RAGONESI, Francesco
RAGONESI, Francesco. – Nacque a Bagnaia (Viterbo) il 21 dicembre 1850. Primogenito di Vincenzo e di Rosa Medori, compì gli studi ginnasiali nel seminario interdiocesano di Viterbo e Tuscania dal 1867 al 1869, poi quelli ecclesiastici nel seminario Pio di Roma.
Si laureò in sacra teologia e diritto canonico presso l’ateneo del seminario romano dell’Apollinare. Ordinato sacerdote nel 1874, gli fu affidato l’insegnamento di sacra scrittura, storia ecclesiastica e civile nel seminario viterbese in cui aveva studiato. Fu in seguito teologo canonico della cattedrale di S. Lorenzo (1880), poi arcidiacono del capitolo della cattedrale (1883). Nel 1885 il vescovo di Viterbo e Tuscania, Giovanni Battista Paolucci, lo volle suo vicario generale, incarico che alla morte di questi, il 9 novembre 1892, continuò a svolgere fino all’8 agosto 1893, reggendo di fatto la diocesi. Sulla sua stretta collaborazione, sempre come vicario, contarono in seguito anche il nuovo ordinario della diocesi dal 1893 al 1899, Eugenio Clari, specie dopo l’invio come nunzio a Parigi nel 1896, e il suo successore, Antonio Maria Grasselli.
Nell’adunanza del 29 maggio 1900, i vescovi della regione romana proposero Ragonesi come «degno di occupare una qualche sede vescovile» (Archivio segreto Vaticano, Uditore Sua Santità, Commissione pro eligendis 3, f. Orlandi Adeodato, cc. n.n.). Nel settembre del 1904 Pio X lo destinò alla delegazione apostolica di Colombia con la qualifica di inviato straordinario, nominandolo nel contempo arcivescovo titolare di Mira.
Ragonesi giunse a Bogotá quando si era da poco conclusa, con la vittoria dei conservatori sui liberali, la guerra dei Mille giorni (1899-1902), che aveva provocato migliaia di vittime; in un Paese devastato dalla povertà, ridimensionato sul piano territoriale dalla separazione di Panama (1903) e all’indomani dell’elezione alla presidenza della Repubblica del generale Rafael Reyes Prieto.
Definiti dal concordato del 1887, i rapporti Stato-Chiesa rimasero stabili durante la presidenza di Reyes Prieto, che dovette fare i conti con l’opposizione di settori del suo stesso partito conservatore, vari tentativi per allontanarlo dal potere e un attentato da cui uscì illeso, ai quali rispose accentuando il piglio autoritario del suo governo. La situazione divenne insostenibile per Reyes Prieto dopo la firma del trattato con gli Stati Uniti del 5 gennaio 1909 con cui la Colombia riconobbe la secessione di Panama, contro il quale si mobilitarono studenti e ampi settori della popolazione, costringendolo alle dimissioni il 13 marzo 1909.
Nelle sue relazioni a Roma, Ragonesi presentò in termini sostanzialmente positivi, pur con qualche riserva, la presidenza di Reyes Prieto (Archivio della congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari, Colombia III, pos. 719, f. 121; pos. 767, f. 129) con il quale giunse a siglare il 4 agosto 1908 una convenzione addizionale al concordato (ibid., pos. 763, f. 128). Motivo di preoccupazione, invece, ebbe per l’anticlericalismo dei liberali, per contrastare il quale Ragonesi aveva trasmesso al clero di Bogotá nel 1906 le opportune istruzioni (ibid., pos. 731, f. 129). Mise poi mano alla riorganizzazione ecclesiastica del Paese, resa necessaria dalle sette nuove diocesi istituite nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, che ebbe culmine nella prima Conferenza nazionale dei vescovi colombiani svoltasi sotto la sua regia il 9 agosto 1908 (ibid., pos. 769, f. 130).
La gestione della delegazione apostolica in Colombia dovette essere valutata positivamente dalla segreteria di Stato e dal pontefice, se Ragonesi fu poi promosso a nunzio apostolico e destinato, il 9 febbraio 1913, alla guida della nunziatura di Madrid, dove rimase fino al giugno del 1921, poco dopo essere stato nominato cardinale.
