PAGANO, Francesco
PAGANO, Francesco. – Di questo scultore, attivo nell’Italia meridionale dal 1720 al 1764, non è noto l’anno di nascita, presumibilmente collocabile nei primi anni Novanta del XVII secolo. Altrettanto scarse sono le informazioni sulla famiglia, limitate alla conoscenza dei nomi dei suoi due figli: Gaetano e Giuseppe (Nappi, 1967, p. 217, doc. 46).
La sua produzione come «scultore e statuario» (Rizzo, 1979, pp. 56 s., doc. 18) è invece attestata ampiamente sia nella capitale sia nelle aree periferiche del Regno borbonico: i numerosi ritrovamenti documentari lo inquadrano nel panorama artistico napoletano del XVIII secolo come uno degli artisti tra i più richiesti e apprezzati presso la committenza, laica ed ecclesiastica.
A metà del Settecento il biografo Bernardo De Dominici (1743), suo contemporaneo, ne tramandò il discepolato nella bottega di Domenico Antonio Vaccaro, pittore, scultore e architetto napoletano, figlio del fanzaghiano Lorenzo. La scarna testimonianza di De Dominici è incrementata da numerose carte d’archivio che interessano la produzione dell’artista, cosicché, pur mancando a oggi uno studio monografico su di lui, i documenti resi noti in diverse sedi dalla storiografia moderna consentono di ricostruirne il catalogo, risarcendolo inoltre di importanti opere prima attribuite a Matteo Bottigliero, allievo di Lorenzo Vaccaro e collega di Francesco in varie imprese decorative.
A essere restituiti a una fase avanzata della carriera di Pagano sono i medaglioni con i ritratti di Gennaro Acampora e Vincenzo Campione: il primo, considerato dalla critica un notevole saggio di verità illuministica, in ciò apertamente in anticipo rispetto ai dipinti di Gaspare Traversi, fu eseguito nel 1738 su disegno dell’architetto Bartolomeo Granucci per essere collocato nella chiesa napoletana di S. Maria dell’Aiuto (Mormone, 1971, p. 596; Rizzo, 1979, pp. 56 s., doc. 18; Civiltà del ’700 a Napoli, II, 1980, p. 49; Fittipaldi, 1980, p. 108); il secondo si trova nella chiesa della Trinità dei Pellegrini e fu eseguito nel 1746, quando, scomparso da un anno Domenico Antonio Vaccaro, Pagano era ormai tra i principali continuatori del linguaggio del caposcuola – dal quale ereditò parte dei lavori lasciati incompiuti – tanto da essere oramai qualificato nei documenti «maestro scultore» (Mormone, 1971, p. 596; Rizzo, 2001, p. 267, doc. 580). Di contro, è espunto dal corpus delle sue opere il Monumento funebre del marchese Carlo Danza, attribuitogli sino al ritrovamento di una polizza che ne accerta l’esecuzione da parte di Gaetano Salomone su disegno dell’architetto d’impronta vaccariana Niccolò Tagliacozzi Canale (Fittipaldi, 1980, pp. 104 s.; Rizzo, 2002-03, pp. 195-197, docc. 6-8).
