ROMEO, Francesco
– Nacque a Castiglion Fiorentino nel 1492 da una famiglia di modesta condizione. Preso dalle mani di Sante Pagnini l’abito dei frati predicatori (13 gennaio 1512) nel convento fiorentino di S. Marco, ancora scosso dagli echi della fine di Girolamo Savonarola, pronunciò i voti il 20 febbraio 1513 sotto il priore Filippo Strozzi. Passato a Bologna per completare gli studi di teologia con il maestro Tommaso Badia, tornò a Firenze per insegnare in qualità di lettore e si ritirò per breve tempo nel convento di S. Maria della Quercia di Viterbo. Con il ritorno dei Medici alla guida della città, nel 1531 divenne priore di S. Marco, carica che avrebbe rivestito ancora nel 1539.
L’ascesa all’interno dell’Ordine, da quel momento, fu rapida. Socio del maestro generale Jean du Feynier dal 1532 al 1538 con il titolo di provinciale di Terra Santa, lo seguì in Spagna e in Francia, e nel 1536 a Lione, durante il Capitolo generale, ebbe il titolo di maestro. Sempre a Lione, nel 1538, diede alle stampe per i tipi di Gryphius la sua unica opera edita, il trattato De libertate operum, & necessitate, adversus pseudophilosophos christianos seguito da una Brevis annotatio ad animorum immortalitatem, christiane, ac peripatetice deducta, dedicando il libro al cardinale fiorentino Giovanni Salviati, che aveva conosciuto quando da adolescente aveva frequentato i corsi di filosofia di Francesco Verini.
L’opera polemizzava da un lato con la tradizione averroistica circa il fato e la mortalità dell’anima rinverdita in Italia da Pietro Pomponazzi e dai suoi seguaci, dall’altro con quanti avevano dileggiato la teologia scolastica (gli umanisti, ma anche Erasmo e i nuovi traduttori biblici) aprendo le porte all’attacco luterano contro il libero arbitrio e la necessità delle opere per la salvezza. Giovanni Michele Piò (1620) accenna poi a uno scritto di Romeo «della libertà et necessità de i poveri» (col. 203), forse perduto.
Nel 1542-43 divenne provinciale della Provincia romana riformata. In quella veste dovette occuparsi del caso della mistica savonaroliana Caterina de’ Ricci, che nel convento di S. Vincenzo a Prato proclamava di avere visioni settimanali (le estasi della Passione) e di avere ricevuto le stimmate dallo Spirito Santo. Giunto come visitatore, Romeo non era disposto a crederle e – a quanto raccontano le agiografie – la trattò con durezza, sospettandola come indemoniata e minacciandola di punizione, almeno in un primo tempo; ma, vista la ferma resistenza della donna, e convintosi dell’autenticità dei suoi carismi, ne divenne un promotore e le affiancò un teologo di fiducia visitando il convento ancora prima della morte, in veste di maestro generale, nel 1551. Tra il 1543 e il 1544 fu eletto procuratore generale e il 20 gennaio 1545 vicario dell’Ordine. In quegli anni l’ostilità nei riguardi del confratello senese Ambrogio Catarino Politi, che giudicava un pessimo teologo, si manifestò nella preferenza da lui accordata a Bartolomeo della Spina come consultore per il concilio e nell’opposizione che dichiarò in una lettera al papa del 26 agosto 1545 all’idea che Catarino potesse essere scelto da Paolo III come maestro del Sacro Palazzo (Taurisano, 1917, p. 52; Caravale, 2007).
Il 22 maggio 1545 giunse a Trento prima dell’apertura del concilio convocato l’anno prima dal pontefice, passando per Bologna, Modena, Mantova; e in una lettera al cardinale Niccolò Ardinghelli (8 luglio) si disse allarmato dalla scoperta che alcuni prelati parteggiavano nascostamente per il conciliarismo o addirittura per il ‘luteranesimo’ (Concilium Tridentinum..., 1901-2001; X, pp. 139 s.). Inoltre durante la prima fase dell’assise, alla morte di Alberto Casaus, fu eletto maestro generale dell’Ordine dei frati predicatori dal Capitolo riunitosi a Roma il 13 giugno 1546 (Acta capitulorum..., a cura di B.M. Reichert, 1901, pp. 303, 309), dovendo farsi carico di normalizzare la situazione nei conventi di S. Marco di Firenze e di S. Domenico di Fiesole investiti dalla furia vendicatrice di Cosimo de’ Medici contro i domenicani simpatizzanti del savonarolismo. Tra i frati che ebbero l’abito dalle sue mani figura comunque l’inquieto Serafino Razzi.
