PORTINARO, Francesco
PORTINARO (Portenaro, Portenari, Portinari, Portinario, Portinarius), Francesco. – Nacque presumibilmente a Padova (dove trascorse buona parte della vita) intorno al 1520 da Pietro di Bernardino da Cittadella, precone comunale che risiedette nella Curia del podestà almeno dal 1532.
Di diversi periodi della sua esistenza non rimangono tracce documentarie oltre i labili indizi offerti dalle dediche delle sue opere. Nulla è noto circa la formazione musicale e gli esordi compositivi; il madrigale Che nuova forz’amore trovò ospitalità nel Primo libro di madrigali a cinque voci (s.l. 1547) di Antonio Martorello, che forse fu suo maestro. L’anno seguente indirizzò i «primi parti de l’ardente animo» suo, ossia la raccolta Primi frutti […] de motetti a cinque voci (Venezia, Gardano, 1548), al cardinale Ercole Gonzaga, firmandosi «affettionatissimo ed umilissimo servitore», ma non è dato sapere se in quel periodo si trovasse effettivamente al servizio del cardinale. Due anni più tardi dedicò Il primo libro de madrigali a cinque voci (Venezia, Gardano, 1550) al figlio di Pietro Bembo, monsignor Torquato, che a Padova aveva una casa e godeva di benefici ecclesiastici. Il 10 marzo 1552, quando si presentò da un notaio per l’acquisto di alcuni campi, Portinaro risultava vivere nel Palazzo comunale insieme con la moglie Laura, figlia di Andrea de Rubeis da Este (Archivio di Stato di Padova, Notarile Antico, 1680, c. 379). Nel 1554 verosimilmente si trovava ancora in città, se indirizzava il Secondo libro de madrigali a cinque voci (Venezia, Gardano) al nobile padovano Lorenzo Barozzi suo «signore osservandissimo» per i benefici, la liberalità e la bontà dimostratigli. Il 30 aprile 1555, stante l’infermità del maestro di cappella della cattedrale Giordano Pasetto, concorse al posto di maestro sostituto, ma il ruolo venne assegnato a don Pietr’Antonio Guainaro.
Il 21 giugno dello stesso anno, insieme a Francesco Pozzoveggiani detto ‘pre Moro’, pre Bernardino Pagano ‘il franzosin’, Matteo Brenuzio calzolaio calabro e Marc’Antonio Pordenon, dava vita a una societas musicorum che però, contrariamente ai propositi dei fondatori, non pare aver avuto lunga durata, visto che già dalla metà del 1556 egli era «maestro della nobile et virtuosa Accademia de signori Constanti Vicentini», ai quali indirizzò il Terzo libro di madregali a cinque et a sei voci, con tre dialoghi a sette et uno a otto (Venezia, Gardano, 1557; poi a cura di M. Archetto, New York-London 1990): al loro servizio si trovava ancora il 15 marzo 1557 poiché, comparendo tra i testimoni di un atto notarile insieme a Giovanni Nasco, veniva qualificato come «musico Accademiae Vincentiae» (Bolcato, 1995). Intanto a Padova il 30 marzo si costituì, per iniziativa del conte Giacomo Zabarella, l’Accademia letteraria e musicale degli Elevati. Tra aprile e maggio Portinaro venne chiamato come maestro insieme con tre giovani, Innocenzo Alberti, Sebastiano e Alessandro: doveva animare i momenti musicali nel corso delle adunanze, ma anche insegnare quotidianamente a suonare e a cantare agli accademici che lo richiedessero. A quasi tre anni dall’assunzione, Portinaro dedicò loro il Quarto libro di madrigali a cinque voci con dui madrigali a sei due dialoghi a sette et dui a otto (Venezia, Gardano, 1560; poi a cura di M. Archetto, New York-London 1991); tuttavia l’Accademia doveva versare in difficoltà, se l’11 marzo 1560, nella sede di S. Francesco Piccolo, veniva eletto un procuratore contro i debitori: misura tardiva che non riuscì comunque a scongiurarne lo scioglimento.