L’opera più antica di Pagano sinora emersa è il ritratto di Alfonso Toraldo Calimera, datato 1720, nella chiesa dell’Annunziata a Tropea (Rizzo, 2001, p. 242, doc. 305; Panarello, 2010, p. 115). Altri ritratti autografi, tutti svolti ad altorilievo in marmo, sono: la coppia di medaglioni con Irene Marescalli e Pompeo Colonna nella chiesa di S. Pietro a Maiella, realizzati tra il 1727 e il 1728, epoca in cui, secondo la polizza di pagamento che ne chiarisce la paternità (Rizzo, 1979, p. 58, doc. 34), Francesco era ancora qualificato come «lavorante scultore»; il Monumento a Gaetano Argento, nella chiesa di S. Giovanni a Carbonara, effigiato a figura intera e genuflesso verso l’altare della cappella gentilizia, che, eseguito tra il 1730 e il 1733, a partire da un modello di Ferdinando Sanfelice fu apprezzato da Francesco Solimena (Sigismondo, 1788, I, p. 105; Filangieri di Candida, 1924, p. 102; Fittipaldi, 1980, p. 107; Rizzo, 1999, p. 118, doc. 245); i busti di Michele e di Andrea Giovine nella chiesa della Nunziatella di Napoli, del 1734 (Sigismondo, 1788-89, II, p. 304; Rizzo, 1979, p. 56, doc. 14; Civiltà del ’700 a Napoli, II, 1980, p. 48); il ritratto di Ettore Carafa della Spina, nella cappella di S. Bartolomeo della chiesa di S. Domenico Maggiore di Napoli, opera realizzata su disegno di Domenico Antonio Vaccaro tra il 1737 e il 1738 (Rizzo, 1979, p. 56, docc. 16 s.); nove busti di Santi vescovi, del 1743, collocati entro medaglioni marmorei nella navata maggiore del duomo di Napoli (Panarello, 2010, pp. 120, 122 s., 135 s.); il ritratto di Carlo III di Borbone, del 1747, commissionato dal principe Ferdinando Vincenzo Spinelli di Tarsia per il proprio palazzo napoletano (Rizzo, 1997, pp. 116 s., docc. 405, 410), ritratto in cui Pagano – ma più verosimilmente Domenico Antonio Vaccaro, in quanto progettista e direttore dei lavori, prolungatisi anche dopo la sua morte – rielaborò il modello compositivo del medaglione di Ettore Carafa della Spina; i ritratti dei coniugi Tommaso Trabucco e Nicoletta Basile, situati nel 1759 nella cappella patronale della chiesa di S. Maria di Loreto dei padri teatini a Napoli (Rizzo, 1981, pp. 35 s., doc. 31).
La maggior parte delle opere furono allogate a Pagano su commissione ecclesiastica. A lui, come a Bottigliero, fu spesso richiesto di corredare di sculture d’angeli le scenografiche macchine d’altare progettate da Domenico Antonio Vaccaro, costruite dai maestri marmorari della stessa scuola.
Tra il 1731 e il 1732 Pagano realizzò i putti del primo altare in stile vaccariano della chiesa napoletana detta la Nunziatella a Pizzofalcone – arredo sacro messo in opera dal marmoraio Giuseppe Bastelli – e, poco dopo, i bassorilievi di marmo con S. Giovanni Evangelista e S. Giovanni Battista nella tribuna della stessa chiesa (Rizzo, 1989A, passim; Borrelli, 1998, p. 79); alla fine del 1734 fu pagato per sette puttini e cinque teste di cherubini compiuti per il cappellone dell’Immacolata nella chiesa di S. Francesco Saverio di Napoli (Fiengo, 1983, p. 177); nel 1737, su progetto dell’ingegnere Giovan Battista Nauclerio, approntò la decorazione marmorea della cappella di S. Erasmo nella chiesa di S. Maria la Nova (Rizzo, 1985, p. 33, doc. 84); nel 1741 tradusse in marmo «due angeloni» disegnati da Vaccaro per l’ ancona dell’altare maggiore della chiesa napoletana di S. Maria dell’Aiuto (Rizzo, 1979, p. 57, docc. 21-22); dagli inizi del 1742 contribuì alla decorazione della chiesa del Purgatorio di Nola, affiancando Giovan Battista Massotti, maestro marmoraro tra i più vicini al caposcuola (Rizzo, 1981, p. 35, doc. 27); alla fine di quell’anno, assieme a Bottigliero e sempre su modello di Vaccaro, s’impegnò a eseguire parte del gruppo marmoreo con angeli, putti e teste di cherubini dell’altare maggiore della chiesa del Gesù Nuovo di Napoli (De Dominici, 1743, p. 478; Catalani, II, 1853, p. 75; Mormone, 1971, pp. 556, 603; Fittipaldi, 1980, p. 108; Borrelli, 1984, p. 132; Rizzo, 1985, p. 33, doc. 85), nella quale sono attribuiti a Pagano anche la coppia di angeli sovrapporta nel lato sinistro della tribuna e il Monumento funebre del cardinale Fini, morto nel 1743, con il ritratto svolto a mezzo busto, ad altorilievo, e trasposto in bronzo (Borrelli, 1970, pp. 221 s.; Fittipaldi, 1980, p. 46).
