PEPE, Francesco
PEPE, Francesco. – Nacque a Civita del Molise, in diocesi di Guardalfiera, il 17 febbraio 1684 da Michelangelo e da Vittoria Viola.
All’età di dieci anni fu condotto a Napoli, dove si formò nelle scuole della Compagnia di Gesù. Il 6 aprile 1698 vestì l’abito dell’Ordine ignaziano e, non essendo particolarmente propenso agli studi di filosofia e teologia, fu destinato alla predicazione. Iniziò la sua attività in aree rurali, prima di fare ritorno al Gesù Nuovo, dove cominciò a farsi conoscere distribuendo esercizi spirituali nelle parrocchie di Napoli, ai membri delle congregazioni, alle religiose dei monasteri. L’agiografo Pietro Degli Onofri – che gli dedicò un’ampia sezione degli Elogi storici (1803) – esaltò le sue doti di missionario capace di organizzare riti e processioni fedeli alla tradizione pastorale gesuitica.
Gli scritti di Pepe suscitarono non poche controversie, in maniera particolare quelli atti a propagare esercizi devoti non sempre graditi alle autorità pontificie. Andarono all’Indice gli Esercizi di divozione in onore della SS. Trinità (Napoli 1726) e le Coronelle della Santissima Trinità e di Maria Santissima, estratte dall’opera data in luce da Francesco Pepe (Napoli 1726). Successivamente Pepe entrò in aperta polemica con Ludovico Antonio Muratori contestando i contenuti della Regolata devozione dei cristiani.
Tra le iniziative del predicatore, quella che suscitò maggiori controversie fu senza dubbio la distribuzione di ‘cartelline’ (dette anche ‘bigliettini’) dell’Immacolata Concezione, conservate da numerosissimi fedeli confidenti nel loro presunto potere miracoloso. Sull’argomento furono pubblicati libretti satirici e denigratori, fra i quali il trattatello intitolato Colloquj di F. Gregorio Pio Milesio minore conventuale sopra la sostanza, uso, ed abuso delle cartelle dell’Immacolata Concezione di Maria Vergine e di altre cose sagre e naturali (Napoli 1747). L’arcivescovo di Napoli Francesco Pignatelli promulgò precise disposizioni restrittive in materia in occasione del sinodo napoletano del 1726 e persino il S. Uffizio intervenne con un decreto apposito nel 1746, cercando di arginare l’audace pratica devozionale. Al di là degli aspetti strettamente disciplinari e dottrinali, le ‘cartelline’ furono giudicate pericolose per l’igiene e la salute pubblica, visto l’insorgere di malattie polmonari in alcuni individui che ne avevano fatto un uso imprudente arrivando addirittura a ingerirle.
Pepe giocò un ruolo importante anche nell’erezione della guglia dell’Immacolata davanti alla chiesa del Gesù Nuovo, voluta da Carlo di Borbone e finanziata con le elemosine degli abitanti di Napoli.
Il generale dei gesuiti Francesco Retz si era convinto del fatto che Pepe guadagnasse l’apprezzamento del re anche per l’intera Compagnia. Per questa ragione esortò il provinciale di Napoli ad avere piena fiducia nel predicatore capace di preservare «l’affetto e la stima della corte» (Archivum Romanum Societatis Iesu, Neapolis, Epistolae Gener., LXIII, cc. 130v-131, Retz a Domenico Ludovici, Roma 24 settembre 1742).
Il legame di Pepe con la monarchia borbonica si consolidò nel corso degli anni Quaranta e Cinquanta. Tra la fine del 1741 e l’inizio dell’anno successivo, a seguito della pubblicazione del proclama regio che assicurava facilitazioni e protezione ai commercianti ebrei, Pepe si espose intercedendo in prima persona con Carlo di Borbone e con la consorte Maria Amalia di Sassonia. Sostenne con decisione la necessità di fermare il provvedimento – gravemente dannoso, a suo avviso, per l’integrità morale e religiosa della città di Napoli e dell’intero Regno – e di anteporre la tranquillità sociale ai vantaggi economici, senza mancare di sobillare il popolo in occasione delle celebrazioni in onore del patrono s. Gennaro.
Qualche anno più tardi, nelle sue Lezioni sacre sulle «grandezze di Gesù Cristo e della Gran Madre Grandissima» (date alle stampe in otto tomi dal 1745 al 1748 e dedicate proprio alla regina Maria Amalia di Sassonia), Pepe rinnovò il suo livore antisemita ed esibì un ricco vocabolario denigratorio, definendo gli ebrei «Violatori del patto», «perfidi» propagatori di false profezie, «cabalisti», idolatri, inclini al tradimento, infami, corruttori della collettività (Delle grandezze, II, 1746, pp. 334, 407, 573).
A partire dall’anno 1746 Pepe, sempre contando sul sostegno politico ed economico della corte, si impegnò nell’erezione di due nuovi ritiri in cui collocare donne escluse dal mercato matrimoniale. Intrattenne rapporti di corrispondenza con Alfonso Maria de’ Liguori, che trasse ispirazione dalle Lezioni sacre per perfezionare la stesura delle sue Glorie di Maria. Fu esaminatore spirituale della beghina napoletana Maria Francesca delle Cinque Piaghe, morta nel 1791 e più tardi canonizzata dalla Chiesa cattolica.