Romeo tornò a Trento il 30 ottobre 1546 dopo avere visitato Ancona, la Dalmazia, Venezia e Padova. Nella nuova veste, oltre a insinuare che i cardinali Reginald Pole, Giovanni Morone e Pietro Bertano erano eretici (Il processo..., a cura di M. Firpo et al.,2013, I, deposizione di Matteo Lachi, 15 luglio 1555, pp. 140-142, 154), ebbe parte non secondaria nell’elaborazione del decreto De justificatione difendendo le tesi tomiste prima dell’approvazione del testo definitivo (VI sessione, 13 gennaio 1547; Jedin, 1973-1981, II, pp. 332, 340, 343 s.). E sulla scia del cardinal Gaetano, per cui nutriva una sorta di venerazione, compose nel 1547 un parere circa l’obbligo de jure divino per i vescovi di risiedere nelle diocesi (Concilium Tridentinum..., cit., XII, pp. 737-743). Di Tommaso de Vio, inoltre, difese l’ortodossia a proposito della dottrina sul battesimo (Jedin, 1973-1981, II, p. 443 nota). Dopo il trasferimento a Bologna, si adoperò perché il concilio vedesse comunque la partecipazione degli spagnoli e dei francesi, intervenne in materia di sacramentalità del matrimonio, criticò l’Interim di Augusta e difese l’autonomia dei confessori degli Ordini religiosi da quanti volevano assoggettarli al controllo dei vescovi (ibid., III, pp. 188 nota, 195).
Con il ritorno dell’assise a Trento, sotto Giulio III (1551), Romeo temporeggiò prima di recarvisi, impegnato nel Capitolo generale di Salamanca, in Spagna, dove era giunto l’anno prima passando per la Francia (la visita non fu priva di contrasti) e lasciando a Roma in sua vece il procuratore generale, frate Stefano Usodimare. Il Capitolo di Salamanca prese importanti decisioni per la riforma del breviario e dei testi liturgici dell’Ordine (la cui revisione fu affidata al socius di Romeo, Angelo Bettini, e al frate Felice da Castelfranco), per la disciplina nei conventi e negli studi dell’Ordine, per l’istituzione e per la divisione delle province del Nuovo Mondo e dell’Asia. In veste di maestro generale inoltre Romeo cercò di smussare i contrasti tra i teologi spagnoli dell’Ordine e la neonata Compagnia di Gesù, avendo del resto già inviato a Salamanca una lettera in cui aveva esortato i frati predicatori a cessare ogni ostilità e ogni maldicenza nei confronti dei gesuiti (9 ottobre 1548, la versione italiana in Pedro de Ribadeneira, Vita..., 1586). Alla conclusione del lungo Capitolo salmanticense il frate poté trasferirsi a Trento (gennaio 1552), partecipando così alle sedute finali della seconda fase del concilio fino a poco prima della morte. In quel contesto diede l’approvazione alla Concordia ecclesiastica contra tutti gli heretici pubblicata a Firenze nel 1552 dal frate lucchese di spirito savonaroliano Paolino Bernardini.
Romeo, in qualità di capo dei domenicani, fu consultore del S. Uffizio almeno dal 1549; ostile alla promozione di frate Girolamo Papino, uomo di fiducia del duca d’Este, a inquisitore di Ferrara (Prosperi, 2003), le carte del processo a Morone rivelano che più volte, negli anni del suo generalato e nei precedenti, intervenne per ammonire o per correggere alcuni confratelli ‘infetti’ o a rischio di seguire la strada dell’eresia (deposizioni di Bernardo Bartoli in Il processo..., cit., I, pp. 59, 105, 658). Tuttavia, sul piano delle scelte dei giudici, Romeo subì un certo ridimensionamento dei poteri di nomina degli inquisitori locali e dei commissari del tribunale a tutto vantaggio della congregazione, egemonizzata da Gian Pietro Carafa. La scelta di Girolamo Muzzarelli per la sede di Bologna porta comunque la sua firma (Dizionario storico..., 2010).