Ragonesi trovò nel Paese iberico una situazione convulsa sul piano politico ed ecclesiale. Anzitutto per la forte divisione dell’opinione pubblica che, di fronte alla Grande Guerra, vide cattolici e conservatori schierati a sostegno degli Imperi centrali, liberali e repubblicani con l’Intesa, nonostante la Spagna si fosse dichiarata neutrale. Poi per le tensioni tra Madrid e il movimento catalanista, le proteste di settori dell’esercito e l’acuirsi della conflittualità sociale per le drammatiche condizioni dei lavoratori e le ripercussioni della rivoluzione bolscevica. Non era più tranquilla la situazione della Chiesa. Nel suo seno, infatti, molto forte era il peso del tradizionalismo, dell’integralismo e del carlismo, con cui entrarono in rotta di collisione l’incipiente cattolicesimo sociale d’orientamento democratico.
Furono questi, oltre alle questioni ecclesiastiche di ordinaria amministrazione, i principali temi trattati da Ragonesi nei rapporti alla segreteria di Stato (Cárcel Ortí, 2005; Félix Ballesta, 2005). Da essi si ricava che almeno due volte, nel dicembre del 1916 e nel settembre del 1917, su sollecitazione del segretario di Stato Pietro Gasparri, il nunzio tentò di coinvolgere, senza successo, Alfonso XIII e il governo spagnolo a sostegno delle iniziative di Benedetto XV volte a trovare una soluzione al conflitto mondiale (Archivio segreto Vaticano, Archivio della nunziatura di Madrid, f. 755, cc. 132, 133, 135v; pos. 334, cc. 103rv, 118, 121). Si apprende del costante monitoraggio degli orientamenti dell’opinione pubblica sulla guerra e delle solide basi che la neutralità, secondo Ragonesi, aveva nella maggioranza della popolazione e nell’esercito, ma anche delle pressioni dell’Intesa per attrarre la Spagna nella propria orbita (ibid., f. 755, pos. 331, cc. 19-23). Se per Ragonesi bolscevismo e catalanismo costituivano serie minacce per l’ordine pubblico (ibid., f. 755, pos. 332; pos. 333; Archivio della congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari, Spagna, pos. 1204, f. 471; pos. 1212, f. 472), motivo di particolare preoccupazione manifestò in più occasioni nei riguardi del catalanismo, di cui mai capì le ragioni, e delle lacerazioni che esso provocava nel clero catalano, al quale si era in precedenza rivolto con una circolare invitandolo a non immischiarsi con le aspirazioni ultranazionaliste e a non fomentarle, come si evince dall’articolato rapporto del gennaio 1919 (Archivio segreto Vaticano, Archivio della nunziatura di Madrid, f. 765, pos. 385, cc. 265-279).
Due episodi rivestono particolare rilievo nel periodo che Ragonesi trascorse in Spagna. Il primo è quello che lo vide, su incarico di Gasparri, compiere una missione, nell’estate del 1918, «del tutto confidenziale e segreta» (AA.EE.SS., Portogallo, pos. 683, f. 412, c. 36) in Portogallo, al fine di riavvicinare il Paese lusitano alla S. Sede, dopo l’interruzione dei rapporti diplomatici con la rivoluzione del 1910. A tal fine Ragonesi incontrò il 26 giugno il patriarca di Lisbona, il 27 il ministro degli Esteri, Joaquim do Espírito Santo Lima, e il presidente della Repubblica, Sidónio Pais. La missione fu portata a termine con successo, dal momento che il 29 giugno i giornali portoghesi pubblicarono una nota ufficiosa sul ristabilimento delle relazioni diplomatiche, poi reso ufficiale dal decreto governativo del 10 luglio 1918 (ibid., pos. 683, f. 413, cc. 36-48; Malheiro Da Silva, 1996-1997, pp. 429-438, 482-485).
