QUERINI, Francesco
– Nacque presumibilmente a Venezia, al più tardi attorno al 1320, figlio di Donato (parrocchia di Santa Maria Formosa): ancora giovane abbracciò la vita sacerdotale, compiendo la propria formazione presso quella chiesa collegiata e matrice, di cui divenne parroco nel 1340. Non era raro, infatti, per i rampolli delle famiglie patrizie più eminenti della città, avviati alla carriera ecclesiastica, iniziare il proprio cursus honorum con l’ottenimento di una dignità pievanale.
Negli stessi anni conseguì verosimilmente una laurea in teologia, visto che le fonti coeve lo attestano come magister in sacra pagina (ma una tradizione più tarda lo vuole, invece, dottore di decretali, laureato in diritto canonico). Sempre in gioventù ottenne l’associazione alla Scuola grande di Santa Maria della carità.
Distintosi subito per pietà e dedizione pastorale, il 30 marzo 1349 fu nominato da Clemente VI vescovo di Capodistria, dove restò quindici anni. Durante il mandato si segnalò non solo per una pastorale improntata alla più severa pietas, ma anche per la ferma rivendicazione di diritti e giurisdizioni episcopali, creando più di qualche disturbo allo stesso podestà locale, tanto che la Dominante nel 1356 fu costretta a mediare tra vescovo, vicario e clero da una parte, e il reggimento dall’altra. La sua integrità e rettitudine morale, accompagnata da una crescente fama di santità e miracoli, lo imposero peraltro all’attenzione, tanto che già nell’ottobre del 1349 (pochi mesi dopo la nomina a Capodistria) fu raccomandato per la cattedra di Ceneda e nel 1351 per il ben più importante Patriarcato di Grado.
Forse anche per la tempra politica e la consapevolezza giuridica dimostrate durante il lungo episcopato istriano, Querini fu poi eletto, il 5 luglio 1364, alla sede arcivescovile di Creta.
Già problematica per la difficoltosa convivenza, nella stessa diocesi, di cristiani di rito latino e greco, e per le aspirazioni di autonomia della locale chiesa ortodossa, la sede cretese era divenuta ancor più delicata dopo la ribellione dell'isola del giugno 1363 (rivolta di san Tito) e le rivendicazioni di indipendenza da Venezia. Dopo aver cercato di sedare pacificamente l’insurrezione, accettando la proposta papale di affidare al carmelitano francese Pierre Thomas, predecessore di Querini, una difficile ricomposizione e un’intesa che permettesse di riprendere i progetti di crociata accarezzati dal pontefice (resi incerti dalla rivolta), Venezia aveva deciso di reprimere la sommossa con le armi.
In tal contesto Querini – patrizio veneto, sperimentato difensore dei diritti usurpati alle istituzioni ecclesiastiche – era figura più appropriata e funzionale del predecessore. Ma la breve durata del suo ufficio non gli permise di calarsi appieno nella lacerata e spinosa situazione cretese; del suo mandato rimane memoria solo dell’azione di rivendicazione del Palazzo arcivescovile, sito a Candia, riottenuto nel maggio del 1366 dai Provveditori di Creta. Peraltro, gli ultimi mesi del suo episcopato Querini li passò lontano dall’isola, essendosi recato a Roma presso Urbano V, durante il breve rientro (iniziato nella primavera 1367, ma presto concluso in modo fallimentare) del papa in Italia.
Nel frattempo, alla fine di quello stesso anno, si era resa vacante per la morte di Orso Dolfin la prestigiosa cattedra patriarcale di Grado. Il Senato veneto, che da tempo aveva palesato il suo gradimento per Querini, «solemnis prelatus et valde notabilis» (Archivio di Stato di Venenzia, Senato, Deliberazioni miste, reg. XXXII, c. 112r), nel dicembre del 1367 lo mise in ballottaggio col primicerio di S. Marco Giovanni Loredan; Querini prevalse con una maggioranza schiacciante e ottenne il pieno e rapido favore di Urbano V (che il 22 dicembre lo nominò ufficialmente al seggio gradense). Querini prese possesso della diocesi nel marzo del 1368, insediandosi nel Palazzo patriarcale di San Silvestro, a Venezia, ormai da tempo (dal 1156) dimora del presule, per la decadenza e il progressivo impoverimento della periferica sede di Grado.
In città Querini si distinse subito per quelle stesse virtù che ne stavano alimentando ovunque la fama, anche di santità. Nel 1368, in qualità di giudice apostolico, appianò alcune controversie tra il clero di Murano e i cenobi femminili dell’isola che avevano scosso la comunità religiosa locale, ottenendo uno speciale plauso dalla Curia romana. Si dimostrò in particolare sensibile al monachesimo femminile in crisi, segnato da ricorrenti problemi disciplinari e da una scarsa osservanza degli obblighi di clausura. Incoraggiò pertanto l’iniziativa di Lucia Tiepolo, badessa dei Ss. Filippo e Giacomo di Ammiana, di erigere in città un nuovo convento riformato dedicato al Corpus Domini, sostenendone la gestazione iniziale (conclusasi nel 1375 con l’erezione ufficiale del piccolo complesso conventuale, presso la chiesa di S. Lucia). La stima di cui Querini godeva fece sì che il Senato ne raccomandasse, nel settembre del 1368, la promozione al cardinalato; scelta ovviamente dettata principalmente da ragioni di opportunità politica e di prestigio internazionale, eppure atta a confermare, nonostante l’esito sfavorevole, la considerazione e l’apprezzamento che la città nutriva per il patriarca gradense.