Decorre dal 1743, proseguendo all’incirca per un decennio, la documentazione sull’apporto di Pagano – e di Bottigliero – alla costruzione della Guglia dell’Immacolata, arredo urbano in stile tardobarocco progettato dall’architetto Giuseppe Genoino per la piazza del Gesù (Mormone, 1971, pp. 603 s.; G. Salvatori - C. Menzione, 1985, pp. 82-91). Dal 1745 al 1751 è registrata la sua presenza nel cantiere del palazzo degli Spinelli di Tarsia, dove, oltre al medaglione col ritratto di Carlo III, Pagano eseguì tre fontane con profusione di inserti figurativi e statue per il loggiato (Rizzo, 1997, pp. 40-43, 108, 112, 114, 116-119, 122, 124 s., 127-131). Tra il 1751 e il 1753 Pagano e Bottigliero, ancora insieme, eseguirono sotto la direzione dell’ingegnere romano Carlo Marchionne le sculture figurative a tutto tondo e i bassorilievi per l’altare maggiore della chiesa del convento domenicano di Soriano Calabro, distrutto da un terremoto nel 1783 (Id., 1979, p. 145, doc. 7; Panarello, 2010, pp. 37-62). Da una dettagliata polizza di pagamento della fine del 1757 (Rizzo, 1985, p. 33, doc. 86) si apprende che Crescenzo Trinchese, altro prolifico marmoraio di scuola vaccariana, commissionò a Pagano otto puttini di marmo con consegna stabilita nel mese di gennaio dell’anno successivo – la destinazione di queste sculture non è precisata nel documento – e che inoltre, avendo già scolpito i putti inginocchiati del tabernacolo nell’altare maggiore della chiesa dei Ss. Filippo e Giacomo di Napoli – arredo del 1757 del marmoraio Giacomo Massotti – a questi modelli Pagano si sarebbe dovuto attenere nell’esecuzione di due delle nuove sculture allogategli da Trinchese.
Come risulta da un documento finora inedito, la collaborazione tra Francesco e Crescenzo continuò negli anni successivi: nel gennaio 1760 il marmoraio napoletano versò allo scultore un anticipo sul compenso tra loro pattuito per «sei statue di marmo, o siano angeloni d’altezza palmi 7 e mezzo, due d’essi che tengono in mano due cornocopij, due altri che tengono un giglio di marmo, e due altri che vengono seduti sopra i frondespizij. E dette sei statue, o siano angeloni, devono farsi in virtù del modello che si è fatto per l’opera, cioè della prospettiva di marmo che viene nella chiesa di Langiano [sic] detta Santa Maria del Ponte, e giusta i disegni firmati dal detto Pagano, e queste deve compirle per lo spazio d’anni tre da’ sedici corrente» (Archivio storico del Banco di Napoli, matr. 1427, c. 119r). La grande ancona della cattedrale intitolata a S. Maria del Ponte fu progettata dal regio ingegnere Gennaro Campanile, cui infatti, il 7 luglio 1760, Trinchese versò un acconto per «suoi deritti [sic] che li spetteranno sopra l’opera di marmo che si sta facendo per la città di Lanciano» (ibid., matr. 1435, c. 611v).
Nel 1761, insieme a Giuseppe Sanmartino, Pagano realizzò i putti capialtare della chiesa di S. Michele ad Anacapri (Cantone, 2003, pp. 281 s.) e sei statue per il «duca di Termoli», Domenico Cattaneo, principe di San Nicandro, non ancora identificate (Rizzo, 1979, p. 145, doc. 6). Nel 1763, lo stesso anno programmato per la consegna delle sculture di Lanciano, i lavori di Pagano e della sua bottega continuarono anche a Napoli: iniziò le tre statue fittili per il succorpo della Ss. Annunziata (Fittipaldi, 1980, p. 109; Rizzo, 2001, p. 269, doc. 607) e avviò contemporaneamente i lavori per il foro Carolino – eretto «fuori alla porta dello Spirito Santo» su progetto di Luigi Vanvitelli – consistenti in quattordici Virtù di marmo commissionate a lui, a Giuseppe Sanmartino, a Giuseppe Picano e a Gaetano Salomone, uniti in società.