Pepe si impegnò nella lotta alle logge dei Liberi muratori che, negli anni Quaranta, raccolsero a Napoli un sostanzioso numero di adepti, trovando nella Lettera apologetica del principe di San Severo Raimondo di Sangro un chiaro manifesto ideologico. Il 18 maggio 1751 il pontefice emanò la bolla Providas rinnovando la condanna delle consorterie massoniche già espressa nel 1738 e, negli stessi giorni, Pepe cominciò a esercitare pressioni sul governo agitando gli animi del popolo e sfruttando l’ottima reputazione di cui godeva presso i regnanti. I suoi comportamenti furono denunciati dagli esponenti più in vista dell’esecutivo, primo fra tutti il ministro Bernardo Tanucci.
La morte di Pepe, avvenuta a Napoli il 18 maggio 1759, fu accompagnata da grandi manifestazioni di cordoglio, soprattutto da parte dei ceti più umili della città.
Le notizie riferite dalla tradizione elogiativa sono confermate dalla relazione del nunzio apostolico Lazzaro Opizio Pallavicino che, il giorno successivo alla morte di Pepe, informò il segretario di Stato pontificio di una «folla» enorme accorsa a rendere omaggio alla salma, composta in massima parte da individui del «basso popolo» che, con strumenti di ogni genere, avevano fatto a pezzi un confessionale, solitamente usato da Pepe stesso, per «la pia premura di averne qualche porzione» (Archivio segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Napoli, b. 251, cc. 362-363, Relazione del nunzio apostolico Pallavicino del 19 maggio 1759).
Opere. Terza novena di sabati dell’Immacolata Concezione della divina Madre Maria SS. di F.P., Napoli 1744; Delle grandezze di Gesù Cristo e della Gran Madre Grandissima, Lezioni sacre, I-VIII, Napoli 1745-1748; Discorsi in lode di Maria Santissima per tutt’i sabbati dell’anno di F.P. della Compagnia di Gesu, Napoli 1756. Sulle opere finite all’Indice, R. De Maio, Religiosità a Napoli 1656-1799, Napoli 1997, p. 134.
Fonti e Bibl.: Napoli, Archivio del monastero di S. Gregorio Armeno, 265: Scritti del P. F.P. d. Compagnia di Gesù. AMDG (6 dicembre 1712 - 31 marzo 1713); B. Tanucci, Epistolario, II, 1746-1752, a cura di R.P. Coppini - R. Nieri, Roma 1980, p. 621, 13 febbraio 1751.
Il più completo profilo biografico di Pepe a oggi disponibile, di chiara matrice agiografica, è quello tracciato da Pietro Degli Onofri, Elogi storici di alcuni servi di Dio che vissero in questi ultimi tempi e si adoperarono pel bene spirituale e temporale della città di Napoli, Napoli 1803. Sull’opera di P. Degli Onofri, cfr. P. Palmieri, I taumaturghi della società. Santi e potere politico nel secolo dei Lumi, Roma 2010, pp. 185-222; ampi riferimenti anche in E. Novi Chavarria, Il governo delle anime. Azione pastorale, predicazione e missioni nel Mezzogiorno d’Italia (secoli XVI-XVIII), Napoli 2001. Indicazioni biografiche importanti anche in Biografie e ritratti degli uomini illustri della provincia di Molise. Opera compilata dall’avvocato Pasquale Albino, III, Distretto di Larino, Campobasso 1866, pp. 69-71; F. Nicolini, Un grande educatore italiano, Celestino Galiani, Napoli 1951, pp. 241-248; E. Papa, Padre F.P. s.j. e la sua attività apostolica a Napoli nel giudizio del nunzio Gualtieri, in Archivum historicum Societatis Iesu, XXVII (1958), pp. 307-326. Sulle cedoline dell’Immacolata, Istruzione ai Vescovi sopra la loro obbligazione nella scelta dei ministri da impiegarsi per predicare, e confessare, Napoli 1758, pp. 147-148. Sull’espulsione degli ebrei vedi le osservazioni di R. Ajello, Carlo di Borbone, re delle Due Sicilie, in Carlo di Borbone. Lettere ai sovrani di Spagna, a cura di I. Ascione, I, Roma 2002, p. 43. Sul rapporto fra Pepe e Maria Francesca delle Cinque Piaghe, Della vita e opere sante della Ven. Serva di Dio Suor Maria Francesca nominata delle Cinque Piaghe di Gesù Cristo, Roma 1809, p. 289. Sul rapporto fra Pepe e Alfonso de’ Liguori, R. Telleria, De spirituali B. Mariae Virginis Immaculatae praesentia in familia alfonsiana, in Spicilegium historicum Congregationis SSmi Redemptoris, III (1955), p. 135; A.M. De Liguori, Opere ascetiche, Introduzione generale, a cura di O. Gregorio - G. Cacciatore - D. Capone, Roma 1960, pp. 133, 319. Sulla condanna della massoneria a Napoli, oltre a B. Tanucci, Epistolario… cit., E. Del Curatolo, L’editto carolino contro la Massoneria (1751) nel quadro dei rapporti tra Regno di Napoli e Santa Sede, in Clio, XXIII (1987), pp. 35-54; A.M. Rao, La massoneria nel Regno di Napoli, in Storia d’Italia. Annali 21, La massoneria, a cura di G. Cazzaniga, Torino 2006, pp. 513-543.