REDI, Francesco
Medico e poeta, nato ad Arezzo nel 1626, morto a Pisa il 1° marzo 1698. Imparò a Firenze grammatica e retorica, si addottorò a Pisa in medicina e filosofia (1647). Dopo, studiò di tutto: il francese, lo spagnolo, il disegno di prospettiva, la scherma, il flauto; più tardi, il tedesco e l'arabo, ma soprattutto si approfondì nelle lettere greche e latine. Medico soprattutto e naturalista, ricercando testi antichi italiani, provenzali, catalani, francesi e dialettali, fu un precursore degli odierni studî romanzi e di dialettologia. La sua biblioteca, passata poi alla Laurenziana, annovera manoscritti preziosi, quali la Bibbia volgare trecentesca e l'autografo dell'autobiografia di B. Cellini. In età giovanile il R. visitò Roma, Napoli (1650), Bologna, Venezia, Padova (1653), ma poi, come "primo medico" di Ferdinando II e di Cosimo III, e soprintendente della loro Fonderia, non si allontanò più dalla Toscana. Accademico e arciconsolo della Crusca, fu benemerito del Vocabolario per non poche correzioni e aggiunte; ma v'introdusse anche delle citazioni di antichi testi tratte dalla sua fantasia. Lettore "della lingua toscana nello studio fiorentino", ne indagò le etimologie; protetto da Ferdinando II, fece "naturali esperienze" nella camera di lui e nell'accademia del Cimento (fondata nel 1657). Sotto Cosimo III, dovette invece occuparsi d'inezie di corte e di progetti di matrimonio pel principe ereditario. Onorato dal sovrano, ricco e celebre, aveva le sue pene segrete, procurategli dai fratelli troppo spenderecci. A capo di un cenacolo letterario, aiutò i discepoli Lorenzo Bellini anatomico e Alessandro Marchetti, traduttore di Lucrezio, e fece conoscere le canzoni per l'assedio di Vienna di V. Da Filicaia. Ascritto all'Accademia di camera di Cristina di Svezia, fu uno dei primi arcadi.
Le prose sono la sua maggior gloria. Oltreché per i trovati scientifici, sono pregevolissime per la festività e semplicità dello stile, rara in un secolo che "delirava". Il Bacco in Toscana, per cui il R. è generalmente noto, ha i suoi precedenti in poesie del Poliziano, del Chiabrera, del Marino, ecc.; il ditirambo, apparentemente così immediato, è zeppo d'erudite reminiscenze da antichi e da moderni. Il R. è felice nel magistrale variare dei ritmi, ora brevi, ora lunghi, ora gravi ora rapidi, nell'apparente disordine delle idee. Vi è un'intenzione ironica (o per lo meno scherzosa) nel porre le lodi di quei solenni letterati in bocca di Bacco ubriaco. Questa poesia ebbe origine dai versi improvvisati dal R. in uno "stravizzo" della Crusca, nel 1666. Nata come un breve "scherzo anacreontico", si andò accrescendo, col volger degli anni, delle lodi di nuovi amici e di nuovi vini, e passò per sei forme principali e successive, cambiando titolo più volte e girando manoscritta. Finalmente vide la luce, nel 1685, divenuta un lunghissimo polimetro.
L'Arianna inferma, altro ditirambo lasciato dal R. incompiuto, è molto inferiore, e si direbbe che l'autore imiti sé stesso. Il resto delle sue rime (odi, canzonette, rime burlesche, ecc.), vale anche meno, se ne togli pochi dei troppi sonetti. Sono anch'essi freddi come tutta la lirica d'amore di quel secolo, ma piacciono gli uni per certi spiriti anacreontici, gli altri per un non so che di "dolce stil nuovo" o di petrarchesco. Le Lettere familiari, cerimoniose come allora usava, sono tuttavia spigliate e piacevoli.
L'opera scientifica. - Osservatore acuto e sperimentatore sagace, il R. si cimentò in alcuni dei più ardui problemi della biologia, e le sue esperienze, che sono fra le prime in materia biologica, rimangono a modello di lavoro sperimentale, per la chiara formulazione del problema con mente sgombra dai molti preconcetti che gravavano sulla scienza, per l'accurata e accorta esecuzione degli esperimenti, per la precisione e sicurezza delle conclusioni. Gran merito gli spetta per avere sfatata l'antica leggenda della generazione spontanea degl'insetti, avendo dimostrato che le mosche nascono dalla carne putrefatta solo quando altre mosche vi abbiano deposte le uova (cacchioni); che, se con garza o carta si protegge la carne e s'impedisce la deposizione delle uova, nessun insetto ne nasce (v. generazione: Generazione spontanea). Non altrettanto riuscì a dimostrare, invece, per gl'insetti delle galle, e dovette ammettere che questi siano generati "da quella stessa anima e da quella stessa natural virtude, che fa nascere i frutti stessi delle piante".