Non si conosce la data di morte di Pagano, che il 24 marzo 1764 incassò uno degli ultimi pagamenti per l’impresa vanvitelliana, mentre il 13 settembre successivo risultava ormai scomparso. I suoi i figli, Gaetano e Giuseppe, subentrarono al padre in qualità di eredi nella riscossione dei compensi (Nappi, 1967, pp. 215-218, docc. 38-49).
Fonti e Bibl.: Napoli, Arch. stor. del Banco di Napoli, Banco del Santissimo Salvatore, giornale di cassa matr. 1427, 30 gennaio 1760, c. 119r; ibid., 1435, 7 luglio 1760, c. 611v.;B. De Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani, III, Napoli 1743, pp. 478, 493; G. Sigismondo, Descrizione della città di Napoli e suoi borghi, I-III, Napoli 1788-89, passim; L. Catalani, Le chiese di Napoli, I-II, Napoli 1845-53, passim; A. Filangieri di Candida, La chiesa e il convento di S. Giovanni a Carbonara, Napoli 1924, passim; E. Nappi, Verità e leggenda nella storia dell’arte napoletana. Il Foro Carolino, in Annali di storia economica e sociale, 1967, pp. 189-219; G. Borrelli, Il presepe napoletano, Roma 1970, passim; R. Mormone, La scultura (1734-1800), in Storia di Napoli, VIII, Cava dei Tirreni 1971, pp. 551-606; V. Rizzo, Sculture inedite di D.A. Vaccaro, Bottigliero, P. e Sanmartino, in Napoli nobilissima, s. 3, XVIII (1979), pp. 41-61, 133-147; Civiltà del ’700 a Napoli (1734-1799), (catal. Napoli - Caserta), I-II, Firenze 1979-80, ad ind.; T. Fittipaldi, Scultura napoletana del Settecento, Napoli 1980, passim; V. Rizzo, Notizie su Gaspare Traversi ed altri artisti napoletani del ’700, in Napoli nobilissima, s. 3, XX (1981), pp. 19-38; G. Fiengo, Organizzazione e produzione edilizia a Napoli all’avvento di Carlo di Borbone, Napoli 1983, passim; G.G. Borrelli, Domenico Antonio Vaccaro autore di modelli per argenti, in Antologia di belle arti, XXI-XXII (1984), pp. 127-135; V. Rizzo, Scultori napoletani tra Sei e Settecento, ibid., XXV-XXVI (1985), pp. 22-34; G. Salvatori - C. Menzione, Le guglie di Napoli: storia e restauro, Napoli 1985, passim; V. Rizzo, Un capolavoro del gusto rococò a Napoli: la chiesa della Nunziatella a Pizzofalcone, Napoli 1989A; Id., Gaspare Traversi a Napoli e presenza di D. A. Vaccaro in S. Maria dell’Aiuto dei coltrari di seta (1738-1750), in Napoli nobilissima, s. 4, XXVIII (1989B), pp. 220-225; Id., Ferdinando Vincenzo Spinelli di Tarsia. Un principe napoletano di respiro europeo (1685-1753), Aversa 1997, passim; G.G. Borrelli, L’altare della Nunziatella, in Antologia di belle arti, LV-LVIII (1998), pp. 74-79; V. Rizzo, Ferdinandus Sanfelicius, architectus neapolitanus, Napoli 1999, p. 245; Id., Lorenzo e Domenico Antonio Vaccaro: apoteosi di un binomio, Napoli 2001, passim; Campania barocca, a cura di G. Cantone, Milano 2003, passim; V. Rizzo, Ulteriori scoperte sulla scultura napoletana del Seicento e del Settecento: da Pietro Ghetti a Gaetano Salomone, in Quaderni dell’Archivio storico, 2002-03 (ma 2004), pp. 165-199; M. Panarello, Il grande cantiere del santuario di S. Domenico di Soriano, Soveria Mannelli 2010, passim.