578, nelle stanze del vicario generale di Napoli, venne ascoltato Orso, cinquantaseienne, che ammise la cattività in mano ai turchi e la fuga, ma negò ogni altro addebito: si sarebbe dunque trattato di maldicenza dei confratelli, legata al fatto che egli, definitore, visitatore e priore, li avrebbe spesso castigati. Fu difeso da Gaspare Hillenson. Il 29 aprile venne abilitato in monastero con cautio iuratoria; il 12 giugno un decreto del vicario Gaspare Sillingardo lo prosciolse definitivamente da ogni imputazione. Nel 1584 era abate della chiesa-santuario del convento di Casaluce, nel Casertano.
Si ignora la data della morte.
Il catalogo di vendita dei librai fiorentini Giunta (Firenze 1604) registra un Primo libro di madrigali a 6 voci di Francesco da Celano, di cui non resta altra traccia (Mischiati, 1984).
Fonti e Bibl.: Roma, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 14139: Liber instrumentorum aliarumque memorabilium rerum …, s.d., pp. 580 s.; L. Amabile, Il Santo Officio della Inquisizione in Napoli, II, Città di Castello 1892,p. 8; Th. Kroyer, Die Anfänge der Chromatik im italienischen Madrigal des XVI. Jahrhunderts, Leipzig 1902, pp. 46, 83-95; E.E. Lowinsky, Tonality and atonality in sixteenth-century music, Berkeley 1962, p. 43 (trad. it. in Id., Musica del Rinascimento, a cura di M. Privitera, Lucca 1997, p. 70); I regesti dell’archivio. Abbazia di Montecassino, a cura di T. Leccisotti - F. Avagliano, IV, Roma 1968, pp. 106 s., 191; V, 1969, p. 192; H.W. Kaufmann, F. O. da Celano, in Studi musicali, IX (1980), pp. 219-269; Id., F. O.’s commentary on the chromatic writing of his first book of madrigals (1567), in Essays on the music of J.S. Bach and other divers subjects: a tribute to Gerhard Herz, a cura di R.L. Weaver, Louisville 1981, pp. 156-164; O. Mischiati, Indici, cataloghi e avvisi degli editori e librai musicali italiani dal 1591 al 1798, Firenze 1984, p. 119; K.A. Larson, The unaccompanied madrigal in Naples from 1536 to 1654, Ann Arbor 1985, pp.255-259, 293-302; Regesti Celestini, a cura di L. Zanotti, VI: Archivia Coelestinorum, rist. anast., L’Aquila 1996, pp. 511, 519, 599, 631-638; A. Mammarella, Musical instruments in a 1592 inventory of the marquis Ferdinando d’Alarçon, in Galpin Society Journal, LIX (2006), pp. 187-190, 205.