Il 21 aprile 1561 Portinaro fu nominato maestro dell’Accademia filarmonica di Verona, ma venne «licenziato dalla compagnia mal servita» (Rigoli, 2002) prima del 22 dicembre, quando il suo posto risultava già occupato da Ippolito Camaterò. Rientrato in Padova, nel 1563 indirizzò il Primo libro de madrigali a quattro voci [...] con due madrigali a sei (Venezia, G. Scotto) al giovane marchese Scipione Gonzaga, forse con la speranza d’essere chiamato al suo servizio; questi, che dal 1558 frequentava lo Studio patavino, si stava allora adoperando per fondare un’accademia, detta degli Eterei. In data imprecisata Portinaro era divenuto anche precone della comunità di Padova (verosimilmente subentrando al padre, morto prima del marzo 1560), ruolo che il 21 marzo 1564, in procinto di partire, affittò per un triennio a Maffeo da Bergamo per venti ducati l’anno. A ottobre si trovava già al servizio del cardinale Ippolito II d’Este nel palazzo di Monte Giordano a Roma e, ormai vedovo di Laura de Rubeis, condonò al suocero cinquanta ducati d’oro della dote che non aveva mai ricevuto (Archivio di Stato di Padova, Notarile Antico, 2000, cc. 183v-184). Stando ai documenti superstiti fu alla guida della cappella privata di Ippolito, comprendente una ventina tra cantori e strumentisti (tra cui Bernardino Pagano suonatore di cornetto, già suo compagno nella «societas» padovana del 1555), almeno fino a marzo 1566, stipendiato con 27 scudi e 50 baiocchi al trimestre e con diritto al companatico anche per due «bocche». Sulla base della dedica del Secondo libro de motteti a sei, sette et otto voci (Venezia, Gardano 1568) al cardinale Luigi d’Este si è voluto supporre che Portinaro fosse passato al seguito di quest’altro porporato, nipote di Ippolito (Radiciotti, 1907, p. 14): in ogni caso, i mottetti erano stati «creati mentre era al servitio dell’illustrissimo e reverendissimo suo zio». Per certo il 1° marzo 1568 si trovava a Padova, residente in contrada del Santo: in procinto di partire per Vienna, attestava di aver ricevuto 400 ducati come dote dalla giovane Giulia di Cristoforo Bazzato, sua seconda moglie (Archivio di Stato di Padova, Notarile Antico, 830, c. 181). Alla corte asburgica si sarà presentato vuoi per offrire di persona a Massimiliano II l’elegante edizione de Le vergini […] a sei voci con alcuni madregali a cinque et a sei et duoi dialoghi a sette, su testi del Petrarca, che egli aveva indirizzato all’imperatore da Venezia il 15 gennaio dello stesso anno, vuoi nella speranza di trovarvi un impiego. Ma l’anno seguente era di nuovo a Padova impegnato in affari immobiliari e, nel 1571, fu maestro di cappella interinale in cattedrale durante la settimana santa e in altre occasioni; nel 1572 indirizzò quella che risulta essere l’ultima sua fatica musicale edita, il Terzo libro de motetti a cinque, sei, sette e otto voci (Venezia, Gardano), «nati mal grado della cruditione di questi tempi», al giovane conte Ascanio Martinengo Cesareschi bresciano, abate di Leno, giunto in città per completare i suoi studi e che di lì a poco avrebbe fondato l’Accademia degli Animosi. Portinaro non trovò però occupazione in questa accademia, bensì, dal 25 luglio 1573, in quella ‘rivale’ dei Rinascenti, a cinquanta ducati l’anno oltre all’uso di una casa, con il compito di far musica dopo le sessioni e di insegnarla due ore al giorno; lì fu affiancato a dicembre da Marc’Antonio Pordenon che già gli era stato compagno nella «societas» del 1555 e presso gli Elevati. Nel giugno del 1574 con nuovi obblighi e con l’ampliamento della compagnia di musicisti lo stipendio gli fu portato a settanta ducati. I Rinascenti però si sciolsero nel corso del 1575, e il 13 dicembre 1576 Portinaro si presentò, unico concorrente nell’infuriare della peste, al concorso per maestro di cappella in Duomo a Padova; fu eletto con l’onere anche di insegnare canto ai chierici e con il compenso di settanta ducati annui. Tra le annotazioni relative al suo servizio in cattedrale si ricorda come nell’agosto 1577 venne rimborsato per salmi e messe comperati a Venezia e nell’agosto successivo «per far conserti» il giorno dell’Assunta (Padova, Biblioteca Capitolare, Quaderni della Sacristia, 1578, c. 16v).
Morì sul finire del 1578, e il 31 dicembre al suo posto venne eletto Ippolito Camaterò (ibid., c. 13r).
Alle opere a stampa già citate bisogna aggiungere una riedizione de Le Vergini a sei voci con alcuni madrigali a cinque et a sei con dui dialoghi a 7 et uno a 8 […] Libro quinto (Venezia, Gardano, 1569), dal contenuto lievemente modificato rispetto alla precedente; e sei madrigali e quattro mottetti in collettanee edite tra il 1551 e il 1597 (per metà già presenti nei suoi libri). Il doppio madrigale Candid’e richa vela / Piacciati come (dal Terzo libro) compare intavolato nel Fronimo (1568 e 1584) di Vincenzo Galilei.