Il secondo episodio si riferisce all’atteggiamento che Ragonesi assunse di fronte alla controversia originata dalla denuncia per eterodossia che il direttore del carlista El Siglo futuro, Manuel Senante, aveva inviato nella primavera del 1920 a Roma contro il Grupo de la democracia cristiana, timida iniziativa, ancora sul piano prepolitico, di un piccolo nucleo di intellettuali e sacerdoti, di orientare in senso democratico il cattolicesimo sociale spagnolo, vagamente ispirato al PPI (Partito Popolare Italiano), fondato qualche mese prima da Luigi Sturzo. Ragonesi affidò a due gesuiti, di cui erano noti gli orientamenti contrari al Gruppo, il compito di esprimere un parere in merito, che peraltro venne formulato non sui documenti ufficiali del Gruppo, ma sulla denuncia di Senante. Com’era da attendersi il parere fu negativo e il Gruppo venne censurato dalla conferenza dei metropolitani riunita a Madrid nel marzo del 1921, dopo la morte del cardinale primate Victoriano Guisasola, che ne aveva preso le difese e di cui erano note le divergenze con il nunzio. Contiguo agli ambienti più conservatori del cattolicesimo spagnolo, Ragonesi ebbe una condotta che fu giudicata ambigua dagli esponenti del Gruppo. Uno dei più autorevoli esponenti di esso, il canonico asturiano Maximiliano Arboleya, lo descrisse come una sorta di Penelope che disfaceva di notte quello che aveva fatto di giorno. Anni dopo, nell’estate del 1927, un sacerdote che aveva fatto parte del Gruppo, passando per Roma, andò a fare visita al cardinale Ragonesi. Riferendone ad Arboleya, scrisse che Ragonesi pensava ancora che Severino Aznar, che del Grupo era stato il leader, fosse socialista e che non si era trattenuto dal criticare il papa per il suo atteggiamento sull’Action française (Benavides, 1973, pp. 161-189, 218-265; Cárcel Ortí, 1990, pp. 7-92).
Nel concistoro del 7 marzo del 1921 Benedetto XV elevò Ragonesi al rango di cardinale assegnandogli il titolo di S. Marcello. Rientrato in Italia, riprese i rapporti con la sua diocesi di provenienza e prese parte al conclave che nel 1922 elesse Pio XI. Nel 1924 partecipò al congresso eucaristico dell’Alto Lazio a Viterbo. Fece poi costruire il collegio convitto dei padri maristi, che ebbe il suo nome (Galeotti, 2000, p. 200). Nominato il 9 marzo del 1926 prefetto del supremo tribunale della Segnatura apostolica, la sua attività si svolse in seguito presso la Curia. Camerlengo del Sacro Collegio nel 1928-29, appartenne inoltre alla sacra congregazione dei Sacramenti, del Concilio, dei Religiosi, degli Affari ecclesiastici straordinari e della reverenda Fabbrica di S. Pietro.
Sebbene esprimesse al pontefice felicitazioni di circostanza in occasione della Conciliazione (Archivio segreto Vaticano, Segreteria di Stato, 1929, rubr. 25, f. 2, c. 67), Ragonesi appartenne al nutrito drappello di cardinali che da posizioni ‘integrali’ criticarono i Patti del Laterano per i presunti cedimenti allo Stato. Critiche che non sfuggirono agli informatori della polizia fascista, che ne tracciarono un profilo poco lusinghiero. Lo descrissero a partire dal 1928, infatti, come «ammiratore profondo» di Benito Mussolini, «ma non del regime» (Archivio centrale dello Stato, Ministero degli Interni, Direzione generale di pubblica sicurezza, Divisione polizia politica, 1088, Ragonesi Francesco, Informativa del 4 marzo 1928), poi come contrario alla conciliazione per il fatto che le trattative erano avvenute all’insaputa del Sacro Collegio. Le stesse fonti riferirono anche che in una «memorabile riunione» aveva rivolto aperte critiche al papa e a Gasparri per aver «favorito il Fascismo, tradito il mandato e conculcato i diritti della Chiesa» (ibid., Informativa del 15 agosto 1929), giungendo a definirlo come «oppositore antifascista» (ibid., Informativa del 3 marzo 1930; Fiorentino, 1999, pp. 138 s., 152). Nella battaglia sull’Azione cattolica che contrappose la S. Sede al fascismo nel 1931, mettendo in bilico il concordato, Ragonesi condivise le posizioni dei cardinali ‘radicali’, cioè dei sostenitori di un atteggiamento più severo di quello adottato dal segretario di Stato Eugenio Pacelli nei riguardi del regime (Coco, 2009, p. 242).