Ma l’episodio che diede maggior popolarità a Querini, amplificandone la reputazione di santità, fu nel 1370 la guarigione miracolosa di un ossesso.
Secondo il racconto agiografico, il presule confessò inizialmente la propria inadeguatezza ai parenti dell’indemoniato, ma indicò poi nella reliquia della croce santa appena donata alla Scuola grande di S. Giovanni Evangelista – nel 1369, da Philippe de Meziérès, cancelliere dei regni di Cipro e Gerusalemme – l’oggetto sacro capace di propiziare il miracolo. Avuta la reliquia (per cui coltivava una devozione speciale) Querini la ostentò davanti all’ossesso, ottenendone l’immediata guarigione. Il miracolo destò una grande impressione, rimase a lungo nella memoria collettiva e conseguì infine fama imperitura in uno dei teleri commissionati dalla scuola a Vittore Carpaccio alla fine del secolo successivo per abbellire la sala dell’albergo (Miracolo della croce a Rialto, 1494, oggi conservato nelle Gallerie dell’Accademia a Venezia).
Querini morì a Venezia il 30 giugno 1372 e fu sepolto nella cappella di famiglia, nella chiesa di S. Maria Gloriosa dei Frari. Ben presto, nell’agosto del 1372, il Senato avviò le pratiche di canonizzazione, inviando un ambasciatore ad Avignone per perorare presso Gregorio XI la causa di beatificazione. La tempestività dell’azione, sebbene non coronata da successo, fu l’ennesima testimonianza dell’apprezzamento del Comune lagunare per l’attività pastorale del prelato.
A spingere in tal senso furono forse anche ragioni di rivalità con il Patriarcato di Aquileia, con cui da sempre Grado si contendeva i diritti metropolitici sulle diocesi alto-adriatiche; ad Aquileia, che stava allora sostenendo il culto del patriarca Bertrando di Saint-Geniès, morto martire in battaglia, Venezia poteva ora contrapporre il proprio santo patriarca, favorendone la venerazione e inserendone sin da subito la celebrazione nel calendario liturgico cittadino (il 1° luglio).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Senato, Deliberazioni miste, regg. XXVII, c. 86r; XXXII, cc. 32v, 61r, 101r, 112r, 149v; Venezia - Senato. Deliberazioni miste. Registro XXV (1349-1350), a cura di F. Girardi, Venezia 2006, pp. 257 s. n. 426-427; ibid., Registro XXVI (1350-1354), a cura di F. Girardi, Venezia 2008, pp. 206 n. 386, 220 s. n. 422; ibid., Registro XXXIII (1368-1372), a cura di A. Mozzato, Venezia 2010, p. 57 n. 121, pp. 90 s. n. 189, 305 n. 590, 496 n. 937; ibid., Registro XXXIV (1372-1375), a cura di E. Orlando, Venezia 2015, p. 103 n. 221; ibid., Registro XXXI (1363-1366), a cura di L. Levantino, Venezia 2016, p. 587 n. 1153.
G. Zabarella, Il Galba overo Historia della serenissima fameglia Quirina …, Padova 1671, p. 71; P. Naldini, Corografia ecclesiastica o sia Descrittione della città e della diocesi di Giustinopoli detto volgarmente Capo d’Istria, Venetia 1700, pp. 39 s. (rist. anast. Bologna 1967); F. Corner, Epistula ad Angelum Mariam Quirinum … de beato Francisco Quirino patriarca gradensi, in Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, a cura di A. Calogerà, XXXIX, Venezia 1748, pp. 471-504; F. Corner, Ecclesiae Venetae …, II, 5, Venetiis 1749, p. 312; Id., Creta sacra …, II, Venetiis 1755, p. 51; Id., Opuscula quatuor quibus illustrantur gesta b. Francisci Quirini patriarchae Gradensis …, Venetiis 1758, pp. 1-20; Id., Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane, Padova 1758, pp. 45, 313, 356; V. Piva, Il Patriarcato di Venezia e le sue origini, I, Venezia 1938, p. 119; S. Tramontin, B. F. Q., in G. Musolino - A. Niero - S. Tramontin, Santi e beati veneziani. Quaranta profili, Venezia 1963, pp. 168-173; S. Maria Formosa (1060-1195), a cura di M. Rosada, Venezia 1972, p. XLIII; D. Romano, Patrizi e popolani. La società veneziana nel Trecento, Bologna 1993, p. 142; S. Borsari, I veneziani delle colonie, in Storia di Venezia. Dalle origini alla caduta della Serenissima, III, La formazione dello stato patrizio, a cura di G. Arnaldi - G. Cracco - A. Tenenti, Roma 1997, pp. 143-146; A. Rigon, I problemi religiosi, ibid., pp. 935 s., 943; M. Magnani, Storia giudiziaria della rivolta di San Tito a Creta (1363-1366), in Reti Medievali Rivista, 2013, vol. 14, n. 1, pp. 159 s.; K. Petkov, The Anxieties of a Citizen Class. The Miracles of the True Cross of San Giovanni Evangelista, Venice 1370-1480, Leiden-Boston 2014, pp. 67-87.