PETO, Francesco
PETO (Poetus, Paetus), Francesco (Franciscus). – Nacque a Fondi probabilmente tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta del Quattrocento, dal momento che è descritto come di giovane età sia in alcune opere tarde di Giovanni Pontano, composte tra il 1501 e il 1503, sia nel De opportunitate (1507) di Mario Equicola. Non si hanno notizie sulla sua famiglia d’origine.
L’Aegidius di Pontano, ambientato alla fine del 1501, attesta la frequentazione dell’Accademia Pontaniana da parte di Peto, che figura tra i protagonisti del dialogo ed è descritto mentre arriva per la prima volta a Napoli da Roma, in compagnia di Suardino Suardi.
Benché letteraria, la cornice dell’Aegidius sembra fondata su vicende reali, a partire dai riferimenti alla recente morte di Pietro Golino (il Compater), avvenuta il 17 novembre. Nel De sermone (1502-03), inoltre, Pontano elogia la raffinata arguzia di Peto. A lui e al già citato Suardi, Pontano aveva deciso di dedicare anche l’Asinus scritto tempo prima, come spiega l’epistola prefatoria al dialogo scritta da Pietro Summonte per la princeps del 1507.
Al suo arrivo a Napoli Peto era probabilmente già allievo di Agostino Nifo, che frequentò anche nella patria di questi, Sessa, come sembrerebbero indicare i riferimenti a luoghi e toponimi sessani che figurano nella Sylva ad Niphum Avianum rus incolentem, dove Peto cerca di convincere il maestro a raggiungerlo a Napoli.
Il componimento, in esametri, risale al 1504 circa (vi è ancora forte l’eco della battaglia del Garigliano del 29 dicembre 1503), ma restò inedito fino al 1531, quando Nifo lo inserì in apertura dei suoi commentari ai Meteorologica aristotelici. Nella Sylva, dove echi oraziani, virgiliani e staziani si mescolano a spunti di filosofia naturale sul modello di Lucrezio, Peto varia abilmente i registri, mostrandosi particolarmente felice nell’evocazione antiquaria dei luoghi (la Sessa del poeta satirico Lucilio, Napoli). Il componimento ha un interesse biografico, in quanto Peto vi afferma di essere al servizio di Prospero Colonna, la cui protezione gli consente di dedicarsi agli ozi letterari. Il rapporto con Colonna difficilmente può risalire a prima del 1495, quando questi occupò una prima volta Fondi, strappandola ai Caetani, per poi assicurarsene il definitivo possesso con la conquista spagnola del Regno di Napoli (Petrucci, 1982).
Tra il 1504 e il 1505 compose due lunghe elegie latine in lode di Ettore Fieramosca, all’interno di una silloge forse ispirata dallo stesso Prospero Colonna e rimasta inedita fino al 1547, quando fu stampata a Capua. La maggior parte degli autori dei componimenti appartiene alla cerchia pontaniana; le due elegie di Peto sono composte in un latino elegante, benché non esente da una certa convenzionalità. Nel secondo dei due componimenti, a fianco all’elogio delle virtù militari e morali di Ettore, figura un excursus antiquario sulle origini di Fondi e sulla mitica città di Amyclae, sviluppato con originalità sulla base del commento di Servio all’Eneide (Miletti, in corso di stampa).
Il rapporto con l’ambiente napoletano, grazie ai legami con Nifo e Prospero Colonna, restò stretto anche dopo la morte di Pontano: Equicola fece di Peto uno dei protagonisti del suo De opportunitate, tessendone anche un breve elogio nell’epistola di dedica a Nifo.
Per gli anni successivi le informazioni si fanno più rade. Matteo Bandello lo menziona nelle epistole che introducono le novelle III 40, III 67 e IV 13. Nella seconda di queste, Peto è rappresentato mentre si trova a Milano con Prospero, forse in occasione delle guerre degli anni 1512-15 o 1521-23. Nello stesso passo si dice anche che Peto avrebbe composto un non pervenuto epigramma in lode delle ‘maniglie’ di Ippolita Sforza Bentivoglio. Nella terza epistola Bandello asserisce che la sua duratura amicizia con Peto era cominciata a Fondi grazie a Prospero. Queste epistole sono finzioni letterarie, il cui valore di testimonianza biografica è incerto, ma la verosimiglianza dei riferimenti a Peto sembra suggerire che la conoscenza tra i due fosse reale.
Giovanni Conte Colino (1901, p. 254) riporta la notizia secondo la quale Leone X nel 1516 lo avrebbe nominato primicerio del Duomo di Fondi.
Al seguito di Prospero, Peto ebbe modo di frequentare anche Roma, dove strinse amicizia con Evangelista Maddaleni de’ Capodiferro.
Il ms. Vat. lat. 3351 contiene due brevi e inediti componimenti in distici di Peto, uno dedicato a Maddaleni stesso, in cui figura un riferimento antiquario all’antica Lanuvium, già sottolineato da Oreste Tommasini (1893, p. 9), l’altro di tematica erotica. Le due poesie si trovano in una sezione del manoscritto che raccoglie componimenti di Maddaleni dedicati a Leone X, ed è pertanto possibile che anch’esse risalgano al pontificato di questo (1513-21). In una sezione più antica dello stesso manoscritto, risalente al primo decennio del Cinquecento, figura un epigramma di Prospero a Peto, scritto in un linguaggio allusivo fino all’incomprensibilità, concepito per essere inteso solo dal destinatario.