Di limitate esperienze sul piano pastorale e privo di formazione diplomatica, Ragonesi si destreggiò con discreta perizia dapprima nella gestione della diocesi di Viterbo e Tuscania, poi alla guida delle due nunziature che gli vennero affidate, per svolgere nell’ultimo scorcio della sua vita un ruolo non di primo piano nella Curia romana. Non essendo un uomo di studi e di pensiero, di lui sono rimasti solo alcuni discorsi tenuti in occasione di celebrazioni istituzionali o ufficiali che, pubblicati all’epoca della nunziatura in Spagna o raccolti successivamente (Discursos y alocuciones del Excmo. Sr. Cardenal F. Ragonesi mientras fué Nuncio de Su Santidad en España: 1913-1921, Madrid 1926), illustrano senza segni di originalità le posizioni tradizionali del magistero. Tra questi appena da segnalare è l’allocuzione sugli studi sociali agli alunni del seminario di Comillas (Santander), nel quale, stigmatizzata l’idea che l’origine della società fosse da rinvenire nel «libero contratto sociale» o che fosse il frutto dell’evoluzione, invitava a osservare con attenzione il proletariato, che costituiva la maggioranza della nazione (La sociología en los seminarios, Madrid 1915). Altri due discorsi pubblicò nel 1929, entrambi per le edizioni milanesi di Vita e Pensiero: Splendori del vero, del buono e del bello nell’Immacolata e L’unità nella varietà delle encicliche di Pio XI.
Ammalato da diversi anni, dopo il ricovero in una clinica romana e un soggiorno in una casa di salute in Svizzera, sulla via del ritorno, quando era diretto a Camaldoli, fu costretto dall’aggravarsi della malattia a fermarsi a Poggio a Caiano (Firenze), presso la casa generalizia delle suore minime del S. Cuore di cui era protettore e dove si spense il 14 settembre 1931.
Fonti e Bibl.: Archivio segreto Vaticano, Uditore Sua Santità, Commissione pro eligendis 3, f. Orlandi Adeodato, cc. n.n.; ibid., Archivio della nunziatura di Madrid, f. 755, cc. 132, 133, 135v; pos. 334, cc. 103rv, 118, 121; f. 755, pos. 331, cc. 19-23; pos. 332; pos. 333; f. 765, pos. 385, cc. 265-279; AA.EE.SS. (Archivio della congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari), Portogallo, pos. 683, f. 412, c. 36 e f. 413, cc. 36-48; ASV, Segreteria di Stato, 1929, rubr. 25, f. 2, c. 67; AA.EE.SS., Colombia III, pos. 719, f. 12; pos. 767, f. 129; pos. 763, f. 128; pos. 731, f. 129; pos. 769, f. 130; Ibid., Spagna, pos. 1204, f. 471 e pos. 1212, f. 472; Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero degli Interni, Direzione generale di pubblica sicurezza, Divisione polizia politica, 1088, Ragonesi Francesco. I necrologi sono in L’Osservatore romano, 14-15 settembre 1931; Bollettino del clero romano, XII (1931), p. 144.
O. Alberti, Card. F. R., in La Pontificia Università Lateranense, Roma 1963, p. 420; D. Benavides, El fracaso social del catolicismo español. Arboleya-Martínez, 1870-1951, Barcelona 1973; V. Cárcel Ortí, Benedicto XV y el catolicismo social español, in Analecta Sacra Tarraconensia, 1990, n. 63-64, pp. 7-152; A.B. Malheiro Da Silva, Os católicos e a «República Nova» (1917-1918): da «questão religiosa» à mitologia nacional, in Lusitania sacra, 1996-1997, pp. 385-499; C.M. Fiorentino, All’ombra di Pietro. La chiesa cattolica e lo spionaggio fascista in Vaticano, 1929-1939, Firenze 1999, pp. 110 s., 138 s., 152; M. Galeotti, L’illustrissima Città di Viterbo, Viterbo 2000, pp. 200 s.; V. Cárcel Ortí, Benedicto XV y la crisis socio-política de España. Despachos políticos del nuncio Ragonesi, in Archivum Historiae Pontificiae, 2005, n. 43, pp. 157-262; M.A. Félix Ballesta, Relaciones Iglesia-Estado en la España de 1919 a 1923 según el Archivo Secreto Vaticano, Madrid 2005; G. Coco, L’‘anno terribile’ del cardinale Pacelli e il più segreto tra i concistori di Pio XI, in Archivum Historiae Pontificiae, 2009, n. 47, pp. 143-276.