Morì a Roma il 20 luglio 1552 per un colpo apoplettico e fu seppellito in S. Maria sopra Minerva.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, S. O., Decreta, 1548-1558 copia, p. 10; Pedro de Ribadeneira, Vita del p. Ignatio Loiola, Venezia 1586, pp. 244-246; Bullarium Ordinis FF. Praedicatorum, a cura di T. Ripoll - A. Bremond, IV, Romae 1733, pp. 623 s., 629 s., V, p. 19; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d’altri edifici di Roma, I, Roma 1869, p. 450; Concilium Tridentinum: Diariorum, actorum, epistolarum, tractatuum nova collectio, I-XIII, Friburgi Brisgoviae 1901-2001, X, pp. 139 s., XII, pp. 737-743; Acta capitulorum generalium Ordinis Praedicatorum, a cura di B.M. Reichert, IV, Romae 1901, pp. 262, 266, 303-309, 311-338; N. Alessi, Il “Libellus de gestis” di Santa Caterina de’ Ricci, a cura di G.M. Di Agresti, Firenze 1964, ad ind.; Il processo inquisitoriale del cardinal Giovanni Morone, nuova ed. critica, I-III, a cura di M. Firpo et al., Roma 2013, ad indicem.
S. Razzi, Historia degli uomini illustri così nelle prelature come nelle dottrine del Sacro Ordine dei Predicatori, Lucca 1596, pp. 176-179; G.M. Piò, Delle vite de gli huomini illustri di S. Domenico, II, Bologna 1620, coll. 198-203; V.M. Fontana, Sacrum Theatrum Dominicanum, Romae 1666, pp. 395, 466 s.; Id., Monumenta Dominicana, Romae 1675, pp. 484-495; J. Quétif - J. Echard, Scriptores Ordinis Praedicatorum, II, Lutetiae Parisiorum 1721, pp. 125 s.; P.T. Masetti, Monumenta et antiquitates veteris disciplinae Ordinis Praedicatorum, II, Romae 1864, pp. 46-49; D.A. Mortier, Histoire des Maîtres Généraux de l’Ordre des Frêres Precheurs, V, Paris 1911, pp. 300, 422-451; I. Taurisano, Hierarchia Ordinis Praedicatorum, Roma 1917, pp. 11, 52, 100; A. Walz, I Domenicani al Concilio di Trento, Roma 1961, ad ind.; G.M. Di Agresti, Santa Caterina de’ Ricci. Documenti storici - biografici - spirituali, Firenze 1966, pp. 27, 35, 101, 176 s.; Santa Caterina de’ Ricci, Epistolario, I, Firenze 1973, pp. 25, 27, 181 s., 209 s., 213, 240 s.; H. Jedin, Storia del Concilio di Trento, I-III, Brescia 1973-1981, ad ind.; D. Trosa, Prolegomeni alla spiritualità di Santa Caterina de’ Ricci, Firenze 1975, pp. 49, 62, 95, 97, 240; A. Prosperi, Girolamo Papino e Bernardino Ochino: documenti per la biografia di un inquisitore, in Id., L’Inquisizione romana. Lettere e ricerche, Roma 2003, p. 118; G. Caravale, Sulle tracce dell’eresia. Ambrogio Catarino Politi (1484-1553), Firenze 2007, p. 205; Dizionario storico dell’In-quisizione, a cura di A. Prosperi - V. Lavenia - J. Tedeschi, Pisa 2010, p. 1093; H.H. Schwedt, Die Anfänge der Römischen Inquisition. Kardinäle und Konsultoren 1542 bis 1600, Freiburg i. B. 2013, pp. 217 s.