A Peto sono dedicati alcuni componimenti dei fratelli Giano e Cosimo Anisio, animatori dell’ultima fase dell’accademia napoletana, stretta intorno alle figure dei fratelli Martirano. In una lirica Giano si complimenta con Peto per essersi sottratto temporaneamente alla vita militare impostagli da Prospero e per potersi dedicare all’amore per Glycera, forse pseudonimo di una donna reale; in un’altra lo rimprovera per non avere ancora scritto un poema celebrativo del suo protettore – testimonianza, questa, della scarsa prolificità di Peto e della sua reticenza a cimentarsi fino in fondo con la poesia cortigiana. Cosimo gli dedicò un distico faceto, e lo menzionò poi in una lirica come amico di Pomponio Gaurico e del capuano Lelio Gentile. I canzonieri degli Anisio, stampati rispettivamente nel 1531 e nel 1533, raccolgono materiale composto in molti anni, ma i riferimenti a Peto non sembrano risalire verosimilmente a un periodo precedente agli anni Dieci e Venti.
Tutte le testimonianze concordano nel presentare Peto come un uomo di fiducia di Colonna, sempre al suo seguito, forse con un ruolo di segretario. Difficile dire cosa sia accaduto dopo la morte di Prospero (31 dicembre 1523): in apertura dei Meteorologica del 1531, Nifo afferma che l’allievo stava lavorando a un commentario aristotelico, disperso o mai completato, il De rerum naturalium principiis iuxta Aristotelis doctrinam; si tratterebbe dell’unica opera in prosa nota, che testimonierebbe anche una possibile conoscenza del greco. La data di stampa dei Meteorologica costituisce anche il generico terminus post quem per collocare la morte di Peto, erroneamente riferita al 1510 da Ludovico Antonio Muratori (1725, p. 277). Ignoto è anche il luogo della morte.
Su Peto non esiste alcuno studio d’insieme, al di là di voci lacunose e talvolta erronee nei repertori sui letterati del Regno di Napoli. Di lui restano le cinque poesie latine sopra menzionate, per un totale di 265 versi. Su basi così esigue è difficile tracciare un profilo di Peto umanista e letterato, eppure dalla sua produzione sembrano emergere con chiarezza almeno due interessi, quello di filosofia naturale, ispirato verosimilmente dai rapporti con Nifo, e ancora di più quello antiquario, evidente dai riferimenti alle antiche vicende di Amyclae, Fondi, Sessa, Napoli e Lanuvium, e forse maturato nell’ambito pontaniano.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 3351, cc. 79v, 145v-146r, 146v-147r; Roma, Biblioteca dell’Istituto nazionale d’archeologia e storia dell’arte, Mss., 52.C, cc. 31v-33r (vi figura la prima delle due elegie per Fieramosca, tratta da un esemplare mutilo dell’edizione capuana del 1547); A. Nifo, Suessanus in libros Metheororum, Venetijs 1531, c. 2r; C. Anisio, Poemata, Neapoli 1533; Successo de lo combattimento delli tredeci italiani…, Capua 1547, cc. 37v-39r, 41r-43r.
M. Equicola, De opportunitate, Neapoli 1507; G. Pontano, Actius… Aegidius… Asinus, Neapoli 1507, cc. F[VI] V, IIII v; Id., De bello Neapolitano et De sermone, Neapoli 1509, c. GI V; G. Anisio, Varia poemata et satyrae, Neapoli 1531, cc. 47v-48r, 58v-59v; K. Gesner, Bibliotheca uniuersalis, Tiguri 1545, s.v.; M. Bandello, La terza parte de le novelle, Lucca 1554, cc. 135r-v, 224r-v; Id., La quarta parte de le novelle, Lione 1573, c. 84r-v; N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, s.v.; L.A. Muratori, Raccolta delle vite e famiglie degli uomini illustri del Regno di Napoli, Milano 1725, p. 277; C. Minieri Riccio, Biografie degli Accademici Alfonsini detti poi Pontaniani, dal 1442 al 1543, Napoli 1882, pp. 16-18; O. Tommasini, Evangelista Maddaleni de’ Capodiferro accademico…. e storico, in Atti della R. Accademia dei Lincei, Memorie della cl. di scienze morali, storiche e filologiche, s. 4, X (1893), pp. 3-20; G. Conte Colino, Storia di Fondi, Napoli 1901, pp. 254 s.; A. Altamura, L’umanesimo nel mezzogiorno d’Italia, Firenze 1941, p. 58; F. Petrucci, Colonna, Prospero, in Dizionario biografico degli Italiani, XXVII, Roma 1982, pp. 418-426; L. Miletti, “Tacitis regnavit Amyclis”. Francesco Peto da Fondi su Virgilio “Aeneis”, X 563-4, in Le modèle et les originaux. L’exemplum virgilien à Naples entre dynastie aragonaise et vice-royaume espagnol, a cura di M. Deramaix - G. Germano, Rouen, in corso di stampa.