PINELLI, Francesco
PINELLI, Francesco. – Nacque a Genova verosimilmente tra il quarto e il quinto decennio del XV secolo, da Silvestro. Il nome della madre non è noto.
La famiglia paterna era di rango patrizio e stava guadagnando una collocazione primaria entro i traffici con l’Oriente cristiano, la Spagna e il Meridione, in ragione di nuovi legami economici e parentali. Quelli con i Centurione (cui faceva capo il più importante banco genovese, monopolista dei traffici iberici) e con Aronne Cybo (m. 1458), consigliere di Alfonso il Magnanimo alla corte di Napoli. Due brevi di papa Innocenzo VIII, figlio di Aronne, attesterebbero che Pinelli, i suoi fratelli (Castellino, Battista e Paride) e sorelle erano nipoti del pontefice secundum carnem, ossia figli di una sorella del papa.
Per conto di Domenico Centurione, di cui fu agente e procuratore, Pinelli ricoprì l’incarico di depositario della Camera apostolica nei regni di Castiglia e León, già a partire dal pontificato di Sisto IV (il ligure Francesco Della Rovere), con il compito di esigere tributi finalizzati al contrasto dell’espansione turca nel Mediterraneo (1472). A seguito della pubblicazione delle bolle papali che sancirono l’inasprimento della crociata antiottomana (1479), ossia l’inizio della guerra granadina, egli divenne nunzio e collettore apostolico in Spagna assieme con Alfonso Ortiz, canonico di Toledo (1482), quindi con Firmano da Perugia (1483) e infine con incarico esclusivo (1486). La pratica di unire queste due importanti funzioni (la nunziatura e la collettoria generale) era e rimase una peculiarità del rapporto tra la S. Sede e la penisola iberica.
Senz’altro inusuale, invece, il fatto che la nunziatura fosse affidata a un laico. Nella bolla di nomina e in un breve coevo (destinato al vescovo di Siviglia, 1482) Pinelli è infatti definito clericum Ianuensem, a riprova della sua probabile assunzione degli ordini minori. Sempre in società con i Centurione, egli aveva frattanto sviluppato una fiorente attività di mercatura e prestito che lo portò a risiedere stabilmente a Valenza e infine nella capitale andalusa (1476), prossima a divenire centro nevralgico dei rapporti economici tra Vecchio e Nuovo Mondo, e già sede di una prospera comunità genovese organizzata attorno a un potente consolato.
A Siviglia, Pinelli prese dimora nella collaçión de Santa María e alcuni anni più tardi, sempre nei pressi della cattedrale, acquistò il grande fabbricato fra calle Argote de Molina e calle Abades che, variamente suddiviso e modificato a opera dei suoi eredi, costituisce il nucleo originario della casa de los Pinelo. Il patio principale di questo prestigioso edificio tuttora effigia il capostipite dei Pinelli sivigliani e la consorte María de la Torre, forse sorella del decano della cattedrale (Fernando de la Torre) e forse anch’essa afferente alla nazione ligure (ai della Torre di Genova). María, già vedova e di non più giovane età, diede a Pinelli i figli Gerónimo (m. 1520) e Pedro (entrambi canonici della cattedrale già a partire dai primi anni Novanta) e inoltre Francisca (che sposerà il conquistador Rui Barba). I figli naturali Silvestre, Cristóbal, Luis e Juan Bautista, otterranno invece una legittimazione tarda dai sovrani Isabella e Ferdinando, unitamente a ottimi uffici e privilegi (con la sola eccezione di Silvestre, morto in giovane età).
Il patrimonio personale di Pinelli e così pure i suoi legami con l’aristocrazia spagnola, con il vertice amministrativo e finanziario del Regno di Castiglia divennero infatti di primaria grandezza con l’avvio del pontificato Cybo. Anni in cui il banco Pinelli di Siviglia, che originariamente si configurò come una classica impresa mista (credito e traffici di olio, vino, grani e coloranti) governata su base clanica (molti i Pinelli, mercanti e cambiatori, che raggiunsero Francesco a Siviglia), accrebbe la propria esposizione in favore della Corona, a sostegno della reconquista delle Canarie (1480) e dell’impresa granadina (1486-89), e assunse una struttura societaria facente capo a Pinelli e al connazionale Andrea de Odone.
Nel 1486, anno nel quale Pinelli divenne banchiere del papa in terra iberica, il banco deteneva ormai una posizione di leadership per entità di volumi movimentati e operava di fatto a latere del mandato di Cipriano Gentile, nuovo depositario generale della Camera apostolica per la crociata granadina (ligure anch’egli). Continuava d’altro canto la partnership con Domenico Centurione, corroborata dai traffici di allume tolfetano, di cui quest’ultimo aveva ottenuto l’appalto.
Nel 1488 la nomina di jurado e fiel ejecutor della città di Siviglia, sancì l’ingresso di Pinelli nella compagine amministrativa spagnola. Numerose, negli anni successivi, le sue missioni a corte, talora nella doppia veste di emissario del pontefice e peroratore di interessi familiari. Così in occasione del conferimento del ricco beneficio di San Vittoriano (nella diocesi di Leida) al fratello Battista (1490), già socio del banco sivigliano e futuro arcivescovo di Cosenza (1491-95). Il continuo e ormai diretto interscambio con i re cattolici, i profitti e le benemerenze che ne derivarono, crebbero oltremodo in occasione degli ultimi prestiti elargiti da Pinelli per il compimento dell’impresa di Granada (1491-92), per un totale di nove milioni di maravedís.
In questo orizzonte si inserì l’iniziativa creditizia che più di ogni altra ha reso celebre questo hombre de negocio: il finanziamento dei primi viaggi di Colombo, la cui amicizia con Pinelli mai si spense, come dice la corrispondenza dello stesso navigatore, e avrebbe forse tratto origine dai legami di Domenico Colombo, padre di Cristoforo, con l’albergo Pinelli di Genova. Le Capitolazioni di Santa Fé (aprile 1492), stipulate presso la riconquistata Granada, sancirono anzitutto le modalità di finanziamento della prima spedizione colombiana, coperta per il 70% (1.400.000 maravedís) da denari presi a prestito dalle casse della Santa Hermandad, la ricca confraternita di cui Pinelli era frattanto divenuto tesoriere, assieme con l’amico e sodale Luis de Santángel. In caso di insuccesso Pinelli avrebbe personalmente rifuso l’Hermandad. Il felice esito della spedizione gli consentì invece di tornare a sostenere le imprese di Colombo, a partire dal piano finanziario (1493-1505).
Giunsero quindi le nomine di commissario aggiunto all’ufficio di baccelliere e procuratore fiscale (detenuto da Pedro Díaz de la Torre, parente di sua moglie) sulle entrate del porto di Cadice, il cavalierato di Santiago e infine l’incarico di factor general della Casa de la contratación, la nuova istituzione preposta ai traffici con il nuovo mondo (1503).
Pinelli morì a Siviglia nel marzo 1509 e fu sepolto (come più tardi sua moglie, 1513) nella cappella di famiglia della cattedrale, intitolata alla Vergine del Pilar.
Testò in favore di tutti i figli maschi, senza oneri di primogenitura.
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