CIACCIO, Francesco Paolo
Nato a Palermo il 25febbr. 1821 da Giuseppe e Maria Anna Napoli in una laboriosa ed agiata famiglia di agricoltori, seguì gli studi umanistici, frequentando prima il seminario di Monreale e poi quello di Palermo, ma non risulta che abbia conseguito alcun titolo accademico. Amico di Paolo Paternostro e dei fratelli De Marchis fu, con essi, tra i giovani che prima del 1848si segnalarono per idee liberali. Quando scoppiò la rivolta antiborbonica fu tra i primi a scendere in piazza e proprio il 12 genn. 1848, primo giorno della rivoluzione, ebbe uno scontro a fuoco con un gruppo di soldati in piazza di Casa Professa, nei pressi dell'università, e riuscì a portare in salvo Andrea De Marchis che era stato ferito gravemente alla spalla e aveva corso il rischio di cadere prigioniero dei borbonici. Lo stesso giorno fu chiamato a far parte del Comitato rivoluzionario presieduto da Giuseppe La Masa e successivamente, per i meriti acquisiti nella lotta armata, fu nominato colonnello del VII battaglione di fanteria.
Con la sua truppa intervenne a sedare disordini scoppiati nei dintorni della capitale e l'esito felice della sua missione gli valse la nomina a comandante militare del distretto di Palermo. Come tale dovette anche assumersi il compito di organizzare la riscossione ed il trasporto nella capitale delle somme che i comuni dovevano versare per il mutuo forzoso di 1.000.000.
Nel periodo rivoluzionario si legò con devota amicizia a Michele Amari e lo storico in una lettera indirizzata da Parigi a Granatelli e Scalia il 17 maggio 1849, rievocando gli ultimi giorni di vita del governo rivoluzionario di Sicilia, afferma che il C., di fronte all'avanzata verso Palermo delle truppe borboniche, era stato tra coloro che con maggiore veemenza avevano consigliato la resistenza ad oltranza e la necessità di respingere ogni accomodamento col Borbone.
Caduto il governo rivoluzionario, il C. abbandonava, esule volontario, la Sicilia e, dopo una breve sosta a Malta, trovava un primo rifugio a Genova, dove nel 1853lo ritroviamo vicino a Rosolino Pilo. Accusato dal governo borbonico d'essersi appropriato di somme destinate dal governo rivoluzionario a pagare il soldo dei soldati del suo battaglione, compilò un rendiconto preciso di tutto :il denaro ricevuto dal gennaio 1848in poi con i chiarimenti necessari ad intendere la gestione del battaglione. Il rendiconto venne in seguito pubblicato dal Giornale officiale di Sicilia (1850-52).
Nella primavera del 1855 si stabilì col fratello Alessandro a Torino e successivamente si recò più volte a Parigi. Durante il decennio 1849-59 sembra che abbia visitato anche la Svizzera e l'Inghilterra, e forse anche gli Stati Uniti d'America, occupandosi di agricoltura e zootecnia.
Sbarcato Garibaldi in Sicilia, rientrò a Palermo riprendendo la partecipazione alla vita politica cittadina nelle file del partito liberale. Quando il generale Della Rovere fu nominato luogotenente generale di Sicilia nell'aprile 1861, fu chiamato a far parte del Consiglio di luogotenenza come segretario per la Pubblica Sicurezza.
Eletto consigliere comunale nelle elezioni del 1861, fu riconfermato nelle elezioni successive con un significativo aumento dei suffragi, evidente rillesso del crescere della notorietà e stima nell'ambito cittadino. Nelle elezioni del 1877 il C., al di fuori di ogni caratterizzazione ideologica, fu presentato come candidato da tutti i partiti e fu eletto con oltre il 90% dei voti. Attento e sagace amministratore delle sue proprietà, portò nella pubblica amministrazione cittadina il contributo prezioso della sua esperienza e dei suoi studi.
Nel 1866, scoppiata la guerra contro l'Austria, si arruolò volontario come semplice soldato di cavalleria, rinunciando a chiedere il riconoscimento dei diritti che gli potevano derivare dal suo titolo di ex colonnello dell'esercito rivoluzionario. Precedentemente aveva rifiutato la liquidazione della pensione spettantegli per questo grado avuto nella rivoluzione del 1848.
Nel 1884 si recò a Roma per rendere omaggio, insieme ai rappresentanti di tutte le maggiori città d'Italia, alla tomba di Vittorio Emanuele II e vi rimase per un certo tempo, interrompendo il soggiorno nella capitale con viaggi in altre città della penisola. Nel settembre 1885, avuta notizia delrepidemia colerica scoppiata a Palermo rientrò nella sua città e si dedicò alla assistenza dei malati. In quest'opera umanitaria prestata senza risparmio di energie contrasse il male e ne morì il 30 sett. 1885.
Fonti e bibl.: G. La Masa, Documenti della rivoluz. siciliana del 1847-49, Torino 1850, I, pp. 57, 151; II, pp. 402, 578, 597; A. D'Ancona, Carteggio di M. Amari, I, Torino 1896, pp. 576 ss.; F. Maggiore Perni, Statistica elett., pol. ed amministr. d. città di Palermo dal 1861 al 1877, Palermo 1879, pp. 76 s., 85, 88; Id., Statistica elettorale, politica ed amministrativa della città di Palermo dal 1878 al 1880, Palermo 1990, p. 20; V. E. Orlando, F. P. C., in Annuario biografico universale, II, Torino 1886, pp. 353 s.; E. Paternò-G. Migliore, Commem. del comm. F. P. C., Palermo 1887; C. Spellanzon, Storia del Risorg. e dell'Unità d'Italia, III, Milano 1936, pp. 471, 475; Diz. dei sicil. illustri. Palermo 1939, ad vocem;U. De Maria, La Sicilia nel Risorg ital. L'opera degli emigrati pol. sicil. dal 1849 al 1860, Palermo 1943, pp. 28, 148, 177, 317 s.; P. Alatri, Lotte pol. in Sicilia sotto il governo della Destra, Torino 1954, p. 36; Diz. del Risorgimento naz., II, pp. 682 s.