Altra sua opera di fondamentale importanza è quella sugli "animali viventi, ehe si trovano negli animali viventi" in cui sono accuratamente descritte numerosissime specie di elminti parassiti dell'uomo e degli animali. Fu la prima estesa e metodica ricerca elmintologica, e mise in luce come quasi tutti gli animali abbiano vermi parassiti, annidati talvolta nei visceri più reconditi; e, sebbene non vi si scorga alcun tentativo di una classificazione zoologica dei vermi, tanta è l'accuratezza delle descrizioni e la dovizia e precisione delle osservazioni, che non è difficile riconoseere le specie incontrate dal R., siano esse i vermi intestinali più comuni dell'uomo e dei mammiferi, o quelli dei rettili o dei pesci, o i vermi del polmone della volpe, della faina, della puzzola, o dei reni della martora, ecc. Quest'opera può a ragione considerarsi come il primo trattato di elmintologia generale, e come il primo fondamento della parassitologia, anche se in qualche punto, e massimamente sull'ardua questione dell'origine dei parassiti, non sempre sia riuscito al R. di sgombrare interamente il campo dagli errori. Tutti gli elmintologi e i parassitologi italiani e stranieri, che continuarono per la via aperta dal R., presero ispirazione e argomento da queste ricerche.
A queste due opere maggiori, per mole e per importanza intrinseca, che assicurano al R. un posto di prim'ordine nella storia della biologia e della medicina, fanno corona varie altre di minor lena, che riferiscono esperimenti da lui compiuti intorno a "diverse cose naturali". Degni di particolar menzione sono gli studî sulla sede, la natura, il modo d'inoculazione e l'azione del veleno della vipera; varie osservazioni che ebbe modo di compiere sulla biologia degl'insetti; le ricerche sui sali fattizî, ricavati dalla liscivia delle ceneri di vegetali diversi; e altri, il cui argomento appare chiaro dal titolo delle pubblicazioni relative.
Come medico pratico ebbe grande valore e non minor fortuna. Dai suoi Consulti medici, appaiono ancora il suo ingegno vivace e limpido e il metodo, sempre basato sull'esperimento, che lo consigliò a ritornare ai principî ippocratici, ripudiando gran parte della farmacologia farraginosa dei suoi tempi. Vanno ricordate specialmente le sue osservazioni sulla china come febbrifugo, e sugli emboli gassosi dell'uomo e degli animali.
Opere Principali: Osservazioni intorno alle vipere, Firenze, 1664; Esperienze intorno alla generazione degli insetti, ivi 1668; Esperienze intorno a diverse cose naturali, e particolarmente a quelle che ci sono portate dalle Indie, ivi 1671; Esperienze intorno a quell'acqua che si dice che stagna subito tutti quanti i flussi di sangue, Roma 1673; Esperienze intorno a' sali fattizj, ivi 1674; Lettera intorno all'invenzione degli occhiali, Firenze 1678; Osservazioni intorno agli animali viventi, che si trovano negli animali viventi, ivi 1684; Bacco in Toscana, ivi 1685. Le Osservazioni intorno a' pellicelli del corpo umano, ivi 1687, sono di Giovan Cosimo Bonomo, pubblicate in forma di lettera a F. R.; il R. stesso corresse ed emendò lo scritto del Bonomo; D. Cestoni, in una lettera ad A. Vallisnieri (1710) rivendicò poi la paternità di quelle osservazioni (v. scabbia). Molte di queste opere ebbero parecchie altre edizioni, e talune furono tradotte in latino o in altre lingue. Alcune altre, come molte Lettere, i Sonetti, il Vocabolario aretino, il Tractatus de tumoribus, i Consulti, figurano soltanto in alcune edizioni delle Opera omnia. Vivente il R., fu stampata un'edizione delle Opera omnia a Napoli, nel 1687; altre se ne pubblicarono a Napoli, 1741; a Venezia, 1712 e 1742-60; a Milano, nella collezione dei Classici, 1811. Pregevoli scelte di scritti rediani sono quelle di S. Ferrari (Firenze 1895), di P. Giacosa (Milano 1925), di V. Osimo (ivi 1926-1927), di A. Belloni (Torino 1931).
Bibl.: Per la bibl., v. U. Viviani, Vita e opere di F. R., Arezzo 1924, pp. 103-117; G. Imbert, F. R. L'uomo, Milano 1925, pp. 5-12 e le note a pp. 2 e 54. Per la biografia, v., oltre a queste opere, le Diciotto lettere (intime) edite da G. Imbert, Catania 1894; M. Cardini, F. R., Firenze 1914; V. Volterra, l'autopsia di F. R., in Archeion, XIV (1932); U. Viviani, L'autopsia e la data di morte di F. R., ibid., XVI (1934), pp. 181-185. Per il Ditirambo, G. Imbert, Il Bacco in Toscana e la poesia ditirambica, con Rime inedite, Città di Castello 1890; F. Massai, Lo "Stravizzo" della Crusca del 1666, Rocca S. Casciano 1916; G. Fulco, Il Ditirambo moderno, Palermo 1915; L. Salomone, Una fonte ignorata del Bacco in Toscana, in Giorn. stor. d. letter. ital., LXXXI (1923), p. 204 segg.; E. Micheli-Pellegrini, F. R. letterato e poeta, Firenze 1911.