Una quindicina di brani sacri manoscritti si conservavano nella Biblioteca Capitolare del Duomo di Treviso prima dell’incendio del 1944, tratti da edizioni tranne Quis tuus has nostras a 6 voci e la messa Surge Petre pure a 6; due mottetti sopravvivono nel ms. 877 della Biblioteca Proske di Ratisbona e la messa Surge Petre nel ms. Mus. 45 della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera; infine un’intavolatura tedesca per organo del Primo libro di madrigali a quattro voci (priva dei due ultimi brani) è ad Aschaffenburg, Stadt- und Stiftsarchiv, ms. 4783.
Risultano perdute invece le «Messe di Francesco Portinaro a 5» citate nell’Indice delli libri di musica che si trovano nelle stampe di Angelo Gardano (Venezia 1591) al n. 35, forse le stesse elogiate da Giovanni Matteo Asola nella dedicatoria delle sue Messe a quattro voci pari (Venezia, Gardano, 1574).
Le composizioni di Portinaro mostrano l’influenza di Adrian Willaert e della scuola veneziana, e i suoi dialoghi segnano una tappa importante nello sviluppo drammatico del genere. Tra i testi intonati abbondano le rime del Petrarca (in particolare nei primi due libri di madrigali a cinque voci e nelle Vergini), ma compaiono tra gli altri anche Iacopo Sannazaro, Pietro Bembo, Ludovico Ariosto, Chiara Matraini, Ludovico Martelli, Francesco Ippoliti, Girolamo Parabosco, Luigi Cassola, Sperone Speroni, Remigio Nannini.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Padova, Notarile Antico, 830, c. 181; 1680, c. 379; 2000, cc. 183v-184; 4856, c. 48; Padova, Biblioteca Capitolare, Quaderni della Sacristia, 1578, cc. 13r, 16v.
N. Pietrucci, Biografia degli artisti padovani, Padova 1858, pp. 222 s.; A. Solerti, Ferrara e la Corte estense, Città di Castello 1900, p. CXVI; G. Radiciotti, L’arte musicale in Tivoli nei secoli XVI, XVII e XVIII, Tivoli 1907, pp. 13 s.; B. Brunelli, Francesco Portenari e le cantate degli accademici padovani, in Atti del Reale Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 1919-20, vol. 79, pp. 595-607; B. Brunelli Bonetti, Due Accademie padovane del Cinquecento, in Atti e memorie della Reale Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova, n.s., 1919-20, vol. 36, pp. 43-57; G. Turrini, L’Accademia filarmonica di Verona dalla fondazione (maggio 1543) al 1600 e il suo patrimonio musicale antico, Verona 1941; R. Casimiri, Musica e musicisti nella cattedrale di Padova nei secoli XIV, XV, XVI, Roma 1942, pp. 31-43, 60, 65, 135, 154, 159-163; E. Martellozzo Forin, Una ‘Societas musicorum’ costituita a Padova nel 1555, in Atti e Memorie dell’Accademia patavina di scienze lettere arti: Classe di scienze morali, lettere ed arti, 1965-66, vol. 78, pp. 401-420; A. Busatta, Giovanni Nasco, Francesco Bonardo Perissone, F. P.: madrigali per l’accademia dei Costanti di Vicenza, tesi di laurea, Università di Bologna, a.a. 1989-90; M.A. Archetto, F. P. and the academies of the Veneto in sixteenth century, Ann Arbor 1991; V. Bolcato, Leone Leoni e la musica a Vicenza nei secoli XVI-XVII, Venezia 1995, p. XIV; P. Rigoli, Una fonte quasi sconosciuta per la storia dell’Accademia filarmonica di Verona nel Cinquecento, in Coelorum imitatur concentum: studi in onore di Enrico Paganuzzi, a cura di P. Rigoli, Verona 2002, p. 42; M. Della Sciucca, S’amor non è: Cesare Tudino and the birth of the purely musical dialogue, in Music & letters, LXXXIV (2003), in partic. pp. 580 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XIII, 2005, coll. 805 s.; A. Pugliese, Dizionario dei musicisti alla corte del cardinale Ippolito II d’Este negli anni 1565-1572, in Palestrina e l’Europa. Atti del III Convegno internazionale di studi… 1994, a cura di G. Rostirolla - S. Soldati - E. Zomparelli, Palestrina 2006, pp. 100 s., 103; Id., Musica e musicisti alla corte di Ippolito II d’Este, in Ippolito II d’Este cardinale principe mecenate, a cura di M. Cogotti - F.P. Fiore, Roma 2013, pp. 483, 489.